IL CANONE BUDDHISTA

- MAHA NIDANA SUTTANTA

 

(IL GRANDE LIBRO DELLE CAUSE)

 

XV- MAHA NIDANA SUTTANTA
 

 

Il XV Sutta è di importanza capitale per la comprensione della Dottrina. In esso col massimo dettaglio viene esposta la catena delle origini. È interessante notare come dalla catena prin­cipale, che ha carattere universale, cosmico, in questo Sutta se ne stacchi una secondaria, di carattere propriamente psicologico umano e sociale. Questa catena si potrebbe chiamare quella dello sviluppo civile. Occorre però chiarire un punto: si potrebbe essere tentati di attribuire al Buddhismo un carattere comunistico, in quanto uno degli anelli della catena minore da distruggere è la proprietà. Ma occorre ricordare che la distruzione di un anello è assolutamente insufficiente se non è accompagnata dalla distru­zione di tutti gli anelli precedenti: infatti i precedenti lo rigene­rerebbero tosto così come era, o leggermente diverso. La catena minore è quella che viene strappata coll'uscita di casa e col sila, ma ovviamente queste due operazioni non sarebbero sufficienti se non fossero seguite dalla concentrazione, dalla sapienza, che sole rimuovono tutta la catena principale, da cui ha origine la secon­daria. Interessante poi è quella al numero 20, che, da noi moderni occidentali, potrebbe essere intesa come la formulazione di una teoria della conoscenza. L’aggregato nominale (intelletto, così si potrebbe tradurre) fornisce all'aggregato formale (corpo fisico) il nome che semantizza l'oggetto, e questo nome viene manifestato dall'aggregato formale nell'operazione di semantizzazione. Invece l'aggregato formale esercita nel processo conoscitivo la funzione di stimolare: in séguito al contatto, l'aggregato nominale, reagisce fornendo il simbolo semantico. Pertanto abbiamo un contatto indi­cante un carattere esteriore che è promosso dall'aggregato nomi­nale, attuato dall'aggregato formale; ed abbiamo un contatto reat­tivo, che è promosso dall'aggregato formale, ed attuato dall'aggre­gato nominale. Si tenga però ben presente che in queste due opera­zioni, come sempre, i due aggregati non sono tra loro separabili e quindi rimane l'unicità del processo semantico: come viene impli­citamente affermato col terzo capoverso del numero 20. Proprio questo è il motivo della ricorrente critica al dare importanza ai conoscitivi processi semantici logici: questi processi non fanno che rafforzare nome e forma e ne impediscono la rimozione, come pure impediscono la rimozione di vijnana. Segue una interessante esposizione delle sette stazioni di vijnana, cioè di tutti i modi pos­sibili in cui vijnana si manifesta, sia in connessione con nome e forma, sia nelle stazioni arupiche senza connessione con nome e forma.

 

xv - MAHA NIDANA SUTTANTA

Così ho sentito:

1. Un tempo il Sublime dimorava tra i Kuru, in un vil­laggio di nome Kammassadhamma. Allora il vene­rabile Ananda si diresse là dove era il Sublime e avvicinatolo, dopo averlo salutato, gli sedé accanto. Accanto sedutosi, il venerabile Ananda così disse al Su­blime :

« È meraviglioso, o Signore, è straordinario, o Signore, come generalmente sia difficile l'origine da pre­cedenti, difficile a capire. Invece a me appare assai facile».

« Non dire, così, o Ananda, non dire così. Difficile, o Ananda, è l'origine da precedenti, difficile a ca­pire. Senza la comprensione, senza l'approfondimento di questa dottrina, non si supera il ciclo delle generazioni, aggro­vigliato come una matassa, immerso nelle tenebre, simile a cespugli di erba pungente e tagliente (1), sfuggente, doloroso, ruinoso samsara.

(1 Munja babbaya, pianta fortemeite spinosa).

 

2. "Esiste un presupposto a vecchiaia e morte?". Così, o Ananda, è da rispon­dere alla domanda in piena consapevolezza: "Esiste". "Quale è il presupposto a vecchiaia ed a morte? ". Così può essere chiesto. "Nascita è presupposto a vecchiaia e morte". Così è da rispondere.

"Esiste un presupposto a nascita?". Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da rispondere: "Esiste". "Quale è il presupposto a nascita? ". Così può essere chiesto.

"Esistenza è il presupposto a nascita ". Così è da rispondere.

"Esiste un presupposto ad esistenza?". Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da rispondere: "Esiste". "Quale è il presupposto per l’esistenza?". Così può essere chiesto. "Attaccamento è il presupposto per l’ esistenza". Così è da rispondere.

"Esiste un presupposto all’attaccamento? " Così, o Ananda, è da rispondere alla domanda in piena consapevolezza: "Esiste". "Qual è il presupposto all’attaccamento?". Così può essere chiesto. "La sete è il presupposto all’attaccamento". Così è da rispondere.

"Esiste un presupposto alla sete?". Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da rispondere: "Esiste". "Quale è il presupposto alla sete? ". Così può essere chiesto.

"La sensazione è il presupposto alla sete". Così è da rispondere.

"Esiste un presupposto alla sensazione?". Così, o Ananda, è da rispondere alla domanda in piena consapevolezza: "Esi­ste". "Quale è il presupposto alla sensazione?". Così può essere chiesto. "Il contatto è presupposto alla sensazione". Così è da rispondere.

"Esiste un presupposto al contatto? " Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da rispondere: "Esi­ste". "Quale è il presupposto al contatto?". Così può essere chiesto. "Nome e forma è il presupposto al contatto". Così è da rispondere.

"Esiste un presupposto a nome e forma?". Così, o Ananda, è da rispondere alla domanda in piena consapevolezza: "Esiste". "Quale è il presupposto a nome e forma?". Così può essere chiesto. "Vijnana (coscienza) è il presupposto a nome e forma". Così è da rispondere.

"Esiste un presupposto a vijnana?". Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da rispondere: "Esiste". "Quale è il presupposto a vijnana?". Così può essere chiesto. "Nome e forma è il presupposto a vijnana ". Così è da rispondere.

 

3. Così, o Ananda, nome e forma è il presupposto a viijnana, vijnana è presupposto a nome e forma, nome e forma è presupposto al contatto, contatto è presupposto alla sensazione, sensazione è presupposto alla sete, sete è presupposto all’attac­camento, attaccamento è presupposto all’esistenza, esistenza è presupposto a nascita, nascita è presupposto a vecchiaia e morte, vecchiaia, morte, angoscia, lamento, dolore, sofferenza, agitazione, si perpetuano. Così è l'origine dell'intero com­plesso del dolore..

 

4. Nascita è presupposto a vecchiaia e morte. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "nascita è presupposto a vecchiaia e morte". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non ci fosse più nascita, cioè: agli dèi nei cieli, ai Gandhabba (2) nel loro regno, agli Yakka (3) nel loro regno, agli spiriti nel loro regno, agli uomini nel loro regno, ai quadrupedi nel loro regno, agli uccelli nel loro regno, ai serpenti nel loro regno, a questi ed a quegli esseri, o Ananda, ovunque, più non vi fosse nascita, se completamente vi fosse il cessare della na­scita, con la distruzione della nascita forse che si sperimente­rebbe ancora vecchiaia e morte?».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto della vecchiaia e della morte: la nascita".

(2- Dèi di rango inferiore, appartenenti ad una schiera di seguaci dei quattro Grandi Re. – 3- Altre schiere di seguaci dei quattro Grandi Re).

 

5. Esistenza è il presupposto di nascita. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "Esistenza è presupposto di nascita". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non ci fosse più esistenza; cioè: l'esistenza passionale, l'esistenza formale, l'esistenza priva di forma (4), se completamente vi fosse il cessare dell'esistenza, colla distruzione dell'esistenza forse che si sperimenterebbe ancora nascita? ».

«No di certo, o Signore».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto della nascita: l'esistenza».

(4- « Esistenza passionale»: quella degli uomini, degli animali, degli spiriti, dei soggetti alle punizioni infernali e di alcuni dèi: «formale» quella degli dèi sino al mondo di Brahma; «priva di forma» (arupica) quella degli dèi dei cori superiori a Brahma).

 

6. Attaccamento è presupposto ad esistenza. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "Attaccamento è presupposto ad esistenza". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non vi fosse più attaccamento; l'attaccamento alla passione, l'attaccamento ai rituali, l'attaccamento all'opinione, l'attac­camento alla mera affermazione dell'io, se completamente vi fosse il cessare dell'attaccamento, con la distruzione dell'attaccamento, forse che si sperimenterebbe ancora l'esistenza?».

«No di certo, o Signore».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto del­l'esistenza: l'attaccamento”.

 

7. La Sete (Bramosia) è il presupposto all’attaccamento. Così in vero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: “La sete e il presupposto all’attaccamento. Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non vi fosse più sete; cioè: la sete per le forme, la sete di suoni, la sete di odori, la sete di sapori, la sete di cose tangibili, la sete di pensieri, se completamente vi fosse il cessare della sete, con la distruzione della sete forse che si sperimenterebbe ancora l'attaccamento?».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto all’attac­camento: la sete”.

 

8. La sensazione è il presupposto alla sete. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "La sensazione è il presupposto alla sete". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non vi fosse più sensazione: cioè la sensazione attraverso il contatto dell'occhio, attraverso il contatto dell'orecchio, attraverso il contatto del naso, attraverso il contatto della lingua, sensazione attraverso il con­tatto del corpo, sensazione attraverso il contatto della mente, se completamente, vi fosse il cessare della sensazione,con la distruzione della sensazione forse che si sperimenterebbe ancora la sete?».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto della sete: la sensazione”.

 

9. Così, o Ananda (5), la sensazione è origine della sete, la sete è origine della ricerca, la ricerca è origine dell’arroganza, l’arroganza è origine del gradimento, il gradimento è origine del desiderio conturbante, il desiderio conturbante è origine del possesso, il possesso è origine della proprietà, la proprietà è origine dell'avarizia, l'avarizia è origine della tesaurizzazione, ed a scopo di tesaurizzare vi è l'armarsi di mazza, l'armarsi di spada, guerra, conquista, litigio, discussione, calunnia, men­zogna e più di un elemento torbido, non salutare, si manifesta.

(5 Qui si inserisce nella catena principale la catena secondaria di cui si parla nell'introduzione al Sutta).

       

10. A scopo di tesaurizzare vi è l'armarsi di mazza, l'armarsi di spada, la guerra, la conquista, il litigio, la discussione, la calunnia, la menzogna e più di un elemento torbido, non salutare, si manifesta. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "a scopo di tesaurizzare vi è l'armarsi di mazza, l'armarsi di spada, la guerra, la conquista, il litigio, la discussione, la calunnia, la menzogna e più di un elemento torbido, non salutare, si manifesta". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non vi fosse più il tesaurizzare forse che si manifesterebbe ancora l'armarsi di spada, l'armarsi di mazza, la guerra, la conquista, il litigio, la discussione, la calunnia, la menzogna e più di un elemento torbido, non salutare?».

«No di certo, o Signore».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto del­l'armarsi di mazza, dell'armarsi di spada, della guerra, della conquista, del litigio, della discussione, della calunnia, della menzogna e del manifestarsi di più di un elemento torbido, ­non salutare: la tesaurizzazione”.      

 

11. L’avarizia è origine di tesaurizzazione. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "L’avarizia è origine di tesaurizzazione". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non vi fosse più avarizia, se completamente vi fosse il cessare dell'avarizia, con la distruzione dell'avarizia forse che si sperimenterebbe ancora tesaurizzazione?».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto della tesaurizzazione: l’avarizia.

 

12. La proprietà (6) è origine dell'avarizia. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "La proprietà è origine dell’avarizia". Se, o Ananda, a ciascuno, total­mente, completamente, ovunque non vi fosse più la proprietà, se completamente vi fosse il cessare della proprietà, con la distruzione della proprietà forse che si sperimenterebbe ancora l’avarizia? ».

«No di certo, o Signore».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto di ava­rizia: la proprietà”.

(6 In senso psicologico, più che giuridico o sociale).

 

13. Il possesso è origine della proprietà. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire cosi: "Il possesso è origine della proprietà". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non vi fosse più il possesso, se completamente vi fosse il cessare del possesso, con la distruzione del possesso forse che si sperimenterebbe ancora la pro­prietà? ».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto della proprietà: il possesso”.      .

 

14. Il desiderio conturbante (7) è origine del possesso. Cosi invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire cosi: "Il desiderio conturbante è origine del possesso". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque vi non fosse più il desiderio conturbante, se completamente vi fosse il cessare del desiderio conturbante, con la distruzione del desiderio conturbante forse che si sperimenterebbe ancora il possesso?».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto del pos­sesso: il desiderio conturbante”.

(7 Desiderio che si teme di non poter soddisfare e quindi conturbante, insieme desiderio di cose non naturali, o desiderate in modo non naturale; questo tipo di desiderio comprende tutti i desideri che la morale cristiana definisce pecca­minosi).

 

15. Il compiacimento è origine del desiderio conturbante. Cosi invero ciò si dice. Ma è in forza del seguente argomento che si può dire cosi: "Il compiacimento è origine del desiderio contur­bante". Se, o Ananda, a cia­scuno, totalmente, completamente, ovunque non vi fosse più il compiacimento, se completa­mente vi fosse il cessare del compiacimento, con la distruzione del compiacimento forse che si sperimenterebbe ancora il desi­derio conturbante?».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto del desi­derio conturbante: il compiacimento.

 

16. L’arroganza (8) è origine del compiacimento. Cosi invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire cosi: "L’arroganza è origine del compiacimento". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non vi fosse più arroganza, se completamente vi fosse il ces­sare dell’arroganza, con la distruzione dell’arroganza forse che si sperimenterebbe, ancora il compiacimento?».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto del com­piacimento: l’arroganza”.

(8 «Arroganza", non semplice accettazione naturale di beni, ma il prenderli con particolare cura, o con una particolare posizione che conduce al compia­cimento).

 

17. La ricerca (9) è origine dell’arroganza. Cosi invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire cosi: "La ricerca è origine dell’arroganza". Se, o Ananda, a ciascuno, total­mente, completamente, ovunque non vi fosse più ricerca, se completamente vi fosse il cessare della ricerca, con la distruzione della ricerca forse che si sperimenterebbe ancora l’arroganza? ».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto dell’arroganza: la ricerca”.

 

18. Ancora, la sete è origine della ricerca. Cosi invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire cosi: "la sete è origine della ricerca". Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completa­mente, ovunque non vi fosse più la sete, se completa­mente vi fosse il cessare della sete, con la distruzione della sete forse che si sperimenterebbe ancora la ricerca?”.

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto della ri­cerca: la sete”.

Così, o Ananda, queste due dottrine, sono tutte e due ricondotte alla sensazione.

(9 Ricerca tendente a soddisfare la sete (bramosia) nel modo migliore e più completo).

 

19. Il contatto (10) è presupposto della sensazione. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: “Il contatto è presupposto della sensazione. Se, o Ananda, a ciascuno, totalmente, completamente, ovunque non fosse più contatto, cioè: il contatto dell'occhio, il con­tatto dell'orecchio, il contatto del naso, il contatto della lin­gua, il contatto del corpo, il contatto della mente, se comple­tamente vi fosse il cessare del contatto, con la distruzione del contatto forse che si sperimenterebbe ancora la sensazione?».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto della sen­sazione: il contatto”.

(10. Si ritorna alla catena principale).

 

20. Nome e forma (namarupa) è presupposto del contatto. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "Nome e forma è presupposto del contatto". O Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni viene la facoltà conoscitiva dell'aggregato nominale (11). Ma se in questi attributi, in questi organi, in questi fenomeni, in queste espressioni vi fosse cessazione, forse che nell'aggregato formale si sperimenterebbe il contatto che li in­dica?».

«No di certo, o Signore».

«O Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni viene la facoltà conoscitiva dell'aggregato formale: ma se in questi attributi, in questi organi, in questi fenomeni, in queste espressioni, vi fosse cessa­zione forse che nell'aggregato nominale si sperimenterebbe il contatto reattivo?».

«No di certo, o Signore ».

«O  Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni viene la facoltà conoscitiva del­l'aggregato nominale e dell'aggregato formale: ma se in questi attributi, in questi organi, in questi fenomeni, in queste espressioni vi fosse cessazione, forse che si sperimenterebbe il     contatto indicante ed il contatto reattivo?».

«No di certo, o Signore ».

«O Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni, viene la facoltà conoscitiva di nome e forma: ma se in questi attributi, in questi organi, in ­questi fenomeni, in queste espressioni vi fosse cessazione, forse che si sperimenterebbe il contatto?».

«No di certo, o Signore».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto del con­tatto: nome e forma”.

(11 Per questi capoversi leggermente oscuri vedi l'introduzione al Sutta).

 

21. Vijnana è presupposto di nome e forma. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "Vijnana è il presupposto di nome e forma". Se, o Ananda, non si introducesse Vijnana (12) nell'utero della madre, forse che nome e forma si determinerebbe nell'utero della madre?».

«No di certo, o Signore ».

«Se, o Ananda, Vijnana, introdottosi nell'utero della madre, deviasse, forse che nome e forma si manifesterebbe allo stato normale?».

«No di certo, o Signore ».

«Se, o Ananda, il Vijnana (la coscienza) di un infante fosse strappato al bimbo od alla bimba, forse che prosperamente, felicemente, favorevolmente, nome e forma si svilupperebbe?».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto di nome e forma: Vijnana”.

(12 Occorre ricordare che per la concezione accorrevano tre elementi: il seme paterno, l'utero materno, ed il genio o intelligenza, che è appunto Vijnana).

 

22. Nome e forma è presupposto a Vijnana. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "nome e forma è presupposto di Vijnana". Se, o Ananda, Vijnana  non trovasse il suo supporto in nome e forma, forse che si sperimenterebbe il futuro, la nascita, la vecchiaia, la morte, il dolore, l'angoscia, l'esistenza? ».

«No di certo, o Signore ».

«Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto di Vijnana: nome e forma”.

“Proprio così, o Ananda, si sorge, si declina, si muore, si trapassa, si risorge; proprio in conseguenza di ciò si sviluppa il processo semantico, il processo logico, il processo delle idee, il processo della conoscenza, proprio così turbina il ciclo del samsara nel normale stato del conoscere, così nome e forma si unisce al Vijnana.

 

23. E come definiscono l'anima, o Ananda, coloro che la definiscono? Colui che definisce l'anima formale e finita proprio così la definisce: "formale e finita secondo me è l'anima". Colui che definisce l'anima formale e infinita pro­prio così la definisce: "formale ed infinita secondo me è l'anima". Colui che definisce l'anima priva di forma e finita proprio così la definisce: "priva di forma e finita secondo me è l'anima". Colui che definisce l'anima priva di forma ed infinita proprio così la definisce: "priva di forma ed infinita secondo me è l'anima".

 

24. Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima for­male e finita proprio così la definisce, e sia che la definisca imme­diatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così c’è: "se anche ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di una verità". E così essendo, costui ripete continuamente nel discorso la sua opinione sull'anima formale e finita.

Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima formale ed infinita proprio così la definisce, e sia che la definisca imme­diatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così c’è: "se anche ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di una verità". E così essendo, costui ripete continuamente nel discorso la sua opinione sull'anima formale ed infinita.

Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima priva di forma e finita proprio così la definisce, e sia che la definisca imme­diatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così c’è: "se anche ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di una verità". E così essendo, costui ripete continua­mente nel discorso la sua opinione sull'anima priva di forma e finita.

Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima priva di forma ed infinita proprio così la definisce, e sia che la definisca immediatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così c’è: "se anche ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di una verità". E così essendo, costui ripete continuamente nel discorso la sua opinione sull'anima priva di forma ed infinita. Proprio così, o Ananda, definiscono l'anima coloro che la defi­niscono.

 

25. E come non la definiscono, o Ananda, coloro che non definiscono l'anima? Colui che non definisce l'anima formale e finita non la definisce così: "formale e finita secondo me è l'anima". Colui che non definisce l'anima formale ed infinita non la definisce così: "formale ed infinita secondo me è l'anima". Colui che non definisce l'anima priva di forma e finita non la definisce così: "priva di forma e finita secondo me è l'anima". Colui che non definisce l'anima priva di forma ed infinita non la definisce così: "priva di forma ed infinita secondo me è l'anima".

 

26. Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima formale e finita proprio non la definisce, e sia che non la defi­nisca immediatamente, sia che non la definisca dietro dedu­zione, mai in lui così c’è: "se anche ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di una verità". E così essendo, costui non ripete continuamente nel discorso la sua opinione sul­l'anima formale e finita.

Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima for­male ed infinita proprio non la definisce, e sia che non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così c’è: "se anche ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di una verità". E così essendo, costui non ripete continuamente nel discorso la sua opinione sull'anima formale ed infinita.

Dunque, Ananda, colui che non definisce l'anima priva di forma e finita proprio non la definisce, e sia che non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così c’è: "se anche ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di una verità". E così essendo, costui non ripete continuamente nel discorso la sua opinione sul­l'anima priva di forma e finita.

Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima priva di forma ed infinita proprio non la definisce, e sia che non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così c’è: "se anche ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di una verità". E così essendo, costui non ripete continuamente nel discorso la sua opinione sull'anima priva di forma ed infinita. Proprio così, o Ananda, non defi­niscono l'anima coloro che non la definiscono.

 

27. E come, o Ananda, coloro che introspezionano l'anima, la introspezionano? Vi è, o Ananda, chi introspe­zionando l'anima, conosce la sensazione: "la sensa­zione secondo me è l'anima". Oppure: "la sensazione secondo me non è l'anima, secondo me la cessazione della sensazione è l'anima". Oppure: "secondo me la sensazione non è l'anima, la non-cessazione della sensazione secondo me è l'anima, l'anima da me è sentita come la capacità di sentire, questo secondo me è l'anima". Così, o Ananda, introspezionano coloro che introspezionano l'anima.

28. Dunque, o Ananda, a colui che così afferma: "la sensazione è l'anima", è da rispondere":- vi sono, o amico, queste tre sensazioni: la sensazione piacevole, la sensazione dolo­rosa, la sensazione indifferente. Quali di queste tre sensazioni tu introspezioni come l’anima?". Nel momento in cui, o Ananda, ottenendola, percepisci la sensazione piacevole, in quel momento non percepisci la sensazione dolorosa, né percepisci la sensazione indifferente. Nel momento in cui ottenendola percepisci la sensazione dolorosa, in quel momento non perce­pisci sensazione piacevole, né percepisci sensazione indiffe­rente. In quel momento in cui ottenendola percepisci la sensa­zione indifferente, in quel momento non percepisci sensazione piacevole, né percepisci sensazione dolorosa.

 

29. La sensazione piacevole, o Ananda, è impermanente, condizionata, originata da precedenti, soggetta al decadere, soggetta al trapassare, soggetta allo svanire, soggetta alla distruzione. La sensazione dolorosa, o Ananda, anche è imperma­nente, condizionata, originata da precedenti, soggetta al deca­dere, soggetta al trapassare, soggetta allo svanire, soggetta alla distruzione. Pure la sensazione indifferente, Ananda, è imper­manente, condizionata, originata da precedenti, soggetta al decadere, soggetta al trapassare, soggetta allo svanire, soggetta alla distruzione. Allora colui che sperimenta la sensazione pia­cevole dovrebbe pensare: "questa è l'anima", ma con lo spa­rire della sensazione piacevole così dovrebbe pensare: "mi è sparita l'anima". E colui che sperimenta la sensazione dolorosa dovrebbe pensare: "questa è l'anima", ma con lo sparire della sensazione dolorosa così dovrebbe pensare: "mi è sparita l'anima". Colui che sperimenta la sensazione indifferente dovrebbe pensare: "questa è l'anima", ma collo sparire della sensazione indifferente così dovrebbe pensare: "mi è sparita l'anima". Così coloro che affermano: "Per me la sensazione è l'anima", introspezionando il campo della sensazione, introspezionano il dolore e l'impermanenza, mescolati al pia­cere, la legge del sorgere e del trapassare. Pertanto, o Ananda, introspezionando non si può affermare: "la sensazione per me è l'anima".

   

30. Ecco, o Ananda, a colui che così afferma: "La sensazione secondo me non è l'anima, la cessazione della sensa­zione secondo me è l'anima", così è da rispondere: "quando, o amico, manca totalmente il sentire, allora sussiste forse: “io sono?”».

«No di certo, o Signore ».

« Pertanto, o Ananda, introspezionando non si può affer­mare: "secondo me la sensazione non è l'anima, la cessazione della sensazione secondo me è l'anima".

 

31. Ecco, o Ananda, a colui che così afferma: "secondo me l'anima non è la sensazione, né la cessazione della sen­sazione, l'anima da me è intesa come facoltà del sentire", è da rispondere così: "se, o amico, la sensazione fosse distrutta totalmente, completamente, con la cessazione di ogni sensa­zione, con la distruzione della sensazione, sussiste­rebbe forse: 'io sono questo?' ».

«No di certo, o Signore».

«Pertanto, o Ananda, introspezionando, non si può affer­mare: "secondo me l'anima non è la sensazione, né la ces­sazione della sensazione, l'anima è da me intesa come facoltà senziente".      

32. Ma, o Ananda, un monaco non introspeziona così l'anima nella sensazione, nella cessazione della sensazione, né la introspeziona dicendo: "da me così è intesa l'anima: l'anima è la facoltà senziente". Egli non introspezionando­ così, non è attaccato, è libero da attac­camento, non si agita, è calmo, isolato, si estingue totalmente e così comprende: "Esausta la vita, estinta la condizione di purezza, fatto ciò che si doveva fare, non esiste più alcuno stato condizionato". E se qualcuno interroga così un monaco dalla mente eman­cipata: "Esiste il Compiuto dopo la morte?", per lui ciò è opinione da scartare. "Non esiste il Compiuto dopo la morte?", per lui ciò è opinione da scartare. "Esiste e non esiste il Compiuto dopo la morte?", per lui ciò è opinione da scartare. "Non esiste né non non-esiste il Compiuto dopo la morte?", per lui ciò è opinione da scartare. E quale è il mo­tivo di ciò?, O Ananda, nei confronti della semantiz­zazione e del processo semantico, nei confronti della logica, e del processo logico, nei confronti delle idee e del processo delle idee, nei confronti della conoscenza e del processo della conoscenza, nei confronti del ciclo del samsara e di ciò che fa girare il ciclo del samsara, quanto è un monaco emancipato, posses­sore del sapere, e non considera, non se ne occupa, per lui ciò è opinione, cosa da scartare?.

 

33. Vi sono, o Ananda, sette stadi di Vijnana e due ayatana. Quali sono i sette? Vi sono degli esseri aventi corpo non semplice e coscienza non semplice. Cioè alcuni uomini ed alcuni dèi, ed i soggetti alla rovina. Questo è il primo stadio di Vijnana. Vi sono, o Ananda, degli esseri aventi corpo non semplice e coscienza semplice, cioè gli dèi del regno di Brahma che sono alla loro prima esistenza. Questo è il secondo stadio diVijnana. Vi sono, Ananda, degli esseri che hanno corpo semplice e coscienza non semplice: cioè, gli dèi Abhassara. Questo è il terzo stadio di Vijnana. Vi sono, o Ananda, degli esseri che hanno corpo sem­plice e coscienza semplice: cioè, gli dèi Subhakinna. Questo è il quarto stadio di Vijnana. Vi sono, Ananda, degli esseri che hanno totalmente sorpassate le coscienze formali, e che 'col tramontare delle co­scienze a causa di reazioni sensorie, distolta la mente dalle coscienze non semplici, "infinito è lo spazio", vivono nel

dominio dello spazio infinito. Questo è il quinto stadio diVijnana. Vi sono, o Ananda, degli esseri che, superato il dominio dello spazio infinito, "infinito è Vijnana", vivono nel do­minio dell’infinito Vijnana. Questo è il sesto stadio di Vijnana. Vi sono, o Ananda, degli esseri che, superato il dominio dell’infinito Vijnana, "non vi è alcunché", vivono nel do­minio del non vi è più alcunché. Questo è il settimo stadio di Vijnana. Poi, vi è l'ayatana degli esseri inconsci, e l'ayatana degli esseri non consci né inconsci: questi sono i due ayatana.

 

34. Dunque, o Ananda, forse colui che è intento a stare nel primo stadio di Vijnana, con corpo non semplice, coscienza non semplice, cioè qualche uomo e qualche­ dio, forse che egli realizza questa situazione, forse che di questa realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa realizza la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa         realizza la salvezza?”.

«No di certo, o Signore”.

«Dunque, o Ananda, forse colui che è intento a stare nel settimo stadio di Vijnana, "non vi è alcunché, forse che realizza questa situazione, forse che di questa realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa realizza la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa realizza la salvezza?”.                                         

«No di certo, o Signore!”.

«Dunque, o Ananda, forse colui che è nell'ayatana degli esseri inconsci, forse che egli realizza questa situazione, forse che di questa realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa realizza la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa realizza la salvezza?”.

« No di certo, o Signore!”.

«Dunque, o Ananda, forse colui che è nell'ayatana degli esseri non consci, né inconsci, forse che egli realizza questa situazione, forse che di questa realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa realizza la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa realizza la salvezza?”.

«No di certo, o Signore!”.

«Invece, o Ananda, un monaco riconoscendo secondo realtà il sor­gere, il tramontare, la sazietà, il disgusto e la salvezza dei sette stadi di Vijnana, e dei due ayatana, è libero da ogni attaccamento!”.

     

35. Otto, o Ananda, sono le liberazioni. Quali sono queste otto? Il For­male vede le forme. Questa è la prima liberazione. Una coscienza internamente non formale, vede esterior­mente le forme. Questa è la seconda liberazione. È intenta alla bellezza. Questa è la terza liberazione.

Col superamento totale delle coscienze formali, col tra­montare delle coscienze dovute a reazioni sensorie, distolta la mente dalle coscienze non semplici, "infinito è lo spazio", il dominio dello spazio infinito raggiunto, essa vi dimora. Questa è la quarta liberazione.

Col superamento totale dello spazio infinito, "infinito è Vijnana", raggiunto il dominio dell'infinito Vijnana, ivi dimora. Questa è la quinta liberazione.

Col totale superamento del dominio dell'infinitoVijnana, "non v’è alcunché", raggiunto il dominio del "non vi è alcunché", ivi dimora. Questa è la sesta liberazione.

Col totale superamento del dominio del "non vi è al­cunché", raggiunto il dominio della non coscienza né incoscienza, ivi dimora. Questa è la settima liberazione.

Col totale superamento del dominio della non coscienza né incoscienza, rag­giunta la distruzione di coscienza ed esperienza, ivi dimora. Questa è l'ottava liberazione.

Queste, o Ananda, sono le otto liberazioni.

 

36. Dunque, o Ananda, un monaco ordinatamente raggiunge, inversamente raggiunge, queste otto libera­zioni e l'una voluta e l'altra voluta, raggiunge e ne esce. E coll'estin­zione degli asava, privo di asava, con la mente libera, libero da sensazioni, da opinioni, raggiunta la sapienza e la potenza da sé nella Dottrina, ivi dimora. Costui, o Ananda, si chiama un monaco libero d'ambo le parti, e di questa liberazione d'ambo le parti, o Ananda, non vi è altra liberazione d'ambo le parti più alta e più perfetta».

Così disse il Sublime. Contento il venerabile Ananda si rallegrò alla parola del Sublime.

 

MAHA NIDANA SUTTANTA----------------------------------------------------------------------------------------------  FINE --

 


(Tratto dal Canone Buddhista)

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