Traduzioni di Dharma

La mente come Buddha-natura:
Il concetto dell'Assoluto nel buddhismo Ch'an
di Yun-hun Yan - (Tratto da : http://www.thezensite.com/)
© Copyright: University of Hawaii - Volume 31, Num. 4, ott.1981. pp.467-477  
Trad. Di Aliberth Meng
 

   

 

Anche se il buddhismo Ch'an ha una storia più antica, il nome della Scuola Ch'an (ch'an-men, o ch'an-tsung) (1) ebbe uno sviluppo relativamente più tardo. Fu Tsung-mi (780-841)(2), il grande Maestro di Kuei-fung che, per la prima volta, adottò il termine nel nono secolo d.C. E’ interessante notare che fu lo stesso monaco-studioso che, come sinonimo della scuola Ch'an, usò il termine di ‘Scuola della Mente’ (hsin-tsung)(3). Tsung-mi era uno studioso del pensiero Buddhista che aveva l'esperienza personale ad ampio raggio nella conoscenza delle tradizioni del Ch'an. Egli raccolse cospicui materiali e assai scrisse nello sforzo di analizzare la dottrina e le pratiche della tradizione. Nella sua opinione, l’identificazione della Mente col Ch'an indica che il ‘focus’ centrale della scuola era la Mente. Benché Tsung-mi contribuisse molto alla comprensione del buddhismo Ch'an, il suo contributo rimase quasi ignoto per più di mille anni; è stato solo durante gli ultimi due decenni che gli studiosi sono venuti gradualmente a conoscere il suo contributo, con considerevole stupore e ammirazione. E questo articolo è un tentativo di descrivere, analizzare ed avvalorare la tesi di Tsung-mi, cioè che la dottrina della Mente sia il nucleo centrale del buddhismo Ch'an e che la Mente stessa è l'Assoluto.  

LO SFONDO  

Anche se il primitivo sviluppo del Ch'an in Cina non è ancora del tutto conosciuto, il suo contorno generale è relativamente chiaro. All’inizio vi era un limitato numero di praticanti che seguivano gli insegnamenti di Bodhidharma e che poi aggiunsero elementi nuovi alla tradizione. Comunque, dai primi giorni dell'ottavo secolo d.C., la tradizione cominciò improvvisamente a fiorire. Vari insegnanti svilupparono dei seguaci e raggiunsero una certa celebrità, reclamando tutti di essere le vere autorità della scuola Ch'an. A dispetto delle loro identiche richieste, le loro dottrine e i metodi per la coltivazione erano in parte concordanti ed in parte in conflitto. Per esempio, prendendo la dottrina della Mente, la maggior parte di questi insegnanti furono d'accordo che nella sua essenza la Mente è quieta, pura ed assoluta, mentre altri rimasero ambigui sull’argomento. A parte questa differenza teorica, vi fu anche una controversia riguardo alla coltivazione, vale a dire che se la Mente è pura, tutte le funzioni mentali sarebbero pure, e se quindi era così, il controllo della mente non sarebbe necessario. D'altra parte, se la mente non è completamente pura, allora negli sforzi spirituali il controllo diventa essenziale.  

Quelli che parlarono della mente con un tono del tutto-realistico possono essere rappresentati da Ma-tsu (o Tao-i, 709-788) ed i suoi discepoli. Essi a quel tempo erano noti come la scuola 'Hung-chou' del buddhismo Ch'an. L'insegnamento di Tao-i è ben noto per la sua affermazione "Questa Mente è il Buddha". Egli consigliava ai suoi discepoli: "Tutti voi dovreste comprendere che la vostra stessa Mente è il Buddha, cioè che questa mente è la mente di Buddha"(4). Il monaco P'u-yuan (748-834) di Nan-ch'uan affermò che il "Tao non è nient’altro che la mente di tutti i giorni"(5). Pang Yun, un discepolo laico di Ma-tsu, dichiarò anche che "non-esistendo i tre tempi, la Mente è la stessa che la mente-Buddha"(6). Il monaco Hui-hai, la "grande perla", e discepolo favorito di questo stesso Maestro, disse spesso al suo uditorio: "La vostra mente è il Buddha, non è necessario usare il Buddha per cercare un altro Buddha; la vostra mente è il Dharma, e non è necessario usare il Dharma per cercare un altro Dharma"(7).

Se è difficile per gli studiosi capire senza alcun chiarimento questa affermazione che la Mente è il Buddha, il concetto stesso è anche più difficile. Questo è inevitabile, perché nell'insieme tutta la scuola Ch'an, e la scuola Hung-chou in particolare, amava i drastici metodi dello sforzarsi per raggiungere l’illuminazione. Se prendiamo una conversazione come illustrazione di tali difficoltà, non possiamo far a meno di richiamare la storia di Fa-ch'ang (752-839), un altro membro della scuola. Quando questo monaco divenne l'abate di un monastero, un suo collega gli chiese: "Che cosa hai imparato dal grande Maestro che ti ha qualificato per diventare l'abate di questo monastero?" 

L'abate rispose, "Il grande Maestro mi ha detto che questa stessa mente è il Buddha". 

"Ultimamente, il Grande Maestro ha cambiato il suo modo di insegnare", disse l'interrogante, "Lui ora sta dicendo che questa stessa mente non è né la Mente né il Buddha…".  

Allora l'abate disse, "Questo vecchio individuo ha sempre confuso le persone senza uno scopo. Io non mi curo del fatto che egli ha detto che non è né la Mente né il Buddha; Io ancora mi attengo al fatto che questa stessa mente è il Buddha"(8). E quando il grande Maestro seppe della conversazione, lui disse che adesso l'abate era divenuto maturo.  

Il tono pan-realistico della scuola fu accuratamente notato da Tsung-mi quando lui scrisse le sue tipologie del buddhismo Ch'an. Egli descrisse la scuola come segue: “[La scuola insegnò che tutte le azioni come] il sorgere della mente, i movimenti del pensiero, lo schioccare delle dita, un sospiro o un colpo di tosse, o il sollevare le sopracciglia, tutte le funzioni dell’intera sostanza della natura di Buddha... Tutti i desideri, l’odio e l’illusione, tutti gli atti buoni e cattivi, con il loro frutto di piacere e sofferenza non sono nient’altro che la natura-di-Buddha.... (9)  

In contrasto con la summenzionata filosofia pan-realistica, c’era un altro ramo, influente ma oscuro, del buddhismo Ch'an noto come la scuola ‘Testa di Bue’. Era influente poiché la recente ricerca ha determinato che molte dottrine fondamentali come pure documenti attribuiti a Bodhi-dharma sono effettivamente opere di questa scuola(10). Ed era oscura poiché la recente ricerca ha confutato la pretesa che il fondatore di questa scuola fosse un discepolo del quarto Patriarca della scuola Ch'an(11). Qualunque possa essere la storia, un fatto è chiaro: dall'ottavo secolo d.C., Fa-jung (594-657) era già stato accettato dai buddhisti del Ch'an come il fondatore della scuola Testa-di-bue e la scuola fu considerata un ramo della tradizione Ch'an. E qual’era la dottrina principale della scuola? I versi attribuiti a Fa-jung lo compendiano come segue:  

“Quando non c’è mente, immediatamente non c'è nulla.  

Quando non c’è nulla, uno immediatamente è davanti alla realtà del Cielo.  

Questa realtà è il grande Tao. Mente e Natura sono non nate,  

Perciò, a che servono visioni e conoscenza?  

Poiché neppure un singolo dharma è mai esistito,   

Perché mai preoccuparsi di profumarlo e purificarlo?” (12)  

Al tempo in cui Tsung-mi compose i suoi trattati sulla tipologia del buddhismo Ch'an, lui descrisse la dottrina della scuola Testa-di-bue come segue:  

“La setta ha insegnato la negazione assoluta, senza nessuna cosa su cui fare assegnamento. Vale a dire che tutto, sacro e profano, è un’illusione simile al sogno e totalmente inesistente. L'inesistente non comincia dal presente, ma è così fin dall’origine. Perfino la conoscenza che conduce uno a ottenere la comprensione dell'inesistenza è inottenibile. Non ci sono né buddha né esseri senzienti, poiché tutto è identico nel ‘dharmadhatu’; ed anche il dharmadhatu stesso è soltanto un nome preso in prestito. Se la mente è inesistente, chi parlerà del dharmadhatu? Poiché la stessa coltivazione è inesistente, uno non si dovrebbe coltivare; e poiché i buddha non sono esistenti, così la loro adorazione non è necessaria. Se uno pretende che vi sia un dharma che sia migliore del Nirvana, io direi ancora che è un'illusione simile al sogno. Non c'è nessun Dharma da seguire, né una Buddhità da raggiungere. Qualunque sia lo sforzo, tutto è illusione e falsità(13)”.  

Tra le scuole Testa-di-bue e Hung-chou, a parte la differenza teorica c'era anche la controversia che riguardava la coltivazione religiosa. Secondo la scuola pan-realistica Hung-chou, poiché la Mente è il Buddha, pensieri ed azioni sono manifestazioni della Mente. Non si dovrebbe frenare la Mente né coltivare la Mente con la Mente stessa. La coltivazione significa non fare nulla, e lasciare che la Mente sia completamente libera. La Scuola Testa-di-bue della Negazione è infatti d’accordo con l'insegnamento del non fare nulla, come metodo per la coltivazione, ma sostiene questo insegnamento per motivi diversi. Considerando che tutto quanto è simile ad un sogno e del tutto inesistente, non è necessaria alcuna coltivazione. Sarebbe sicuramente uno sciocco colui che sprecasse tempo e sforzi per nulla. In contrasto con l'insegnamento di non fare niente, erano le altre scuole di Ch'an che si opposero fortemente a questo atteggiamento integralista. Di questi oppositori, è rappresentativa la scuola Settentrionale. Secondo questa scuola, anche se la mente è originalmente pura, spesso essa è inquinata dalle contaminazioni a causa dell'ignoranza e dei desideri. Uno deve controllare la Mente, così che non sarà ulteriormente inquinata; ed uno dovrà studiare e vivere una vita pura così che gli inquinamenti passati saranno gradualmente rimossi.  

Quando si paragonano queste visioni contraddittorie e gli insegnamenti pratici, la controversia è chiara e drammatica. Tsung-mi riconobbe questa situazione come un problema quando lui fece commenti che "le dottrine predicate da queste stabilite "nétte sono contraddittorie ed ostruttive l'una con l'altra"(14). Egli indicò inoltre che "alcuni dicono che tutte le azioni che da mattina a sera sorgono dalla prospettiva della discriminazione sono false; altri dicono che tutti i fatti discriminanti sono veri.... "(15). Ad un livello pratico, lui notò che "Alcuni danno libero corso alla loro volontà; altri frenano la loro mente"(16).

Come potrebbe essere chiarita questa confusione, e come potrebbero essere liberati dalla confusione quelli che cercano l’illuminazione? Come prima cosa, Tsung-mi raccolse tutti i docu-menti disponibili delle scuole Ch'an. Poi, li paragonò e li analizzò secondo le dottrine buddhiste. Il suo distacco dal coinvolgimento personale gli diede un grado di indipendenza e obiettività, e la sua analisi delle esperienze Ch'an alla luce della filosofia buddhista fece più sistematica la sua presentazione. Per quanto attiene al concetto Ch'an della Mente, egli scoprì che la controversia stessa esisteva anche nelle scritture buddhiste. Egli afferma: "In alcuni Sutra, la Mente è stata biasimata come un ladro, quindi deve essere fermata; mentre in altri, la Mente è stata lodata come il Buddha, e quindi si viene esortati a coltivarla. Alcuni dicono che è buona; mentre altri dicono che è cattiva.... "(17)  

I QUATTRO ASPETTI DELLA MENTE 

Dopo accurato studio e profonda riflessione, Tsung-mi uscì con un'interpretazione nuova del concetto Ch'an di Mente. La sua interpretazione della Mente è assai dipendente dalla struttura di un noto ed accettato testo, “Il Risveglio della Fede” [Ta-ch'eng ch'i-hsin-lun] attribuito ad Asvaghosa. Sulla base di questo testo, Tsung-mi considera che, come ogni dharma, la Mente ha due aspetti: l'assoluto ed il fenomenico(18). Quello assoluto è la sostanza (t'i); e il fenomenico è l'apparenza (hsiang). L'aspetto assoluto è universale ed immutabile, però è capace di adattarsi al particolare e al cambiare delle situazioni. Egli inoltre arguì che la sostanza immutabile è la principale e che gli adattamenti mutevoli sono i suoi significati. Il problema centrale sta nella comprensione dialettica della relazione tra i due aspetti apparentemente incompatibili.  

Benché Tsung-mi segua la struttura teorica del Risveglio della Fede, dividendo la Mente in due aspetti, la sua interpretazione non è un meccanico trapianto o un semplicistico compromesso. Piuttosto, è un attento pensare alla interpretazione basata su un'assimilazione della filosofia buddhista come tutt’una. Primo, si impegnò a dividere la Mente in due aspetti primari, l’assoluto  ed il fenomenico. Secondo, egli suddivise ancora il fenomenico in tre aspetti. Alla fine, sintetizzò tutti gli aspetti in un sistema unificato. Tsung-mi dichiara che si dovrebbe parlare della Mente usando quattro diversi termini. Questi quattro termini dettero origine a diverse parole Sanskrite come pure ai loro equivalenti Cinesi. A causa di mancanza di una chiara comprensione di questi termini, sorsero smarrimento e confusione. E’ necessario rimuovere questa confusione per poter avere una chiara comprensione dei diversi aspetti della Mente. E quali sono questi aspetti? Tsung-mi dichiara che la Mente può essere compresa in termini di fisica, mentale, coscienza collettiva, e assoluta. I primi tre aspetti sono fenomenici, e l'ultimo è interamente assoluto. Ora vediamo come lui analizzò la Mente in questi quattro aspetti. 

Nella sua analisi, il primo aspetto della Mente è il cuore fisico. Egli afferma che in India esso è originalmente conosciuto come hrdaya, che è uno dei cinque visceri. Tsung-mi notò che il cuore era stato discusso in un testo Taoista, il Huang-t'ing ching [Canone Giallo di Corte (19)]. Questo può portare alcuni studiosi a sospettare che questo concetto possa essere una forma ereditata interamente dalla teoria Taoista del corpo fisico. Questo sospetto sembra più plausibile quando si legge l'asserzione del Reverendo Nyanatiloka nel ‘Hadayavatthu’. "Nei testi canonici, e comunque, anche nell'Abhidhamma-pitaka, nessuna tale base (fisica) è mai stata localizzata, un fatto che sembra essere stato scoperto prima da Shwe Zan Oung"(20). Per quanto ne fosse coinvolta la tradizione buddhista Cinese, la base fisica della coscienza era già stata menzionata in un commentario allo Yogacaryabhuumi-sastra, il Yu-chia-lun chi di Tun-lun della dinastia T'ang (618-906)(21). Questo non per suggerire che l’asserzione di Tsung-mi sulla mente fisica o cuore non dovette niente al testo Taoista, dato che Tsung-mi stesso lo aveva apertamente ammesso nel delineare questo aspetto della mente.  

Il secondo aspetto della mente, citato da Tsung-mi, era il Yuan-lu hsin(22), che può essere reso come la "Mente Pensante". Il termine yuan è inteso come un'abbreviazione di p'an-yuan che vuol dire "aggrapparsi agli oggetti condizionati"; e lu vuol dire "considerare". Il termine indica che le due importanti funzioni di questa mente sono la sua presa e la sua discriminazione degli oggetti. Tsung-mi stesso identificò questo aspetto con gli otto tipi di coscienza trovati nella filosofia Yogacharin. Questo include sia la coscienza che le proprietà mentali (cetasika). Egli inoltre indicò che alcuni di loro sono determinabili ed altri non lo sono; alcuni sono buoni ed altri sono cattivi. Questo aspetto di Mente è stato a lungo discusso in varie scritture.  

Il terzo aspetto della Mente come elencato da Tsung-mi è citta. In Cinese questo è chiamato chi-ch'i hsin, intendendo letteralmente la "conseguente mente accumulativa"(23). Questo è identico ad alayavijnana, l'ottava coscienza del sistema Yogachara. Il termine 'conseguente e accumulativa' denota le principali funzioni della coscienza, cioè, il processo cosmico di coscienza come l'Alaya "è il receptum delle impressioni dei vijnana passati, mentre nel suo stesso girare dà origine ad ulteriori vijnana maturando quelle impressioni"(24). Tsung-mi contende anche che questo aspetto di mente è quello che la scuola Taoista chiama 'lo spirito' (shen) e che le altre religioni dell’India chiamano 'il Sé' (l'atman). La sua interpretazione di Alayavijnana, come lo spirito o il Sé, sembra certamente di parte, poiché implica che i concetti Taoisti e Vedantici di assoluto sono, a suo giudizio, non realmente affatto l'assoluto. Essi sono piuttosto, solamente uguali alla coscienza suprema nello schema buddhista. Tuttavia, poiché questo è solo di interesse marginale qui, dobbiamo lasciare lo sviluppo di questa osservazione a qualche successiva discussione.  

Il più importante aspetto della Mente è il quarto, che Tsung-mi chiama Chien-shih hsin (hrdaya) intendendo letteralmente la "Mente stabile e ferma"(25). Tsung-mi afferma che davvero questa è "la vera Mente". Egli inoltre esorta che, "poiché l'ottava coscienza non ha una sua propria entità a se stante, separatamente dalla Vera Mente"(26), per gli studiosi è facile fraintendere le due come essere la stessa. La Mente Reale ha due funzioni: associabilità e dissociabilità con i falsi pensieri. L'associabilità è determinata da ignoranza; quando l'ignoranza è rimossa grazie alla saggezza, l’associabilità è trasformata in dissociabilità. Tsung-mi spiega che "la parola 'associabilita' si riferisce al potere inclusivo della Mente nella sua relazione alla purezza o alla Impurità. Ecco perché la mente è stata chiamata ‘il Deposito della coscienza’. La parola dissociabilità si riferisce al potere esclusivo della Mente nella sua relazione ai fenomeni, cioè, la immutabile Sostanza. Ed ecco perché la Mente è stata anche chiamata Quiddità (ciò che è). Entrambe sono congiuntamente note come l'Utero del Tathagata"(27).

Tsung-mi cita tre sacre scritture per sostenere la sua teoria della Mente assoluta ed i suoi aspetti fenomenici. La prima citazione è del 'Lankavatara Sutra' che dichiara che "Il nome del Nirvana è Mente-Unica. La Mente-Unica è l'Utero del Tathagata"(28). Sulla base di questa citazione, lui giustifica la sua identificazione della Mente-Unica con gli altri due termini, Nirvana e Tathagatagarbha. La seconda citazione viene dal 'Sriimaladevi-sutra' che dichiara che "Questo Dharmakaya...quando non è libero dal Deposito delle contaminazioni è riferito come Tathagata-garbha"(29). Questo giustifica la contesa di Tsung-mi che i quattro aspetti della Mente, pura ed impura, sono originalmente della stessa sostanza. La terza citazione è del 'Ghanavyuha-sutra' che è tradotta come segue:  

“L'Utero del Tathagata (Tathagatagarbha) detto dal Buddha, significa l’Alayavijnana; tuttavia, coloro con conoscenza difettosa non comprendono che l'Utero è l'alayavijnana. La relazione tra il puro 'Utero del Tathaagata' e l'alayavijnana mondano, assomiglia all’oro e le sue produzioni, come un anello; le caratteristiche potrebbero essere diverse, però [la sostanza] non lo è(30)”.  

Con il supporto delle summenzionate fonti scritturali, Tsung-mi dichiara che la "Vera Natura (la bhutatathataa) dell’Illuminazione originale in tutti gli esseri senzienti è nota anche come la Buddha-natura (Buddhataa) o la Mente (hsin-ti)"(31). Nella sua opinione, "Questa Vera Natura è la Fonte di ogni dharma; ecco perché è stata anche chiamata la ‘dharmataa’. È la Fonte sia dell’illusione che dell’Illuminazione; questa è la ragione perché è nota come il Deposito della Coscienza o il Tathagatagarbha"(32).  

Anche se i quattro aspetti della Mente non differiscono nella sostanza, questo non significa che essi siano identici. In quel caso, non vi sarebbe nessuna disputa tra il nostro autore e la scuola pan-realistica di Hung-chou. Tsung-mi spiega che nella sostanza non c'è differenza tra l’illuso e l’illuminato, poiché tutti loro hanno in modo innato la Mente, cioè la Buddha-natura. Perciò, essi sono in grado di ottenere l’illuminazione. Tuttavia, la Mente assoluta è soggetta a momentanea illusione se è oscurata dall’ignoranza, così differenziandosi in diverse visioni e punti di vista. Una volta che la Mente è differenziata e coinvolta con visioni e risposte verso gli affari mondani, poi vi sono differenze fra il vero e il falso, tra la radice ed i rami"(33). Quando questa differenza è espressa in termini di Mente, "i primi tre aspetti della Mente sono apparenze (lakshana), mentre la quarta è la Reale Natura (Tattva)"(34). A causa di cause e condizioni, dalla Natura Reale sorgono apparizioni, e sono differenziate come apparenze. Quando le molteplici apparizioni, o apparenze sono esaminate attentamente, si scopre che sono apparentemente vere, ma in realtà esse sono irreali. Però, anche se la caratteristica di apparenza è irreale, essa non è totalmente vuota, perché gli aspetti momentanei dell’apparenza sono le manifestazioni della Mente stessa, che è assoluta.  

In questo argomento, Tsung-mi sostiene che benché le apparenze e la sostanza siano appa-rentemente contraddittorie, in realtà esse non sono né in conflitto né mutuamente ostruttive. È come una perla luminosa che non ha un suo proprio colore fisso, ma è capace di riflettere tutti i colori che incontra(35). I colori possono essere diversi e contraddittori e la luminosità della perla può sembrare essere incompatibile coi colori, però essi esistono armoniosamente fra loro, senza conflitti od ostacoli. È solo l'osservatore che potrebbe capire o fraintendere la situazione. Quando è ingannato ed illuso, uno vedrebbe queste due categorie come completamente diverse e penserebbe che sia impossibile per esse interpenetrarsi l'una con l'altra. Quando è illuminato, invece, uno potrebbe vedere che tutti questi aspetti sono correlati, senza alcuna difficoltà.  

Tsung-mi indica che l’illuminazione è un'esperienza religiosa, e l'armonia è un aspetto di questa esperienza. Sarebbe impossibile per uno realizzare una più alta e dialettica comprensione della Mente-Unica e dei suoi molteplici aspetti se egli è vanamente interessato in una relativa ricerca nei libri, o avesse soltanto fiducia nella sua esperienza personale quando è limitata nello scopo e di carattere individuale.  

IL SIGNIFICATO DELL'INTERPRETAZIONE  

L’interpretazione della Mente di Tsung-mi è un contributo molto interessante e significativo alla storia del buddhismo Ch'an. Filosoficamente, rappresenta un nuovo assolutismo Mahayana che da allora dominò il pensiero buddhista Cinese. Soteriologicamente, esso porta qualunque uomo direttamente a confronto con l’innata realtà religiosa all'interno dell’uomo stesso. La Buddhità, o Nirvana non è più una remota teoria ma una imminente possibilità, e può essere raggiungibile da ogni uomo, se egli lavora a ciò. Riguardo alle istituzioni buddhiste, questa filosofia ha dato un qualificato riconoscimento alle istituzioni monastiche, all’erudizione libresca, e alla meditazione. Queste istituzioni non possono assicurare il conseguimento della suprema mèta religiosa, però esse sono necessarie alla coltivazione, specialmente agli stadi iniziali.  

Per quanto concerne la filosofia, possiamo ricordare il background intellettuale di Tsung-mi. C'erano due scuole contendenti nel buddhismo Ch'an, con la prima che sosteneva che la Mente e le sue manifestazioni sono del tutto reali, nessuna coltivazione è necessaria, e la vita di ogni giorno è in se stessa religiosa. In altre parole, non c’è nessuna differenza fra sacro e profano. Sostenendo questo, si può fraintendere questa filosofia, e non capire il successivo precetto di Nagarjuna, che non c'è la benché minima differenza tra nirvana e samsara(36). E’ pur vero che i detti di queste due scuole sono molto simili nel tono ma essi in realtà sono partiti da due punti diversi. Per Nagarjuna l'assoluto ed il fenomenico non sono diversi perché entrambi sono vuoti (shunya); per la scuola Ch'an Hung-chou l'Assoluto ed i fenomeni sono la stessa cosa, perché entrambi sono l’Assoluto. Una volta accettata questa posizione, sorgono le difficoltà. Prendendo per esempio il concetto di male, esso deve essere mantenuto perché il male non esiste di per sé, ma come una presentazione della Mente. Come conseguenza ultima, tutte le prescrizioni religiose diventano insignificanti e non necessarie. Dal punto di vista assoluto, si può disputare sull'inesistenza del male e la manifestazione della Mente senza molta difficoltà. Bisogna però ricordare che nella filosofia buddhista, la conoscenza dell’assoluto deve iniziare dai fenomeni. La difficoltà principale per la scuola Hung-chou è che essa sostiene una teoria assoluta e la applica indiscriminatamente ai fenomeni. Così facendo, non rimane più all'interno della Via di Mezzo. Per seguire questa dottrina sarà portata a cadere in tre consecutivi errori, cioè confondere il sacro ed il profano ad un livello empirico, prendere l’errore come corretto, e disputare con le altre scuole di pensiero per poter sostenere una perfetta visione della verità, o semplicemente vedere la verità assoluta da una diversa angolazione.  

La seconda dottrina del Ch'an della Mente, rappresentata dalla scuola Testa-di-bue, afferma che nulla è esistente, né l'assoluto né il fenomenico. Ed anche questo ha le sue difficoltà. Anche se una tale dialettica negativa potrebbe essere un effettivo strumento per determinare la verità, al tempo stesso essa spesso può fuorviare i lettori facendo loro considerare il nichilismo come sua dottrina. Mentre dimostra abilmente la fallacia della filosofia positiva, essa non è però capace di provvederne una sostitutiva. Si potrebbe affermare che l’assoluto può essere conosciuto solo attraverso la dialettica negativa, e che non c'è altro possibile sostituto. Ma si dovrebbe ricordare che il buddhismo non è mai esistito semplicemente come una filosofia accademica, ma come una completa religione. La filosofia è utile soltanto quando serve per gli scopi religiosi, ed è, perciò, solamente uno dei vari aspetti della religione, ma non la totalità di essa.  

Quando l’interpretazione di Tsung-mi è contestata, è visto il suo significativo contributo. La sua analisi della Mente in quattro aspetti è un'interpretazione creativa. Può essere vista come una nuova sintesi che include gli aspetti assoluti e fenomenici della Mente. In questo modo, Tsung-mi indica anche chiaramente che benché questi aspetti appartengano ad un unico schema, essi non sono identici. È questa relazione dialettica tra la non-differenziazione a livello assoluto e la differenziazione a livello fenomenico che lo rende capace di superare le difficoltà create dalla comprensione positiva e negativa del buddhismo, rappresentate dalle scuole Hung-chou e Testa-di-bue rispettivamente. È anche attraverso la sua interpretazione della Mente Assoluta che Tsung-mi è capace di riunificare il buddhismo come uno solo.  

Volendo vedere questa filosofia in termini del suo background Indiano, lo schema è influenzato ampiamente sia dal Yogachara che dal Madhyamika. Il concetto di una coscienza-deposito è sì accettato, ma esso è aumentato con il concetto di Mente Assoluta. Alcune idee Madhyamika riguardo all’assoluto sono accettate, ma il processo e le negazioni non sono seguite da una certa convinzione. A parte queste differenze teoriche, il buddhista Ch'an non perde mai di vista la pratica. Diversamente dai buddhisti Indiani, il buddhista Ch'an non è mai interessato in argomenti puramente logici, ma è maggiormente concentrato sulle esperienze spirituali.  

L'identificazione della Mente come Assoluto è molto importante nella soteriologia (scienza della liberazione) del Ch'an. In tutta la storia del buddhismo, la mente è costantemente fatta emergere come uno dei problemi principali. Con l'eccezione degli Yogacharin, nessun’altra scuola buddhista disputò mai, come invece fece fortemente Tsung-mi, che la Mente stessa era l'Assoluto. E qual è la ragione per cui egli fece questo? La risposta è che, secondo la tradizione Ch'an, nella vita spirituale la Mente è la chiave. Un testo del Ch'an dichiara che, secondo Fo-ming ching ("Il sutra dei nomi del Buddha"), "Tutti i mali sorgono dalla Mente, così essi devono essere eliminati dalla Mente"(37). Poiché tutto il male ed il bene iniziano dalla mente, la maggior parte dei buddhisti Ch'an considerano la Mente come "la Base Fondamentale". E in quanto tale, "Nella ricerca per la liberazione, prima si deve conoscere la Base Fondamentale"(38). Un altro testo del Ch'an cita un verso attribuito a Hui-ssu (515-557), fondatore della scuola T'ien-t'ai e assai esperto nella meditazione: "Nella discussione sull’insegnamento, è necessario prima penetrare la Mente. Se la Mente è penetrata, tutti i dharma sono simultaneamente penetrati"(39). Tsung-mi è d'accordo con questa visione. Egli afferma, "La Mente è la Fonte di tutti i dharma. Quali dharma non sono inclusi in questa Fonte?"(40). "Questa Mente diviene impura quando è illusa; pura quando è illuminata, sacra quando è coltivata, e profana quando è ignorante, purtuttavia è capace di produrre tutti i dharma, sia quelli condizionati che quelli incondizionati"(41). In questa dottrina, perciò, la coltivazione del buddhismo Ch'an è la coltivazione della Mente. Una volta che la Mente è illuminata, gli insegnamenti contenuti nelle scritture e l'esperienza derivante dalla meditazione e dalla vita morale diventeranno tutti significativi e benefici. Altrimenti, questi sforzi non solo saranno infruttiferi ma potrebbero divenire anche ostacoli all’illuminazione. La focalizzazione della Mente come assoluta genera la salvezza non più come una remota mèta accademica, ma la rende personale ed immediatamente unica a ciascuno di noi. Questa è la ‘soteriologia’ del buddhismo Ch'an, e questo è il significato del contributo alla tradizione di Tsung-mi.  


 

NOTE  

1. CYC. pp 13 e 17 per il termine ‘ch'an-men’; pp. 57, 86 210 e 320 per ch'an-tsung. Confronta Sekiguchi Shindai, "Zenshu no hassei", Fukui sensei shoju ki'nen Toyo shiso ronshu (Tokio, 1960), pp. 321-338.  

2. Yun-hua Yan, "Tsung-mi e la sua Analisi del buddhismo Ch'an", TP 58 (1972): 1-54; per uno studio partic. di Tsung-mi, vedi Shigeo Kamata, Shumitsu kyogaku no shisoshi teki kenkyu (Tokio: Istituto di Cultura Orientale, Università di Tokio 1975).  

3. CYC, pp. 30 e 254.  

4. Chang Chung-yuan, ‘Original Teachings of Ch'an buddhism’ (New York: Vintage Books, 1971), pp. 149 seg.  

5. Wu, John C. H. L'Età Dorata dello Zen (Taipei: The National War College, 1967), p. 94.  

6. Sasaki, Ruth Fuller, et al. trans. The Record of Layman P'ang, A Ninth Century Zen Classic. (New York: Weatherhill, 1971), p. 86.  

7. Tsu-t'ang chi by Ching and Yun (Taipei: Kuang-wen shu-chu, reprint of Korean woodblock edition, 1972), p. 265b.

8. Wu, op. cit., pp. 95-96.

9. Jan, op. cit., "Tsung-mi," TP, 58, p. 46.

10. Sekiguchi Shindai, Daruma daishi no kenkyuu, (Tokyo: Shunju sha, 1957), 82-185; Yin-shun(ac), Chung-kuo ch'an-tsung shih (Taipei: Hui-jih chiang t'ang, 1971), pp. 85-128.

11. Yin-shun, op. cit., pp. 96-98.

12. Tradotto da Chueh-kuan lun(ad), T, 48, p. 564a.

13. Jan, "Tsung-mi," TP, 58, p. 38 con qualche modifica minore.

14. Ibid., p.36.

15. Ibid.

16. Ibid.

17. Ibid.

18. "Questa Mente include in se stessa tutti gli stati di essere del mondo fenomenico e del mondo trascendente...." Dalla traduzione di Yoshita S. Hakeda de Il Risveglio della Fede (New York: Columbia University Press, 1967), p. 28.  

19. Per il testo originale di Tsung-mi della descrizione della Mente, vedi CYC, pp. 70ff. Per il suo riferimento al testo taoista, vedi Huang-t'ing nei-ching yu-ching chu, in the Cheng-t'ung Tao-tsang(ac) (Popular Edition, Taipei: I-wen Yin-shu kuan, 1977). vol. 10, pp.8245-8246.

20. Vedi, Buddhist Dictionary-Dizionario buddhista (Colombo: Frewin, 1972), p. 62; confrontare Compendium of Philosophy (London: Pali Text Society, 1967 ristampa), pp. 277f.

21. Come ha indicato Kamata, nell'altro lavoro di Tsung-mi, Tsung-mi si è anche riferito a questo testo taoista. È ovvio che l'asserzione come "I vari sentieri convergevano tutti allo stesso punto; le essenze ritornarono all’Uno.... " è parallela al pensiero di Tsung-mi. Vedi Yuan-chueh-ching ta-shu ch'ao, chapt. I/A in the Hsu Tsang-ching (Taipei: Chung kuo fo-chiao hui, 1967), vol. 14, p. 206a.

22. CYC, p. 70.

23. Ibidem.

24. A.K. Chatterjee, The Yogaacaara Idealism (Varanasi: Benares Hindu University, 1962), pp. 115f. p. 477

25. CYC, p. 70.

26. Ibid.

27. Ibid.

28. Tradotto da Ju Leng-chia Ching(ag) chapt. 1, T, vol. 16, p. 519a.

29. Dalla traduzione di A. Wayman, The Lion's Roar of Queen Sriimaalaa (New York: Columbia University Press, 1974), p. 98.

30. Tradotto dal Ta-ch'eng mi-yen ching(ah), T, no. 681,vol. 16, p. 776a.

31. CYC, p. 13.

32. Ibid., l7.

33. Ibid., p.70.

34. Ibid.

35. Vedi, Yan, "Tsung-mi" 58, pp. 51–53, con il titolo "A Metaphorical Description."

36. Dalla traduzione di Kenneth K. Inada's, Naagaarjuna, A Translation of His Muulamadhyama-k-aarikaa (Tokyo: The Hokuseido Press, 1970), chapt. 25, verse 20, p. 158.

37. Citazione da Hui-hai, a Ch'an monk, nel suo libro, Tun-wu yao-men, testo Cinese con tradu-zione Giapponese di Hirano Shujo, Zen no goroku 6: Tongo Yomon (Tokyo: Chikuma Shobo, 1970), p. 8.

38. Ibid.

39. Dal Tsung-ching lu, di Yen-shou (pp. 904-975), cap. 97 (Hangchou, 1876, edit.), p. 13b.

40. CYC, p. 254.

41 Ibid., p. 170.


 

ABBREVIAZIONI  

CYC: ‘Ch'an-yuan chu-ch'uan-chi Tu-hsu’. Testo Cinese e la traduzione Giapponese di Shigeo Kamata con il titolo di ‘Zen no goroku, Zengen Shosenshutojo’ (Tokio: Chikuma Shobo, 1971). Anche l'altro lavoro di Tsung-mi, ‘Ch'an-men shih-tzu ch'eng-hsi t'u’, è incluso in questo volume.  

T: ‘Taisho shinshuu daizokyo’. (Tokio: Taisho Issaikyo Kankokai, 1924-1932).  

TP: T'oung Pao.