Traduzioni di Dharma

L'avvento del Chan

il buddhismo Cinese

Liberamente tratto da articoli estratti da internet

 

Il Primo ingresso del Buddhismo in Cina
Il Buddhismo fu introdotto al tempo degli Han nella sua forma più recente – il Mahayana – la quale si affermò e prevalse sullo Hinayana. Religione universalistica fondata sul principio dell'ordine universale - il Dharma o "legge onnicomprensiva", il Buddhismo Mahayana persegue l'elevazione dell'umanità ad un certo grado di salvezza (il deva, l'arhat, il bodhisattva, il Buddha), fornendo il maggior numero possibile di vie per il raggiungimento di questo fine. La salvezza sta nel conformare la propria vita al Dharma, nell'estinguere il dolore che nasce dal desiderio e dai coinvolgimenti negli affari mondani, nell'amore indiscriminato per tutti gli esseri animati. I secoli VII-IX videro la massima diffusione del Buddhismo Cinese che non riuscì tuttavia a sostituirsi al confucianesimo come dottrina ufficiale. I monasteri, tipica istituzione del Buddhismo Mahayana, sorsero numerosissimi, esercitando sul Paese una grande influenza come centri di purificazione spirituale e di propagazione culturale e artistica. La reazione, motivata anche da un risveglio nazionalistico, venne nell'845 quando i Tang decretarono la distruzione dei 4.600 monasteri e dei 40.000 edifici religiosi buddhisti allora esistenti, nel corso di una persecuzione che coinvolse anche i nestoriani e che ne cancellò la presenza.

 

La persecuzione segnò la fine della potenza buddhista: oltre 260.000 religiosi di ambo i sessi furono costretti a rientrare nella vita secolare, mentre l'edificazione di nuovi monasteri fu da allora subordinata ad una speciale autorizzazione imperiale. Ma la religione buddhista permase e continuò. Profondamente assimilata (nel 972 fu stampata l'edizione completa del canone - il Tripitaka - tradotto dal sancrito e dal pali) e divenuta "Cinese" attraverso l'osmosi col Taoismo e il Confucianesimo, essa conformò la sua esistenza alle nuove condizioni, frantumandosi però in numerosissime "nétte. Fu data vita così alle "associazioni segrete" che avrebbero costituito in seguito i focolai tradizionali delle agitazioni popolari.

Il successo del Buddhismo fu causato, oltre che dalle sue evidenti affinità col Taoismo, da alcune sue componenti dottrinali che erano invece assenti nel pensiero confuciano. Di queste ricordiamo: il carattere soteriologico del suo messaggio; la dimensione metafisica incentrata sulla nozione della compassione; il ruolo primario assegnato alle donne nell'attività religiosa. Il contributo buddhista al pensiero Cinese è stato considerevole: basti pensare alla terminologia filosofica che ne trasse un notevole arricchimento con conseguenze che si ripercossero anche sulla lingua parlata e sul costume. Alcuni tra i principali concetti la cui introduzione vivificò la ricerca filosofica, sono: quello del karma o dell'insieme di azioni e di esperienze interiori che compongono l'essere dell'individuo; dell'illu-minazione o ming; del distacco dalle cose che permette all'uomo di entrare in una comunione con lo spirito universale (Tao, o Natura di Buddha) e di identificarsi con esso nella condizione di nirvana; la teoria delle due verità - l'una legata alla realtà fenomenica e quotidiana, l'altra, superiore, pertinente al non-essere; la profonda e complessa nozione del vuoto o kong. Su questi concetti teorizzarono alcuni tra i più sensibili e acuti pensatori cinesi, quali Sengzhao (384-414), Daosheng (morto nel 434) e Jizang (549-623).

Il Buddhismo Chan (in giapponese Zen), sorto all'inizio del sec. VI, si sviluppò secondo l'indirizzo datogli da Huineng (638-713; Scuola del sud) e, limitatamente al sec. VII-VIII, da Shenxiu (605?-706; Scuola del nord). Esso costituisce, oltre che la sintesi più compiuta tra il Taoismo filosofico e la "nétta della Scuola del Vuoto (Kongzong), l'affermazione dello spirito Cinese che si affranca da quello Indiano. Il Chanismo o "filosofia del silenzio", è dominato dalla consapevolezza che il primo principio è inesprimibile; che in quanto realtà che tutto trascende, esso è silenzio; che l'illuminazione, l'unico mezzo per entrarvi, non può essere in alcun modo mediata dalla parola. Questi concetti informano anche il peculiare metodo "educativo" chan, fondato sul silenzio, sui contatti personali, e teso al raggiungimento dello stato di non-intenzionalità o wuxin che presenta grande affinità con il concetto taoista del wuwei.

La Storia – Nell’epoca Han (206 a.C. - 221 d.C.), con le guerre che fin dall’inizio gli Han dovettero sostenere in zone yuezhi e xiongnu, i Cinesi si misero in contatto con le zone e i popoli buddhizzati; inoltre i prigionieri buddhisti iniziarono la penetrazione Buddhista nell’Impero di Mezzo. L’imperatore Mingdi viene ricordato per aver voluto, nel 65 d.C., una spedizione col fine di portare in Cina i testi Buddhisti (tuttavia, già all’epoca c’era una fiorente colonia buddhista sullo Yangzi). Con il primo ingresso voluto da Mingdi ci fu una lenta penetrazione di missionari e monaci. I primi missionari Buddhisti in Cina erano Indiani e Sciiti che portavano i sutra e li traducevano. An Shigao, Zhu Shuofo e Jichan (venuti nel II° sec.d.C.), per esempio, oltre a fondare il Monastero del Cavallo Bianco, tradussero parecchi sutra. I traduttori che operavano in questo primo periodo erano dotati di profonda cultura e di spirito necessario per affrontare il difficile compito di spiegare una dottrina così ostica per i Cinesi. Infatti, erano lontani dalla mentalità Cinese la disciplina monastica e il distacco dalla famiglia e dalla società;l'esigenza soteriologica (1);la disciplina morale come mezzo prope-deutico alla salvezza, non come valore in sé. Il Buddhismo però alla fine riuscì a reinterpretare la concezione dello Spirito Universale, e inoltre diede alla filosofia Cinese, soprattutto Taoista, la sua metafisica negativa: su queste basi avvenne l’incontro. I Buddhisti per venire accettati insegnarono la loro struttura logico-dialettica, mitigarono dei concetti troppo inaccettabili, usarono citazioni di Lao-tzù (che i daoisti credettero a lungo Maestro del giovane Buddha), e tradussero usando la terminologia Taoista (la traduzione per analogia è detta geyi). D’altra parte i Cinesi accettarono bene le opere metafisiche buddhiste, nonostante il loro essere pratici: appassionò molto lo studio dei rapporti fra essere e non-essere.

L’Epoca Medioevale: Dopo l’era Han, all’inizio del periodo medievale, il Buddhismo continuò a penetrare con maggior vigore, ma ancora non c’erano rielaborazioni Cinesi, forse per via del divieto fatto ai Cinesi di farsi monaci, e quindi di studiare il pensiero buddhista con più profondità. Pertanto fu più un periodo ricettivo. La nuova epoca del Buddhismo in Cina inizia nel 402 con l’arrivo di Kumarajiva a Chang’an (344-413), il quale venne nominato guoshi, direttore dell’insegnamento, influendo così molto sulla cultura Cinese. Kumarajiva, dotato di un’ampia e completa cultura e del possesso della lingua, smise le traduzioni secondo le categorie del pensiero Cinese e iniziò le traduzioni che puntavano a far passare il senso originario dell’opera. Il Buddhismo, con Kumarajiva e i suoi discepoli, divenne un fenomeno Cinese.

Il discepolo di Kumarajiva, Seng Jiao (384-414), iniziò la sintesi di Buddhismo e Taoismo. Per esempio unì you e wu con la teoria della doppia verità del Madhyamaka: considerato che, in base a quest’ultima, la più alta verità ad un livello comune è la più bassa ad un livello superiore, possiamo dire che a un livello basso comprendiamo che esistono sia you che wu, mentre ad un livello alto, comprendiamo che non c’è nessuno dei due (2). Seng Jiao disse anche che la prajña non è conoscenza di oggetti positivi, ma del wu, ma ad un livello ancor più alto si comprende che nirvana e prajña sono lo stesso, e quindi null’altro va detto. Infine Seng Jiao affermò la totale inesistenza del movimento. Le cose sono irreali perché in movimento; ma quando una cosa è passata è in stato di quiete. In realtà, il movimento non esiste, e nemmeno esiste il tempo: le cose, i dharma, esistono solo come fissati nel loro istante, e il tempo è irreale. Quello che esiste è solo l’immutabilità atemporale del nirvana.

Un altro discepolo di Kumarajiva, Zhu Daosheng (360-434), si occupò di tre fondamentali problema-tiche. Innanzitutto, riguardo agli icchantika, coloro che per destino non hanno l’accesso alla buona dottrina, affermò che anch’essi hanno la buddhità da realizzare. Ogni essere cosciente possiede la buddhità potenziale, ma il problema è che non ne è consapevole; infatti, proprio la consapevolezza è nirvana; il nirvana però non necessariamente vuole l’abbandono della vita comune, poiché con la bodhi (Illuminazione) si capisce che la vita comune e il nirvana sono la stessa cosa. In secondo luogo, Zhu Daosheng disse che una buona azione non comporta ricompensa, poiché se fatta secondo wu wei e wu xin, non è contaminata dalla brama, è fatta liberamente. Infine Zhu Daosheng definì la bodhi un atto istantaneo con una soluzione di continuità con la disciplina preparatoria, in quanto è wu (assoluto). In quel periodo, la diffusione del Buddhismo fu molto più ampia. Senza l’Impero unificato, c’era il libero ingresso di uomini e idee dall’India e dall’Asia, mentre le varie dinastie straniere (soprattutto Mongole) non difendevano in nessun modo la tradizione Cinese dalla penetrazione straniera. Così il pensiero Cinese assimilò quello buddhista.

 

Il Buddhismo indiano

Siddhartha Šakyamuni: benché il termine Buddha indichi nella tradizione indiana molti personaggi, gli Svegliati, coloro che hanno ricevuto l’illuminazione (bodhi) e hanno dato all’umanità del loro tempo un particolare insegnamento soterico, il Buddha per antonomasia è Siddhartha detto Gautama dei Šakya (563-483 a.C.), appartenente alla casta guerriera dei kšatriya. Nonostante la ricchezza della sua famiglia, che suo padre offriva lui ben volentieri, Siddhartha, così come un oracolo aveva profetizzato, lasciò il mondo e si mise a meditare sulla Verità; alla fine la via meditativa lo portò alla bodhi.

Esposizione del Buddha:

Dopo aver ricevuto l’illuminazione, il Buddha enunciò:

1)      Le quattro nobili verità:

      il mondo transeunte (samsara) è dolore;

      il dolore proviene dal desiderio;

      il dolore si elimina con l’estinzione (nirvana) del desiderio;

     la Legge (Dharma) per estinguere il desiderio è la Via di Mezzo (mediana fra ascesi ed eccessi), dottrina che il Buddha si mise subito a predicare.

Sostanzialmente la dottrina del Buddha era solo un metodo, una via (marga) per liberarsi dal desiderio, senza alcuna riflessione di carattere metafisico. Tale metodo consiste nell’approfondimento della parte cosciente degli atti umani. Il Buddha non elaborò alcun pensiero sul mondo, visto che, secondo lui, noi non dobbiamo fare altro che abbandonarlo. Il mondo è solo una successione di desideri del soggetto che ne fanno soffrire lo spirito.

2.      L’ottuplice sentiero (etica): il Buddha indicò col termine Ottuplice Sentiero le otto perfezioni da conseguire per liberarsi dal mondo:

         retta visione;

         retto pensiero;

         retta parola;

         retta azione;

         retto sforzo;

         retta vita;

         retta consapevolezza;

         retta meditazione.

3.      La psicologia: la consapevolezza e la meditazione sono particolarmente importanti per il Buddha, alla luce della costituzione dell’uomo. Si sa che l’animo umano è composto da cinque elementi (di carattere intellettuale):

         coscienza (vijñana);

         potere di ideazione;

         predisposizione sensoria;

         impulsi prenatali o tendenze;

         forma e nome della persona.

L’uomo, con le sue azioni (karma), i cui effetti sono visibili nelle vite terrestri che vive (la teoria della metempsicosi) è responsabile del suo destino. Il nirvana permette di sfuggire al ciclo di nascita-e-morte del samsara.

4.      Il samsara: indica il ciclo di nascita-morte che gli uomini e gli esseri viventi subiscono. Nel Buddhismo è costituito da dodici momenti (12 anelli).

         Il primo è l’avidya;

         l’ignoranza dell’unità di soggetto e oggetto;

         l’ignoranza che genera le forme;

         poi ci sono gli impulsi prenatali;

         poi la coscienza particolare;

         la forma e il nome della coscienza;

         la percezione del mondo oggettivo;

         la sensazione che è soggettivazione di tale percezione;

         la sete dell’oggetto;

         il legame con quanto sentito;

         l’esistenza;

         la nascita e la morte.

Dalla originaria dottrina del Buddha, il Buddhismo è mutato e si è evoluto, fino a divenire una vera religione, mentre in origine era agnostica, se non addirittura atea. All’interno del Buddhismo, inoltre, si sono formate "nétte e scuole varie. Le due principali scuole buddhiste sono quella Hinayana, il Piccolo Veicolo, piuttosto ascetica e razionale come il Buddhismo primitivo, e quella Mahayana, il Grande Veicolo, più mistica e metafisica.

Il Buddhismo Hinayana

La maggior vicinanza dell’Hinayana rispetto il Mahayana con la dottrina primitiva si spiega perché l’Hinayana, oltre ad una regola monastica (vinaya), ha sviluppato le teorie sull’illusorietà del mondo e sull’impermanenza dell’uomo empirico: la realtà affidabile in questo mondo è solo la coscienza di sé, vijñana, e del mondo come creazione di questa stessa coscienza. Innanzitutto il Piccolo Veicolo si chiese quali fossero i minimi fattori dell’esperienza cosciente, i dharma, e quale realtà abbiano. In secondo luogo, si chiese quale fosse realmente la responsabilità dell’uomo nei riguardi del suo destino. Durante sei secoli di discussioni e concili su queste problematiche, l’Hinayana si diffuse da Ceylon all’Asia centrale; poi giunse anche in Cina e Giappone. Nei secoli IX, X e XI, con l’arrivo dei mussulmani e con la reazione brahmanica, il Buddhismo venne spazzato via dall’India.

"nétte dell’Hinayana

 Posizione del Buddha: fondamentalmente il Buddha vedeva l’uomo come costituito da elementi atti alla conoscenza, e il mondo è un processo di aumento di conoscenza. Ma esistono dei minimi elementi conosciuti, e che natura hanno?

 Thera: gli "Anziani", la setta ortodossa, riteneva che i dharma non sussistono dopo l’istante in cui appaiono, e il nirvana, in quanto atemporale, è l’unica realtà permanente. La classificazione dei dharma è incerta: ora elementi esterni al soggetto, ora parte di esso.

 Sarvastivadin: i "Realisti" ritenevano invece che i dharma sussistano nel tempo, poiché hanno effetti, cioè il karma, dunque la responsabilità individuale postulata dal Buddha.

 Pudgala-vadin: i "Personalisti" contraddicendo Buddha (perciò sono considerati eretici) postulavano l’esistenza di un pudgala, un Io trascendentale, oltre ai cinque elementi dell’uomo.

 Sautrantika: i "Nominalisti" ritenevano infine che i dharma siano realtà effimere e quello che rimane dopo sono solo immagini irreali.

 

Il Buddhismo Mahayana

Il Buddha, nella sua dottrina,  aveva esposto un’etica (l’Ottuplice Sentiero), una psicologia (la costituzione dell’uomo), la teoria del samsara e, naturalmente, le Quattro Nobili Verità. L’Hinayana aveva approfondito l’argomento della liberazione come approfondimento della parte cosciente di sé, trattando il problema dei dharma, e quello della responsabilità dell’uomo. Il Buddhismo mahayanico, mistico e metafisico, trattò argomenti metafisici sul mondo e sull’uomo, di cui il Buddha non aveva parlato, poiché il mondo è da lasciare. Nel Mahayana appare il concetto di Buddhità che è un Io assoluto, la cui essenza è il nulla, il šunya. L’uomo per il Mahayana è un Buddha in potenza, poiché in lui c’è la bodhi. Un altro importante concetto Mahayana è il Bodhisattva; invece di definire il Santo come l’Arhat, il Perfetto, cioè colui che raggiunge direttamente e individualmente il nirvana, come nell’Hinayana, il Mahayana lo definisce come Bodhisattva, cioè colui che giunge alla soglia del nirvana, ma poi torna sulla terra per aiutare altre persone a salire al nirvana, quindi per dare la grazia, in base al principio che il nirvana deve investire l’intera umanità. Il Buddha storico, nell’ottica del Bodhisattva, viene ridimensio-nato ad aspetto illusorio del Buddha primordiale, Buddha Siddhartha Šakyamuni, il "Corpo della Legge". Fra l’aspetto illusorio ed il Corpo della Legge, il Buddha primordiale si trova in una condizione intermedia, il "Corpo di Partecipazione", che si manifesta nei Cinque Tathagata, simboli di cinque energie creatrici, di cinque normotipi di uomini con altrettanti modi di liberazione. Anche per il Mahayana la liberazione è la realizzazione dell’essenza cosciente dello spirito, cioè la bodhi; per cui si ha la bodhicitta. La bodhicitta si ottiene con conoscenza mistica (prajña) e compassione ("upaya", il mezzo per eccellenza).

Sette del Mahayana

 Madhyamaka: Nagarjuna (II sec.d.C.), il fondatore di questa setta, ritiene che i dharma esistono in funzione l’uno dell’altro, e che in sé non esistono. I dharma, deontologizzati, sono l’aspetto magico della Realtà Assoluta, che è il vuoto. Il šunya, il Vuoto, il non-essere della realtà soggettivamente esperita è il vero essere. Fra nirvana e samsara dunque non c’è differenza ontologica, ed esistono solo in virtù di un soggetto esperente differenziante. Qui si fonda la teoria della doppia verità: la Verità Assoluta può coesistere con una verità relativa particolare.

Yogacara o Vijñana-vada: Maitreya e i suoi discepoli (III-V sec. d.C.), i fondatori, ritenevano che la conoscenza fosse preceduta da una autocoscienza universale e matrice delle forme. La realtà è sperimentabile a livello immaginario (attribuire esistenza ai dharma), relativo (capirne la relatività), assoluto (comprendere l’insussistenza della realtà).

 

I caratteri generali del pensiero Cinese

La civiltà Cinese è nata nella Pianura Centrale, la piana dello Huang He. Una zona così pianeggiante e ampia ha favorito una cultura uniforme, conservatrice nei confronti delle proprie istituzioni e dei propri elementi di civiltà inizialmente innovativi, restia agli sconvolgimenti e alle rotture col passato. La formazione della cultura Cinese avvenne in tempi remotissimi e in grande isolamento: i Cinesi iniziarono a ideare e a sviluppare istituzioni civili mentre attorno gli altri popoli erano ancora a livello preistorico; in questo modo quando si arrivò all’epoca storica, mentre i confinanti muovevano i primi passi nella civiltà, la Cina aveva già istituzioni ben definite fin nei minimi dettagli. Il lungo percorso storico non è documentabile. L’uomo Cinese è conservatore. Il contadino trova nella natura una conferma agli insegnamenti degli antichi. La cultura contadina Cinese però non ha dato vita a manifestazioni mistiche-religiose come il culto della Dea Madre, della Gea, ecc., è rimasta molto pragmatica e razionale, ma al contempo poetica nella ricerca dell’armonia col Tutto. La verità per il Cinese è l’armonia con il tutto, quindi una cosa è vera non perché dimostrabile razionalmente, ma perché intuita in armonia col tutto. Ogni cosa è in armonia col tutto, e anche il pensiero ne fa parte: quindi il pensiero Cinese non è oggetto di studio. Il pensiero è la traduzione logica dell’intuizione metalogica dell’unità dell’universo, quindi illumina sui rapporti fra le cose e anche sul comportamento che l’uomo deve tenere. L’etica Cinese è sempre un’etica di impegno nella società. L’uomo non può vivere se non in società, e si deve quindi impegnare a che essa sia in ordine. Il saggio Cinese è colui che ha ordine in sé e fa ordine fuori di sé; questo ordine lo fa cercando di allontanare il meno possibile sé e la società dalla condizione iniziale che gli Antichi indicavano. Egli non fa nulla contro la natura delle cose, poiché ne intuisce il legame col tutto. L’intuizione del tutto è l’elemento più importante della filosofia Cinese. Tale intuizione può essere chiamata continuo estetico indifferenziato, cioè intuizione che intuisce le cose come in rapporto le une con le altre, legate ad un’unità, e senza distinguere soggetto ed oggetto. La natura è manifestazione dello spirito, dunque, così come il pensiero; pertanto, il pensiero è sempre stato rivolto a problemi ordinativi in una visione cosmologica della realtà (come funzionino i poteri cosmici e di converso quelli umani). L’ignoranza è infatti ciò che rompe l’unità fra uomo e mondo, e lo studio serve a ricostituire tale unità. La visione cosmologica della realtà fonda la grande utilità della divinazione. Il principio del mondo è una Legge inerente alla vita del mondo: quella dell’Eterno Ritorno. Il filosofo Cinese non cerca un Ente riassuntivo della molteplicità sensibile ma la Legge della realtà a cui adeguarsi.

 

Il Buddhismo Chan

Il Buddhismo in Cina aveva sviluppato così tanti indirizzi, così tanti mezzi soterici e una così vasta metafisica, che il fine del Buddha era andato perso di vista. Contro questo stato di cose nacque il Chan (Channa, dal sanscrito dhyana, meditazione), che reagì con la sobrietà dei mezzi soterici, la scarsezza delle formulazioni filosofiche e l’assenza di rituali.

Caratteri generali

L’unico mezzo soterico per il Chan è la meditazione. Partendo da un vuoto mentale, il monaco medita sul principio illuminativo, fino a giungere ad una vera e propria folgorazione, wu (bodhi), improvvisa e immediata, radicalmente diversa dal momento precedente. La meditazione del monaco Chan dev’essere senza oggetto, senza scopo e senza intenzione (wu xin), affinché il pensiero, libero, possa realizzarsi giungendo alla bodhi. Il pensiero dev’essere un’attività distaccata dall’oggetto. Un’altra caratteristica del Chan è la sua naturalezza di vita, che contempla anche il lavoro: la bodhi infatti non contraddice il samsara, ma lo riduce ad una sfera di libertà. Il Chan a volte però si serve di paradossi e immagini razionalmente incomprensibili, detti gong’an (koan); i discepoli, per capirli, devono averne un’intuizione non-razionale. I gong’an servono apposta per eliminare l’attaccamento alle formulazioni dogmatiche, per scuotere il meditante e fargli raggiungere il wu, e per allontanarlo da compiacimenti che intorbidano la mente.

Nascita e sviluppo

Secondo la tradizione nota, l’insegnamento Chan sarebbe stato segretamente trasmesso dal Buddha a Mahakasyapa, suo discepolo e primo patriarca indiano della scuola dhyana; i patriarchi Indiani furono 28, finché Bodhidharma, il fondatore del Chan Cinese, non venne in Cina nel VI sec.; poi ci furono Hui Ke, Seng Can, Daoxin e Hong Ren. Dopo Hong Ren, il Chan si divise nella Scuola dello Spirito Universale di Shen Xiu (600-706), che affermava la gradualità del wu, e in quella del Vuoto di Hui Neng (638-713), che affermava l’istantaneità del wu. Considerata ortodossa la Kong Zong, con Huai Rang, Mazi e Bai Zhang il Chan divenne una vera scuola con i suoi monasteri e la sua regola, e a livello filosofico iniziò una sintesi fra Chan e Taoismo. Dopo il X sec., le varie scuole buddhiste iniziarono a decadere. Le uniche scuole che rimasero indipendenti furono la Qingdu e la Chan, che poi venne trasmessa secondo cinque linee di trasmissione. Le due più importanti furono:

Caodong Zong (Soto): fondata da Dongshan Liangjie (807-869), questa scuola detta anche Mozhao Chan, ha come elementi fondamentali il zuochan, la calma meditazione, e la dottrina delle Cinque Dignità, cioè cinque stati di purificazione prima del wu. Per essa sono importanti riti e morale.

Linji Zong (Rinzai): fondata da Linji Yixuan (IX sec.), essa utilizza molto il sistema dell’urlo e del bastone, i gong’an, per far avere al discepolo una scossa psichica e far erompere la bodhi.

 

Periodi storici

Una volta, qualcuno interrogò il Maestro Chan Seung Sahn, sull'importanza della storia del Chan ed egli rispose: "Conoscere la storia della vostra tradizione è come trovarsi a faccia a faccia con i vostri antenati. Questi antenati sono le vostre radici, quando conoscete queste radici, conoscete anche qualcosa di voi stessi." Così quando qualcuno studia una certa tradizione, è una curiosità naturale volerne conoscere le radici, da dove è nata e quali sono le fonti d'ispirazione di quella tradizione. L'insegnamento del Buddha ci è pervenuto riflesso e frammentato in varie scuole. Nonostante l'apparente diversificazione delle scuole e dei metodi di insegnamento, i principi basilari sono comuni. La prima è detta Scuola Meridionale (Theravada) o Hinayana, e fa riferimento ai testi Pali. Tuttora prospera nel Sud-est asiatico rappresenta l'unica sopravvissuta di un ampio ventaglio di scuole scomparse. La seconda è detta Scuola Settentrionale o Mahayana e fa riferimento a testi in sanscrito. Storicamente la scuola della meditazione nasce in Cina dove fiorisce sotto la dinastia T'ang. All'inizio del secolo XIII approderà in Giappone, dove attualmente è diversificata nelle scuole Zen: Rinzai e Soto.

Dopo la sua nascita in Cina, la scuola Chan/Zen ha sviluppato linee specifiche che si proponevano ognuna come la continuazione dello stile di vari grandi maestri, considerati in seguito i fondatori delle varie tradizioni. La patria storica dello Zen è dunque la Cina; qui le complessità del Buddhismo indiano vennero rimodellate sul modo di vita Cinese, pragmatico e concreto, assumendo col tempo forme in armonia con la cultura locale e assimilando come sempre nel Buddhismo la cultura ospitante. Pare giustificato affermare che lo Zen rappresenta un ritorno dai profondi ma intricati sistemi filosofici e psicologici della Scuola Settentrionale, agli insegnamenti originari del Buddha.

Prevalentemente esistevano due scuole, quella dell'illuminazione graduale e quella dell'illuminazione improvvisa. La seconda prevalse sulla prima, dando in seguito vita allo Zen come lo conosciamo oggi. Nel 1190 sbarca in Giappone Nel 1905 si affaccia per la prima volta in Usa

Bodhidharma

La pratica del Buddhismo Chan nasce con Bodhidharma, secondo quelli che erano i metodi e le tradizioni che il Patriarca portò con sé dall’India. Come narra la storia infatti egli dopo aver fatto visita a diversi templi, ebbe modo di fermarsi a Shaolin, ove sedette per nove anni in meditazione in una grotta. Così, questo è il primo stadio di sviluppo della tradizione Zen in Cina: l'esempio di Bodhidharma che siede immobile e tranquillo di fronte ad un muro bianco. Questo è il modo in cui noi sediamo ancora oggi, nelle nostre sale di Dharma. Da quanto sappiamo della leggenda di Bodhidharma, sembrerebbe che la sua pratica fosse lo Shikantaza. A quel tempo, il suo colloquio con il futuro II° Patriarca, suggerisce anche una padronanza delle tecniche che si svilupparono, più tardi, nella pratica dei gong-an (Koan in giapponese). Ma quasi certamente, non si leggevano i Sutra, in quel periodo. La cosa interessante a proposito di Bodhidharma, tuttavia, è che quando diede la trasmissione al secondo Patriarca, gli consegnò una copia del Lankavatara Sutra insieme alla sua veste ed alla sua ciotola. Questi furono i simboli della trasmissione fino al sesto Patriarca. Per un lungo tempo il Lankavatara Sutra rimase un testo base nella scuola Chan in Cina. Lo stesso Hui Neng ebbe l'illuminazione ascoltando un verso dal Sutra del Diamante ed anche questo Sutra fu onorato dagli studenti Chan in Cina. Tutto questo cambiò nelle mani di Ma-tsu, quando il Chan divenne molto empirico. Ma perfino allora, sembra che la maggior parte dei Maestri del lignaggio di Ma-tsu, fu molto versato nella conoscenza dei Sutra, solo non facevano riferimento ad essi nei loro insegnamenti.

Hui Neng

La tradizione vuole che il Chan/Zen sia stato introdotto da Bodhidharma, primo Patriarca Cinese. In realtà esso fiorì e produsse i suoi tratti distintivi solo durante la generazione successiva al sesto Patriarca Hui Neng. Sin dal suo apparire, per la sua predisposizione pratica, la scuola generò i propri maestri in luoghi remoti, dove la sopravvivenza era possibile soltanto con la coltivazione della terra; sistema di vita sconosciuto al Sangha (comunità di monaci) indiano. Il lavoro divenne uno dei fattori fondamentali della pratica, questo faceva parte infatti della mentalità Cinese, laboriosa, diretta ed estremamente pratica a differenza di quella indiana; <Un giorno senza lavorare, un giorno senza mangiare> cita un famoso maestro. Ancora oggi nei monasteri Zen in Europa ed in Italia la pratica di samu (lavoro) è una componente basilare per la crescita spirituale dei praticanti.

Il secondo stadio infatti è collegato a Hui Neng il quale un giorno udì un monaco recitare un verso dal Sutra del Diamante; Hui Neng aveva allora circa tredici anni e appena ebbe udito il versetto ebbe un'illuminazione improvvisa. Questo è il secondo stadio: la tradizione dell'Illuminazione Improvvisa. Secondo la tradizione, se la pratica di qualcuno è abbastanza matura e stabile, l'illuminazione si realizzerà all’improvviso. Questa è l'ispirazione tratta dalla vita di Hui Neng.

Fino al tempo di Hui Neng, tutti i monaci leggevano i Sutra e costruivano templi, sperando che tutte queste buone azioni portassero loro meriti nelle vite successive. Hui Neng affermò che questo non era necessario per l'illuminazione. Andò un altro passo oltre e affermò che perfino la meditazione non era necessaria. Questo fu un passo radicale nello Zen Cinese. Hui Neng non spiegò mai come ottenere questo stato di illuminazione. Se voi mantenete questa mente-non-so tutto il tempo al cento per cento, allora siete già illuminati. Quindi, se voi mantenete una mente-non-so tutto il tempo e in tutti i luoghi, allora nemmeno sedere in meditazione è più necessario. Questa è una connessione diretta fra l'insegnamento attuale e l'insegnamento di Hui Neng, si parla anche di un attimo di sforzo. Questo "attimo di sforzo" è tutto ciò che serve.

Prima di Hui Neng, lo Zen (o Chan) era già fiorito nella Cina settentrionale. Bodhidharma era rimasto nel tempio Shaolin e i suoi successori erano monaci che provenivano dal Nord del Paese. Ecco perché avevano i loro templi sotto la protezione dalla corte reale. Infatti, fino a Hui Neng, il Chan era solo una delle tante sette in competizione fra loro nella Cina del Nord. Quando Hui Neng dovette fuggire dal tempio del suo Maestro, dopo aver ricevuto segretamente la Trasmissione, attraversò lo Yangtze e viaggiò verso Sud fino alla città di Canton dei giorni nostri. Quando egli stabilì finalmente il suo tempio in questo estremo Sud del Paese, apparì un nuovo tipo di Zen: rurale e centrato su comunità di monaci agricoltori. Il Chan del Nord si era basato sui Sutra, sul costruire templi e sulla protezione dei reali, ma il Chan del Sud era economicamente autosufficiente e basato sull'etica del lavoro. I monaci coltivavano le terre del Monastero durante il giorno, non leggevano i Sutra, non avevano nemmeno una sala di meditazione, né praticavano formalmente la meditazione seduta. Mantennero viva la loro pratica in mezzo al lavoro fisico svolto durante il giorno.

Ma Tsu

Il terzo stadio della storia dello Zen Cinese è associato con il Patriarca Ma-tsu, che fu il successore di seconda generazione di Hui Neng. Ma-tsu inventò i mezzi "shock" del gridare improvvisamente, colpire o chiamare improvvisamente per nome l'interrogante mentre sta uscendo. Ma-tsu fu un vero innovatore in questo campo: voleva far breccia nel pensiero concettuale a cui siamo abituati. Hui Neng parlò di arrivare a questo punto, ma non disse mai come arrivarci. Fu lasciato a Ma-tsu il compito di inventare queste tattiche di shock improvviso che urtano con la coscienza e fanno breccia al di là di essa.

Ma-tsu è una figura molto interessante nella storia dello Zen. In confronto con la storia americana, sembrerebbe che Bodhidharma sia come George Washington e Hui Neng come Thomas Jefferson. Ma-tsu è più simile a Theodore Roosevelt. Egli fu il più grande Maestro Zen del suo tempo e si dice che ci fossero, in quel periodo, almeno ottocento monaci nel suo monastero. Trasmise il Dharma a centotrentanove successori ed è passato alla storia come "Il grande Patriarca".

Fra questi centotrentanove successori ci furono alcuni fra i più influenti insegnanti della storia dello Zen. Uno di essi fu Pai-Chang che stabilì le regole monastiche che seguiamo ancora oggi e il cui successore, Huang-po, fu il Maestro del famoso Lin-chi. Il secondo fu Nan-chuan, forse il più brillante degli studenti di Ma-tsu e maestro di Chao-chou. Il terzo di questi insegnanti non è così ben ricordato: il suo nome è Shi-tang Chi-tsang.

 

La Dinastia Tang

Il quarto stadio fu la completa sistematizzazione del sistema dei gong-an (Koan in giapponese). Ma-tsu e i suoi allievi furono Maestri molto dotati. Qualcuno dei suoi successori ebbe relativamente pochi studenti, così che poteva avere incontri personali con loro ed essere abbastanza creativo ed abile da portare lo studente all'illuminazione attraverso la tattica dello shock. Questa fu l'età dell'oro dello Zen, approssimativamente dal 700 al 900 d.C. Tuttavia, crescendo il numero degli studenti, dare istruzioni personali divenne molto difficile. Così, l'insegnante usava storie dei vecchi Maestri per ispirare i suoi allievi. Nella Cina dell'epoca Sung (X secolo d.C.), il sistema fu perfezionato ed utilizzato efficacemente dal Maestro Zen Ta-hui.

Se guardiamo alla storia della Cina, troviamo che i T'ang unificarono l'intero Paese alla fine dal VI secolo. I T'ang erano una razza di spietati guerrieri, con un codice di condotta simile a quello dei samurai. Il codice dei samurai era, tuttavia, molto più codificato e il loro Zen era fatto per corrispondere a tale codice. I T'ang non ebbero un uguale impatto sul Chan (Zen) Cinese. Infatti, dato che il Chan non era protetto dai T'ang, rimase inalterato da qualunque idea i guerrieri potessero avere. In Cina, il contrasto fu più fra lo Zen ed il Confucianesimo. In un certo senso il Chan fu una reazione alle norme di comportamento istituzionalizzate che i confuciani avevano prescritto ai cinesi. Ancora oggi, le culture orientali sono profondamente basate sulla gerarchia e su come ci si deve comportare con date persone in una data situazione. Così, i limiti del comportamento sociale sono ben definiti. Un bambino sa quali sono questi limiti e quando cresce, conosce i propri limiti di comportamento come adulto. Questa è la cultura confuciana. Così, nel contesto del comportamento confuciano, un colloquio Zen con un Maestro è, probabilmente, l'unico momento nel quale si ha la libertà di essere se stessi. Potete anche colpire il Maestro, urlare contro di lui, essere il vostro autentico "né. I colloqui riportati nella "Raccolta della Roccia Blu" o nel "Wu-men Kuan" (giapp. "Mu-Mon Kan"), fanno luce, in modo molto interessante, sui comportamenti poco ortodossi dei monaci Zen.

 

Il Declino

Lo Zen della dinastia Sung è caratterizzato da diversi aspetti negativi: una certa formalizzazione del pensiero Zen; una presenza notevole di membri della nobiltà' fra i monaci e nei templi, e una conseguente secolarizzazione. Doghen passo' circa due anni e mezzo in Cina girando numerosi monasteri, specialmente della scuola di Daiei, e praticando la meditazione con il massimo impegno, sempre ricercando un maestro vero. Ma non riuscendo a trovare quello ideale che lui cercava, ormai deluso stava pensando di tornare in Giappone. Per un altro verso bisogna ricordare che durante la dinastia Sung la pratica dello Zen si era molto diffusa anche fra la gente comune e questo insegnamento esercitava un grande influsso anche sugli altri gruppi religiosi.

Nell'anno 1200, lo Zen era quasi scomparso dalla Cina, ma rifioriva in Corea ed in Giappone. Ma perché lo Zen si spense in Cina? Innanzitutto ci fu una severa repressione del Buddhismo nell'845. Il Buddhismo era apparso originariamente in Cina nel primo secolo d.C. ed aveva soppiantato il Taoismo e il Confucianesimo, religioni di stato da molti secoli per tutte le dinastie Cinesi. Il Buddhismo guadagnò potere economico e politico a spese di questi ultimi che continuarono, perciò, a cospirare contro il Buddhismo. Nell'anno 845, l'imperatore Wu salì al potere e si dichiarò Taoista. Per due anni ci furono severissime persecuzioni contro i Buddhisti. Le statistiche di questa repressioni sono notevoli: 260.000 monaci e monache furono costretti ad abbandonare l'abito; 4.800 monasteri principali furono distrutti.

Questo colpo fece vacillare il Buddhismo in Cina e non ci fu più una completa ripresa. Un aspetto ironico di questa persecuzione fu che, mentre il Buddhismo era spazzato via nel Nord della Cina, il Chan era relativamente salvo nel Sud del Paese. Il Chan del Sud non era coinvolto nei giochi di potere della corte reale e non avevano templi con grandi statue del Buddha d'oro e pietre preziose. Nel Nord della Cina, quando i templi vennero distrutti, le statue di bronzo e rame furono fuse e utilizzate per coniare monete. I monaci del Chan meridionale non leggevano nemmeno i Sutra e vivevano la vita semplice delle comunità contadine. Non avevano, perciò, ricchezze che potessero essere portate via. Non avevano un alto profilo e così non perdettero molto nelle persecuzioni.

Quando la dinastia Sung salì al potere nel 968 nel Nord della Cina, l'unica forma di Buddhismo rimasta nel Paese era il Chan meridionale. L'imperatore Sung ne fece la religione del proprio Casato e, come risultato, anch'esso divenne corrotto e perse vitalità. Il Maestro Zen Ta-hui fu l'ultima grande figura ad infondere energia nella Scuola; una volta scomparso, non rimase alcun Maestro di uguale statura per sostenerne l'opera.

 

Il Chan Moderno

A partire da poco prima della rivoluzione Cinese del 1949, esistevano numerosi monasteri Chan ma la maggior parte di essi non erano le grandi comunità che si possono immaginare. I monasteri potevano avere anche solo tre monaci oppure diverse centinaia. In generale maschi e femmine erano comunque separati. Nella maggior parte dei monasteri la statua del Buddha occupava più spazio di quanto non ce ne fosse per accogliere i monaci in piedi, quindi nei grossi Sangha non c’era nemmeno spazio per effettuare i servizi religiosi! Tutti i monasteri avevano all’incirca le stesse regole, e la vita quotidiana era ovunque assai simile: veniva data molta importanza alle attività quotidiane, allo svolgere correttamente i propri compiti, e sia nello svolgere i rituali a determinate ore.

Alla pratica quotidiana si affiancavano i periodi di ritiro, il più breve durava una settimana, fino a sessanta giorni. Per i brevi ritiri andavano bene tutti i monasteri. Per i ritiri più importanti si invitavano abati o capisala di importanti monasteri. I più importanti maestri dell’epoca erano Hsu Yun e Laiguo.

Il maestro Hsu Yun visse tra il 1840 e il 1959 (quasi 120 anni!) e fu uno dei grandi maestri dell’epoca moderna. Egli è famoso per la sua pratica di meditazione e per il rinnovamento che portò nei monasteri e nella pratica Chan. Dopo la dinastia Sung (960-1279) la vitalità del Chan aveva avuto un rapido e progressivo declino. Il maestro Hsu Yun riportò a nuova vitalità le pratiche delle cinque scuole di Chan che erano esistite durante la dinastia Tang (618-907) trasmettendo le pratiche di ciascuna scuola a discepoli che, a loro volta, le diffusero. Queste scuole sono sopravvissute anche alla rivoluzione comunista Cinese. Hsu Yun godeva di un grandissimo rispetto anche da parte dei laici, una volta si trovò a negoziare una tregua tra una milizia locale e un gruppo di banditi che voleva controllare un villaggio. Parlò perfino con i banditi rischiando la vita per salvare le persone dalle distruzioni della guerra. Aiutò gente in ogni parte della Cina e grazie al suo incoraggiamento vennero ricostruiti cinquanta monasteri e un milione di persone trovarono "rifugio" presso di lui.

Il maestro Laiguo (1881-1953) era famoso per la sua pratica di meditazione e per i suoi insegnamenti. Fu abate nella provincia di Zhejiang nel monastero Gaoming, famoso per i ritiri da oltre mille anni. Laiguo insegnò attraverso la pratica del Hua Tou ("la Fonte delle parole" un metodo per suscitare la "sensazione del dubbio" [simile ai Koan, N.d.R.]). Scrisse anche un libro che spiega la pratica Chan passo per passo. E’ conosciuto anche per la statura dei suoi allievi che insegnano in monasteri americani o che dirigono templi in Cina.

Dopo questa ripresa in Cina il Buddhismo al giorno d’oggi viene tollerato, tuttavia le conferenze pubbliche sono vietate. I monaci possono rispondere alle domande ad incontri privati all’interno dei monasteri. Nonostante ciò, seppur segretamente, girano sbobinature dei maestri e testi scritti alle quali governo Cinese non farebbe buon viso.

Patriarchi, maestri e lignaggio

In base alla stessa tradizione Chan il Buddha Shakyamuni stesso trasmise il Dharma a Mahakasyapa, che fu il primo "Patriarca" del Chan, e questo significa che egli riconobbe che Mahakasyapa aveva raggiunto l’illuminazione. Maha-kasyapa lo trasmise ad Ananda e così via, di generazione in generazione, per 28 generazioni in India. Il 28° Patriarca indiano fu Bodhidharma che andò in Cina e lì divenne il primo Patriarca, dando origine alla stirpe Cinese dei Patriarchi del Chan

 

 1.
Mahakashyapa

 2.
Ananda

 3.
Shanavasin

 4.
Upagupta

 5.
Dhitika

 6.
Mishaka

 7.
Vasumitra

 8.
Buddhanandi

 9.
Buddhamitra

10.
Parshva

11.
Punyayasha

12.
Anabodhi

13.
Kapimala

14.
Nagarjuna

15.
Kanadeva

16.
Rahulabhadra

17.
Samghanandi

18.
Samghayathata

19.
Kumaralata

20.
Shayata

21.
Vasubandhu

22.
Manorata

23.
Haklenayasha

24.
Simhabodhi

25.
Bashashita

26.
Punyamitra

27.
Prajnadhara

28.
Bodhidharma

 

 

 

I Patriarchi Cinesi

Il Primo Patriarca in Cina fu Bodhidharma (470 - 543), (Sung Shan Shao-Lin); Il Secondo fu  Hui Ko (487 - 593), (Su Kung Shan), il Terzo, Seng Tsan (? - 606), (Tsen Shan), il Quarto, Tao Hsin (580 - 651), (Si Shan), il Quinto, Hung Jen (601 - 674), (Tang Shan) e infine, il Sesto Patriarca fu Hui Neng (638- 713), (Tsao Si). I nomi tra parentesi sono quelli che furono dati ad essi, sulla base del nome della montagna su cui eressero i loro monasteri.

Bodhidharma (470 - 543)

Bodhidharma trasmise la sua Mente del Dharma in Cina: "Quando il Maestro indica direttamente la Mente, scoprite che la vostra stessa Natura Originale non è differente dalla Natura di Buddha"

"Il Tao del Buddha è duro e difficile. Occorrono sforzi, pazienza e duro lavoro. Come si può sperare di raggiungere il Tao con pochi meriti e poca saggezza? Come si può cercare di conseguire il Tao mentre si è arroganti e si pensa che sia facile? Se qualcuno prova in questo modo, prova invano."- Questi sono alcuni brani dell’insegnamento dato da Bodhidharma al suo erede di Dharma, il Secondo Patriarca Hui Ko (487-593), conosciuto anche come Sheng Kwang. "Lascia andare tutti i pensieri discorsivi e tutti gli attaccamenti. Fa riposare la tua mente. Come un muro, non essere influenzato dai fattori interni o esterni; solo allora, puoi entrare nel Sentiero del Buddha."

Bodhidharma è riconosciuto come colui che portò il Buddhismo Zen in Cina e fu il Primo Patriarca del lignaggio Chan Cinese. Nacque il 5 ottobre (calendario lunare Cinese) nel Sud dell'India, terzo figlio di un re Indiano. L'arrivo di Bodhidharma (Ta Mo o Da Mo) in Cina viene preceduto da una sbalorditiva reputazione. Gli si attribuirono doti mistiche e spirituali straordinarie; figlio di Shuganda, re di Madras e Kerala nel Sud dell'India, allievo del XXVII Patriarca dopo il Buddha (Prajnatra), dal quale ottenne la discendenza spirituale, divenendo il XXVIII Patriarca del Buddhismo Mahayana, giunse in Cina alla corte dell'imperatore Wu, fondatore della dinastia Liang del Sud. Seguendo le istruzioni del suo Maestro di trasmettere il Dharma in Cina, Bodhidharma si mise in viaggio nel 526 d.C. Quando arrivò a Kwang Chou, nel Sud della Cina, fu ricevuto con una grande cerimonia e onorato dal locale ufficiale militare, Shao Yang. Lo stesso anno, fu invitato alla capitale, Nanjing, per incontrare l'imperatore Wu.

Wu, fervente buddhista, studioso dei testi sacri e promotore dello sviluppo del Buddhismo, volle ricevere il Maestro in udienza ufficiale al fine di mostrare il suo operato nel regno, caratterizzato dalla costruzione di nuovi templi e dall'avere presso la corte imperiale la sede dell'Ordine dei monaci; convinto che la pratica del Buddhismo fosse l'accumulare meriti per mezzo di buone azioni e assicurarsi nelle vite future condizioni sempre migliori. Bodhidharma ascoltò attentamente l'imperatore, indaffarato nel mostrare in forme esteriori l'insegnamento della dottrina buddhista ed annebbiato dal concetto errato di santità che si raggiunge come premio. Alla sua domanda "Cosa si ottiene con la pratica del Dharma?", egli replicò: "Assolutamente nessun merito"; Wu sconcertato chiese: "Ma allora dove si trova la Via, il Principio Primo?", Ta Mo rispose: "In tutte le cose, non c’è nulla di sacro". "Chi sei dunque tu?" chiese infine l'imperatore, e il Maestro gli rispose: "Non lo so!".

Offeso dalla tormentata udienza con l'imperatore, Ta Mo decise vagare per la Cina alla ricerca del luogo adatto nel quale ritirarsi in meditazione; nel suo errare si fermò in diversi monasteri, tra i quali Ton Wa, Jion Ti, Leon Choy, ma il principio di unità tra corpo e spirito al quale egli si rifaceva non venne mai accolto. Successivamente si ritirò sulla montagna di Shao Shi e si stabilì in una grotta, dove rimase in profonda meditazione per nove anni, durante i quali ogni giorno monaci e discepoli buddhisti giungevano con l'intento di ricevere insegnamenti dal "Grande Illuminato", che nel frattempo venne riconosciuto come il primo Patriarca del Buddhismo Chan e maestro spirituale di Shaolin.

La leggenda vuole che Bodhidharma si fosse tagliato le palpebre per non cadere addormentato durante la meditazione e che la sua concentrazione fosse tale che riuscì ad imprimere l'ombra del suo corpo nella roccia davanti alla quale meditava, mentre gli uccelli nidificavano fra i suoi capelli. Per molti studiosi Ta Mo fu il creatore o meglio il divulgatore di antichi esercizi fisici e tecniche di lotta che, poi perfezionate nel tempo dai monaci, si trasformarono nel cosiddetto Kung Fu di Shaolin. Lo sviluppo armonico dello spirito e del corpo in comunione con il respiro sono gli elementi della triplice armonia tipici dell'insegnamento di Ta Mo e della scuola Chan in generale, che si oppone alle lunghe ore di meditazione passiva e negativa, proponendo armonia pratica ed essenziale tra passività e attività, tra quiete e movimento. Il messaggio di Bodhidharma a Shaolin diede sicuramente uno sviluppo considerevole alle pratiche marziali del monastero, non solo sul piano tecnico ma anche sul piano filosofico e culturale, apportando un ampio contributo al lavoro sull'energia interna (Ch'i Kung) e sullo sviluppo del Ch'i. Ben presto la fama dei monaci guerrieri Shaolin si espanse per tutta la Cina ed in alcuni periodi storici essi presero parte alle travagliate vicende militari in soccorso a principi ed imperatori.

Dopo che ebbe consegnato al suo discepolo Hui Ko il Manto e la ciotola, il Lankavatara Sutra e la trasmissione della Mente, Bodhidharma andò al tempio di Chen Sung (Mille Santi) per propagare il Dharma. Entrò nel Nirvana nel 536 d.C., fu seppellito a Shon Er Shan (Monte Orecchio d'Orso) nello Ho Nan e per lui fu costruito uno stupa nel tempio di Pao Lin. Più tardi l'imperatore della dinastia Tang, Dai Dzong, conferì a Bodhidharma la nomina di Yuen Che, Grande Maestro Zen e rinominò il suo stupa "Kong Kwan" (Visione del Vuoto).

L'insegnamento di Bodhidharma

Bodhidharma insegnò ai suoi discepoli ad utilizzare il Lankavatara Sutra come sigillo della mente. Il metodo di coltivare la pratica trasmesso da Bodhidharma sottolineava l'attenzione che dovremmo dare a questo importante Sutra. Il suo principale insegnamento è che esistono due sentieri per varcare la Porta del Dharma: lo studio e la pratica. Lo studio: attraverso i Sutra buddhisti e le scritture, si potrà comprendere la Natura di Buddha. La Natura di Buddha delle persone comuni non si manifesta perché è annebbiata, velata dalle contamina-zioni, come la brama, l'attaccamento, la passione, l'aggressività e l'ignoranza. La pratica: quando seguite i principi buddhisti nella vita quotidiana, scoprite che la vostra Vera Natura è uguale alla Natura del Buddha. Essi sono:1) Bao Yen Hsin: la volontà di accettare, senza lamentarsi, la sofferenza e l'infelicità perché capite che è il vostro karma. 2) Sui Yen Hsin: la comprensione che tutte le situazioni sono conseguenze di cause karmiche e, perciò, la capacità di mantenere l'equanimità in ogni circostanza sia negativa che positiva. 3) Tsung Fa Hsin: realizzare, attraverso la pratica, l'essenza della vostra Natura di Buddha che è pura equanimità.

Hui Neng (638 - 713)

Il grande Hui Neng, che divenne il Sesto Patriarca del Chan, agli inizi era un povero contadino analfabeta di Hsin Chou Kwangtung. Un giorno, dopo aver fatto una consegna di legna da ardere ad un negozio, udì per caso un uomo recitare il seguente verso del "Sutra del Diamante" - "Devi trovare la tua vera mente, senza far affidamento su nessun’ altra cosa". Hui Neng fu illuminato istantaneamente. L'intero verso diceva: "Tutti i Bodhisattva dovrebbero sviluppare una mente pura che non si attacca a nulla; e ivi dovrebbero dimorare stabilmente."

L'uomo che aveva recitato il Sutra incoraggiò Hui Neng ad incontrare il Quinto Patriarca, Hung Jen, al Monastero Tung Chian nel distretto di Huang Mei nella regione del Chi Chou. Hui Neng cercò il Quinto Patriarca e gli disse: "Sono un villano dello Hsin Chou Kwangtung (oggi, vicino a Canton nel Sud della Cina). Ho viaggiato molto per portarvi rispetto; non chiedo nulla se non la Buddhità." "Tu sei nativo di Kwangtung, un barbaro? Come puoi sperare di diventare un Buddha?" disse il Patriarca. Hui Neng rispose: "Anche se ci sono uomini del Nord e uomini del Sud, nella Natura di Buddha non v'è differenza fra Nord e Sud. Un barbaro è diverso da Sua Santità fisicamente, ma non c'è differenza nella nostra Natura di Buddha." Il Maestro Hung Jen lo accettò immediatamente come suo discepolo, ma dovette nascondere il fatto agli eruditi monaci del monastero del Nord. Al tempo del Quinto Patriarca, il Chan era ancora influenzato dal Buddhismo Indiano che non enfatizzava il risveglio improvviso, bensì quello graduale, dando importanza allo studio ed ai dibattiti sulla Metafisica. Per proteggere Hui Neng, il Patriarca lo mandò nelle cucine a spaccare la legna e mondare il riso per otto mesi.

Un giorno, il Quinto Patriarca disse ai suoi monaci di esprimere la loro saggezza in una poesia. Colui che avrebbe dimostrato la vera realizzazione della sua natura originale (Natura di Buddha) sarebbe stato ordinato Sesto Patriarca. Il monaco anziano, Shen Hsiu, era il più colto e scrisse i seguenti versi:

"Il corpo è l'albero della Bodhi,

La mente è come uno specchio chiaro;

Continuamente sforzati di lucidarlo,

Per non lasciare che vi si raccolga la polvere."

La poesia fu elogiata, ma il Quinto Patriarca sapeva che Shen Hsiu non aveva ancora trovato la sua natura originaria, d'altro canto, Hui Neng era analfabeta, così qualcuno scrisse per lui, sotto dettatura, la sua poesia, che diceva:

"Fondamentalmente la Bodhi non ha albero,

Né esiste sostegno di alcuno specchio.

Poiché tutto è vuoto fin dall'origine,

Dove può mai posarsi la polvere?"

Il Quinto Patriarca fece finta di non essere impressionato da questa poesia, ma nel cuore della notte convocò Hui Neng e gli diede le insegne del suo ministero, il manto e la ciotola del Patriarca. Però, a Hui Neng fu detto di partire per il Sud e di nascondere la sua illuminazione e la sua comprensione finché non fossero giunti tempi più propizi per propagare il Dharma.

I monaci erano gelosi e ignoranti, credevano che la trasmissione fosse qualcosa di materiale e decisero di riprendere il manto e la ciotola. Dopo avere inseguito Hui Neng per due mesi, lo trovarono sulla cima di una montagna e volevano ucciderlo. Il loro capo era Hui Ming, il cui nome da laico era Chen. Di tutti i monaci che avevano inseguito Hui Neng, questi era il più abile. Hui Ming era stato un generale della quarta brigata dell'esercito ed era duramente temprato e di maniere rudi. Quando Hui Neng fu quasi per essere raggiunto, lanciò il manto e la ciotola su una roccia, si nascose velocemente e disse: "Questo manto è solo un simbolo. A che serve prenderlo con la forza?" Quando Hui Ming arrivò alla roccia, cercò di prendere il manto e la ciotola, ma non ne fu capace. Allora gridò: "Fratello laico, fratello laico," (poiché Hui Neng non era stato ancora ordinato monaco in modo formale), "Sono venuto per il Dharma, non per la veste." Hui Neng apparì dal suo nascondiglio e si sedette sulla roccia. Hui Ming si inchinò e lo pregò di istruirlo. Hui Neng disse: "Poiché sei venuto per il Dharma, astieniti dal pensare alcunché e tieni la tua mente vuota. Solo allora ti insegnerò." Meditarono insieme per un tempo considerevole, poi Hui Neng chiese a Hui Ming: "Quando non pensi né al bene né al male, in quel particolare momento, qual è la tua natura originaria (Natura di Buddha)?" Appena Hui Ming udì ciò, divenne istantaneamente illuminato. Hui Ming chiese ancora: "Oltre agli insegnamenti esoterici tramandati di generazione in generazione dal Quinto Patriarca, ci sono altri insegnamenti segreti?" Hui Neng rispose: "Ciò che ti posso dire non è esoterico. Se volgi la tua luce all'interno, troverai dentro di te ciò che è esoterico."

La domanda di Hui Neng fu da allora utilizzata come un Koan - "Qual era il tuo volto originario prima che tu nascessi?" I Koan rappresentano delle verità che non possono essere comprese con la mente logica. Il Koan di Hui Neng recide i concetti e le speculazioni sulla nostra natura. E' sbalorditivo scoprire come nessun concetto può applicarsi a questa domanda. Lo shock scuote i nostri presupposti e dà inizio al processo di risveglio. Come nella sua prima poesia, il volto originario di Hui Neng è vuoto: "Quando mi udite parlare di vacuità, non attaccatevi ad essa, specialmente non attaccatevi ad alcuna idea di essa. Se meramente vi sedete con la vostra mente vagante, cadete nella nozione di vacuità". "La sconfinata vacuità del cielo abbraccia le 'diecimila cose' di ogni dimensione e forma - il sole, la luna e le stelle, le montagne e i fiumi, cespugli e alberi, gente buona e cattiva, paradisi e inferni, insegnamenti giusti o sbagliati. Tutte queste cose sono comprese nella vacuità. La vacuità della nostra natura originaria (Natura di Buddha) è proprio così. Abbraccia ogni cosa. A questo aspetto si applica la parola 'grande'. Tutto è incluso nella nostra natura originaria."

Hui Neng più tardi divenne il Sesto Patriarca, il fondatore della scuola Dhyana (Chan) del Risveglio Improvviso, che enfatizza la possibilità dell'illuminazione improvvisa, se si hanno il giusto insegnante e il giusto metodo. L'insegnamento del Sesto Patriarca sottolinea la non dualità e l'unità di tutte le cose. Hui Neng divenne il più famoso maestro Chan (Zen) della storia Cinese. Dopo la sua morte, i suoi lavori furono raccolti e classificati come l'unico Sutra Buddhista Cinese, chiamato Il Sutra dell’Altare del Sesto Patriarca. La sua nuova scuola del Risveglio Improvviso è l'unica grande scuola ancora vitale del Buddhismo Dhyana Cinese. Più tardi i discepoli di Hui Neng sparsero il Dharma in tutta l'Asia. Hui Neng definì la meditazione seduta come: "In mezzo a tutto il bene e il male, non un pensiero sorge nella mente - questo è chiamato sedersi. Guardando nella propria natura originaria, senza alcun movimento - questo è chiamato Chan." Insegnò che la meditazione Chan dovrebbe essere praticata tutti i momenti, non solo durante la seduta formale. Sottolineò che la cosa veramente più importante è l'attitudine della mente, e non la mera posizione fisica, poiché la verità può essere trovata in piedi, camminando e stando seduti o sdraiati. La meditazione seduta fu chiamata Zazen in giapponese. Solamente in Cina, migliaia di buddhisti hanno realizzato il risveglio praticando secondo il saggio insegnamento del Sesto Patriarca.

Hsu Yun (1840 – 1959)

Nato il 26 agosto 1840 ai tempi della guerra dell’oppio, il maestro Hsu Yun (Xu Yun) divenne un vero mito vivente per i Buddhisti della sua epoca e suscitò la stessa venerazione dei grandi maestri Chan delle dinastie Tang, Song e Ming.

In un periodo storico travagliato da grandi mutamenti sociali e politici, quando il Buddhismo veniva considerato una forma di superstizione medioevale e un intralcio al progresso economico, Hsu Yun riuscì a salvarlo dal declino restaurando moltissimi templi e centri di studi e fondando scuole e ospedali. Nonostante le molte donazioni dei laici che sostenevano le sue iniziative, sua unica proprietà rimase sempre il bastone che l’aveva accompagnato negli incredibili pellegrinaggi a piedi ai vari luoghi sacri della Cina e ancora poi in Tibet, Bhutan, India, Ceylon e Birmania. Il più celebre pellegrinaggio fu certo quello al monte Wu Tai, sacro al Bodhisattva Manjusri, compiuto prostrandosi ogni tre passi e bruciando incenso e in segno di rispetto per i Tre Gioielli. Sebbene seguace della scuola Chan, Hsu Yun insegnava anche il Buddhismo della Pura Terra, che considerava un metodo di sviluppo spirituale altrettanto valido e dava regolari insegnamenti sui Sutra e sui Shastra, a cui aveva dedicato anni di profondo studio e che comprendeva per esperienza diretta. Nonostante sia stato monaco per più di cent’anni (visse infatti per circa centoventi anni!), non pensò mai che il Dharma non fosse alla portata dei laici ma anzi aprì loro le porte dei templi e tenne molti sermoni liberi (Pu- Shuo) per tutti coloro che accorrevano a sentirlo. Alla sua morte (avvenuta a 120 anni) aveva migliaia di discepoli in Oriente.

Altri Vari Maestri Chan

Daoxin, quarto Patriarca. Insegnò le tecniche della meditazione nei Metodi Pratici ed Essenziali per Purificare la Mente. Suggeriva ai praticanti di iniziare la pratica con la semplice osservazione della mente, di sedersi in un luogo tranquillo, diritti ed eretti, con abiti morbidi in modo da non sentirsi costretti. Consigliava poi di massaggiarsi dalla testa ai piedi un paio di volte.

Deshan Xuanjian (781-907) era famoso perché colpiva i suoi discepoli con un bastone. Era un esperto del Sutra di Diamante, uno dei più importanti testi. Dopo che un’anziana donna laica gli fece intendere con una sola domanda che non aveva capito il significato più profondo del Sutra del Diamante, si recò in monastero in ritiro. Alla fine assunse il comando del monastero e quando faceva domande ai suoi allievi, sia che rispondessero, sia che tacessero li colpiva, non con leggeri colpetti ma a volte anche con colpi molto violenti.

Lin Chi, fondatore dell’omonima scuola, aiutava i suoi discepoli urlandogli contro.

Zhaozhou, invece diceva semplicemente di andarsene a bere una tazza di tè.

Il maestro Shigun, che visse nell’VIII secolo, rispondeva a tutte le domande sul Buddhismo con la frase "Guardami scoccare questa freccia".

[Questi maestri divennero famosi per i loro strani metodi ma non è che li usassero indiscriminatamente per tutti. Deshan non avrebbe mai colpito qualcuno che non fosse stato pronto a cogliere i benefici dal suo colpo, come Lin Chi non avrebbe mai urlato a qualcuno se non era pronto a trarne un qualche beneficio. Se un maestro fosse stato inflessibile nei suoi metodi, lo si poteva considerare piuttosto un pazzo].

Principali scuole

In Cina, fin dall'inizio della dinastia T'ang (618-907) era molto fiorente la corrente del Sesto Patriarca Hui Neng, con la teoria dell'improvvisa illuminazione sviluppatasi nel Sud.

Quando si arrivo' al periodo delle Cinque Dinastie (907-960) e anche durante la dinastia Sung del Nord (960-1127), lo Zen Cinese si divise nelle Cinque Scuole e Sette Case. Le Cinque Scuole sono: nella discendenza di Nangaku la Scuola Rinzai che prese il nome dal maestro Rinzai Ghighen; la Scuola Igyo che prese il nome dai due maestri Isan Reiyu e Kyozan Ejaku; e nella discendenza di Seighen la Scuola Soto che prese il nome dai due maestri Tozan Ryokai e Sozan Honjaku; La Scuola Unmon che prese il nome dal maestro Unmon Bun'en; e la Scuola Hoghen che prese il nome dal maestro Hoghen Bun'eki. Le Sette Case indicano le Cinque Scuole piu' la Corrente Yoghi e la Corrente Oryu in cui piu' tardi si divise la Scuola Rinzai.

Yun Men (Ummon Zen)

IlDharma di Yun Men non è per i principianti che non lo capiscono facilmente, ma piuttosto per uomini di alta spiritualità. E’ noto per le arguzie, le risposte date con una sola parola, i Tre Cancelli e le parole apparentemente offensive che hanno un unico scopo: cancellare i pregiudizi e le esitazioni dei discepoli nell’atto di distinguere fra l’immutabile Io e le mutevoli illusioni; in altre parole, togliere le ultime tracce della sottile idea di ego e cose, così che i discepoli possono attuare l’assoluto.

Lin Chi (Rinzai)

Se un discepolo progredito rimaneva ancora attaccato alle ultime tracce di ego e cose, Lin Chi, per svegliarlo, lanciava un grido che il maestro chiamava "un grido non adoperato come grido" nell’adempimento della Grande Funzione del maestro di svegliare la potenzialità interamente vivificata di un discepolo così che essa poteva unirsi all’assoluto. Lin Chi insegnava ai discepoli a non attaccarsi a nulla per uscire dal regno delle illusioni. Diceva:

"talvolta il soggetto viene strappato, ma l’oggetto no; talvolta l’oggetto viene strappato ma il soggetto no; talvolta tanto il soggetto quanto l’oggetto vengono strappati; e talvolta tanto l’oggetto quanto il soggetto non vengono strappati"

Egli esortava i discepoli a interpretare ilDharma in modo corretto, vale a dire dalla posizione di "padrone", e a non curarsi di tutte le illusioni che non sono altro che gli aspetti del non-esistente "ospite". Lin Chi era noto per quattro specie di grido di cui si serviva nel suo insegnamento.

Kuei Yang (Ikyo Zen)

La storia narra come Kuei Shan educava il discepolo Yang Shan all’attuazione della sostanza e della funzione. Per esempio, soleva dire al discepolo che coglieva soltanto la funzione, ma non il corpo della funzione, e viceversa, così che il discepolo diventava esperto nella dottrina della sostanza e della funzione.

Tsao Tung (Soto Zen)

Per rendere più chiaro il Dharma, Tung Shan e il suo discepolo Tsao Shan classificarono gli stadi dell’autosviluppo in cinque fasi fino a saper distinguere il proprio io e l’illusorio mondo esterno.

Un metodo spesso usato da questa scuola è lo Shinkantaza (letteralmente "badare solo a stare seduti") al fine di realizzare l’assenza di mente. Mantenendo la consapevolezza di tutto il corpo mentre si è seduti, rimanendo coscienti del proprio corpo per intero e non di una sola parte, fino a fondere il proprio corpo con l’esterno.

La scuola di diffuse poi in Giappone attraverso Dogen (1200-1253) dopo aver ricevuto la trasmissione delDharma dal Maestro Cinese Caodong Rujing (1163 – 1228).

Fa Yen (Hogen Zen)

Questo Dharma si basa sull’insegnamento del Buddha, secondo il quale i tre regni del desiderio, della forma, e di ciò che sta al di là della forma, non sono che creazioni dell’unica mente e tutti i fenomeni non sono che il prodotto della sua coscienza.

 

 

 

1 Soteriologia: dottrina della salvezza dell’uomo.

2 Si presuppongono dei livelli distinti per importanza.