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Articoli di Aliberth


 

Condanna della maldicenza

(di Aliberth)

 
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Stavolta, al contrario delle altre volte, anziché una lettera inviata da qualcuno e da me commentata, pubblichiamo un poemetto che potrebbe (dovrebbe…) aiutare le persone che hanno questa terribile tendenza negativa (le quali, spesso, neppure se ne rendono conto…), e che è molto deleteria per la loro stessa mente, oltre che per le persone di cui così facilmente si tende a parlar male…

 

"Forse io sono stato un grande peccatore,
grande tanto quanto almeno molti di noi...
Ogni persona che esiste in questo mondo,
maschio, femmina, o di un genere diverso,
non può certo pensare di esserne esente,
dato che tutti abbiamo commesso i nostri peccati.
Il Buddha una volta disse che i migliori Santi
sono proprio coloro che si sono convertiti...
Nessuno di noi può arrivare alla Buddhità, 
se prima non ha conosciuto cos'è il male.
Pertanto, il vero peccatore che persiste,
è colui che parla male di qualcun altro,
non cercando invece il male che c'è in lui.
Cercare una pagliuzza nell'occhio altrui
e non vedere la trave che c'è nel proprio,
è uno dei massimi peccati dell’essere umano,
specialmente quando avviene in un Sangha.
Tra i cinque Gravi Peccati Capitali del Dharma,
il Parlar Male dei componenti, o del maestro,
(cioè, mettere discordia all'interno del Sangha)
è l'ultimo della lista, ma non certo meno grave,
poiché ciò è causa di afflizione e sofferenza,
sia per le persone di cui si è parlato male,
sia per le persone a cui si dice la malignità,
ma soprattutto per la mente della stessa persona
che ha parlato male, e che non si rende conto
di quanto male ha fatto con il suo sparlare.
E quindi, se perfino il Grande Yogi Milarepa
arrivò all'Illuminazione grazie al pentimento
e alla costante pratica di emancipazione mentale,
dopo che in gioventù si dedicò alla magia nera
ed al delitto, uccidendo perfino i suoi parenti,
perché non pensare che una persona normale,
dopo ben più di trent'anni di pratica di Dharma,
non possa anch'essa finalmente aver raggiunto
una mente liberata e perfettamente positiva?
Il mio fraterno consiglio, dunque, è solo questo:
"Si smetta una volta per tutte di parlar male,
e di creare ulteriore karma negativo a se stessi.
Se ciascuno vuole trovare la pace della mente, 
la prima cosa da fare è eliminare la maldicenza".

Perciò, se è dimostrato che qualcuno ci riesce,
(e in questo caso, sto riferendomi a me stesso),
a praticare con costanza il VERO Dharma Chan,
non c’è più interesse a parlare di qualcun altro,
ma solo a cercare in se stessi il maestro interiore,
allora, perché per tutti gli altri è così difficile
poter abbandonare questa spregevole abitudine?
Quando uno ha rivelato in se stesso il vero “Sé”
non potrà più ‘vedere’ dualisticamente negli altri
un altro essere che sia separato e diverso da sé.
Per cui, come potrà più pensare che qualcuno sia
un qualcos’altro di diverso, separato da lui stesso,
reo di chissà quali nefandezze, che non son altro
che le stesse ‘nefandezze’ giacenti nella sua mente.
Poiché ogni cosa che la persona ignorante ‘vede’
in questo samsarico mondo, composto di dualità,
non è che un “riflesso illusorio”della sua natura,
riflesso che scomparirà con la sua illuminazione.
Bisogna arrivare a comprendere questi grandi misteri
che fanno sembrare ‘verità’ ogni nostra impressione,
e che invece sono solo ‘bolle di sapone’, ‘illusioni’,
‘fiori nel cielo’, immaginazioni irreali ed inesistenti.
Ognuno di noi, una volta raggiunta l’emancipazione,
si accorgerà di quanto aveva sbagliato in passato,
presumendo che i fatti che qualcuno ci aveva riferito
fossero davvero ‘reali’ e non soltanto ‘immaginati’;
E quello che sembrava renderli veramente ‘reali’,
era ‘solo’ la catena verbale da bocca ad orecchio,
e poi di nuovo da ’altra bocca’ ad ‘altro orecchio’.
E’ in questo modo che l’irreale “illusione” prende vita,
e purtroppo, essa dà la morte a una persona onesta,
che peraltro spesso non può portare le sue difese;
perché, una volta fatta girare la crudele maldicenza,
essa, uragano selvaggio, ha già fatto i suoi danni,
senza nemmeno poter dare la minima possibilità
alla vittima diffamata di poter dire le sue ragioni,
né di poter mostrare l’altra faccia della medaglia.

 

 

 


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