Articoli di Dharma

 

“VIPASSANA”
(Meditazione di Consapevolezza)
– ULTIMA PARTE -

TITOLO ORIGINALE: Mindfulness in Plain English
AUTORE: Venerabile HenepolaGunaratanaMahathera
tratto da: http://www.bhavanasociety.org/
traduz. Italiana di AliberthMeng
 

 
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Capitolo 10

Affrontare i problemi
Ora, state per incorrere in problemi nella vostra meditazione. Succede a tutti. I problemi arrivano in tutte le forme e dimensioni, e l'unica cosa di cui potete essere assolutamente certi è che voi ne avrete alcuni. Il trucco principale nel trattare con gli ostacoli è di adottare il giusto atteggiamento. Le difficoltà sono parte integrante della vostra pratica. Non sono affatto un qualcosa da evitare.
Sono qualcosa da utilizzare. Esse forniscono preziose opportunità per l'apprendimento.
La ragione per cui siamo tutti bloccati nel fango della vita di tutti i giorni è che noi tutti corriamo incessantemente dietro ai nostri problemi ed ai nostri desideri. La meditazione ci viene incontro con una sorta di laboratorio in cui possiamo esaminare questa sindrome e definire le strategie per farvi fronte. I vari strappi e le complicazioni che sorgono durante la meditazione sono come acqua per il mulino. Essi sono il materiale su cui dobbiamo lavorare. Non c'è il piacere senza un certo grado di dolore. Non c'è dolore senza una certa quantità di piacere. La vita è composta di gioie e miserie. Vanno di pari passo. La meditazione non fa eccezione. Vivrete momenti buoni e momenti cattivi, sperimenterete estasi e tempi spaventosi.
Quindi non siate sorpresi quando vi colpisce una certa esperienza che voi sentite come un muro di ferro. Non pensate di essere speciali. Ogni meditante esperto ha avuto il suo proprio muro ferreo. E’ successo e succederà ancora. Basta aspettarselo ed essere però pronti ad affrontarlo. La vostra stessa capacità di far fronte alle difficoltà dipende dal vostro atteggiamento. Se saprete imparare a considerare questi fastidi come delle opportunità, delle possibilità di sviluppo nella vostra pratica, allora farete progressi. L’abilità nell’affrontare i vari problemi che sorgono nella vostra meditazione ve la porterete appresso nel resto della vita e vi permetterà di appianare le grandi questioni che vi danno veramente fastidio. Se voi tentate di evitare qualunque cosa sgradevole che nasce nella meditazione, state semplicemente rafforzando l'abitudine che a volte ha già fatto sembrare la vita così insopportabile.
E' essenziale imparare a confrontarsi con gli aspetti meno piacevoli dell'esistenza. Il nostro lavoro come meditanti è quello di imparare ad essere pazienti con noi stessi, di vedere noi stessi in modo imparziale, completo di tutti i nostri dolori e le inadeguatezze. Dobbiamo imparare ad essere più gentili verso noi stessi. Nel lungo periodo, evitare la sgradevolezza è una cosa molto scortese da parte vostra. Paradossalmente, la gentilezza comporta l’affrontare la sgradevolezza quando sorge. Una popolare strategia umana per affrontare le difficoltà è l’autosuggestione: quando si avvera un qualcosa di brutto, ci si convince che essa sia piacevole e non spiacevole. La tattica del Buddha è piuttosto il contrario. Invece di nasconderla o mascherarla, l'insegnamento del Buddha vi spinge a
esaminarla a fondo. Il buddhismo consiglia di non impiantare sensazioni che in realtà voi non avete o evitare sentimenti che avete. Se siete poveri, siete poveri, questa è la realtà, questo è ciò che sta davvero accadendo, quindi affrontatelo. Guardate la realtà negli occhi senza battere ciglio. Quando state avendo un brutto momento, esaminatene la bruttezza, osservate consapevolmente, studiate il fenomeno e imparate il suo meccanismo. La via d'uscita da una trappola è di studiare la trappola stessa, imparare come è fatta. Fatelo mettendo la cosa sotto osservazione e prendendola pezzo per pezzo. La trappola non può intrappolare se è stata fatta a pezzi. Il risultato è la libertà.
Questo punto è essenziale, ma è uno degli aspetti meno compresi della filosofia buddhista. Coloro che hanno studiato superficialmente il buddhismo si affrettano a concludere che esso è un insieme di insegnamenti pessimisti, che insiste sempre su cose spiacevoli come la sofferenza, e che ci spinge sempre a confrontarci con le scomode realtà del dolore, la vecchiaia, la malattia e la morte.
I pensatori buddhisti non si considerano affatto pessimisti – anzi, al contrario. Nell'universo, il dolore esiste; in qualche misura, è inevitabile. Imparare a trattare con esso non è pessimismo, ma una forma molto pragmatica di ottimismo. Come affrontereste la morte del vostro coniuge? Come vi sentireste se domani perdereste vostro padre o vostra madre? O il vostro fratello, sorella o il più caro amico? Supponiamo che avete perso il lavoro, i vostri risparmi o l'uso delle mani, nello stesso giorno, potreste mai affrontare la prospettiva di trascorrere il resto della vostra vita seduti su una
sedia a rotelle? Come avete intenzione di affrontare il dolore di un cancro terminale nel tremendo caso in cui lo aveste contratto, e come affronterete la vostra stessa morte, quando si avvicinerà? Potete sfuggire la maggior parte di queste disgrazie, ma non potrete sfuggirle tutte. La maggior parte di noi perde amici e parenti in un qualche momento della nostra vita, ognuno di noi di tanto in tanto si ammala, o almeno un giorno dovrà morire. Si può soffrire per cose del genere, o si può affrontarle apertamente - la scelta è vostra.
Il dolore è inevitabile, la sofferenza non lo è. Dolore e sofferenza sono due elementi diversi. Se una qualsiasi di queste tragedie vi colpisce nel vostro stato mentale attuale, voi soffrirete. Gli abituali modelli che attualmente controllano la vostra mente vi bloccano nella sofferenza e per voi non c’è via di fuga. Il tempo trascorso nell’apprendere le alternative a quelle abitudini è un tempo ben investito. La maggior parte degli esseri umani spende tutte le sue energie per trovare il modo di aumentare il piacere e diminuire il dolore. Il buddhismo non consiglia di cessare del tutto questa attività. Il denaro e la sicurezza vanno bene. Il dolore, per quanto possibile, dovrebbe essere evitato. Nessuno vi sta dicendo di dare via tutti i vostri beni o cercare un inutile dolore, ma il consiglio del buddhismo è di investire un po’ del vostro tempo ed energie per imparare a trattare con le cose spiacevoli, perché un qualche tipo di dolore è inevitabile.
Quando si vede un camion che sta piombando su di voi, con tutti i mezzi cercherete di saltar fuori dalla strada. Ma cercate anche di trascorrere del tempo in meditazione. Imparare a convivere con il disagio è l'unico modo per esser pronti a gestire il caso in cui non avrete visto il camion.
Nella vostra pratica i problemi sorgeranno. Alcuni di loro saranno fisici, alcuni saranno emotivi, e altri saranno attitudinali. Tutti loro sono confrontabili e ciascuno di essi ha la sua propria specifica
risposta. Tutti loro sono vere opportunità per liberare voi stessi.

Problema 1- Dolore fisico
A nessuno piace il dolore, ma ognuno qualche volta ne ha qualcuno. E' una delle esperienze più comuni della vita ed esso è destinato a sorgere nella vostra meditazione in una forma o nell'altra. Maneggiare il dolore è un processo in due fasi. In primo luogo, se possibile eliminate il dolore, o almeno sbarazzatevi di esso quanto più possibile. Poi, se qualche tipo di dolore indugia, usatelo come oggetto di meditazione.
Il primo passo è la manipolazione fisica. Può darsi che il dolore sia una malattia di un tipo o di un altro, come mal di testa, febbre, contusioni o altro. In questo caso, usate cure mediche standard,
prima di sedervi a meditare: assumete il farmaco, applicate il linimento, fate quello che di solito fate. Poi, ci sono certe sofferenze che sono specifiche per la postura seduta. Se non avete passato mai molto tempo seduti a gambe incrociate per terra, dovrà esservi un periodo di adattamento. Qualche disagio è quasi inevitabile. A seconda di dove è il dolore, ci sono rimedi specifici. Se il dolore è nella gamba o nelle ginocchia, controllate che i pantaloni non siano stretti o in materiale spesso, che potrebbe essere il problema. Cercare di cambiarli. Controllate anche il vostro cuscino. Dovrebbe essere circa di tre centimetri di altezza, quando compresso. Se il dolore è intorno alla vita, provare a allentare la cintura. Allentate la cintura dei pantaloni, se questo è necessario. Se
l'esperienza del dolore è nella regione lombare, la postura è probabilmente difettosa. Star piegati non sarà mai comodo, fate in modo di raddrizzarvi. Non siate goffi o rigidi, ma mantenete eretta la colonna vertebrale. Il dolore nella parte posteriore o superiore del collo ha diverse fonti. Il primo è la posizione impropria della mano. Le mani dovrebbero essere appoggiate comodamente nel grembo. Non tenetele alte fin su alla vita. Rilassate le braccia e la muscolatura del collo. Non lasciate che la testa cada in avanti. Tenetela alta e allineatela con il resto della colonna vertebrale.
Dopo aver effettuato tutte queste varie regolazioni, potreste ancora sentire un pò di persistente dolore da qualche altra parte. Se questo è il caso, provate la fase due. Fate del dolore l'oggetto di meditazione.
Non saltate su e giù e non eccitatevi. Solo osservate consapevolmente il dolore. Quando il dolore diventa urgente, lo troverete tirando via l'attenzione dal respiro. Non combattetelo. Lasciate che la vostra attenzione scivoli facilmente sopra la semplice sensazione. Andate completamente dentro il dolore. Non bloccate l'esperienza. Esplorate la sensazione. Andate oltre l’evitare la vostra reazione e andate dentro la pura sensazione pure che risiede sotto. Scoprirete che sono presenti due cose. La prima è la semplice sensazione - il dolore in se stesso. La seconda è la vostra resistenza a quella sensazione. La reazione di resistenza è in parte mentale ed in parte fisica. La parte fisica è costituita dal tendere i muscoli in e intorno alla zona dolorosa. Rilassate quei muscoli. Prendeteli
uno ad uno e rilassate ognuno molto accuratamente. Già questo solo passo, probabilmente, farà diminuire significativamente il dolore. Poi andate al lato mentale della resistenza. Proprio come vi state tendendo fisicamente, vi state anche tendendo psicologicamente. Voi vi state mentalmente soffermando sulla sensazione del dolore, cercando di spegnerlo e rigettarlo via dalla coscienza.
Questo rigetto è un pensiero, "non mi piace questa sensazione" o un atteggiamento "vattene via". E' molto sottile. Ma esso è lì, e lo si può trovare se davvero guardate. Individuatelo, e poi anche rilassatevi.
Questa ultima parte è più sottile. Non ci sono davvero parole umane per descrivere questa azione con precisione. Il modo migliore per mettere una mano su di essa è per analogia. Esaminate ciò che avete fatto a quei muscoli tesi e trasferite quell'azione stessa sulla sfera mentale; rilassate la mente nello stesso modo in cui si rilassa il corpo. Il buddhismo riconosce che corpo e mente sono strettamente legati. Questo è così vero che molte persone non vedranno questo come un processo a due fasi. Per loro, rilassare il corpo è rilassare la mente, e viceversa. Queste persone di norma sperimenteranno il completo relax, mentale e fisico, come un unico processo. In ogni caso, basta lasciarsi andare completamente fino a quando la vostra consapevolezza rallenta il passo in quella barriera che voi stessi avevate eretto. Era un gap, un senso di distanza tra se stessi e gli altri. Era il confine tra 'me' e 'il dolore'. Dissolvete quella barriera, e la separazione svanirà. Voi rallentate in quel mare di insorgenti sensazioni e vi immergete con il dolore. Voi diventate il dolore. Guardate il suo flusso e riflusso, e accade qualcosa di sorprendente. Non fa più male. La sofferenza è andata. Solo il dolore rimane, un'esperienza, niente di più. Il 'me' che si sentiva ferito è andato. Il risultato è la libertà dal dolore.
Questo è un processo in incremento. In principio, ci si può aspettare di sconfiggere i piccoli dolori e di venir sopraffatti da quelli grandi. Come la maggior parte delle nostre capacità, esso si sviluppa con la pratica. Più praticate, più grande sarà la capacità di gestire il dolore. Cercate di capirlo nel modo giusto. Qui non vogliamo sostenere il masochismo. E nemmeno l’auto-mortificazione. Questo è un esercizio di pura consapevolezza, non di sadismo. Se il dolore diventa insopportabile, muovetevi pure, ma muovetevi lentamente e consapevolmente. Osservate i vostri movimenti. Scoprite la sensazione del muoversi. Guardate che cosa fa al dolore. Guardate il dolore diminuire. Cercate di non muovervi troppo però. Meno vi muovete, più facile vi sarà di rimanere pienamente consapevoli. I meditanti principianti talvolta dicono di avere problemi nel rimanere attenti quando è presente il dolore. Questa difficoltà nasce da un equivoco. Questi nuovi praticanti concepiscono la consapevolezza come qualcosa di diverso dall'esperienza del dolore. Non è certamente così. La consapevolezza non esiste mai da sola. Essa ha sempre un qualche oggetto e questo oggetto vale tanto come un altro. Il dolore è uno stato mentale. Si può essere consapevoli del dolore proprio come voi siete consapevoli della respirazione.
Le regole che abbiamo trattato nel Capitolo 4 si applicano al dolore così come si possono applicare a qualsiasi altro stato mentale. Dovete stare attenti a non andare oltre la sensazione e a non fare a meno di essa. Non aggiungetele nulla, e non perdete nessuna parte di essa. Non confondete la pura esperienza con concetti o immagini o con il pensiero discorsivo. E mantenete desta la vostra consapevolezza nel presente, proprio insieme al dolore, in modo da non mancare il suo inizio o la sua fine. Il dolore se non è visualizzato nella chiara luce della consapevolezza, dà luogo a reazioni emotive come paura, ansia o rabbia. Se è adeguatamente visto, noi non avremo alcuna reazione del genere. Vi sarà solo la sensazione, solo semplice energia. Una volta che avete imparato questa tecnica con il dolore fisico, potrete poi renderla generalizzata nel resto della vostra vita. Voi potete usarla su qualsiasi sensazione sgradevole. Quello che funziona sul dolore funzionerà sull’ ansia, o sulla depressione cronica. Questa tecnica è uno dei mezzi abili più utili e generalizzabili della vita. Essa è la pazienza.

Problema 2 - Gambe addormentate
E' molto comune per i principianti avere le gambe che si addormentano o si intorpidiscono durante la meditazione. Semplicemente, vi è che essi non sono abituati alla posizione a gambe incrociate. Alcune persone si preoccupano molto per questo. Esse sentono di dover alzarsi e muoversi. Alcuni sono completamente convinti che verrà loro la cancrena per mancanza di circolazione. Il formicolio alle gambe non è nulla di cui preoccuparsi. Esso è causato dalla costrizione dei nervi, e non dalla mancanza di circolazione. Non potete danneggiare i tessuti delle gambe stando seduti. Così, state rilassati. Quando in meditazione le gambe si addormentano, osservate proprio consapevolmente il fenomeno. Esaminate come vi sentite. Potete provare una sorta di disagio, ma non vi farà male, a meno che non vi irrigidiate. Solo mantenete la calma e guardate. Non importa se le vostre gambe si intorpidiscono e rimangono così per tutto il periodo.
Dopo aver meditato per qualche tempo, questo intorpidimento a poco a poco scomparirà. Il corpo semplicemente si abitua alla pratica quotidiana. Dopodiché, potrete sedere per sessioni più lunghe senza alcun intorpidimento.

Problema 3 - Strane sensazioni
Le persone in meditazione sperimentano ogni sorta di vari fenomeni. Alcune persone sentono dei pruriti. Altre sentono cose come formicolio, rilassamento profondo, una sensazione di leggerezza o una sensazione di galleggiamento. Voi potete sentirvi crescere o diminuire, o sollevarvi nell’ aria. I principianti spesso si sentono abbastanza emozionati con tali sensazioni. Appena provano relax, il sistema nervoso semplicemente comincia a trasmettere i segnali sensoriali in modo più efficiente. Grandi quantità di dati sensoriali precedentemente bloccati possono imperversare, dando luogo ad ogni sorta di sensazioni uniche. Ciò non significa un qualcosa di particolare. Sono solo sensazioni. Così semplicemente impiegate la normale tecnica. Guardatele venire e guardatele andar via. Non fatevi coinvolgere.

Problema 4 - Sonnolenza
E' abbastanza comune sperimentare sonnolenza durante la meditazione. Siete molto tranquilli e rilassati. Questo è esattamente ciò che si pensa debba accadere. Sfortunatamente, noi di solito sperimentiamo questa felice condizione solo quando stiamo per addormentarci, e lo associamo a quel processo. Così, naturalmente, voi cominciate a sbarellare. Quando vi accorgete che ciò sta accadendo, applicate la vostra consapevolezza allo stato di sonnolenza stessa. La sonnolenza ha alcune caratteristiche definite. Essa produce alcuni effetti al vostro processo di pensiero. Scoprite quali sono. Vi sono anche certe sensazioni del corpo associate ad essa. Individuatele.
Questa consapevolezza inquisitiva è l'esatto opposto della sonnolenza, e la farà evaporare. Se così non fosse, allora dovreste sospettare una causa fisica della vostra sonnolenza. Ricercatela, quindi, e gestitela. Se avete appena mangiato un pasto abbondante, questa potrebbe esserne la causa. E' meglio mangiare poco prima di meditare. O attendere un'ora dopo un pasto abbondante. E non trascurate neanche ciò che è ovvio. Se avete caricato mattoni tutto il giorno, sarete naturalmente assai stanchi. Lo stesso vale se avete fatto solo poche ore di sonno la notte prima. Prendetevi cura dei bisogni fisici del vostro corpo. Poi meditate. Non cedete alla sonnolenza. Vegliate e siate ben consapevoli, perché il sonno e la concentrazione meditativa sono due esperienze diametralmente opposte. Non otterrete mai una qualche nuova visione interiore dal sonno, ma l’otterrete solo con la meditazione. Se siete molto assonnati, allora fate un respiro profondo e mantenetelo il più a lungo possibile. Poi espirate lentamente. Fate ancora un altro profondo respiro, mantenetelo il più a lungo possibile ed espirate lentamente. Ripetete questo esercizio fino a quando il corpo si sarà riscaldato e la sonnolenza svanisce via. Poi, tornate al vostro respiro.

Problema 5 - Incapacità di concentrarsi
Un’attenzione iperattiva e saltellante è qualcosa che tutti sperimentiamo di tanto in tanto. Essa è generalmente gestita dalle tecniche presentate nel capitolo sulle distrazioni. Tuttavia, voi inoltre dovreste essere informati che ci sono alcuni fattori esterni che contribuiscono a questo fenomeno. E questi sono meglio gestiti con semplici aggiustamenti nella pianificazione. Le immagini mentali sono entità potenti. Esse possono rimanere nella mente per lunghi periodi. Tutte le arti narrative sono la diretta manipolazione di tale materiale, e nella misura in cui lo scrittore ha ben fatto il suo lavoro, i personaggi e le immagini presentati avranno un effetto potente e persistente sulla mente. Se siete stati al cinema a vedere il miglior film dell'anno, la successiva meditazione sarà piena di quelle immagini. Se siete nel bel mezzo del romanzo horror più spaventoso che avete mai letto, la vostra meditazione sarà piena di mostri. Quindi cambiate l'ordine degli eventi. Fate prima la vostra meditazione. Poi leggete o andate al cinema (se proprio non potete fare a meno).
Un altro fattore influente è il proprio stato emotivo. Se c'è un qualche reale conflitto nella vostra vita, quell'agitazione ve la porterete in meditazione. Tentate di risolvere prima della meditazione i vostri immediati conflitti quotidiani, quando potete. La vostra vita ne guadagnerà, e voi non farete una meditazione che sarebbe inutile nella vostra pratica. Ma non usate questo consiglio come un modo per evitare la meditazione. A volte, voi potreste non riuscire a risolvere un problema prima di sedervi. Cercate solo di andare avanti e stare comunque seduti. Usate la vostra meditazione per lasciar andare tutte le attitudini egocentriche che vi mantengono intrappolati all'interno del vostro limitato punto di vista personale. I vostri problemi si risolveranno molto più facilmente in seguito. E poi ci sono quei giorni in cui sembra che la mente non riesce mai a stare in pace, ma non siete capaci di individuare alcuna causa apparente. Ricordate l'alternanza ciclica di cui parlavamo prima. La meditazione va a cicli. Avete giorni buoni e avete giorni cattivi.
La meditazione Vipassana è soprattutto un esercizio di consapevolezza. Svuotare la mente non è così importante quanto essere consapevoli di ciò che la mente sta facendo. Se siete frenetici e non riuscite a bloccare una cosa, semplicemente guardatela. Ogni cosa siete voi stessi. Il risultato sarà un ulteriore passo avanti nel vostro cammino di auto-esplorazione. Soprattutto, non sentitevi mai frustrati dal chiacchiericcio ininterrotto della vostra mente. Quel borbottio è solo una cosa più di cui essere consapevoli.

Problema 6 - Noia
E' difficile immaginare qualcosa di più intrinsecamente noioso del sedere immobili per un'ora senza nulla da fare, che sentire l'aria andare dentro e fuori del naso. Nella vostra meditazione succederà più volte quindi di cadere nella noia. Succede a tutti. La noia è uno stato mentale e dovrebbe essere trattata come tale. Ecco alcune semplici strategie che vi aiuteranno a fronteggiarla.
>Tattica A: Ristabilire la vera consapevolezza
Se il respiro sembra una cosa estremamente noiosa da osservare più e più volte, si può stare certi di una cosa: Avete smesso di osservare il processo di consapevolezza reale. La consapevolezza non è mai noiosa. Guardate di nuovo. Non date per scontato di sapere cosa è il respiro. Non date per scontato che avete già visto tutto quello che c'è da vedere. Se lo fate, state concettualizzando il processo. Non state osservando la sua realtà vivente. Quando siete chiaramente consapevoli del respiro o anche di qualsiasi altra cosa, non è mai noioso. La consapevolezza guarda tutto con gli occhi di un bambino, con il senso di meraviglia. La consapevolezza vede qualunque secondo come se fosse il primo e solo secondo nell'universo. Quindi, guardate di nuovo.
>Tattica B: Osservate il vostro stato mentale
Osservate consapevolmente il vostro stato di noia. Che cosa è la noia? Dove è la noia? Cosa si prova? Quali sono i suoi componenti mentali? C’è qualche sensazione fisica? Che cosa fare con il vostro processo del pensiero? Guardate la noia con uno sguardo nuovo, come se non aveste mai sperimentato quello stato prima d'ora.

Problema 7 - Paura
A volte durante la meditazione si presentano stati di paura senza alcuna ragione apparente. E’ un fenomeno comune, e possono esservi molte cause. Potreste star sperimentando l'effetto di qualcosa che avevate represso molto tempo fa. Ricordate, i pensieri sorgono prima nell'inconscio. Il contenuto emotivo di un pensiero complesso spesso filtra attraverso la vostra consapevolezza conscia molto tempo prima che il pensiero stesso si affacci. Se vi sedete ed emerge la paura, la memoria stessa può ribollire là dove potreste soffrirla. Oppure potreste trattare direttamente con quella paura di cui tutti abbiamo paura: 'la paura dell'ignoto'. Ad un certo punto della meditazione, sarete colpiti dalla serietà di ciò che state realmente facendo. State abbattendo l’alto muro delle illusioni che avete sempre usato per spiegare la vita a voi stessi e per proteggervi dall’intenso fuoco della realtà. State per incontrare faccia a faccia la Verità Ultima. E questo è terrificante. Ma alla fine dovrete affrontarla. Andate avanti e tuffatevi proprio dentro essa.
Una terza possibilità: la paura che la vostra sensazione possa essere auto-generata. Essa potrebbe generarsi da una concentrazione erronea e nociva. Potreste aver impostato un tipo di programma inconscio di 'esaminare ciò che arriva'. Così, quando arriva una fantasia spaventevole, la vostra concentrazione si blocca su di essa e la fantasia si alimenta con l'energia della vostra attenzione e aumenta. Il vero problema qui è che la consapevolezza è debole. Se la presenza mentale fosse fortemente sviluppata, avrebbe notato questa interruzione di corretta attenzione allorché si fosse verificata e avrebbe potuto gestire la situazione nel modo consueto. Non importa quale sia la fonte della vostra paura, la cura è la consapevolezza. Osservate le reazioni emotive che arrivano insieme e conoscetele per quelle che sono. Rimanete in disparte nel processo e non venitene coinvolti. Trattate l'intera dinamica, come se voi foste uno spettatore interessato. Ancor più importante, non combattete la situazione. Non cercate di reprimere i ricordi o le sensazioni o le fantasie. Statevene alla larga e lasciate che tutta la storia scoppi e fluisca via. Essa non può farvi del male. Sono solo ricordi. E’ solo fantasia. Non è altro che semplice paura. Quando voi la lasciate andare per la sua strada nell’arena dell’attenzione cosciente, essa non si sprofonderà nuovamente dentro l'inconscio. Non tornerà più tardi a perseguitarvi. Sarà andata via per sempre.

Problema 8 - Agitazione
L’irrequietezza è spesso una copertura per una qualche esperienza più profonda che ha luogo nell'inconscio. Noi esseri umani siamo bravi a reprimere le cose. Noi, piuttosto che affrontare certi pensieri spiacevoli che sperimentiamo, cerchiamo di seppellirli. Non vogliamo aver a che fare con il problema. Purtroppo, di solito non ci riusciamo, almeno non completamente. Noi nascondiamo il pensiero, ma l’energia mentale che usiamo per coprirlo sta lì e ribolle. Il risultato è quel senso di disagio che noi chiamiamo agitazione o irrequietezza. Non c'è niente su cui voi possiate mettere il dito. Ma non vi sentite a vostro agio. Non potete rilassarvi. Quando questa condizione di disagio
sorge nella meditazione, basta che la osserviate. Non lasciate che essa vi condizioni. Non saltate e non correte via. E non lottate contro di essa cercando di farla andare via. Lasciate che sia proprio lì e guardatela da vicino. Poi, il materiale rimosso alla fine emergerà in superficie e voi scoprirete per che cosa stavate preoccupandovi.
La sgradevole esperienza che avete cercato di evitare potrebbe essere pressoché qualunque cosa: una colpa, l'avidità o certi problemi. Potrebbe essere un basso livello di dolore, una malattia sottile o una malattia in arrivo. Qualunque cosa sia, lasciate che sorga e guardatela consapevolmente. Se solo sedete immobili e osservate la vostra agitazione, essa alla fine passerà. Se invece sedete con una certa dose di irrequietezza, ciò sarà una piccola apertura nella vostra pratica di meditazione. Vi insegnerà molto. Troverete che l'agitazione è in realtà uno stato mentale piuttosto superficiale. E' una condizione intrinsecamente effimera. Viene e va. Non ha per niente una reale presa su voi. Anche in questo caso il resto della vostra vita ne trarrà profitto.

Problema 9 – Sforzo troppo duro
Uomini e donne che sono meditanti avanzati si trovano generalmente ad essere piuttosto gioviali. Essi possiedono quel dono che e il più prezioso di tutti i tesori umani, il senso dell'umorismo. Non è la superficiale battuta sagace dei talk show. E’ un vero senso dell’umorismo. Essi possono ridere dei loro stessi difetti umani. Possono sorridere dei disastri personali. I meditanti principianti sono spesso troppo seri per il loro proprio bene. Quindi, ridete un po’ di più. E' importante imparare a sciogliersi nella sessione, e rilassarsi nella vostra meditazione. Dovete imparare a fluire con il tutto e con qualunque cosa accada. Ma questo non si potrà fare se siete in tensione e sotto sforzo, se prendete tutto molto, molto seriamente. I nuovi meditanti sono spesso troppo in ansia per i loro risultati. Sono pieni di enormi e gonfie aspettative. Essi saltano dritti dentro e si aspettano risultati incredibili in pochissimo tempo. Si sforzano e sono tesi. Sudano e faticano, e per essi è tutto così terribilmente rigido e solenne. Questo stato di tensione è la diretta antitesi della consapevolezza. Così, ovviamente, essi ottengono poco. Alla fine, essi decidono che questa meditazione non è poi così entusiasmante, dopotutto. Non offre loro ciò che volevano. E così la mettono da parte. Va sottolineato che voi imparate a conoscere la meditazione solo attraverso la meditazione. Imparate che la meditazione è dappertutto e vi ci porta solo attraverso l'esperienza diretta della cosa stessa. Pertanto, il principiante non sa dove è diretto perché ha sviluppato uno scarso senso di dove lo sta portando la sua pratica.
L’aspettativa del novizio è intrinsecamente irrealistica e disinformativa. Come nuovi arrivati alla meditazione, lui o lei si aspetterebbero tutte cose sbagliate, e queste aspettative non fanno bene affatto. Le otterranno strada facendo. Uno sforzo troppo duro porta alla rigidità ed all’infelicità, al senso di colpa e all’auto-condanna. Quando vi state sforzando troppo, il vostro sforzo diventerà meccanico e questo sconfigge la consapevolezza prima ancora che venga avviata. Il nostro buon consiglio è di abbandonare tutto questo. Limitate le vostre aspettative e gli sforzi. Solo, meditate con uno sforzo costante ed equilibrato. Godete della meditazione e non vi sforzate troppo giù con il sudore e la lotta. Siate semplicemente consapevoli. La stessa meditazione si prenderà cura del vostro futuro.

Problema 10 - Scoraggiamento
Il diretto risultato di spingere troppo forte è la frustrazione. Voi vi trovate in uno stato di tensione. Così non si arriva da nessuna parte. Vi accorgete che non state facendo i previsti progressi che vi aspettavate, così da diventare scoraggiati. Vi sentite frustrati e falliti. Questo è un fatto davvero assai naturale, ma del tutto evitabile. La causa è cercare di afferrare aspettative non realistiche. Tuttavia, si tratta di una sindrome abbastanza comune e, malgrado tutti i nostri migliori consigli, potreste accorgervi che stanno accadendo a voi.
Ma una soluzione c’è. Se vi sentite scoraggiati, cercate di osservare chiaramente il vostro stato di mente. Non aggiungete nulla ad esso. Solo, guardate. Il senso di fallimento è soltanto un altra
effimera reazione emotiva. Se vi sentite coinvolti, esso si nutre della vostra energia e cresce. Se voi semplicemente vi mettete da parte e lo guardate, se ne andrà via.
Se siete scoraggiati per il fallimento che avete percepito nella meditazione, ciò è particolarmente facile da affrontare. Voi sentite di aver fallito nella vostra pratica. Non siete riusciti ad essere consapevoli. Allora, semplicemente diventate consapevoli di quel senso di fallimento. Con questo singolo passo avete appena ristabilito la vostra consapevolezza. Il vostro senso di fallimento è da addebitare soltanto alla vostra memoria. Non esiste una cosa come il fallimento nella meditazione. Ci sono solo battute d'arresto e difficoltà. Ma non c'è fallimento, a meno che non vi rinunciate del tutto. Perfino se voi passate venti duri anni non facendo nulla, potete essere consapevoli in ogni secondo in cui sceglierete di farlo. È una vostra decisione. Rammaricarsi è solo un altro modo di essere inconsapevoli. Proprio nell'istante in cui voi realizzate di essere stati inconsapevoli, quella stessa realizzazione è un atto di consapevolezza. Perciò, continuate il processo. Così, non fatevi distrarre in una reazione emotiva.

Problema 11 - Resistenza alla Meditazione
Ci sono momenti in cui non avrete voglia di meditare. L'idea stessa sembra antipatica. Saltare una singola sessione di pratica è poco importante, ma molto più facilmente ciò diventa un'abitudine.
Più saggio è cercare di ostacolare quella resistenza. Cercate di sedervi in ogni caso. Osservate questo sentimento di avversione. Nella maggior parte dei casi si tratta di uno stato emotivo che passa, un fuoco di paglia che evaporerà proprio davanti ai vostri occhi. Cinque minuti dopo che vi siete seduti, è andato. In altri casi, è dovuto a qualche umore acido in quel giorno, e può durare più a lungo. Eppure, anch’esso passerà. Ed è meglio che vi sbarazziate di esso con venti o trenta minuti di meditazione, che non portarvelo in giro e farvi rovinare il resto della vostra giornata. Un'altra volta, la resistenza può essere dovuta a qualche difficoltà che state avendo con la pratica stessa. Potete sapere o no quale sia la difficoltà. Se il problema vi è noto, gestitelo con una delle tecniche descritte in questo libro. Una volta che il problema se n’è andato, anche la resistenza se ne sarà andata. Se il problema è sconosciuto, allora voi state per avere il modo di superare quelle difficoltà. Sedetevi comunque, malgrado la resistenza, e osservatela con la vostra consapevolezza. Quando essa avrà finalmente fatto il suo corso, se ne andrà. Poi, il problema che l’aveva causata probabilmente svaporerà con essa, e voi potrete affrontarne la causa.
Se la resistenza alla meditazione è una caratteristica comune della vostra pratica, allora dovreste sospettare qualche sottile errore nel vostro atteggiamento di base. La meditazione non è un tipo di rituale condotto con una particolare postura. E non è un esercizio doloroso, o un periodo di noia forzata. E non è un qualche triste, solenne obbligo. La meditazione è ‘consapevolezza’. Essa è un nuovo modo di vedere ed è una forma di gioco. La meditazione è vostra amica. Consideratela in questo modo e la resistenza volerà via come fumo in una brezza estiva.
Se avete tentato tutte queste possibilità e la resistenza rimane, allora ci può essere un problema. Ci possono essere alcuni intoppi metafisici in cui un meditante incorre, che vanno ben oltre lo scopo di questo libro. Non è comune per i nuovi meditatori di imbattersi in questi, ma può sempre succedere. Tuttavia, cercate di non rinunciare. Cercate di avere aiuto. Cercate gli insegnanti più qualificati nello stile della meditazione Vipassana e chiedete loro di aiutarvi a risolvere la vostra situazione. Queste persone esistono proprio per questo scopo.

Problema 12 - Stupore o Torpore
Abbiamo già discusso del fenomeno di sprofondamento della mente. Ma c'è una speciale via verso quello stato a cui si dovrebbe guardare. L’ottusità mentale può essere considerata un indesiderato sottoprodotto della concentrazione approfondita. Man mano che il vostro rilassamento diventa più approfondito, i muscoli si allentano e la trasmissione dei nervi cambia. Questo fatto produce una sensazione molto calma e leggera nel corpo. Vi sentite molto stabili e un po’ distaccati dal corpo. Questo è uno stato molto piacevole e in un primo momento la vostra concentrazione è abbastanza buona, ben centrata sul respiro. Allorché essa va continuando, tuttavia, le sensazioni piacevoli si intensificano e distraggono la vostra attenzione dal respiro. Iniziate realmente a godere di quello stato e la vostra consapevolezza va ancora più giù. La vostra attenzione comincia a disperdersi, va svogliatamente alla deriva tra vaghe nuvole di beatitudine. Il risultato è una condizione di totale inconsapevolezza, una sorta di stupore estatico. La cura, ovviamente, è sempre la consapevolezza. Consapevolmente osservate questi fenomeni ed essi si dissiperanno. Quando sorgono sentimenti di beatitudine, accettateli. Non c'è alcun bisogno di evitarli. Non fatevi intrappolare da essi. Sono solo sensazioni fisiche, così trattateli come tali. Osservate le sensazioni come semplici sensazioni. Osservare il torpore e l’ottusità come semplici torpore ed ottusità. Guardate il loro nascere e il loro passare via. Non fatevi coinvolgere.
Voi avrete problemi nella meditazione. Tutti li hanno. Voi potete trattarli come tormenti terribili, o come sfide da superare. Se li considerate come pesi, la vostra sofferenza potrà solo aumentare. Se li considerate come opportunità di apprendere e crescere, le vostre prospettive spirituali sono illimitate.


Capitolo 11

Trattare con le distrazioni – I°
Ad un certo punto, ogni meditante incontra distrazioni durante la pratica e sono necessari metodi per trattare con loro. Alcuni eleganti stratagemmi sono stati studiati per farvi tornare in pista più velocemente, piuttosto che cercare di spingere avanti la vostra via con la pura forza di volontà. Concentrazione e consapevolezza vanno di pari passo. Ognuno completa l'altro. Se uno dei due è debole, l'altro finirà per essere colpito. Brutti momenti sono generalmente caratterizzati da scarsa concentrazione. La vostra mente continua a galleggiare intorno. Avete bisogno di qualche metodo per ristabilire la concentrazione, anche di fronte alle avversità mentali. Per fortuna, voi li avete. In effetti, voi potete fare la vostra scelta da un tradizionale schieramento di manovre pratiche.

>Manovra 1 - Misurare il Tempo
Questa prima tecnica è stata scoperta in un capitolo precedente. Una distrazione vi ha distratti dal respiro, e improvvisamente realizzate che stavate sognando ad occhi aperti. Il trucco è quello di tirare fuori tutto il senso di ciò che vi ha catturato, di interrompere completamente la sua presa su di voi in modo da poter tornare al respiro con la massima attenzione. Fate questo misurando la lunghezza del tempo in cui siete stati distratti. Questo non è un calcolo preciso; non c’è bisogno di una cifra precisa, solo una stima approssimativa. Potete calcolarlo in pochi minuti, o con un idea significativa. Dite a voi stessi: "Va bene, sono stato distratto per circa due minuti" o "Da quando il cane cominciò ad abbaiare" o "Da quando ho iniziato a pensare ai soldi". La prima volta che voi
inizierete a praticare questa tecnica, lo farete parlando a voi stessi dentro la testa. Una volta che l'abitudine è ben consolidata, potrete eliminare questo passo, e l'azione diventa automatica, senza parole e molto veloce. L'idea, ricordiamo, è di tirarvi fuori dalla distrazione e di tornare al respiro. Vi tirerete fuori dal pensiero rendendolo oggetto di ispezione giusto per il tempo di spigolarlo con una rozza approssimazione della sua durata. L’ intervallo stesso non è importante. Una volta che siete liberi dalla distrazione, lasciate perdere tutto e tornate al respiro. Non restate appesi nella valutazione.

>Manovra 2 - Respiri profondi
Quando la vostra mente è selvaggia e agitata, spesso voi potete ristabilire la consapevolezza con alcuni rapidi respiri profondi. Tirate l'aria con forza e fatela uscire allo stesso modo. Questo vi fa aumentare la sensazione all'interno delle narici e vi rende più facile mettere a fuoco. Fate un forte atto di volontà e applicate più forza alla vostra attenzione. La concentrazione può essere forzata ad aumentare, ricordatelo, così forse vi accadrà di trovare la massima attenzione piacevolmente stabilendovi sul respiro.

>Manovra 3 – Il Conteggio
Contare i respiri che entrano ed escono è una procedura altamente tradizionale. Alcune scuole di pratica insegnano questa attività come la loro tattica principale. La Vipassana la utilizza come una tecnica ausiliaria per ristabilire la consapevolezza e per rafforzare la concentrazione. Come è stato discusso nel capitolo 5, potete contare i respiri in molti modi diversi. Ricordate di mantenere la vostra attenzione sul respiro. Probabilmente, noterete un cambiamento dopo che avete fatto il vostro conteggio. Il respiro rallenta, o diventa molto leggero e raffinato. Questo è un fisiologico segnale che la concentrazione si è ben consolidata. A questo punto, il respiro di solito è così lieve o così veloce e gentile che non potete distinguere chiaramente l’inspirazione dalla espirazione. Essi sembrano fondersi l'uno nell'altro. Potete considerare entrambi come un singolo ciclo. Continuate il processo del conteggio, ma solo fino a cinque, coprendo la stessa sequenza di cinque respiri, e quindi ricominciate da capo. Quando il conteggio diventa un fastidio, passate alla fase successiva. Lasciate cadere i numeri e dimenticate i concetti di inspirazione ed espirazione. Ora immergetevi in pieno nella pura sensazione del respiro. L’inspirazione si fonde con l'espirazione. Un respiro si fonde con il successivo in un ciclo senza fine di puro e regolare flusso.

>Manovra 4 - Il Metodo dentro-fuori
Questa è un'alternativa al conteggio, e funziona più o meno allo stesso modo. Dirigete la vostra attenzione al respiro e mentalmente segnate ogni ciclo con le parole "Inspirazione… Espirazione" o 'Dentro. .. Fuori". Continuate il processo fino a quando non si ha più bisogno di questi concetti, e poi buttateli via.

>Manovra 5 - Annullare un pensiero con un altro
Alcuni pensieri proprio non se ne andranno. Noi esseri umani siamo esseri ossessivi. E' uno dei più grandi nostri problemi. Noi tendiamo ad agganciare cose come le fantasie sessuali, le ambizioni e le preoccupazioni. Nutriamo quei pensieri complessi nel corso degli anni e diamo loro pienezza di esercizio, giocando con loro in ogni momento libero. Poi, quando ci sediamo a meditare, vogliamo mandarli via e gli ordiniamo di lasciarci in pace. Non c’è da stupirsi che essi non obbediscano. Questi pensieri persistenti richiedono un approccio diretto, un vero e proprio attacco frontale.
La psicologia buddhista ha sviluppato un distinto sistema di classificazione. Piuttosto che dividere i pensieri in classi come 'buono' o 'cattivo', i pensatori buddhisti preferiscono considerarli come 'valido' o 'invalido'. Un pensiero invalido è quello connesso con l'avidità, l'odio, o l’illusione. Questi sono i pensieri che la mente più facilmente trasforma in ossessioni. Essi sono invalidi, nel senso che vi allontanano dalla meta della Liberazione. I pensieri validi, invece, sono quelli connessi con la generosità, la compassione, e la saggezza. Sono validi nel senso che possono essere usati come rimedi specifici per i nocivi pensieri invalidi, e quindi possono aiutarvi verso la Liberazione.
La Liberazione non si può condizionare. Esso non è uno stato fatto di pensieri. Né voi potete condizionare le qualità personali che la Liberazione produce. Pensieri di benevolenza possono produrre una parvenza di benevolenza, ma essa non è l'oggetto reale. E sotto pressione si può interrompere. Pensieri di compassione producono solo una compassione superficiale. Pertanto, questi validi pensieri, di per sé, non vi libereranno dalla trappola. Essi sono validi solo se applicati come antidoto al veleno dei pensieri invalidi. Pensieri di generosità possono temporaneamente annullare l'avidità. Essi possono nasconderla abbastanza a lungo da far fare alla consapevolezza il proprio lavoro senza impedimenti. Poi, quando la consapevolezza è penetrata fino alle radici del processo dell'ego, l'avidità evapora e la vera generosità sorge.
Questo principio può essere utilizzato giorno dopo giorno nella vostra meditazione personale. Se un particolare tipo di ossessione vi sta preoccupando, voi potrete annullarla generando il suo opposto. Ecco un esempio: se tu assolutamente odi Charlie, e il suo volto accigliato continua a presentarsi nella tua mente, prova a dirigere un flusso d'amore e di cordialità verso Charlie. Probabilmente, questo vi permetterà di eliminare l'immediata immagine mentale. Poi, potrete andare avanti con il lavoro di meditazione.
A volte questa tattica da sola non funziona. L'ossessione è semplicemente troppo forte. In questo caso, avete avuto modo di indebolire la sua presa su di voi un po’ prima di poterla bilanciare con successo. Qui è da dove arriva la colpa, una delle emozioni più maligne dell'uomo. Provate a dare un forte sguardo alla risposta emotiva di cui voi state tentando di sbarazzarvi. Rifletteteci bene su. Vedete come vi fa sentire. Guardate quello che essa sta facendo alla vostra vita, la vostra felicità, la vostra salute, e le vostre relazioni. Provate a vedere come essa vi fa apparire agli altri. Guardate il modo in cui sta ostacolando il vostro progresso verso la Liberazione. Le scritture Pali vi esortano a farlo davvero molto bene. Esse vi consigliano di lavorare sullo stesso senso di umiliazione e di disgusto che voi sentireste se foste costretti ad andare in giro con la carcassa di un animale morto e in decomposizione legato intorno al collo. Ciò che avrete dopo è vero disgusto. Questo passo può da solo porre fine al problema. Se così non fosse, allora bilanciate il residuo della persistente ossessione generando ancora una volta la sua emozione opposta.
I pensieri di avidità ricoprono tutto ciò che è collegato con il desiderio, dalla totale avarizia per il guadagno materiale, giù fino ad un sottile bisogno di essere rispettati come una persona morale.
I pensieri di odio vanno dai piccoli scatti di irritabilità alla rabbia omicida. L’illusione ricopre tutto, dai sogni ad occhi aperti fino a reali allucinazioni. La generosità annulla l’avidità. La benevolenza e la compassione annullano l’odio. Potete trovare uno specifico antidoto per ogni tipo di pensiero che vi dia preoccupazione, se ci pensate su.

>Manovra 6 – Richiamare il vostro scopo
Ci sono momenti in cui le cose appaiono nella vostra mente, apparentemente a caso. Parole, frasi o interi discorsi saltano fuori dall'inconscio senza alcun motivo visibile. Gli oggetti appaiono come per magia. Immagini lampeggiano e poi si spengono. Questa è un'esperienza sconvolgente. La vostra mente si sente come una bandiera svolazzante col vento alle spalle. Essa sciacqua avanti e indietro come le onde nell'oceano. A volte, come in questo caso, spesso è sufficiente a ricordare il motivo per cui voi siete lì. Potete dire a voi stessi, "Io non sto seduto qui solo per sprecare il mio tempo con questi pensieri. Sono qui per concentrare la mia mente sul respiro, che è universale e comune a tutti gli esseri viventi". A volte la vostra mente si stabilizzerà, anche prima di completare questa recitazione. Altre volte può essere necessario ripeterla più volte prima che voi possiate di nuovo focalizzarvi sul respiro.
Queste tecniche possono essere utilizzate singolarmente o in combinazione. Impiegate in modo adeguato, esse costituiscono un arsenale piuttosto efficace per la vostra battaglia contro la mente-scimmia

Capitolo 12

Trattare con distrazioni – II
Così, voi state meditando splendidamente. Il vostro corpo è completamente immobile, e la vostra mente è totalmente ferma. Voi scivolate in giù seguendo il flusso del respiro, dentro, fuori, dentro, fuori. .. calmi, sereni e concentrati. Tutto è perfetto. E poi, tutto ad un tratto, arriva nella mente qualcosa di totalmente diverso: "Certo che vorrei avere un cono gelato". Questa è una distrazione, ovviamente. Non è quello che pensavate di dover fare. Voi lo notate, e vi riportate sul respiro, di nuovo il flusso regolare, dentro, fuori, dentro… e poi...: "Ma ho pagato la bolletta del gas?" Un'altra distrazione. Voi notate anche quella, e ritornate di nuovo al respiro. Dentro, fuori, dentro, fuori, dentro... "Oh, è uscito quel nuovo film di fantascienza. Forse potrò andar a vederlo domani. No, non domani, ho troppe cose da fare. Dopodomani, o meglio Giovedì. ..". Un’altra distrazione. Vi tirate fuori anche da quella e tornate ancora al respiro, tranne che non riuscite quasi mai a star fermi lì perché prima di poterlo fare, arriva quella vocina nella testa, "Mi fa male la schiena". E così via, distrazione dopo distrazione, apparentemente senza fine.
Che fastidio. Ma questo è ciò che davvero succede. In realtà queste distrazioni sono il vero punto. La chiave è di imparare a gestire queste cose. Imparare ad accorgersi di esse, senza però esserne
intrappolati. Questo è ciò per cui noi siamo qui. Il vagabondaggio mentale è spiacevole, di sicuro. Ma è il modo normale in cui la vostra mente funziona. Non pensate ad essa come il nemico. Ciò è solo la semplice realtà. E se volete cambiare qualcosa, la prima cosa che dovete fare è vedere il modo in cui essa è.
All’inizio, quando vi sedete per concentrarvi sul respiro, sarete colpiti da quanto in realtà la mente sia incredibilmente occupata. Essa salta e sguscia avanti. Vira di lato e sgroppa. Si rigira intorno in un circolo costante. E chiacchiera. E pensa. Essa genera fantasie e sogni ad occhi aperti. Non siate
turbati a tale proposito. È naturale. Quando la vostra mente divaga dall’oggetto della meditazione, basta osservare consapevolmente la distrazione.
Quando parliamo di distrazione nella Meditazione Profonda (Insight Meditation), stiamo parlando di una preoccupazione che attira su di sé l'attenzione data al respiro. Questo porta ad una nuova regola principale per la vostra meditazione: Quando un qualsiasi stato mentale sorge con la forza sufficiente per distrarvi dall'oggetto della meditazione, bypassate brevemente la vostra attenzione sulla stessa distrazione. Fate della distrazione il temporaneo oggetto di meditazione. Da notare il termine ‘temporaneo’. E' molto importante. Non vi stiamo consigliando di cambiare cavallo a metà del guado. Non ci aspettiamo che voi adottiate un totalmente nuovo oggetto di meditazione ogni tre secondi. Il respiro dovrà rimanere sempre il vostro obiettivo primario. Dovrete dare la vostra attenzione alla distrazione solo per il tempo necessario a notare alcune cose specifiche al riguardo. (Che cosa è? Quanto è forte? E, per quanto tempo durerà?). Non appena avrete silenziosamente risposto a queste domande, sarete entrati con il vostro esame su tale distrazione, e dopo, fate in modo di ritornare alla vostra attenzione sul respiro. E qui, di nuovo, si noti l’operativo termine ‘silenziosamente’. Queste domande non sono un invito a far chiacchierare ancora di più la mente. Questo sarebbe come muovervi nella direzione sbagliata, verso un maggior pensare. Noi vogliamo che voi vi allontaniate dal pensiero, verso un diretto stato senza parole e verso l'esperienza non-concettuale del respiro. Queste domande sono progettate per liberarvi dalla distrazione e per darvi una visione interiore nella sua natura, e non per farvi stare maggiormente bloccati in essa. Esse vi faranno sintonizzare con la causa stessa della distrazione e vi aiuteranno a sbarazzarvi di essa - tutto in un solo passo.
Ecco il problema: quando una distrazione, o un qualsiasi stato mentale, sorge nella mente, sboccia prima nell'inconscio. Un attimo dopo essa sboccerà nella coscienza mentale. Questa differenza di una frazione di secondo è molto importante, perché è il tempo sufficiente a coglierne il verificarsi. Il coglierlo avviene quasi istantaneamente, e ciò ha luogo prima nell’inconscio. Così, dal momento in cui il ‘cogliere’ sorge al livello del riconoscimento cosciente, noi abbiamo già iniziato a bloccarci su di esso. E' abbastanza naturale per noi continuare semplicemente questo processo, sempre più saldamente bloccati nella distrazione, mentre continuiamo a vederla. Da questo momento, stiamo sicuramente molto più pensando il pensiero, piuttosto che semplicemente visualizzandolo con una
nuda attenzione. L'intera sequenza si svolge in un lampo. Questo ci dà un problema. Nello stesso momento in cui diventiamo consapevoli di una distrazione, in un certo senso, siamo già bloccati in esso. Le nostre tre domande sono un rimedio intelligente per questa particolare malattia mentale. Per rispondere a queste domande, noi dobbiamo accertare la qualità della distrazione. Per far ciò, dobbiamo divergere da essa, fare un mentale passo indietro da essa, svincolarci da essa e vederla in modo oggettivo. Dobbiamo smettere di pensare il pensiero, o sentire la sensazione, per vederlo come un oggetto di ispezione. Questo stesso processo è un esercizio di consapevolezza: una vera e propria consapevolezza distaccata e non-coinvolta. La nostra presa della distrazione è così rotta,
e la consapevolezza è tornata sotto controllo. A questo punto, la consapevolezza attiva una fluida transizione indietro al suo obiettivo primario e noi potremo tornare al respiro.
Quando all’inizio voi cominciate a praticare questa tecnica, probabilmente avrete a che fare con le parole. Potrete farvi le domande a parole, e ottenere risposte a parole. Non passerà molto tempo,
tuttavia, prima che possiate del tutto fare a meno della formalità delle parole. Una volta che sono a posto le abitudini mentali, voi semplicemente noterete la distrazione, noterete le qualità della distrazione, e tornerete al respiro. E' un processo completamente non-concettuale, ed è molto
rapido. La stessa distrazione potrà essere qualsiasi cosa: un suono, una sensazione, un'emozione, una fantasia, qualsiasi cosa. Qualunque cosa sia, non cercate di reprimerla. Non cercate mai di spingerla fuori dalla vostra mente. Non c'è bisogno. Basta che osserviate consapevolmente con nuda attenzione. Esaminate la distrazione silenziosamente ed essa passerà via da sola. Troverete che la vostra attenzione si dirigerà senza sforzo di nuovo al respiro. E non condannate voi stessi per essere stati distratti. Le distrazioni sono naturali. Vengono e vanno.
Nonostante questo saggio consiglio, accadrà che voi vi condannerete comunque. Anche questo è naturale. Allora, voi semplicemente osservate il processo di condanna come un’altra distrazione, e
poi tornate al respiro.
Guardate la sequenza degli eventi: Respiro. Respiro. Un pensiero distraente sorge. La frustrazione che sorge a causa del pensiero di distrazione. Voi vi condannate per essere stati distratti. Notate l'auto-condanna. Tornate alla respirazione. Respiro. Respiro. E' un ciclo davvero molto naturale e scorrevole, se lo fate correttamente. Il trucco, naturalmente, è la pazienza. Se potete imparare ad osservare queste distrazioni senza venirne coinvolti, è tutto molto facile. Semplicemente scivolate attraverso le distrazioni e la vostra attenzione ritornerà al respiro abbastanza facilmente. E’ ovvio che la stessa distrazione può riapparire un attimo dopo. Se accade, voi semplicemente osservate ciò consapevolmente. Se avete a che fare con un vecchio stabilito modello di pensiero, questo può ancora accadere per un bel po’ di tempo, a volte per anni. Ma non prendetevela. Anche questo è naturale. Osservate la distrazione e tornate al respiro. Non combattete contro questi pensieri che vi distraggono. Non sforzatevi e non cercate di lottare. Sarebbe sprecato. Ogni po’ di energia che applicate a tale resistenza va dentro nel complesso del pensiero e lo rende ancor più forte. Quindi non cercate di forzare questi pensieri ad uscire dalla mente. E' una battaglia che non potrete mai vincere. Solo osservate la distrazione consapevolmente, ed essa alla fine se ne andrà via. E' molto strano, ma più voi applicate la nuda attenzione a tali disturbi, più deboli essi diventeranno.
Osservarteli abbastanza a lungo, e abbastanza spesso, con la pura attenzione, ed essi svaniranno per sempre. Se invece lotterete con loro, guadagneranno forza. Guardateli con distacco ed essi si
appassiranno.
La consapevolezza è una funzione che disarma le distrazioni, allo stesso modo in cui un esperto di munizioni potrebbe disinnescare una bomba. Le distrazioni deboli sono disarmate già da un unico sguardo. Brillate la luce della consapevolezza su di esse ed evaporeranno all'istante, per non più tornare. I più profondi e abituali schemi di pensiero richiederanno una consapevolezza costante e ripetutamente applicata su qualsiasi periodo di tempo necessario per interromperne la presa. Le distrazioni sono in realtà tigri di carta. Non hanno alcun potere in se stesse. Ma hanno bisogno di essere costantemente alimentate, altrimenti muoiono. Se vi rifiuterete di alimentarle con le vostre
paura, rabbia e avidità, esse scompariranno.
La consapevolezza è l'aspetto più importante della meditazione. È la cosa principale che voi state tentando di coltivare. Quindi non c'è affatto davvero bisogno di lottare contro le distrazioni. La più importante cosa è di essere consapevoli di quello che sta succedendo, non di controllare ciò che sta avvenendo. Ricordate, la concentrazione è uno strumento. E' secondaria alla pura attenzione. Dal punto di vista della consapevolezza, non c'è in realtà una cosa come la distrazione. Tutto ciò che sorge nella mente è visto solo come un'opportunità in più per coltivare la consapevolezza. Il respiro, ricordiamo, è una focalizzazione arbitraria, ed è usata come il nostro principale oggetto di attenzione. Le distrazioni vengono utilizzate come oggetti secondari della nostra attenzione. Esse certamente sono soltanto una parte della realtà come il respiro. Ed in realtà fa poca differenza ciò che l'oggetto della consapevolezza è. Voi potete essere consapevoli del respiro, o potete essere consapevoli della distrazione. Potete essere consapevoli del fatto che la vostra mente è immobile, che la vostra concentrazione è forte, o altrimenti potete essere consapevoli del fatto che la vostra concentrazione è a pezzi e la vostra mente è in un assoluto caos. E' tutto consapevolezza mentale. Basta mantenere la consapevolezza e la concentrazione che alla fine seguirà.
Lo scopo della meditazione non è quello di concentrarsi sul respiro, senza interruzioni, sempre. Il che di per sé sarebbe un obiettivo inutile. Lo scopo della meditazione non è quello di raggiungere una mente perfettamente immobile e serena. Sebbene uno stato beato non conduca per se stesso alla liberazione. Lo scopo della meditazione è di raggiungere la consapevolezza ininterrotta. E solo la vera Consapevolezza produce l’Illuminazione.
Le distrazioni arrivano in tutte le forme, misure e sapori. La filosofia buddhista le ha catalogate in categorie. Una di esse è la categoria degli ostacoli. E questi sono chiamati ‘ostacoli’ proprio perché bloccano il vostro sviluppo sia della meditazione, della consapevolezza e della concentrazione. Un po’ di cautela su questo termine: La parola 'ostacoli' porta una connotazione negativa, e in effetti questi sono stati mentali che noi vogliamo sradicare. Ciò non significa, tuttavia, che devono essere repressi, evitati o condannati.
Prendiamo l'avidità, per esempio. Noi vogliamo evitare di prolungare qualsiasi stato di avidità che sorga, perché una continuazione di quello stato porta alla schiavitù e al dolore. Ma con questo non intendiamo dire di voler gettar via il pensiero dalla mente quando esso viene visualizzato. Diciamo semplicemente di non incoraggiarlo a restare. Lo lasciamo venire, e lo lasciamo andare. Quando l'avidità è osservata prima con nuda attenzione, nessun giudizio di validità viene fatto. Facciamo semplicemente un passo indietro e la guardiamo sorgere. L'intera dinamica dell’avidità, dall'inizio alla fine, è semplicemente osservata in questo modo. Noi non la aiutiamo, né la ostacoliamo, e né minimamente interferiamo con essa. Essa resta per il tempo in cui c’è. E noi impariamo quanto più possiamo su di essa fintanto che è lì. Guardiamo che cosa l'avidità fa. Noi guardiamo come essa ci inguaia, e come appesantisce gli altri. Notiamo come ci mantiene perennemente insoddisfatti, in uno stato di desiderio sempre inappagato. Da questa esperienza di prima mano, noi constatiamo a livello intestinale che l'avidità è un modo non valido di vivere la nostra vita. In questa realizzazione non c'è niente di teorico. Tutti gli ostacoli sono trattati nello stesso modo e qui ora li osserveremo uno per uno.

Desiderio: Supponiamo che nella meditazione voi siete stati distratti da qualche bella esperienza. Potrebbe essere una fantasia piacevole o un pensiero di orgoglio. Potrebbe essere un sentimento di autostima. O potrebbe essere un pensiero d'amore o addirittura una sensazione fisica di felicità che viene con l'esperienza stessa della meditazione. Qualunque cosa sia, ciò che segue è lo stato del desiderio - il desiderio di ottenere tutto ciò che avete pensato oppure il desiderio di prolungare l'esperienza che state avendo. Non importa quale sia la sua natura, dovreste gestire il desiderio nel modo seguente. Notate il pensiero o la sensazione appena si presenta. Notate lo stato mentale di desiderio che lo accompagna come una cosa separata. Si noti l'esatta misura o grado di questo desiderio. Infine, notate quanto tempo dura e quando alla fine esso scompare. Quando lo avrete fatto, riportate la vostra attenzione al respiro.
Avversione: Supponiamo che siete stati distratti da qualche esperienza negativa. Potrebbe essere qualcosa che si teme o qualche assillo di preoccupazione. Potrebbe essere una colpa, depressione o dolore. Qualunque sia la vera sostanza del pensiero o della sensazione, vi ritroverete a rifiutare o reprimere - cercando di evitarlo, di resistergli o di negarlo. La tecnica a questo punto è la stessa, essenzialmente. Guardate il sorgere del pensiero o sensazione. Notate lo stato del rifiuto che viene con esso. Valutate la misura o il grado di tale rigetto. Vedete per quanto tempo dura e quando poi svanisce. Infine, riportate l’ attenzione al vostro respiro.
Letargia: La letargia arriva in vari gradi e intensità, che vanno dalla lieve sonnolenza al torpore più totale. Qui stiamo parlando di uno stato mentale, non di uno fisico. La sonnolenza o stanchezza fisica è qualcosa di completamente diverso e, nel sistema di classificazione buddhista, essa sarebbe classificata come una sensazione fisica. La letargia mentale è strettamente correlata all’avversione in quanto è uno dei piccoli trucchi della mente per evitare quei problemi che essa trova sgradevoli. La letargia è una sorta di spegnimento dell'apparato mentale, un ottundimento temporaneo della acutezza sensoriale e cognitiva. E’ una sorta di stupidità forzata che fa finta di essere sonnolenza. Questo può essere duro da affrontare, perché la sua presenza è direttamente contraria con l'uso della consapevolezza. La letargia è praticamente il contrario della presenza mentale. E comunque, la consapevolezza, come presenza mentale, è proprio la cura per questo ostacolo, e la gestione è la stessa. Si noti lo stato di sonnolenza quando essa arriva, e notate la sua misura o grado. Notate quando sorge, quanto tempo dura, e quando se ne va. L'unica cosa speciale qui è l'importanza di cogliere presto il fenomeno. Dovete sbarazzarvi di essa al momento stesso del suo concepimento e applicare subito dosi liberali di pura consapevolezza. Se lasciate che essa prenda avvio, la sua crescita supererà probabilmente il potere della vostra consapevolezza. Quando vince la letargia, il risultato è che la mente sprofonda e/o si mette a dormire.
Agitazione: Stati di irrequietezza e irritazione sono espressioni di agitazione mentale. La vostra mente continua a sfrecciare di qua e di là, rifiutando di stabilizzarsi su una singola cosa. Potete continuare a rincorrere più e più volte gli stessi problemi. Ma, anche qui, una sensazione instabile è la componente predominante. La mente si rifiuta di stabilizzarsi in un qualunque posto. Salta intorno costantemente. La cura per questa condizione è la stessa sequenza di base. L’irrequietezza impone una certo senso di coscienza. Potreste chiamarlo un sapore o una struttura. In qualunque modo voi lo chiamiate, questa sensazione instabile è lì come una caratteristica ben definibile. Dunque, cercatela. Dopo averla individuata, notate come la maggior parte di essa sia presente. Notate quando si presenta. Guardate quanto tempo dura, e vedete quando essa svanisce. Poi, come al solito, riportate la vostra attenzione al respiro.
Dubbio: Il dubbio ha la sua propria distinta sensazione nella coscienza. I testi Pali lo descrivono molto bene. E' la sensazione di un uomo che sta vagando attraverso un deserto ed arriva ad un incrocio non segnalato. Che strada dovrebbe prendere? Non c'è modo di saperlo. Così, se ne sta lì vacillante. Una delle forme comuni che ciò assume nella meditazione è un tipo di dialogo interiore un po’ come questo: "Che cosa sto facendo proprio qui seduto in questo modo? Sto veramente ottenendo qualcosa da tutto questo? Oh, Certo che si! Questo è un bene per me. Il libro ha detto così. No, questo è da pazzi. E’ solo una perdita di tempo. No, non mi arrenderò. Ho detto che dovevo fare questo, e lo farò. O sono solo un testardo? Non lo so. Io proprio non lo so"… Perciò, non rimanete bloccati in questa trappola. E’ solo un altro ostacolo. Un'altra delle cortine fumogene della mente per impedirti di fare la cosa più terribile del mondo, e cioè: ‘diventare consapevole di ciò che sta accadendo’.
Per gestire il dubbio, semplicemente diventate consapevoli di questo stato mentale, che è come di un vacillante oggetto di ispezione. Non siate intrappolati in esso. Tornate indietro e guardatelo. Vedete quanto è forte. Vedete quando arriva e quanto tempo dura. Quindi, vedetelo svanire, e poi tornate alla respirazione.
Questo è lo schema generale che bisogna utilizzare su qualsiasi distrazione che si crea. Con la parola ‘distrazione’, ricordate che noi intendiamo qualsiasi stato mentale che venga ad impedire la vostra meditazione. Alcuni di questi sono abbastanza sottili. E' utile elencare alcune di queste possibilità. Gli stati negativi sono abbastanza facili da individuare: insicurezza, paura, rabbia, depressione, irritazione e frustrazione.
Bramosia e desiderio sono un pò più difficili da individuare perché si possono applicare a cose che normalmente consideriamo virtuose o nobili. Ad esempio, potete sperimentare il desiderio di perfezionare voi stessi. Si può sentire forte desiderio di maggior virtù. Potreste anche sviluppare attaccamento alla beatitudine proveniente dall’esperienza stessa della meditazione. E’ anche un po' difficile staccarsi da sentimenti di tipo altruistico. In finale, tuttavia, essi sono solo più avidità. Sono desideri di gratificazione e un modo un po’ furbetto di ignorare la realtà del presente stato.
Più difficili di tutti, comunque, sono quegli stati mentali invero positivi che vengono strisciando nella vostra meditazione. Felicità, pace, soddisfazione interiore, simpatia e compassione per tutti
gli esseri ovunque. Questi stati mentali sono così dolci e benefici che a malapena noi potremmo sopportare di poterci staccare da loro. Ciò vi farebbe sentire come un traditore dell'umanità.
Non è proprio il caso di sentirsi così. Non vi stiamo consigliando di rifiutare questi stati d'animo o di diventare dei robot senza cuore. Noi vogliamo semplicemente che voi li vediate per quelli che sono. Essi sono solo stati mentali. Vengono e vanno. Sorgono e passano via. Se continuerete la vostra meditazione, questi stati si presenteranno sempre più spesso. Il trucco è di non diventare
attaccati ad essi. Vedete solo come ciascuno di essi sorge. Vedete ciò che è, quanto è forte e per quanto tempo dura. Poi guardatelo allontanarsi. Esso non è altro che lo spettacolo passeggero del proprio universo mentale.
Proprio come il respiro arriva in fasi, così fanno gli stati mentali. Ogni respiro ha un inizio, uno stato intermedio e una fine. Ed ogni stato mentale ha una nascita, una crescita e un decadimento. Voi dovreste sforzarvi di vedere queste fasi in modo chiaro. Questa, tuttavia, non è una cosa facile da fare. Come abbiamo già notato, ogni pensiero ed ogni sensazione hanno prima inizio nella regione inconscia della mente e solo più tardi sorgono nella coscienza. In genere noi diventiamo consapevoli di queste cose solo dopo che esse sono sorte nella sfera cosciente e vi rimangono per qualche tempo. Infatti, normalmente, veniamo a conoscenza delle distrazioni solo quando esse hanno mollato la loro presa su di noi e sono già in fase d'uscita. E' solo a questo punto che siamo colpiti dalla improvvisa realizzazione di essere stati da qualche altra parte, sognando ad occhi aperti, fantasticando, o altro. Ovviamente, di questo ce ne accorgiamo troppo tardi nella catena degli eventi. Questo fenomeno potremmo chiamarlo ‘prendere il leone per la coda’, ed è alquanto inadatto da fare. Come quando si affronta una bestia pericolosa, così dobbiamo affrontare gli stati mentali a testa alta. Con pazienza, potremo imparare a riconoscerli nonappena essi sorgono dai livelli progressivamente più profondi della nostra mente cosciente.
Poiché gli stati mentali nascono prima nell'inconscio, per cogliere l'insorgere dello stato mentale, dovrete estendere la vostra consapevolezza giù fino in quella zona inconscia. Ciò è difficile, perché non si può vedere cosa sta succedendo laggiù, almeno non nello stesso modo in cui si vede un pensiero cosciente. Ma voi potete imparare ad avere una vaga sensazione di movimento e operare con una sorta di senso mentale del contatto. Ciò avviene con la pratica, e questa capacità è un altro effetto della calma profonda che deriva dalla concentrazione. La concentrazione rallenta l'insorgere di questi stati mentali e vi dà il tempo di sentire che ciascuno deriva dall’inconscio ancor prima di vederlo nella coscienza. La concentrazione vi aiuta a estendere la consapevolezza
giù in quel brulicante buio dove cominciano il pensiero e la sensazione.
Man mano che la concentrazione si approfondisce, guadagnerete la possibilità di vedere i pensieri e le sensazioni che sorgono lentamente, come bolle separate, ciascuna distinta e con spazi tra di loro. Esse si gonfiano in un lento movimento fino ad uscire fuori dall'inconscio. Rimangono un po’ nella mente conscia e poi si allontanano. L'applicazione della consapevolezza agli stati mentali è una operazione di precisione. Questo è particolarmente vero per sentimenti o sensazioni. E' molto facile andare oltre la sensazione. Cioè, aggiungervi qualcosa al di sopra e al di là di ciò che vi è realmente lì. Ed è altrettanto facile non raggiungere la sensazione, far parte di essa, ma non del tutto. L'ideale che state cercando è di poter sperimentare completamente ciascun stato mentale, esattamente così com'è, senza aggiungere nulla ad esso e senza togliere una qualsiasi parte di esso. Usiamo come esempio il dolore alla gamba. Ciò che esso è in realtà, è una pura sensazione che fluisce. Cambia costantemente, non è mai lo stesso di momento in momento. Si muove
da un punto all'altro, e la sua intensità aumenta e poi diminuisce. Il dolore non è una cosa. E’ un evento. Non dovrebbero esservi concetti appiccicati ad esso e niente di associato ad esso. Una
pura consapevolezza senza ostacoli di questo evento lo sperimenterà semplicemente come una fluente struttura di energia e nulla più. Nessun pensiero e nessun rifiuto. Solo energia.
Nella nostra pratica di meditazione, avremo presto bisogno di ripensare le nostre fondamentali ipotesi sulla concettualizzazione. La maggior parte di noi avrà ottenuto voti alti a scuola e nella vita, per la nostra capacità di manipolare logicamente i fenomeni mentali – cioè, i concetti. La nostra carriera, gran parte del nostro successo nella vita quotidiana, le nostre relazioni più felici, vediamo come in gran parte il risultato del nostro successo è la manipolazione dei concetti. Nello sviluppare la consapevolezza, nondimeno, noi sospendiamo temporaneamente il processo di concettualizzazione e ci focalizziamo sulla pura natura dei fenomeni mentali. In realtà, durante la meditazione noi stiamo cercando di sperimentare la mente al livello di pre-concetto.
Ma la mente umana concettualizza tali eventi come dolore. Voi vi ritrovate a pensare ad esso come 'il dolore'. Questo è un concetto. E’ un’etichetta, qualcosa di aggiunto alla sensazione stessa. Vi troverete a costruire un’immagine mentale, la raffigurazione del dolore, vedendolo come una forma concreta. Voi potete vedere un diagramma della gamba con il dolore rappresentato in un qualche bel colore. Questo è terribilmente creativo ed anche assai divertente, ma non è ciò che vogliamo. Questi sono concetti appiccicati alla realtà vivente. Molto probabilmente, voi vi troverete a pensare: "Io ho un dolore alla gamba". L’'Io' è un concetto. E' un qualcosa in più aggiunto alla pura esperienza.
Quando nel processo si introduce l’ 'Io', voi state costruendo un ‘gap’ concettuale tra la realtà e la consapevolezza che vede quella realtà. Pensieri come 'Me', 'Mio' o 'Il mio' non hanno posto nella diretta consapevolezza. Essi sono aggiunte estranee, ed insidiose. Quando mettete il concetto 'me' sulla scena, voi vi state identificando con il dolore. Questo semplicemente aggiunge un’enfasi ad esso. Se lasciate l’'Io' fuori dall'operazione, il dolore non è doloroso. E' soltanto un puro flusso di energia che sorge. Può anche essere bello. Se trovate che l’'io' si insinua nella vostra esperienza del dolore o in qualsiasi altra sensazione, allora basta osservarla consapevolmente. Prestate una nuda attenzione al fenomeno della identificazione personale con il dolore.
L'idea generale, tuttavia, è fin troppo semplice. Voi volete veramente vedere ogni sensazione, sia che si tratti di dolore, felicità o noia. Voi volete sperimentare pienamente quella cosa nella sua naturale e incontaminata forma. E c'è solo un modo per farlo. La vostra tempistica deve essere precisa. La vostra consapevolezza di ogni sensazione deve coordinarsi esattamente con il sorgere di quella sensazione. Se la cogliete anche solo un po’ più tardi, vi mancherà l'inizio. Non l’avrete affatto. Se vi aggrappate ad una qualsiasi sensazione, passato il tempo in cui ne avete memoria, la cosa stessa è ormai andata, e tenendovi su quel ricordo, vi mancherà il sorgere della sensazione successiva. E’ un'operazione molto delicata. Avete avuto modo di navigare in lungo e largo proprio nel tempo presente, raccogliendo le cose e lasciando che le cose cadano, senza ritardi di sorta. Ci vuole un tocco molto leggero. Il vostro rapporto con la sensazione non dovrebbe mai essere nel passato o nel futuro, ma sempre nel semplice ed immediato ‘qui-ed-ora’.
La mente umana cerca di concettualizzare i fenomeni, e ha sviluppato una serie di modi intelligenti per farlo. Ogni semplice sensazione scatenerà una raffica di pensieri concettuali se voi lasciate la mente nel suo modo. Prendiamo l'udito, per esempio. Siete seduti in meditazione e qualcuno nella stanza accanto rompe un piatto. Il suono colpisce il vostro orecchio. Immediatamente voi avrete una immagine di quella stanza. Probabilmente vedrete anche una persona a cui cade un piatto. Se questo è un ambiente familiare, ad esempio la vostra casa, probabilmente avrete un film mentale in technicolor ed in 3-D di chi ha fatto cadere il piatto, e di quale piatto è stato rotto. Quest’intera sequenza si presenterà istantaneamente alla coscienza. Essa salterà subito fuori dall'inconscio così brillante, chiara e convincente che spingerà tutto il resto fuori dalla visione. Che cosa succede alla sensazione originale, la pura esperienza dell’udire? Essa si è persa nel sotterfugio, completamente travolta e dimenticata. Abbiamo perso la realtà. Siamo entrati in un mondo di fantasia.
Ecco un altro esempio: Siete seduti in meditazione e un suono vi colpisce l'orecchio. E' un rumore solo indistinto, una sorta di urto smorzato; ma potrebbe essere qualsiasi cosa. Quello che accade dopo probabilmente sarà un qualcosa di questo tipo: "Cos'è stato? Chi è stato? Da dove è venuto? Quanto lontano è stato? E' pericoloso?". E così via. E non ricevendo risposta, voi non fate altro che alimentare le vostre proiezioni di fantasia. La concettualizzazione è un processo insidioso benché intellettivo. Essa si insinua nella vostra esperienza, e semplicemente la rileva. Quando nella vostra meditazione sentite un suono, prestate la nuda attenzione all'esperienza dell’ascolto. Solo quello e quello soltanto. Ciò che sta realmente succedendo è talmente semplice che possiamo perderlo del tutto. Onde sonore stanno colpendo l'orecchio in un certo schema unico. Quelle onde vengono poi tradotte in impulsi elettrici all'interno del cervello e quegli impulsi presentano un modello di suono
alla coscienza. Questo è tutto. Nessuna immagine. Nessun film mentale. Nessun concetto. Nessun dialogo interno sulla questione. Solo rumore. La realtà è così elegantemente semplice e disadorna. Quando sentite un suono, siate consapevoli del processo dell’udito. Tutto il resto è solo un mero chiacchiericcio aggiunto. Lasciatelo cadere. La stessa regola applicatela per ogni sensazione, ogni emozione, ogni esperienza che potete avere. Osservate da vicino la vostra propria esperienza. Scavate attraverso gli strati dello strumento mentale e vedete cosa c'è lì in realtà. Sarete sorpresi di quanto è semplice, e quanto è bello.
Ci sono momenti in cui un certo numero di sensazioni possono sorgere tutte in una volta. Potreste avere un pensiero di paura, una stretta allo stomaco, un mal di schiena ed un prurito sul lobo dell'orecchio sinistro, tutti nello stesso momento. Non statevene seduti lì nel dilemma. Non state ad andare avanti e indietro o chiedendovi cosa fare. Una di queste sensazioni sarà più forte. Solo apritevi dentro, e il più insistente di questi fenomeni si intrufolerà ed esigerà la vostra attenzione. Quindi, date ad esso una certa attenzione, giusto il tempo di vederlo svanire. Poi tornate al vostro respiro. Se se ne intromette un altro, fatelo entrare. Quando lo si sarà fatto, ritornate di nuovo al vostro respiro.
Questo processo può essere portato troppo lontano, però. Non sedetevi lì a cercare che cosa c'è da essere attenti. Mantenete la vostra consapevolezza sul respiro fino a quando qualcosa d'altro passa di là e attira la vostra attenzione. Quando sentite che ciò accade, non combattetelo. Bensì, lasciate che la vostra attenzione fluisca naturalmente verso la distrazione, e tenetela lì fino a che la distrazione evapora. Poi, tornate al respiro. Non cercate altri fenomeni fisici o mentali. Tornate solo a respirare. Lasciate che essi vi arrivino. Ci saranno momenti in cui, ovviamente, andrete alla deriva. Anche dopo una lunga pratica, improvvisamente vi troverete svegli e realizzerete che siete stati fuori pista per qualche tempo. Non scoraggiatevi. Ma solo rendetevi conto di esser stati fuori pista per tale e tale periodo di tempo e poi tornate al respiro. Non c'è affatto bisogno che abbiate una qualche reazione negativa. L'atto stesso di rendervi conto che siete stati fuori dall’attenzione è un tipo di consapevolezza attiva. Esso è di per sé un esercizio di pura consapevolezza.
La consapevolezza cresce con l'esercizio della consapevolezza. E' come esercitare un muscolo. Ogni volta che lo fate funzionarre, lo pompate un pò. Lo fate diventare un po’ più forte. Il fatto stesso che voi avete sentito quella sensazione di risveglio significa che avete proprio migliorato il vostro potere di consapevolezza mentale. Ciò significa che avete vinto. Tornate dunque al respiro senza rimpianti. Tuttavia, il rimpianto è un riflesso condizionato e può arrivarvi in ogni caso - un altro abito mentale. Se vi state scoprendo frustrati, sentendovi scoraggiati, o state condannando voi stessi, osservate tutto ciò con pura attenzione. E’ solo un'altra distrazione. Date ad essa una certa attenzione e guardatela svanire; dopodiché ritornate al respiro.
Le regole che abbiamo appena recensito possono e devono essere applicate a fondo a tutti i vostri stati mentali. Ora scoprirete che questa è un'ingiunzione assolutamente spietata. E' il lavoro più duro che mai potreste intraprendere. Riteniamo che potreste ritrovarvi relativamente disposti ad applicare questa tecnica ad alcune parti della vostra esperienza, e totalmente riluttanti ad usarla su altre parti.
La meditazione è un po’ come un acido mentale. Esso lentamente corrode via tutto ciò che voi ci buttate dentro. Noi umani siamo esseri molto strani. Si dà il caso che il sapore di certi veleni a noi piace e di conseguenza continuiamo ostinatamente a mangiarli anche quando ci stanno uccidendo. Pensieri a cui noi siamo attaccati, sono veleno. Vi troverete molto ansiosi di scavare alcuni pensieri fuori dalle loro radici, mentre gelosamente ne custodirete e amerete certi altri. Questa è proprio la condizione umana.
La meditazione Vipassana non è un gioco. La chiara consapevolezza è qualcosa di più che un mero piacevole passatempo. E’ una strada che ci porta fuori dal pantano in cui siamo tutti bloccati, cioè la palude dei nostri desideri ed avversioni. E' relativamente facile applicare la consapevolezza agli aspetti più negativi della vostra esistenza. Una volta che voi avete visto la paura e la depressione svaporare nel caldo, intenso, raggio della consapevolezza, vorrete ripetere il processo. Questi sono però stati mentali spiacevoli. Fanno male. Voi volete sbarazzarvi di quelle cose perché vi danno un grosso fastidio. Molto più difficile è applicare lo stesso processo verso stati mentali che amate ed a cui tenete teneramente, come il patriottismo, o la protezione delle persone care, o il vero amore. Ma questo è altrettanto necessario. Gli attaccamenti positivi vi trattengono nel fango proprio come sicuramente lo fanno gli attaccamenti negativi. Voi potete emergere fuori dal fango quanto basta per respirare un po’ più facilmente se praticate con diligenza la meditazione Vipassana. Quindi, la meditazione Vipassana è la vera strada per il Nibbana (nirvana). E dai rapporti di coloro che hanno faticato nel Sentiero verso questo nobile obiettivo, vale la pena farsi coinvolgere con ogni sforzo.

Capitolo 13

Consapevolezza (Sati)
‘Mindfullness’ (consapevolezza) è la traduzione Inglese della parola Pali ‘Sati’. E Sati è un'attività. Cos’è esattamente? Non ci può essere una risposta precisa, almeno non a parole. Le parole sono concepite dai livelli simbolici della mente e descrivono quelle realtà con le quali tratta il pensiero simbolico. La consapevolezza è una condizione pre-simbolica. Essa non è incatenata alla logica. Tuttavia, La consapevolezza può - piuttosto facilmente – essere sperimentata, e può anche essere descritta, purché si tenga a mente che le parole sono solo il dito che indica la luna. Esse non sono la cosa stessa. La vera esperienza si trova al di là delle parole e oltre i simboli. La consapevolezza potrebbe essere descritta anche in termini completamente diversi che qui saranno usati, e quindi qualunque descrizione potrebbe essere corretta.
La consapevolezza è un processo sottile che voi state utilizzando proprio in questo momento. Il fatto che questo processo stia oltre e al di là delle parole non lo rende non-reale – anzi, piuttosto il contrario. La consapevolezza è la realtà che dà origine alle parole - le parole che conseguono sono semplicemente pallide ombre della realtà. Quindi, è importante capire che tutto ciò che qui segue è analogia. Non vi è l’intenzione di dare un significato perfetto. Esso rimarrà sempre al di là della logica verbalizzata. Ma voi potete sperimentarlo. La tecnica di meditazione chiamata Vipassana (visione profonda) che fu introdotta dal Buddha circa 25 secoli fa, è un insieme di attività mentali
specificamente volte a sperimentare uno stato di ininterrotta consapevolezza.
La prima volta che voi siete consapevoli di qualcosa, c'è un fugace istante di pura consapevolezza appena prima di concettualizzare la cosa, prima di identificarla. Quindi, questa è la fase della Pura
Consapevolezza. Di solito, questa fase è molto breve. E' quella lampeggiante frazione di secondo in cui voi concentrate proprio il vostro sguardo sulla cosa, proprio quando concentrate la vostra mente sulla cosa, appena prima che voi la oggettiviate, la teniate nella mente e la separiate dal resto dell'esistenza. Essa prende posto in voi appena prima che voi cominciate a pensarla - prima che la vostra mente dica: "Oh, c’è un cane". Quel fluente momento appena appena focalizzato di pura consapevolezza è “la consapevolezza”. In quel breve momento di mente lampeggiante, voi sperimentate una cosa come una non-cosa. Voi sperimentate un fluente e lieve momento di pura esperienza, che è interconnesso con il resto della realtà, non separato da essa. La consapevolezza è molto simile a quello che vedete con la vostra visione periferica, in contrasto con la dura brutale messa a fuoco della visione normale o centrale. Eppure questo momento di lieve e un po’ sfocata consapevolezza contiene una sorta di conoscenza più profonda che purtroppo voi perdete non appena focalizzate la vostra mente e oggettivate l'oggetto in una cosa. Nel processo di ordinaria
percezione, la fase-Consapevolezza è così fugace da essere inosservabile. Noi abbiamo sviluppato l'abitudine di sperperare la nostra attenzione su tutte le fasi successive, focalizzando la percezione, riconoscendo la percezione, etichettandola, e soprattutto, facendosi coinvolgere in una lunga serie di pensieri simbolici su di essa. Quel momento originale di Consapevolezza è rapidamente passata via. Esso è l’obiettivo della succitata meditazione Vipassana (o Insight, intuizione profonda) che ci stimola a prolungare quel momento di consapevolezza.
Quando questa Consapevolezza è prolungata mediante appropriate tecniche,  scoprirete che questa esperienza è profonda e vi fa modificare l’intera visione dell'universo. Questo nuovo stato di percezione deve essere appreso, tuttavia, e ci vuole una regolare pratica. Una volta acquisita la tecnica, troverete che la Consapevolezza ha molti interessanti aspetti.
La Consapevolezza è un pensiero-specchio. Esso riflette solo ciò che sta attualmente accadendo e esattamente nel modo in cui sta accadendo. Non ci sono pregiudizi. La Consapevolezza è pura osservazione non giudicante. E' quella abilità della mente di osservare senza critiche. Con questa abilità, si vedono le cose senza emettere condanne o giudizi. Uno non si sorprende più di niente. Semplicemente, uno mostra un equilibrato interesse nelle cose esattamente come esse sono nel loro stato naturale. Uno non decide e non giudica. Uno solamente osserva.
E' psicologicamente impossibile per noi osservare oggettivamente ciò che succede dentro di noi, se noi allo stesso tempo non accettiamo ciò che accade nei nostri diversi stati mentali. Questo è
particolarmente vero con gli stati mentali spiacevoli. Al fine di osservare la nostra stessa paura, noi dobbiamo accettare il fatto di avere paura. Non possiamo esaminare la nostra depressione, senza accettarla completamente. Lo stesso vale per l'irritazione, l’agitazione, la frustrazione e tutti quegli altri stati di disagio emotivo. Non potete esaminare completamente qualcosa se siete presi a riflettere la sua esistenza. Qualunque esperienza potreste avere, la Consapevolezza la accetterà e basta. E' semplicemente un altro degli eventi della vita, soltanto un'altra cosa di cui diventare consapevoli. Nessun orgoglio, nessuna vergogna, niente di personale in gioco - quello che c'è, c'è.
La Consapevolezza è una forma di vigilanza imparziale. Non si schiera da una parte né dall’altra. Non si attacca a ciò che viene percepito. Semplicemente, percepisce. La Consapevolezza non si sente infatuata dagli stati mentali positivi. E non cerca di aggirare gli stati mentali negativi. Non c’è un aggrapparsi al piacevole, né un fuggire dallo sgradevole. La Consapevolezza considera tutte le esperienze come uguali, uguali tutti i pensieri, uguali tutte le sensazioni. Nulla è soppresso. Nulla è represso. La Consapevolezza non fa favoritismi.
La Consapevolezza è consapevolezza non-concettuale. Un altro termine Occidentale per definire ‘Sati’ è 'pura attenzione'. Che non è il pensiero. Non potrebbe essere coinvolta con il pensiero o con i concetti. Non si attacca a idee, opinioni o ricordi. Essa semplicemente vede. La Consapevolezza registra le esperienze, ma non le paragona. Non le etichetta, né le categorizza. Semplicemente, osserva tutto come se ciò stesse verificandosi per la prima volta. Non è un'analisi basata sulla riflessione e memoria. Piuttosto, essa è esperienza diretta e immediata di ciò che sta accadendo, senza la mediazione del pensiero. Essa sorge prima del pensiero nel processo della percezione.
La Consapevolezza è consapevolezza del presente. Ha luogo nel qui ed ora. E’ osservazione diretta di ciò che sta accadendo proprio ora, nel momento presente. E’ sempre nel presente, che sorge perennemente sull'onda crescente del tempo che passa. Se state ricordando la vostra insegnante della seconda media, questa è la memoria. Quando poi divenite consapevoli che state ricordando la vostra maestra di scuola, questa è la consapevolezza. Se poi concettualizzate il processo e dite a voi stessi: "Oh, si, io ricordo", allora questo è il pensiero.
La Consapevolezza non è vigilanza egoistica. Essa ha luogo senza riferirsi a se stessa. Uno, con la consapevolezza, vede tutti i fenomeni senza riferimenti a concetti come 'me', 'il mio' o 'Mio'. Per esempio, supponiamo che vi sia dolore alla vostra gamba sinistra. La coscienza ordinaria direbbe: "Ho un dolore". Usando la Consapevolezza, uno potrebbe semplicemente osservare la sensazione come sensazione. Uno non si attaccherebbe a quel concetto-extra 'Io'. Quindi, la Consapevolezza impedisce di aggiungere qualcosa alla percezione, o di sottrarre qualcosa da essa. Non si aumenta né si riduce nulla. Non si sottolinea nulla. Semplicemente, si osserva esattamente ciò che c'è – e senza distorsioni.
La Consapevolezza è consapevolezza senza-meta. In questa Consapevolezza, non ci si sforza per ottenere risultati. Non si cerca di realizzare qualcosa. Quando uno è consapevole, sperimenta la realtà nel momento presente in qualunque forma si presenti. Non c'è nulla da dover raggiungere. C'è solo osservazione.
La Consapevolezza è consapevolezza del cambiamento. E’ l’osservazione dello scorrevole flusso dell’esperienza. E’ guardare le cose proprio mentre stanno cambiando. E’ vedere il nascere, il crescere ed il maturare di tutti i fenomeni. E’ guardare il degrado e la scomparsa dei fenomeni. La Consapevolezza è guardare le cose momento dopo momento, in modo continuo. E’ osservare tutti i fenomeni - fisici, mentali o emozionali - tutto ciò che è attualmente nella mente. Uno si siede e
guarda lo spettacolo. La Consapevolezza è l'osservazione silenziosa della natura fondamentale di tutti i fenomeni passeggeri. E’ guardare ogni singola cosa sorgere e svanire. E’ vedere come quella
cosa ci fa sentire e come noi reagiamo ad essa. E' osservare come essa agisce sugli altri. Nella consapevolezza, uno è un osservatore imparziale il cui unico compito è di mantenere traccia dello spettacolo dell’universo interiore che costantemente muta e cambia. Da notare bene quest'ultimo punto. Nella consapevolezza, uno guarda l'universo interiore. Il meditante che sta sviluppando la consapevolezza non è più interessato all'universo esteriore. E' lì, ma egli sta meditando, ed il suo campo di studio è la sua propria esperienza, i suoi propri pensieri, le sue proprie sensazioni e le sue proprie percezioni. Nella meditazione, uno è il suo proprio laboratorio. L'universo interiore ha un’enorme base di informazioni contenente il riflesso del mondo esteriore e molto altro. Un esame di questo materiale condurrà presto alla libertà totale.
La Consapevolezza è osservazione partecipativa. Il meditante è sia partecipante ed osservatore al tempo stesso. Se uno osserva le proprie emozioni o sensazioni fisiche, in quello stesso momento le sta sperimentando. La Consapevolezza non è una consapevolezza intellettuale. E' proprio qui. La Consapevolezza è oggettiva, ma non è fredda o insensibile. E' l’esperienza risvegliata della vita, una partecipazione allertata nel processo corrente della vita.
La Consapevolezza è un concetto estremamente difficile da poter definire a parole - non perché sia complessa, ma perché è troppo semplice e aperta. Lo stesso problema si coglie in ogni area
dell'esperienza umana. Il concetto più fondamentale è sempre il più difficile da definire. Guardate un dizionario e vedrete un chiaro esempio. Parole lunghe in genere hanno definizioni concise, ma per brevi parole fondamentali come 'il' ed 'è', le definizioni possono richiedere una pagina intera. Ed in fisica, le funzioni più difficili da descrivere sono le più elementari - quelle che trattano con le realtà più fondamentali della meccanica quantistica. La Consapevolezza è quindi una funzione pre-simbolica. Potete giocare tutto il giorno con le parole simboliche e non potrete mai completamente
inchiodarle. Non potremo mai esprimerle pienamente per quello che sono. Tuttavia, possiamo dire quello che essa fa.

Tre attività fondamentali
Ci sono tre attività fondamentali della Consapevolezza. Noi possiamo usare queste attività come definizioni funzionali del termine: (1) La Consapevolezza ci ricorda di quello che noi presumiamo debba essere fatto; (2) Essa vede le cose come realmente sono, e (3) Essa vede la profonda natura di tutti i fenomeni. Esaminiamo queste definizioni in maggior dettaglio.
La Consapevolezza si ricorda di quello che presumiamo di dover fare. Nella meditazione, si mette la propria attenzione su un elemento. Quando la vostra mente vaga da questa focalizzazione, è
la Consapevolezza che vi ricorda che la vostra mente sta vagando e ciò che si presume dobbiate fare. E' la Consapevolezza che riporta la vostra mente indietro sull'oggetto della meditazione. Tutto ciò si verifica istantaneamente e senza dialogo interno. La Consapevolezza non è pensare. La ripetuta pratica in meditazione stabilisce questa funzione come un’abitudine mentale che poi
trasporta sul resto della vostra vita. Un meditante serio presta nuda attenzione agli eventi per tutto il tempo, giorno dopo giorno, sia che stia formalmente seduto in meditazione o meno.
Questo è un ideale molto elevato verso il quale coloro che meditano possono star lavorando per un periodo di anni o addirittura decenni. La nostra abitudine di rimanere bloccati nel pensiero è antica di anni, e quell'abitudine vi bloccherà nella maniera più tenace. L'unica via d'uscita è di essere ugualmente persistenti nella coltivazione della costante Consapevolezza. Quando la Consapevolezza è presente, voi lo noterete allorché sarete bloccati nei vostri modelli di pensiero. Ed è proprio questo stesso ‘notare’ che vi permette di tornare indietro al processo del pensiero e di liberarvi da esso. La Consapevolezza poi riporta la vostra attenzione alla sua corretta forma di focalizzazione. Se in quel momento state meditando, allora questa focalizzazione sarà l'oggetto della meditazione formale. Se non siete in meditazione formale, allora sarà solamente una pura applicazione di nuda attenzione vera e propria, solo un puro notare di tutto ciò che arriva, senza farsi coinvolgere - "Ah, ora arriva questo... ora questo, e ora questo... e ora quest’altro".
La Consapevolezza è allo stesso tempo sia la nuda attenzione a se stessi, e insieme la funzione di riportarci alla nuda attenzione se abbiamo smesso di farlo. La nuda attenzione è semplicemente il ‘notare’. Essa ristabilisce se stessa semplicemente notando che non era presente. Non appena voi state notando che non stavate notando, allora, per definizione, voi state notando e quindi, siete
tornati di nuovo a prestare la nuda attenzione.
La Consapevolezza crea la sua propria distinta sensazione nella coscienza. Essa ha un sapore - un leggero, chiaro, energico sapore. In confronto, il pensiero cosciente è pesante, ponderoso e un po’ schizzinoso. Ma, ancora una volta, tutte queste sono solo parole. La vostra stessa pratica vi mostrerà la differenza. Allora probabilmente voi arriverete con le vostre parole e le parole usate qui diventeranno superflue. Ricordate, la pratica è la cosa importante.
La Consapevolezza vede le cose come sono realmente. Non aggiunge nulla alla percezione e non le sottrae nulla. Non distorce nulla. E' pura attenzione e osserva proprio solo tutto ciò che sorge.
Il pensiero cosciente impasta le cose oltre la nostra esperienza, ci sovraccarica con concetti e idee, ci immerge in un vortice ribollente di progetti e preoccupazioni, paure e fantasie. Quando voi siete consapevoli, non giocherete a quel gioco. Noterete semplicemente ed esattamente ciò che sorge nella mente, poi noterete la cosa successiva. "Ah, c’è questo. .. e questo. .. ed ora quest’altro". Ed è realmente molto semplice.
La Consapevolezza vede la vera natura di tutti i fenomeni. La Consapevolezza, e solamente essa, può percepire che le più profonde verità dell’esistenza sono le tre caratteristiche principali che il buddhismo insegna. In Pali, queste tre caratteristiche sono chiamate Anicca (impermanenza), Dukkha (insoddisfazione), e Anatta (assenza di un’entità permanente, immutabile, cioè, l’anima o il Sé). Queste verità non sono presenti nell'insegnamento buddhista come dogmi che esigono una fede cieca. I buddhisti sentono che queste verità sono universali e auto-evidenti a chiunque riesce ad indagarle in modo adeguato. La Consapevolezza è il metodo di investigazione. E solamente la Consapevolezza ha il potere di rivelare il più profondo livello di realtà disponibile all’osservazione umana. A questo livello di indagine, uno può chiaramente vedere quanto segue: (a) tutte le cose condizionate sono intrinsecamente transitorie, (b) ogni cosa terrena, alla fine, è insoddisfacente, e (c) non ci sono in realtà entità che siano immutabili o permanenti, ma ci sono solo processi.
La Consapevolezza funziona come un microscopio elettronico. Cioè, essa opera su un livello così sottile che uno può effettivamente vedere direttamente quelle realtà che sono al massimo delle costruzioni teoriche al processo del pensiero cosciente. La Consapevolezza vede effettivamente il carattere impermanente di ogni percezione. Vede la natura transitoria e passeggera di tutto ciò che è percepito. Vede la natura intrinsecamente insoddisfacente di tutte le cose condizionate. Ed inoltre vede che non c'è proprio senso di attaccarsi a nessuno di questi spettacoli passeggeri. La felicità e la pace non possono essere trovate in questo modo. E, infine, la Consapevolezza vede l'intrinseca assenza di un ‘sé’ di tutti i fenomeni. Essa vede così che noi abbiamo arbitrariamente scelto un certo fascio di percezioni, tagliandole fuori dal resto del crescente flusso di esperienza e poi concettualizzandole come entità separate e permanenti. La Consapevolezza vede queste cose nel modo reale. Non pensa nulla di esse, le vede direttamente.
Quando è pienamente sviluppata, la Consapevolezza vede direttamente, istantaneamente, questi tre attributi dell’esistenza, e senza l’interposizione del pensiero cosciente. Infatti, anche gli attributi che abbiamo appena scoperto sono intrinsecamente arbitrari. Essi, in realtà, non esistono come elementi separati. Essi sono puramente il risultato della nostra lotta per prendere questo semplice processo fondamentale chiamato ‘Consapevolezza’ ed esprimerlo in ingombranti simboli-pensiero intrinsecamente inadatti al livello cosciente. La Consapevolezza è un processo, ma non avviene in fasi. E’ un processo olistico che ha luogo in se stessi come una unità: si nota la nostra mancanza di consapevolezza, e questo notare se stessi è un risultato della consapevolezza; Consapevolezza
è pura attenzione e pura attenzione è notare le cose esattamente come sono, senza distorsione, e il modo in cui esse sono è Anicca, Dukkha, e Anatta (impermanenti, insoddisfacenti, e prive di un ‘sé’). Il tutto si svolge nello spazio di pochi momenti mentali. Questo non significa, tuttavia, che voi immediatamente otterrete la liberazione (libertà da tutte le debolezze umane) come risultato del vostro primo momento di consapevolezza. Imparare a integrare questo materiale nella vostra vita cosciente è tutto un altro processo. E imparare a prolungare questo stato di consapevolezza è un altro ancora. Sono, comunque, processi gioiosi e vale la pena seguirli fino in fondo.

Consapevolezza (Sati) e Meditazione Profonda (Vipassana)
La Consapevolezza è il nucleo della Meditazione Vipassana e la chiave per l'intero processo. Essa è sia l'obiettivo di questa meditazione e sia il mezzo per tale scopo. Si raggiunge la Consapevolezza
essendo sempre più consapevoli. Un altra parola Pali che viene tradotta come ‘consapevolezza’ è appamada, che letteralmente significa non-negligenza o assenza di follia. Se uno è costantemente presente a ciò che sta realmente accadendo nella mente raggiungerà lo stato finale di pura sanità mentale.
Il termine Pali ‘Sati’ ha anche la connotazione di ‘ricordare’. Non è una memoria nel senso di idee e immagini del passato, ma piuttosto un chiaro, diretto, silenzioso ‘riconoscere’ ciò che è e ciò che non è, ciò che è corretto e ciò che non è corretto, ciò che stiamo facendo e ciò di cui dovremmo interessarci. La Consapevolezza ricorda così al meditante di applicare la sua attenzione all'oggetto proprio al momento giusto e di esercitare con precisione la quantità di energia necessaria a fare un certo lavoro. Quando questa energia viene applicata correttamente, il meditante rimane costantemente in uno stato di calma e vigilanza. Finché questa condizione è mantenuta, quegli stati mentali chiamati 'ostacoli' o 'irritanti psichici' non potrebbero sorgere - non c'è quindi avidità, né odio, né lussuria e né pigrizia. Ma essendo tutti umani, ci capita di sbagliare. Inoltre, molti tra noi, fin troppo umani, sbagliano più e più volte. Nonostante un onesto sforzo, il meditante lascia che la sua Consapevolezza di tanto in tanto scivoli via e così si ritrova bloccato in un qualche spiacevole, ma normale, fallimento umano. E’ proprio la nostra Consapevolezza che ci notifica quel cambiamento. Ed è la Consapevolezza che ci ricorda di applicare l'energia necessaria per tirarsene fuori. Questi scivolamenti accadono più e più volte, ma la loro frequenza diminuisce con la pratica. Una volta che la Consapevolezza ha spinto via queste contaminazioni mentali, più sani stati di mente prendono il loro posto. L'odio lascia il posto alla gentilezza amorevole, la lussuria viene sostituita dal distacco, e così via. Ed è ancora la Consapevolezza che ci informa di tutti questi cambiamenti, e che ricorda al meditante Vipassana di mantenere quel po’ di nitidezza mentale necessaria per rendere più desiderabili questi stati mentali. La Consapevolezza rende possibile lo sviluppo di saggezza e compassione. Senza la Consapevolezza essi non possono svilupparsi alla piena maturità.
Profondamente sepolto nella mente, c’è un meccanismo mentale che accetta le esperienze che la mente percepisce come piacevoli e belle e respinge quelle esperienze che sono percepite come brutte e dolorose. Questo meccanismo dà origine proprio a quegli stati mentali di cui noi ci stiamo allenando ad evitare - stati mentali del tipo di avidità, lussuria, odio, avversione e gelosia.
Noi scegliamo di evitare questi ostacoli, non perché siano cattivi nel senso normale del termine, ma perché essi sono compulsivi, perché prendono la mente e catturano totalmente l'attenzione; perché costringono la mente a vagare di qua e di là in piccoli e ristretti cerchi di pensiero, e in più perché essi ci costringono a star fuori dalla realtà vivente.
Questi ostacoli non possono sorgere quando la Consapevolezza è presente. La Consapevolezza è attenzione alla realtà del tempo presente, e quindi, è direttamente antitetica allo stordimento mentale che caratterizza gli impedimenti. Ed è solamente quando la consapevolezza del meditante scivola su quei meccanismi profondi della nostra mente - attaccamento, bramosia e rifiuto – che essi avranno il sopravvento. Allora, la resistenza emerge e oscura la nostra consapevolezza. Noi non ci accorgiamo che il cambiamento sta avvenendo - siamo troppo occupati con un pensiero di vendetta, o avidità, o qualunque esso sia. E mentre una persona non allenata continuerà in questo stato indefinitivamente, un meditante addestrato realizzerà subito ciò che sta succedendo. Ed è proprio la Consapevolezza che nota il cambiamento. E' la Consapevolezza che ricorda la pratica e l’insegnamento ricevuto e che fa concentrare la nostra attenzione così che la confusione svanisca via. Ed è la Consapevolezza che quindi cerca di mantenersi attenta costantemente in modo che la resistenza non possa nascere di nuovo. Così, la Consapevolezza è l’antidoto specifico per ostacoli e impedimenti. È sia la cura che la misura preventiva.
La Consapevolezza completamente sviluppata è uno stato di totale non-attaccamento, e assenza totale di aggrapparsi a una qualsiasi cosa del mondo. Se noi riusciamo a mantenere questo stato, nessun altro mezzo o dispositivo è necessario per mantenere noi stessi liberi dagli ostacoli, e per raggiungere la liberazione dalle nostre debolezze umane. La Consapevolezza è uno stato continuo di consapevolezza non superficiale. Si vedono le cose in profondità, ben oltre il livello di concetti e opinioni. Questo tipo di osservazione profonda porta alla certezza totale e alla completa assenza di confusione. Essa si manifesta soprattutto come una costante e risoluta attenzione senza bandiere e che non si allontana mai.
Questa pura e immacolata Consapevolezza investigativa non solo tiene a bada gli ostacoli mentali, ma anche mette a nudo il loro meccanismo e li distrugge. Infatti, la Consapevolezza neutralizza le contaminazioni nella mente. Il risultato è una mente che rimane invulnerabile e senza macchia, del tutto inalterata e insensibile agli alti e bassi della vita

Capitolo 14

Consapevolezza contro Concentrazione
La Meditazione Vipassana è una sorta di equilibrio mentale. Voi state per coltivare due distintive qualità della mente - consapevolezza e concentrazione. Idealmente, entrambe lavorano insieme come una squadra. Tirano in tandem, per così dire. Perciò è importante coltivarle fianco a fianco e in modo equilibrato. Se uno dei fattori è rafforzato a scapito dell’altro, l'equilibrio della mente sarà perso e la meditazione diventa impossibile.
Concentrazione e consapevolezza sono funzioni nettamente diverse. Ogni e ciascuna di esse ha il suo ruolo da svolgere nella meditazione, e il rapporto tra loro è deciso e delicato.
La concentrazione è spesso chiamata ‘unificazione della mente’. Consiste nel costringere la mente a rimanere su un punto fisso. Si prega di notare il verbo ‘costringere’. La concentrazione è, più o meno, un tipo di attività forzata. Può essere sviluppata con la pura forza di un’incessante volontà.
E una volta sviluppata, essa conserva qualcosa di quel sapore forzato. La Consapevolezza, d'altra parte, è una funzione delicata che porta ad una raffinata sensibilità. Entrambe sono partners nel lavoro della meditazione. La Consapevolezza è quella sensibile. E’ essa che si accorge delle cose. La concentrazione provvede al potere. Essa mantiene l'attenzione immobilizzata su un elemento. Idealmente, la consapevolezza è in questa relazione. La Consapevolezza trattiene gli oggetti dell’ attenzione, e informa quando l'attenzione è andata da qualche altra parte. La Concentrazione fa il vero lavoro di mantenere l'attenzione costante sull’oggetto scelto. Se uno di questi due partner è debole, la vostra meditazione va a quel paese….
La Concentrazione potrebbe essere definita come quella facoltà della mente che si concentra e si focalizza risolutamente su un singolo oggetto senza interruzioni. Si deve sottolineare che la vera concentrazione è una totale e sana unificazione della mente. Cioè, uno stato libero da avidità, odio e illusione. Una unificazione malsana è anche possibile, ma questa non porterà alla liberazione. In uno stato di lussuria, potete anche essere in uno stato unificato di mente, ma questo non vi porta da nessuna parte. La concentrazione continua su qualcuno o qualcosa che voi odiate non vi aiuta affatto. Infatti, anche quando raggiunta, questa concentrazione malsana ha una vita assai breve, - soprattutto quando è usata per danneggiare gli altri. La vera Concentrazione è di per sé libera da tali contaminanti del genere. Essa è uno stato in cui la mente è riunita insieme e quindi guadagna in potenza e intensità. Potremmo usare l'analogia di una lente. Onde parallele di luce solare fatte cadere su un pezzo di carta non fanno altro che riscaldarne di più la superficie. Mentre la stessa quantità di luce, quando è focalizzata attraverso una lente, cadrà su un unico punto e la carta si brucerà. La concentrazione è la lente. Essa produce la bruciante intensità necessaria per vedere negli angoli più profondi della mente. La Consapevolezza seleziona l'oggetto sul quale la lente si concentrerà e poi guarda attraverso la lente per vedere meglio quello che c'è.
La Concentrazione deve essere considerata come uno strumento. E come ogni strumento, può essere usato nel bene o nel male. Un coltello affilato può essere utilizzato per creare una scultura assai bella o per fare del male a qualcuno. Sta tutto in chi usa il coltello. Così, la concentrazione è simile. Correttamente utilizzata, può aiutarvi verso la liberazione. Ma può anche essere utilizzata al servizio dell'Ego. Può operare nell'ambito della realizzazione oppure nella competizione egoica. Voi potete usare la concentrazione per dominare gli altri. Potete usarla per essere egoisti. Il problema vero è che la concentrazione da sola non vi darà una qualche visione di voi stessi. Non farà luce sul problema fondamentale dell'egoismo e sulla natura della sofferenza. Essa può essere utilizzata per scavare in profondità gli stati psicologici. Ma anche allora, le forze dell’egoismo non saranno affatto comprese. Soltanto la consapevolezza può farlo. Se la consapevolezza non è presente lì per guardare dentro la lente e vedere cosa è stato scoperto, allora tutto è fatto per niente. Soltanto la consapevolezza comprende. Solo la Consapevolezza porta la saggezza. Inoltre, la concentrazione ha anche altri limiti.
Una concentrazione davvero profonda può aver luogo solo in condizioni specifiche. Certi buddhisti hanno un sacco di problemi per costruire sale di meditazione e monasteri. Il loro scopo principale è quello di creare un ambiente fisico privo di distrazioni in cui imparare abilmente questa pratica. Nessun rumore, nessuna interruzione. Altrettanto importante, però, è la creazione di un ambiente libero da distrazioni emotive. Lo sviluppo della concentrazione sarà bloccato dalla presenza di certi stati mentali che noi chiamiamo i cinque impedimenti. Essi sono l’avidità per il piacere sensuale, l’odio, la letargia mentale, l’irrequietezza, e l’indecisione mentale. Abbiamo esaminato questi stati mentali più ampiamente nel capitolo 12.
Un monastero è un ambiente ben controllato in cui questo tipo di disturbo emotivo viene tenuto al minimo. Le persone di sesso opposto non sono autorizzate a vivere insieme in un tale luogo. Per cui, c’è una scarsa possibilità di lussuria. I beni e le proprietà non sono ammessi. Pertanto, nessun litigio a causa di proprietà e meno possibilità per l'avidità e la cupidigia. Dobbiamo menzionare un altro ostacolo per la concentrazione. Nella concentrazione davvero profonda, siete così assorbiti nell'oggetto di concentrazione che voi dimenticate tutte le cose di poco conto. Come per esempio il vostro corpo e la vostra identità, e tutto quanto intorno a voi. Anche in questo caso il monastero è un’utile comodità. E’ bello sapere che c'è qualcuno che si prenderà cura di voi, interessandosi a tutte le questioni mondane come il cibo e la sicurezza fisica. Senza una tale garanzia, si esiterebbe
ad andare così profondamente nella concentrazione come uno può fare.
La Consapevolezza, d'altra parte, è libera da tutti questi inconvenienti. La Consapevolezza non è dipendente da tali particolari circostanze fisiche, o di altro tipo. E’ un puro fattore che nota. Così è libera di notare tutto ciò che avviene - la lussuria, l'odio, o il fastidio. La Consapevolezza non è limitata da una qualche condizione. In qualche misura, essa esiste in ogni momento, in qualsiasi circostanza che sorge. Inoltre, la consapevolezza non ha un oggetto fisso da focalizzare. Essa osserva il cambiamento. Quindi, ha un numero illimitato di oggetti di attenzione. Ed essa osserva proprio qualsiasi cosa stia passando attraverso la mente e non la categorizza.
Distrazioni e interruzioni sono notate con la stessa quantità di attenzione con cui essa osserva gli oggetti della meditazione formale. In uno stato di pura consapevolezza la vostra attenzione scorre proprio con tutti i cambiamenti che stanno avendo luogo nella mente. "Mutamento, spostamento, cambiamento. Ora questo, ora questo, e ora questo."
Non potete sviluppare la consapevolezza con la forza. Attivare a denti-stretti la forza di volontà non fa per nulla alcun bene. È un dato di fatto, Così si ostacola il progresso. La Consapevolezza non può essere coltivata con lo sforzo. Essa cresce con la realizzazione, con il lasciar andare, solo stabilizzandosi nel momento e lasciando che voi stessi siate in armonia con tutto quello che state vivendo. Questo non significa che la consapevolezza accade da sola. Lungi da ciò. E’ richiesta la vostra energia. Quindi, alla fine, lo sforzo è necessario. Ma questo sforzo è diverso dalla forza. La Consapevolezza è coltivata grazie ad uno sforzo gentile, con uno sforzo senza-sforzo. Il meditante coltiva la consapevolezza ricordandosi costantemente di se stesso in un modo gentile, per poter mantenere la sua consapevolezza di ciò che sta accadendo proprio ora. La persistenza e un tocco leggero sono i segreti. La Consapevolezza è coltivata facendo ritornare se stessi costantemente e sempre ad uno stato di consapevolezza con gentilezza e con dolcezza.
La Consapevolezza non può mai essere utilizzata in un qualsiasi modo egoistico. Essa è uno stato di allerta non-egoistico. Non esiste un 'io' in questo stato di pura consapevolezza. Quindi non c'è un sé che sia egoista. Al contrario, è la consapevolezza che vi dà la vera visione di voi stessi. Essa vi permette di fare quel decisivo passo mentale all’indietro dai vostri desideri e avversioni in modo che voi possiate poi guardare e dire: "Ah, ah, quindi è così che io sono veramente."
Nello stato di pura consapevolezza, voi vi vedrete esattamente così come siete. Potrete vedere il vostro comportamento egoista. Vedrete la vostra sofferenza. E vedrete come si crea la sofferenza. Vedrete come ferite gli altri. Penetrerete giusto attraverso lo strato di menzogne che normalmente vi raccontate e finalmente vedrete quello che realmente c'è.

La Consapevolezza conduce alla Saggezza.
La Consapevolezza non cerca di ottenere qualcosa. E' solo puro osservare. Quindi, in essa non vi sono coinvolti il desiderio e l'avversione. Competizione e lotta per la conquista non hanno posto nel processo. La Consapevolezza non mira a nulla. Essa vede solo ciò che è già lì.
La Consapevolezza è una funzione più ampia e più grande della concentrazione; è una funzione onnicomprensiva. La concentrazione è esclusiva. Essa si stabilizza su un elemento ed ignora tutte le altre cose. Invece, la Consapevolezza è inclusiva. Essa se ne sta dietro al centro dell'attenzione e osserva con un ampio focus, notando rapidamente un cambiamento che si verifica. Se avete la mente focalizzata su una pietra, la concentrazione vi farà vedere solo la pietra. La consapevolezza sta dietro a questo processo, è consapevole della pietra, è consapevole della concentrazione che si focalizza sulla pietra, è consapevole dell'intensità di quella focalizzazione, ed è immediatamente consapevole dello spostamento di attenzione quando la concentrazione stessa si distrae. E' proprio la consapevolezza che vi comunica che si è verificata la distrazione, ed è la consapevolezza che re-indirizza l'attenzione alla pietra. La Consapevolezza è più difficile da coltivare della concentrazione perché è una funzione di portata più profonda. La concentrazione è semplicemente messa a fuoco della mente, un po’ come un raggio laser. Ha il potere di penetrare profondamente nella mente e illuminare quello che c'è. Ma non comprende ciò che vede. La Consapevolezza può esaminare i meccanismi dell’egoismo e comprende ciò che vede. La Consapevolezza può perforare il mistero del dolore e il meccanismo del disagio. La Consapevolezza può rendervi liberi.
Vi è, tuttavia, un'altra trappola. La Consapevolezza non reagisce a ciò che essa vede. Solo vede e capisce. La Consapevolezza è l'essenza della pazienza. Quindi, qualunque cosa voi vediate, deve essere semplicemente accettata, riconosciuta e spassionatamente osservata. Questo non è facile, ma è assolutamente necessario. Noi siamo ignoranti. Siamo egoisti, avidi e presuntuosi. Siamo lussuriosi e bugiardi. Questi sono i fatti. La Consapevolezza significa vedere questi fatti, ed essere pazienti con noi stessi, accettandoci per come siamo. Questo è contrario al nostro modo di essere. Noi non vogliono accettare. Vogliamo negarlo. Oppure modificare o giustificarlo. Ma l'accettazione è l'essenza della consapevolezza. Se vogliamo crescere in consapevolezza, dobbiamo accettare quello che la consapevolezza scopre. Può essere la noia, l’irritazione, o la paura. Potrebbe essere debolezza, inadeguatezza, o difetti. Qualunque cosa sia, questo è il modo in cui realmente siamo. Questo è ciò che è reale. La Consapevolezza semplicemente accetta tutto ciò che c’è.
Se volete crescere in consapevolezza, l'unica strada è l'accettazione paziente. La Consapevolezza cresce solo in un modo: con una continua e costante pratica della presenza mentale, cercando di essere semplicemente attenti, e questo significa essere pazienti. Il vero processo non può essere forzato e non può essere affrettato. Bisogna procedere con il proprio ritmo. La concentrazione e la consapevolezza vanno di pari passo nel lavoro di meditazione. La Consapevolezza dirige il potere di concentrazione. La Consapevolezza è il manager dell'operazione. La concentrazione fornisce il potere con cui la consapevolezza può penetrare nei livelli più profondi della mente. E cooperando tra di loro ne risultano retta visione e retta comprensione. Queste devono essere coltivate insieme in un rapporto equilibrato. Soltanto un pò più di enfasi viene data alla consapevolezza, perché è il centro della meditazione. I livelli più profondi di concentrazione non sono realmente necessari per fare il lavoro di liberazione. Tuttavia, un certo equilibrio è essenziale. Troppa presenza mentale senza la calma che serve per bilanciarla si tradurrà in un selvaggio stato iper-sensibilizzato simile all’abuso di LSD. Troppa concentrazione, senza un equilibrato rapporto di consapevolezza potrà tradursi nella sindrome del 'Buddha-di-Pietra'. Il meditante diventa così tranquillizzato che si siede lì come una roccia. Entrambi, però, sono da evitare.
Le fasi iniziali della coltivazione mentale sono particolarmente delicati. A questo punto, la troppa enfasi sulla consapevolezza effettivamente ritarderà lo sviluppo della concentrazione. Quando voi
cominciate a meditare, una delle prime cose che arriverete a notare è quanto incredibilmente attiva sia in realtà la mente. La tradizione Theravada chiama questo fenomeno 'mente scimmia'. La tradizione Tibetana la paragona ad una cascata di pensieri. Se a questo punto enfatizzate la funzione della coscienza, ci sarà così tanto da essere consapevoli che la concentrazione sarà
quasi impossibile. Non scoraggiatevi. Questo succede a tutti. E c'è però una soluzione semplice. Ponete la maggior parte del vostro sforzo all'inizio in una concentrazione univoca su un solo punto. Basta che la manteniate richiamando l'attenzione dal suo vagare in continuazione. Tenete duro. Le istruzioni complete su come fare questo sono nei capitoli 7 e 8. Un paio di mesi su questo percorso e il vostro potere di concentrazione si sarà sviluppato. Poi potrete iniziare a pompare la vostra energia verso la consapevolezza. Comunque, cercate di non andare troppo oltre con la concentrazione, altrimenti vi ritroverete a cadere nel torpore.
La Consapevolezza inoltre è il più importante dei due componenti. Dovrebbe essere generata al più presto che si possa comodamente farlo. La Consapevolezza fornisce le basi necessarie per il successivo sviluppo di una concentrazione profonda. Molti dei più gravi errori in quest’area o zona di equilibrio si correggeranno da soli. La giusta concentrazione si sviluppa naturalmente sulla scia di una forte consapevolezza. Quanto più svilupperete il fattore capace di notare, più velocemente voi noterete la distrazione e più velocemente potrete tirarvene fuori e tornare sull'oggetto formale di attenzione. Il risultato naturale è un’aumentata concentrazione. E quanto più si sviluppa la concentrazione, più essa assiste lo sviluppo della consapevolezza. E più potere di concentrazione voi avrete, meno possibilità vi è di imbattersi in una lunga catena di analisi circa la distrazione. Voi semplicemente noterete la distrazione e riporterete la vostra attenzione là dove si suppone che essa sia.
Quindi, i due fattori che tendono a bilanciarsi e sostenersi a vicenda crescono in modo abbastanza naturale. Cosi l'unica regola che per voi è necessario seguire a questo punto è di mettere all'inizio il vostro sforzo sulla concentrazione, fino a quando il fenomeno della mente-scimmia si sia un pò raffreddato. Dopo di che, enfatizzate la consapevolezza. Se poi vedete che siete sempre frenetici, enfatizzate la concentrazione. Se vi ritrovate a cadere in uno stato di torpore, allora enfatizzate la consapevolezza. Nel complesso, è la consapevolezza quella che dovrete enfatizzare di più.
La Consapevolezza guida il vostro sviluppo nella meditazione, perché essa ha la capacità di farvi essere consapevoli di essa stessa. E' la consapevolezza che vi darà una chiara prospettiva della vostra pratica. La Consapevolezza vi consente di sapere come state andando. Ma non siate troppo preoccupati di questo. Questa non è una gara. Non siete in competizione con nessuno, e non c'è un programma prestabilito.
Una delle cose più difficili da imparare è che la consapevolezza non dipende da alcun tipo di stato emozionale o mentale. Noi abbiamo alcune idee immaginarie sulla meditazione. La meditazione è una cosa fatta in tranquille grotte da tranquille persone che si muovono lentamente. Queste sono le condizioni per la pratica. Esse sono stabilite per favorire la concentrazione e per imparare a far sì che si generi la consapevolezza. Una volta che avete imparato questa capacità, tuttavia, potrete fare a meno delle restrizioni iniziali della pratica, e cosi dovrebbe essere. Non avrete più bisogno di muovervi a passo di lumaca per essere consapevoli. Non avrete neanche bisogno di essere calmi. Potrete essere consapevoli mentre risolvete i problemi con intensi calcoli. Voi sarete consapevoli anche nel bel mezzo di una partita di calcio. Sarete ben consapevoli perfino durante una furiosa arrabbiatura. Le attività fisiche e mentali non sono un ostacolo alla consapevolezza. Se trovate che la vostra mente è molto attiva, è sufficiente osservare la natura e il grado di tale attività. Essa è solo una parte dello spettacolo passeggero all'interno di voi stessi.

Capitolo 15

La meditazione nella vita quotidiana
Ogni musicista impara suonando le note musicali. Quando si inizia a studiare il pianoforte, questa è la prima cosa che si impara, e non smettete mai di suonare le scale. I migliori pianisti al mondo suonano ancora le scale. E’ una competenza di base che noi non possiamo mai permetterci di far arrugginire. Cosi pure, ogni giocatore di baseball pratica la ‘battuta’. E' la prima cosa che si impara in Little League, e non si deve mai smettere di praticare. Ogni partita della World Series inizia con la pratica della battuta. Le competenze di base devono sempre rimanere vive.
La meditazione seduta è l'arena in cui il meditante pratica le proprie capacità di base. Il gioco che il meditante sta giocando è l'esperienza nella propria vita, e lo strumento con cui gioca è il proprio apparato sensoriale. Anche il meditante più esperto continuerà a praticare la meditazione seduta, perché sintonizza e affina le capacità mentali di base di cui ha bisogno per il suo particolare gioco. Non dobbiamo mai dimenticare, però, che la meditazione seduta in se stessa non è il gioco. Essa è la pratica. Il gioco in cui noi dobbiamo applicare le competenze di base è tutto il resto della nostra stessa esistenza esperienziale. La meditazione, se non è applicata alla vita quotidiana, è sterile e limitata.
Lo scopo della meditazione Vipassana non è altro che la trasformazione radicale e permanente della vostra intera esperienza sensoriale e cognitiva. Ciò significa rivoluzionare tutta la vostra esperienza di vita. Questi periodi di pratica seduta sono spazi temporali accantonati per infondere nuove abitudini mentali. Voi imparate nuovi modi di ricevere e comprendere le sensazioni. Voi sviluppate nuovi metodi per trattare con il pensiero cosciente, e nuove modalità di partecipazione alla incessante rincorsa delle vostre emozioni. Questi nuovi comportamenti mentali devono essere generati per trasportarli nel resto della vostra vita.
In caso contrario, la meditazione resta infruttuosa e sterile, un segmento pressoché teorico della vostra esistenza, che è sconnesso da tutto il resto. Un qualche sforzo per ricollegare questi due segmenti è dunque essenziale. Una certa quantità di trasposizione avverrà spontaneamente, ma il processo sarà lento e inaffidabile. E’ molto probabile che voi rimarrete con la sensazione che non state andando da nessuna parte e farete cadere il processo in quanto ritenuto inutile.
Uno degli eventi più memorabili della vostra esperienza di meditazione è il momento in cui per la prima volta voi realizzerete che state meditando durante qualche attività perfettamente normale. Ad esempio, state guidando lungo l'autostrada o state portando fuori la spazzatura e vi accorgete che la consapevolezza si risveglia da sola. Questa effusione non pianificata dell’abilità che voi state alimentando con così tanta cura è una gioia genuina. Essa vi apre una piccola finestra sul futuro. Voi intravedete spontaneamente ciò che la pratica significa realmente. La possibilità vi colpisce così che questa trasformazione di coscienza potrebbe effettivamente diventare una caratteristica permanente della vostra esperienza. Voi realizzerete di poter realmente passare il resto dei vostri giorni stando in disparte dal debilitante clamore delle vostre ossessioni, e non più freneticamente braccati dai vostri stessi bisogni e attaccamenti bramosi. Avrete un piccolo assaggio di cosa vuol dire starsene soli in disparte e guardare tutto passare via nel flusso. E' un momento magico.
Questa visione, tuttavia, rischia di rimanere incompiuta a meno che voi non cerchiate attivamente di promuovere il processo di trasposizioine. Il momento più importante nella meditazione è proprio quando ci si alza dal cuscino. Quando la vostra sessione di pratica è finita, potete saltare e lasciar cadere tutto quanto, oppure potete portare quell’abilità con voi per il resto delle vostre attività.
È cruciale che voi capiate cosa sia davvero la meditazione. Essa non è una speciale postura, e non è solo una serie di esercizi mentali. La meditazione è una coltivazione della consapevolezza, e la
stessa applicazione di tale consapevolezza, una volta che l’avete coltivata. Non dovete sedervi giù a meditare. Potete meditare mentre lavate i piatti. Potete meditare sotto la doccia, o andando in bicicletta, o sui pattini a rotelle, o mentre scrivete una lettera. La meditazione è ‘Consapevolezza’, e deve essere applicata ad ogni attività della propria vita. Questo non è così facile.
Noi coltiviamo specificatamente la consapevolezza tramite la postura seduta in un luogo tranquillo, perché questo è il modo più facile in cui la situazione può avvenire. La meditazione in movimento è più difficile. La meditazione in mezzo ad una frenetica attività rumorosa è ancora più difficile. E la meditazione nel bel mezzo di un’intensa attività egoistica come una storia d'amore o argomenti simili è l'ultima sfida. Il principiante ci riuscirà meglio con attività meno stressanti.
Ma lo scopo ultimo della pratica rimane: creare la propria concentrazione e consapevolezza ad un tale grado di forza da farla restare costante anche nel mezzo delle pressioni della vita in questa società contemporanea. La vita offre molte sfide ed il meditante serio assai raramente si annoia.
Portare la vostra meditazione negli eventi della vostra vita quotidiana non è un processo semplice. Provateci e vedrete. Questa transizione che avviene tra la fine della vostra sessione di meditazione e l’inizio della 'vita reale' è come un salto in lungo. Ed è troppo lungo per la maggior parte di noi. Noi scopriamo che la nostra calma e concentrazione evaporano in pochi minuti, apparentemente lasciandoci non certo meglio di quanto stavamo prima. Per colmare questo divario, nel corso dei secoli i Buddhisti hanno ideato una serie di esercizi mirati ad agevolare la transizione. Essi, quel salto lo prendono e lo interrompono in pochi passi. Ogni passo può essere praticato da soli.

1. Meditazione Camminata
La nostra esistenza quotidiana è piena di movimento e di attività. Sedersi totalmente immobili per ore e ore è quasi l'opposto della normale esperienza. Quegli stati di chiarezza e tranquillità che noi alimentiamo nel bel mezzo di una quiete assoluta tendono a dissolversi non appena ci muoviamo. Abbiamo bisogno di qualche esercizio di transizione che possa insegnarci l'abilità di restare calmi e consapevoli in mezzo al movimento. La meditazione camminata ci aiuterà a fare questo passaggio dalla quiete statica all’agitazione della vita quotidiana. E' la meditazione in movimento, ed è usata spesso come alternativa a quella seduta. Camminare, è particolarmente adatto per quei momenti in cui si è molto agitati. Un'ora di meditazione camminata spesso farà passare quel tipo di energia inquieta e inoltre vi fornirà notevoli quantità di chiarezza. Voi quindi potrete in seguito passare alla meditazione seduta con maggior profitto.
Lo standard di pratica buddhista impone frequenti ritiri per completare la vostra quotidiana pratica seduta. Un ritiro è un periodo di tempo relativamente lungo dedicato esclusivamente alla pratica di meditazione. Uno o due ritiri giornalieri sono comuni per i laici. I meditanti esperti possono talvolta trascorrere mesi in una situazione monastica senza fare niente altro. Una tale pratica è rigorosa, e
provoca considerevoli richieste sia alla mente che al corpo. Ed a meno che uno non vi sia stato per un lungo periodo di tempo, c'è un limite a quanto tempo egli possa sedersi e trarne profitto. Dieci dure ore di solida postura seduta produrranno nella maggior parte dei principianti un vero stato di agonia che supera di gran lunga il loro potere di concentrazione. Un ritiro che sia redditizio quindi deve essere condotto con qualche cambiamento della postura e con un certo movimento. L’usuale modello è quello di intervallare le fasi della seduta con le fasi di meditazione camminata. Un'ora di ciascuna fase con in mezzo brevi pause è la più comune.
Per fare la meditazione camminata, avrete bisogno di un luogo privato con spazio sufficiente per almeno 5-10 passi in linea retta. Dovrete camminare avanti e indietro molto lentamente, ed agli occhi della maggior parte degli Occidentali, questo sembrerà curioso e scollegato dalla vita di tutti i giorni. Questo non è il tipo di esercizio che vorrete fare sul prato davanti alla gente dove potreste attirare un’attenzione indesiderata. Scegliete dunque un luogo privato.
Le istruzioni fisiche sono semplici. Selezionate una zona libera e iniziate da un lato. Riposatevi per un minuto in una posizione attenta. Le vostre braccia possono essere tenute in un modo che sia
confortevole, davanti, dietro o lungo i fianchi. Poi, inspirando, sollevate un tallone. Espirando, fate che il vostro piede resti sulle punte. Ancora una volta inspirando, sollevate quel piede, portatelo in avanti e mentre espirate, portate il piede verso il basso e toccate il pavimento. Ripetete poi questa operazione con l'altro piede. Camminate molto lentamente dalla parte opposta, state fermi per un minuto, poi giratevi molto lentamente, e restate lì per un altro minuto prima di tornare indietro. Quindi ripetete il processo. Tenete la testa e il collo rilassati. Tenete gli occhi aperti per mantenere l'equilibrio, ma non guardate nulla in particolare. Camminate in modo naturale. Mantenete il più lento ritmo che vi è comodo, e non prestate attenzione all'ambiente circostante. Siate attenti alle tensioni generate nel corpo, e rilasciatele non appena potete. Non fate alcun particolare tentativo di essere aggraziati. Non cercate di sembrare carini. Esso non è un esercizio atletico, o una danza. E' solo un esercizio di consapevolezza. Il vostro obiettivo è di raggiungere la completa attenzione, un’elevata sensibilità, ed una piena e libera esperienza del movimento di camminare. Mettete tutta la vostra attenzione sulle sensazioni provenienti dai piedi e gambe. Cercate di registrare quante più informazioni possibili su ciascun piede mentre lo si muove. Immergetevi nella pura sensazione del camminare, e notate ogni sottile sfumatura del movimento. Sentite poi come si muove ciascun muscolo individuale. Sperimentate ogni piccolo cambiamento nella sensazione tattile, come i piedi premono contro il pavimento e sollevateli di nuovo.
Notate il modo in cui questi movimenti apparentemente lisci sono composti di una complessa serie di piccoli scatti. Cercate di non perdere niente. Al fine di aumentare la vostra sensibilità, voi potete spezzare il movimento verso il basso in distinti componenti. Ogni piede passa attraverso un moto ascendente, un ondeggiamento, e infine un andare verso il basso. Ognuna di queste componenti ha un inizio, un mezzo e una fine. Per sintonizzarvi a questa serie di movimenti, potete cominciare facendo esplicite annotazioni mentali di ogni fase.
Fatevi una nota mentale del "sollevare, oscillare, discendere, toccare la terra, premere" e così via.
Questa è la procedura-training per familiarizzarvi con la sequenza dei movimenti e per assicurarvi di non perderne nessuna. Appena voi diventerete più consapevoli della miriade di sottili eventi che stanno avvenendo, non avrete tempo per le parole. Vi troverete immersi in una fluida, ininterrotta consapevolezza del movimento. I piedi diventeranno il vostro intero universo. E se la vostra mente divaga, noterete la distrazione nel solito modo, per poi riportare la vostra attenzione sulla pratica del camminare. Non guardate i vostri piedi mentre state facendo tutto questo, e non camminate in avanti e indietro tentando di avere un'immagine mentale dei piedi e delle gambe. Cercate di non pensare, ma solo di sentire. Non c’è bisogno del concetto di piedi e non c’è bisogno di immagini. Basta registrare le sensazioni così come esse fluiscono. All’inizio, voi avrete probabilmente qualche difficoltà di equilibrio. Voi state utilizzando i muscoli delle gambe in un modo nuovo, e un periodo di apprendimento è naturale. Se nasce la frustrazione, semplicemente notatela e lasciatela andare.
La tecnica della camminata Vipassana è stata ideata per inondare la vostra coscienza con semplici sensazioni, e di farlo così bene che tutto il resto è messo da parte. Non c'è spazio per il pensiero e non c'è spazio per l'emozione. Non c'è il tempo per afferrare, e nemmeno per congelare l’attività in una serie di concetti. Non c'è bisogno di un senso di sé. C'è solo lo spazzar via ogni sensazione tattile e cinestetica, un flusso infinito e sempre mutevole di nuda esperienza. Ecco, qui noi stiamo imparando a fuggire nella realtà, piuttosto che via da essa. Qualsiasi sia la comprensione che ne avremo, sarà direttamente applicabile al resto della nostra vita piena di nozioni.

2. Posture
Lo scopo della nostra pratica è di diventare pienamente consapevoli di tutti gli aspetti della nostra esperienza in un ininterrotto flusso, momento per momento. Molto di ciò che noi sperimentiamo e facciamo è totalmente inconscio, nel senso che noi lo facciamo con poca o nessuna attenzione. Le nostre menti sono qualcosa di completamente diverso. Trascorriamo la maggior parte del nostro tempo guidando con il pilota automatico, persi nella nebbia delle preoccupazioni e dei vari sogni-ad occhi aperti.
Uno degli aspetti spesso più ignorati della nostra esistenza è il nostro proprio corpo. Questo tipo di cartone animato in technicolor dentro la nostra testa è così allettante che tendiamo a rimuovere tutta la nostra attenzione dalle sensazioni cinestetiche e tattili. Queste informazioni si riversano sui nervi e nel cervello ogni secondo, ma noi l’abbiamo in gran parte isolate dalla coscienza. Esse si riversano nei livelli più bassi della mente e non vanno oltre. I buddhisti allora hanno sviluppato una tecnica per aprire le porte e far sì che questo materiale possa riversarsi nella coscienza. E’ un altro modo di far diventare conscio l'inconscio.
Il vostro corpo passa attraverso ogni tipo di contorsioni nel corso di una sola giornata. Vi sedete e poi state in piedi. Camminate e vi sdraiate. Vi piegate, correte, strisciate, e saltate. Gli insegnanti di meditazione esortano a prendere coscienza di questa danza costantemente in corso. Su come voi passate la vostra giornata, come spendete pochi secondi ogni tanto per controllare la postura. Non fatelo però in un modo giudicante. Questo non è un esercizio per correggere la postura, o per migliorare il vostro aspetto. Portate la vostra attenzione attraverso il corpo, giù verso il basso, e sentite come lo state mantenendo. Fate una silenziosa annotazione mentale del 'Camminare' o del 'Sedere', o 'Sdraiarsi' o 'Stare in piedi'. Sembra tutto così assurdamente semplice, ma non sminuite questa procedura. Questo è un esercizio potente. Se lo farete bene, se davvero instillerete questa abitudine mentale in modo profondo, voi potete rivoluzionare la vostra esperienza. Essa vi guiderà in una nuova e totale dimensione di sensazioni, e voi vi sentirete come un cieco la cui vista è stata restaurata.

3. Rallentamento dell’Attività
Ogni azione che voi eseguite è costituita da componenti separati. La semplice azione che fate per legare i lacci delle scarpe è costituita da una complessa serie di sottili movimenti. La maggioranza di questi dettagli passano inosservati. Per promuovere la superiore abitudine della consapevolezza, voi potete eseguire attività semplici a lentissima velocità - facendo lo sforzo di prestare la massima attenzione ad ogni sfumatura del vostro agire.
Sedere ad un tavolo e bere una tazza di tè è un esempio. Qui c'è molto da sperimentare. Vedete la vostra postura di come siete seduti e sentite il manico della tazza tra le dita. Odorate l'aroma del tè, notate la posizione della coppa, il tè, il vostro braccio, ed il tavolo. Guardate l'intenzione di sollevare il braccio che sorge all'interno della vostra mente, sentite il braccio sollevarsi, sentite il contatto della tazza contro le labbra e il liquido che si riversa in bocca. Gustate il tè, poi guardate il sorgere della volontà di abbassare il braccio. L'intero processo è bello e affascinante, se ad esso si partecipa completamente, prestando una distaccata attenzione ad ogni sensazione ed al flusso del pensiero e dell’emozione.
Questa stessa tattica può essere applicata a molte delle vostre attività quotidiane. Rallentando in modo intenzionale i vostri pensieri, parole e movimenti, sarete in grado di penetrare dentro di essi molto più in profondità di quanto altrimenti potreste. Ciò che voi potreste trovarci è assolutamente sorprendente. All’inizio, mantenere questo ritmo volutamente lento durante la maggior parte delle attività regolari è molto difficile, ma l’abilità crescerà con il tempo. Realizzazioni profonde potranno verificarsi durante la seduta di meditazione, ma anche più profonde rivelazioni potranno avvenire quando realmente esamineremo il nostro funzionamento interiore durante le attività della nostra vita quotidiana. Questo è il laboratorio dove possiamo davvero iniziare a vedere i meccanismi delle nostre emozioni e le operazioni delle nostre passioni. Ecco, qui è dove si può veramente misurare l'affidabilità dei nostri ragionamenti, e intravedere la differenza tra i nostri veri motivi e l'armatura delle finzioni che indossiamo per ingannare noi stessi e gli altri.
Troveremo una grande quantità di informazioni sorprendenti, molte delle quali un po’ inquietanti, ma totalmente utili. La pura attenzione mette ordine nel disordine che si raccoglie in quei piccoli disordinati angoli nascosti della mente. Appena voi raggiungerete la chiara comprensione nel bel mezzo delle attività ordinarie della vita, otterrete la possibilità di rimanervene razionali e pacificati, mentre infonderete la penetrante luce della consapevolezza in quegli oscurati recessi mentali così irrazionali. Voi inizierete a vedere fino a che punto invero siete responsabili della vostra sofferenza mentale. Vedrete che le vostre miserie, paure e tensioni sono auto-generate. Potrete vedere come siete voi stessi a causare la vostra sofferenza, debolezza, e i vostri limiti. E più profondamente voi capirete questi processi mentali, meno presa essi avranno su di voi.

4. Coordinamento del Respiro
Nella meditazione seduta, il nostro obiettivo primario è il respiro. Una totale concentrazione sulla continua mutevolezza del respiro ci porta esattamente al momento presente. Lo stesso principio può essere utilizzato nel bel mezzo del movimento. Potete coordinare l'attività in cui siete coinvolti proprio respirando. Ciò conferirà un certo ritmo scorrevole al vostro movimento, ed esso spianerà
molte delle brusche transizioni. L’attività diventa più facile da focalizzare, e la consapevolezza sarà aumentata. La vostra consapevolezza quindi rimane più facilmente nel presente. Idealisticamente, la meditazione dovrebbe essere una pratica di 24 ore al giorno. Questo è un suggerimento molto pratico, davvero.
Lo stato di consapevolezza è uno stato di prontezza mentale. La mente infatti non è gravata da preoccupazioni o legata a stati di ansietà. Qualsiasi cosa che arriva può essere immediatamente affrontata. Quando si è veramente attenti, il vostro sistema nervoso ha una freschezza e elasticità che favorisce l'insight. Un problema sorge, e voi semplicemente trattate con esso, in modo rapido, efficiente e con un minimo sforzo. Voi non state lì ad esitare, né vi mettete a correre in un angolo tranquillo così da potervi sedere e meditare su di esso. Semplicemente, lo trattate. Ed in quelle
rare circostanze in cui nessuna soluzione sembra possibile, voi non ve ne preoccupate. Voi andate semplicemente sulla cosa successiva che richiede la vostra attenzione. La vostra intuizione diventa una facoltà assai pratica.

5. Momenti Rubati
Il concetto di tempo sprecato, non esiste per un meditante serio. Pochi spazi morti durante la vostra giornata possono essere trasformati in profitto. Ogni momento libero può essere usato per la meditazione. Seduti con ansia nello studio di un dentista, meditate sulla vostra ansia. Se siete irritati stando in fila in una banca o ufficio postale, meditate sull’irritazione. Quando siete annoiati, con le mani in mano alla fermata dell’autobus, meditate sulla vostra noia. Cercate di stare all'erta e consapevoli tutto il giorno. Siate consapevoli proprio di ciò che sta esattamente accadendo in questo momento, anche se è un duro e noioso lavoro. Avvantaggiatevi dei momenti in cui siete da soli. Approfittate delle attività che sono in gran parte meccaniche. Utilizzate ogni secondo libero per essere consapevoli. Utilizzate tutti i momenti che potete.

6. Concentrarsi su tutte le Attività
Voi dovreste cercare di mantenere la consapevolezza in ogni attività e la percezione durante tutta la giornata, a partire dalla prima percezione quando vi svegliate, e finendo con l'ultimo pensiero prima di addormentarvi. Questo è un obiettivo incredibilmente alto su cui mirare. Non aspettatevi di essere in grado di realizzare presto questo lavoro. Prendetelo con calma e lentamente e lasciate che la vostra abilità possa crescere nel tempo. Il modo più fattibile per questo compito è quello di dividere la giornata in blocchi. Dedicate un certo intervallo alla consapevolezza della postura, e poi estendete questa consapevolezza ad altre attività semplici, come: mangiare, lavarsi, vestirsi, e così via. Durante il giorno, potreste mettere da parte più o meno 15 minuti per praticare l'osservazione di particolari tipi di stati mentali: sensazioni piacevoli, sgradevoli, e neutre, per esempio, oppure i vari ostacoli, e i pensieri. La specifica routine dipende da voi. L'idea è di fare pratica nel cogliere i vari elementi, e preservare lo stato di consapevolezza nel modo più completo possibile per tutta la giornata.
Cercate di ottenere una routine quotidiana in cui non vi sia la minima differenza tra la meditazione seduta e il resto della vostra esperienza. Lasciate che una scivoli naturalmente nell’altra. Il vostro corpo non è quasi mai fermo. C'è sempre un qualche movimento da osservare. Quanto meno, c'è il respiro. La vostra mente non smette mai di chiacchierare, tranne che negli stati più profondi di concentrazione. C'è sempre qualcosa in arrivo da osservare. Se applicherete seriamente la vostra meditazione, non sarete mai a corto di qualcosa degna della vostra attenzione.
La vostra pratica deve essere fatta per essere applicata alle situazioni di vita quotidiana. Questo è il vostro laboratorio. Esso fornisce le prove e le sfide di cui avete bisogno per fare la vostra pratica profonda e genuina. E' il fuoco che purifica la vostra pratica dall’inganno e dagli errori, la prova del fuoco che vi mostra quando state vagando da qualche parte e quando vi state prendendo in giro. Se la vostra meditazione non vi aiuta ad affrontare i conflitti e le lotte di tutti i giorni, allora è poco profonda. Se le vostre reazioni emotive del quotidiano non sono diventate più chiare e più facili da
gestire, allora state sprecando il vostro tempo. E non saprete mai come state andando finché voi non farete effettivamente queste prove.
La pratica della consapevolezza dovrebbe essere una pratica universale. Se a volte non la fate, voi sprecherete il resto del tempo. Fatela sempre. Una meditazione che abbia successo solo quando vi siete ritirati in una torre d'avorio insonorizzata, è ancora poco sviluppata. La meditazione di Insight (Visione Profonda) è la pratica di consapevolezza momento per momento. Il meditante impara a prestare una nuda attenzione al sorgere, crescere e svanire di tutti i fenomeni della mente. Ed egli non si ritira da nessuno di essi, né si lascia sfuggire nulla di tutto ciò che sorge. Pensieri, emozioni, attività e desideri, tutto lo spettacolo. Lui lo guarda tutto e lo guarda continuamente. Non importa se è piacevole o orribile, bello o vergognoso. Egli vede il modo in cui tutto è ed il modo in cui tutto cambia. Nessun aspetto dell’esperienza è escluso o evitato. E' una procedura molto profonda.
Se vi state applicando nelle vostre attività quotidiane e vi ritrovate in uno stato di noia, allora meditate sulla vostra noia. Scoprite come la sentite, come essa opera e di che cosa si compone. Se siete arrabbiati, meditate sulla rabbia. Esplorate i meccanismi della rabbia. Non vi allontanate da essa. Se vi trovate seduti nella morsa di una oscura depressione, meditate sulla depressione. Investigate la depressione in un modo distaccato e indagatore. Non fuggite ciecamente da essa. Esplorate i suoi meandri e seguite i suoi percorsi. Questo modo sarà meglio in grado di far fronte alla successiva depressione che potrà venire in seguito.
Questo modo di meditare attraverso gli alti e bassi della vita quotidiana è il punto della Vipassana. Questo tipo di pratica è estremamente rigoroso ed esigente, ma genera uno stato di flessibilità mentale che va oltre ogni paragone. Un meditante mantiene la sua mente aperta in ogni secondo. Egli è costantemente nello stato di indagare la vita, di ispezionare la propria esperienza, di vedere la propria esistenza in un modo distaccato e interrogativo. Così, egli è costantemente aperto alla verità, in qualsiasi forma, da qualsiasi fonte, e in qualsiasi momento. Questo è lo stato di mente di cui avete bisogno per la Liberazione.
Si dice che uno può raggiungere l'illuminazione in qualsiasi momento se la sua mente è mantenuta in uno stato di attenzione meditativa. La più piccola e comune percezione può essere uno stimolo: la vista della luna piena, il canto di un uccello, il suono del vento tra gli alberi… Non è importante quello che viene percepito, quanto il modo in cui si partecipa a quella percezione. E’ essenziale lo stato di aperta chiarezza e attenzione. Può succedere anche a voi, qui ed in questo momento, se siete pronti. Perfino la sensazione tattile di questo libro nelle vostre mani (o la sensazione visiva) potrebbe essere lo spunto. Il suono di queste parole nella vostra testa potrebbe essere sufficiente. Potete raggiungere l'illuminazione in qualunque momento, se voi siete pronti.

Capitolo 16

Cosa Aspettarci dalla Meditazione?
Potete aspettarvi determinati benefici dalla vostra meditazione. Quelle iniziali sono cose prosaiche, pratiche; gli stadi successivi sono profondamente trascendenti. Essi vanno dal più semplice fino al sublime. Noi qui ne presenteremo alcuni. Tutto quello che conta davvero è la propria esperienza.
Quelle che noi abbiamo chiamato offuscazioni o contaminazioni, sono più che abitudini mentali appena appena sgradevoli. Esse sono le manifestazioni principali del processo proprio dell'ego. Lo stesso senso di ‘ego’ è sostanzialmente un sentimento di separazione - una percezione di distanza tra ciò che noi chiamiamo ‘io’ o ‘me’, e quello che chiamiamo ‘gli altri’. Questa percezione è tenuta ferma solo se la esercitiamo costantemente, e le offuscazioni costituiscono questo tipo di esercizio.
L'avidità e la lussuria sono tentativi di avere 'per me' un po’ di qualcosa; l’odio e l’avversione sono tentativi di mettere la maggior distanza tra 'me e quello'. Tutte le contaminazioni dipendono dalla
percezione di quella barriera tra sé e gli altri, e tutte promuovono questa percezione ogni volta che vengono esercitate. La Consapevolezza percepisce le cose in maniera più profonda e con una grande chiarezza. Essa porta la nostra attenzione alla radice delle contaminazioni e mette a nudo il loro meccanismo. Essa vede i loro frutti ed i loro effetti su di noi. Non può essere ingannata. Una volta che voi avete visto chiaramente ciò che l'avidità realmente è, e cosa fa davvero a voi ed agli altri, cesserete naturalmente di coinvolgervi in essa. Quando un bambino si brucia la mano su un forno caldo, non c'è bisogno di dirgli ancora di tirarla indietro, lo fa naturalmente, senza pensiero cosciente e senza decisione. Nel sistema nervoso è attivo un riflesso condizionato proprio a quello scopo, e funziona assai più velocemente di quanto si possa pensare. Quindi, allorché il bambino percepisce la sensazione di calore e comincia a piangere, la mano è già stata tirata indietro dalla fonte del dolore. La Consapevolezza lavora proprio allo stesso modo: è senza parole, spontanea e del tutto efficiente. La chiara Consapevolezza inibisce lo sviluppo delle offuscazioni; essa le spegne quando è costante e continuata. Perciò, quando l’autentica consapevolezza si è stabilizzata, le mura stesse dell’ego sono distrutte, il desiderio diminuisce, l’auto-difesa e la rigidità si riducono, si diventa più aperti, disponibili e flessibili. Voi imparate a condividere la vostra gentilezza amorevole.
Tradizionalmente, i buddhisti sono riluttanti a parlare della natura ultima degli esseri umani. Però, coloro che sono disposti a fare descrittive affermazioni a tutti, solitamente dicono che la nostra
essenza ultima, o ‘Natura di Buddha’ è pura, santa e intrinsecamente buona. L'unico motivo per cui gli esseri umani appaiono diversamente è che la loro stessa esperienza di quella essenza ultima è stata nascosta ed ostacolata; è stata bloccata come l'acqua che è fermata da una diga. Le lastre di cemento di cui è costruita la diga sono i nostri ostacoli. Ma, appena la consapevolezza scioglie quelle lastre, si formano delle crepe nella diga, così la compassione e la gioia simpatetica vengono fuori inondando tutto. E allorché la consapevolezza meditativa si sviluppa, tutta la vostra esperienza di vita cambia. La vostra esperienza di essere vivi, la stessa sensazione di essere consci e consapevoli, diventano lucide e precise, non è più soltanto un inconoscibile sfondo per le vostre ansie e preoccupazioni. Diventa una cosa percepita in modo assai consistente.
Ogni momento che passa si distingue in se stesso per quello che è; i momenti non si confondono più in una sfocata indolenza. Niente è trascurato, o dato per scontato, nessuna esperienza viene etichettata come meramente 'ordinaria'. Tutto sembra brillantemente luminoso e speciale. Voi vi asterrete dal categorizzare le vostre esperienze in cassetti mentali. Descrizioni e interpretazioni sono messe da parte e ad ogni istante del tempo viene concesso di parlare di "né. Voi, in realtà, ascoltate ciò che esso ha da dire, e lo ascoltate come se fosse la prima volta che lo sentite. Quando la vostra meditazione diventerà più potente, essa diventa anche molto più costante. Voi costantemente osserverete con la più nuda attenzione sia il respiro che ogni fenomeno mentale. Vi sentirete sempre più stabilizzati, sempre più saldamente ancorati nell’esperienza cruda e semplice dell'esistenza momento per momento.
Una volta che la mente sarà libera dal pensiero, essa diventa chiaramente sveglia e dimorerà in una consapevolezza totalmente semplice. Questa consapevolezza non può essere adeguatamente descritta. Le parole non bastano. Può solo essere sperimentata. Il respiro cessa di essere solo un semplice respirare, non è più limitato al familiare e statico concetto che avevate tempo addietro. Voi non lo vedrete più solamente come una successione di inspirazioni ed espirazioni; non sarà più un’esperienza monotona e insignificante. Il respiro diventa un ‘vivente e mutevole processo’, un qualcosa di affascinantemente vivo. Non è più qualcosa che ha luogo nel tempo, esso è percepito come il momento presente stesso. Il tempo è visto come un concetto, non come la realtà vissuta.
Questa è rudimentale consapevolezza semplificata, che è spogliata di ogni dettaglio estraneo. Ed è basata su un vivente flusso del momento presente, caratterizzata anche da un marcato senso di realtà. Voi ‘sentite’ che questo è assolutamente reale, più reale di qualsiasi cosa abbiate mai sperimentato. Una volta che avete ottenuto questa percezione con assoluta certezza, avrete un nuovo punto di vista, un nuovo criterio rispetto al quale misurare tutta la vostra esperienza. Dopo l’avvio di questa percezione, voi vedrete chiaramente quei momenti in cui state partecipando solo a meri fenomeni, e quei momenti in cui state disturbando i fenomeni con i vostri atteggiamenti mentali. Vedrete voi stessi distorcere la realtà con commenti mentali, con immagini stantie e opinioni personali. Voi saprete sempre quello che state facendo, proprio quando lo state facendo. Diventerete sempre più sensibili ai modi in cui noi perdiamo la vera realtà, e vi indirizzerete verso la semplice e oggettiva prospettiva in cui non aggiungerete né sottrarrete nulla da tutto ciò che è. Diventerete una persona molto perspicace. Da questo vantaggioso punto, tutto sarà visto con più chiarezza. Le innumerevoli attività della mente e del corpo vi si presenteranno in eclatanti dettagli. Osserverete consapevolmente l'incessante entrare ed uscire del respiro, conoscerete l’infinito fluire dei movimenti e delle sensazioni corporee, effettuerete la scansione in rapida successione di tutti i pensieri e sensazioni, e sentirete il ritmo che echeggia dalla costante marcia del tempo. E, poi, in mezzo a tutto questo incessante movimento, scoprirete che non c'è osservatore, ma c'è solamente l’osservare.
In questo stato di percezione, nessuna cosa rimane la stessa per due momenti consecutivi. Tutto è visto essere in continua trasformazione. Tutte le cose nascono o sorgono, e inoltre tutte le cose invecchiano e muoiono. Non ci sono eccezioni. Voi vi risveglierete ai cambiamenti incessanti della vostra vita. Vi guarderete intorno e vedrete che tutto è in un flusso di divenire, tutto, tutto, tutto. E' tutto un sorgere e svanire, intensificarsi e diminuire, entrare nell’esistenza e scomparire. Tutta la vita, ogni atomo di essa, dal più infinitesimo fino all'Oceano Indiano, è in costante movimento. Voi percepirete l'universo come un grande fiume di esperienza che scorre. I vostri beni, quelli a cui tenete di più, stanno scivolando via, e così è per la vostra stessa vita. Però, questa impermanenza non ha alcun motivo perché voi soffriate. Ve ne state lì trafitti, a fissare questa incessante attività, e la vostra risposta è una gioia meravigliosa. E' tutto in movimento, tutto che danza, pieno di vita.
Quando continuate ad osservare questi cambiamenti, e vedrete come si inseriscono tutti insieme, diventerete consapevoli dell’intima connessione di tutti i fenomeni mentali, sensoriali ed affettivi. Vedrete come un pensiero vi porterà ad un altro, vedrete la distruzione che dà luogo alle reazioni emotive, e le sensazioni che danno luogo a molti più pensieri. Azioni, pensieri, sensazioni, desideri – vedrete tutti questi intimamente collegati tra di loro in una delicata struttura di causa ed effetto. Vedrete le esperienze piacevoli sorgere e decadere e vedrete che non hanno mai una vera durata.
Vedrete arrivare il dolore come indesiderato ospite, e vedrete voi stessi lottare ansiosamente per scacciarlo via; e tuttavia vi vedrete fallire. Tutto ciò accadrà ancora e ancora, mentre ve ne starete calmi e tranquilli, solo guardando funzionare il tutto.
Da questo stesso laboratorio vivente, voi arriverete ad una inattaccabile conclusione interiore. Voi vedrete che la vostra vita è contrassegnata da delusione e frustrazione, e ne vedrete chiaramente la fonte. Queste reazioni nascono dalla vostra propria incapacità di ottenere ciò che volete, dalla vostra paura di perdere quello che avete già acquisito e dalla vostra abitudine di non essere mai soddisfatti di ciò che avete. Questi non sono più concetti solo teorici – voi stessi avete davvero visto queste cose e sapete che sono reali. Percepite la vostra stessa paura, la vostra insicurezza di base di fronte alla vita e alla morte. Si tratta di una tensione profonda che va di continuo giù alla radice del pensiero e rende tutta la vita una vera lotta. Vedete voi stessi andare ansiosamente a tentoni, attaccarvi timorosi a qualcosa, qualsiasi cosa a cui potervi aggrappare, nel bel mezzo di tutte queste sabbie mobili, e vedete che purtroppo non c'è niente a cui veramente aggrapparsi, nulla che non stia cambiando in continuazione.
Voi vedrete la sofferenza e il dolore della perdita, poi vi vedrete costretti ad adattarvi ai giornalieri sviluppi dolorosi nella vostra stessa esistenza ordinaria. Sarete testimoni delle tensioni e conflitti insiti nel processo stesso della vita quotidiana, vedrete quanto davvero superficiale sia la maggior parte delle vostre preoccupazioni. Vedrete l’aumento progressivo di dolore, malattia, vecchiaia e morte. Imparerete poi a meravigliarvi del fatto che tutte queste orribili cose non sono affatto fonte di paura. Sono semplicemente la realtà.
Attraverso questo studio intensivo degli aspetti negativi della vostra esistenza, voi diventerete profondamente esperti nella conoscenza di dukkha, la insoddisfacente natura di tutta l'esistenza. Voi arriverete a percepire questo ‘dukkha’ a tutti i livelli della nostra vita umana, da quelli più ovvii fino ai più sottili. Vedrete il modo in cui inevitabilmente la sofferenza si insedia nella mente sulla scia dell’attaccamento; non appena vi afferrate a qualcosa, inevitabilmente il dolore ne consegue. Una volta diventati pienamente consapevoli dell'intera dinamica del desiderio, sarete sensibilizzati ad esso. Vedrete dove e quando esso sorge, come cresce e come agisce su di voi. Lo vedrete in funzione più e più volte, manifestandosi attraverso ogni canale sensoriale, prendendo il controllo della mente e facendo della coscienza la sua schiava.
Nel bel mezzo di qualsiasi esperienza piacevole, vedrete il vostro stesso desiderio e l’attaccamento prendere possesso di voi. E, nel bel mezzo di esperienze spiacevoli, vedrete apparire in voi una forma assai potente di resistenza. Non dovrete bloccare questi fenomeni, ma osservateli soltanto, vedeteli come la vera essenza del pensiero umano. Cercate quella cosa che chiamate 'io', ma ciò che troverete è un mero corpo fisico, e vedete come avete individuato il vostro senso di ‘voi-stessi’ con quella borsa di pelle e ossa. Cercate ancora e troverete ogni sorta di fenomeni mentali, come ad esempio emozioni, modelli di pensiero e opinioni, e vedete come voi identificate il senso di ‘voi-stessi’ con ciascuno di essi. Guardate voi stessi diventare possessivi, protettivi e sulla difensiva su queste cose pietose e vedete quanto siete pazzi. Rovistate furiosamente tra questi vari elementi, sempre alla ricerca di voi-stessi - materia fisica, sensazioni corporee, sentimenti ed emozioni – tutto vi gira vorticosamente intorno non appena voi vi radicate attraverso esso, scrutando in ogni angolo, infinitamente a caccia di questo fantomatico 'Io'.
Non potete trovare nulla. In tutta questa raccolta di hardware mentale, in questo infinito flusso di sempre-mutevole esperienza, tutto quello che potete trovare sono gli infiniti processi impersonali che sono stati causati e condizionati da processi precedenti. Non c'è un sé statico o reale, che si può trovare, ma solo tutto il processo. Potrete trovare i pensieri, ma nessun pensatore, troverete desideri ed emozioni, ma nessuno che li fabbrica. La stessa casa è vuota. Dentro non c'è nessuno.
La vostra totale visione del ‘sé’ a questo punto cambierà. Comincerete a guardare voi stessi come se foste una fotografia di un giornale. Vista ad occhi nudi, la fotografia che vedete è un'immagine ben definita. Ma quando viene vista attraverso una lente di ingrandimento, essa si sgrana tutta in una complessa e intricata configurazione di punti. Similmente, sotto il penetrante sguardo della consapevolezza, la sensazione di un sé, di un 'Io' o di 'essere un qualcosa', perde la sua solidità e si dissolve. C’è un punto, nella meditazione Vipassana, in cui le tre caratteristiche dell'esistenza - impermanenza, insoddisfazione e assenza di un sé – ritornano di corsa alla loro sorgente con una forza che distrugge e brucia i concetti. Voi sperimenterete vividamente la precaria impermanenza della vita, la natura di sofferenza dell'esistenza umana, e la verità del ‘non-sé’. Voi verificherete queste cose in un modo così lucido e chiaro che improvvisamente vi risveglierete alla futilità del desiderio, dell’attaccamento e della resistenza. Nella chiarezza e purezza di questo profondo momento, la nostra coscienza si trasforma. La presunta entità del ‘sé’ evapora. Tutto ciò che resta è una infinità di fenomeni impersonali interrelati che sono condizionati e in continuo cambiamento. Il desiderio bramoso si spegne e ci viene tolto un grande peso. Rimane solo un flusso continuo senza sforzo, senza nessuna traccia di resistenza o tensione. In definitiva, rimane solo la pace. Ed il benedetto Nibbana, l'increato, finalmente si realizza.




 



ACCORDO DI DISTRIBUZIONE: DATA DI PUBBLICAZIONE: 7 dicembre 1990- DATA DI USCITA: APRILE 1994 - Fonte: BODHINET Tiger Team di rete di informazione buddhista Alta Vista, WV 26808. USA (510) 268-0102 * BodhiNet (72:1000 / 658) - BodhiNet - 1920 San Francisco, Suite 112 Berkeley, CA 94709. Stati Uniti d'America -
Finito di Tradurre: 30 Gennaio 2012 - per conto del Gruppo CHAN Nirvana - di Roma -