CONCLUSIONE…

(Post-fazione alla raccolta “Dalla mente alla… MENTE) -

Arrivati alla fine di questo umile tentativo di far conoscere l’efficace metodo della Dottrina Chan, che si impronta alla preparazione e sviluppo dell’auto-conoscenza della mente, ritengo doveroso aggiungere alcune piccole precisazioni. Va principalmente tenuto presente che in questi articoli, quanto da me riportato di mio o di altri, non è che una spontanea e, il più possibile, aderente enunciazione di metodi e sistemi applicati da millenni nell’ambito delle antiche Scuole buddhiste della Cina. Ciò premesso, si deve tener presente che il Chan (o Zen come fu chiamato più tardi, quando approdò in Giappone, come pure Soen in Corea, e Tien in Vietnam) non può e non deve essere visto o preso per una semplice e mera forma di erudizione, da parte degli assetati scientisti e letterati Occidentali. Questo è il vero punto cruciale: il Chan deve essere intrapreso soltanto se si è veramente intenzionati a trasformare la nostra mente e ad invertire l’innata tendenza a credere che la vita umana sia quella misconosciuta parentesi di esistenza personale, in un mondo popolato da altre entità apparentemente separate e disgiunte dalla nostra stessa realtà. Solo attraverso la comprensione della mente, si può comprendere tutto il rimanente mistero della condizione umana prigioniera dei suoi sogni, nonché svelare la realtà di questo mondo artificiale e virtuale che sembra aspettarci la fuori, come se esistesse realmente dalla sua parte. Questo è il vero spartiacque, la lama di rasoio che divide le schiere di coloro, che non comprendono l’assurdità di un’esistenza formata da elementi frammentati, rispetto a quei pochissimi che conoscono il nucleo di realtà che c’è nel cuore della nostra mente universa.  La Via Spirituale ha un senso soltanto se percorsa con l’intento di affrancarsi dal nostro errato modo di concepire le cose; altrimenti si farebbe meglio ad ascoltare, o a leggere, soltanto favolette per bambini.

   Nel Libro “Coltivare la Mente” di Thomas Cleary, vi sono due frasi che possono da sole spiegare facilmente quanto sto tentando di dire. Una è tratta dal Dhammapada e suona così: - “Difficile ad essere conosciuta, profondamente nascosta, divagante e capricciosa, questa è la mente. La persona intelligente la custodisce perché la mente custodita è principio di gioia” - L’altra frase, tratta da un antico testo Cinese, afferma: - “I Saggi usano la mente in modo deliberato basandosi sulla sua essenza e, con l’appoggio dello spirito, finiscono ciò che hanno iniziato. Perciò essi dormono serenamente senza sogni e si risvegliano senza timori!” -.

  Può essere significativo, comunque, tenere in considerazione anche la mia personale esperienza al riguardo, che data ormai da diversi decenni. Anch'io, come tanti altri, nel tentativo di capire i misteri dell’esistenza, mi sono dato da fare andando di qua e di là, da un maestro all’altro e da una disciplina filosofica all’altra, come sembra essere istintivo e naturale per tutte le persone che aspirano in qualche modo alla spiritualità. E, sempre come tanti altri, l’unico giovamento che ne ricevevo, era quello di essermi creata una variante nelle mie attività giornaliere, una sorta di originale passatempo con precise scadenze per il mio tempo libero. Proprio come mettere un’altra testa sopra la mia testa, secondo quanto proclamato da vari Sutra e Sentenze dello Zen; e tutto questo è durato per anni, rimanendo incapace di comprendere, e continuamente sottoposto alle ineluttabili sofferenze dualistiche, derivanti dall'obbligo di sottostare alla legge di Causa ed Effetto ed alla percezione dei fenomeni come se fossero reali e regolati dalla diversità degli opposti.

   Dunque, malgrado la mia profonda aspirazione, fino ad un certo momento di questo travagliato percorso spirituale, non approdavo a nulla di veramente trasformante. Pur sentendomi a volte esaltato per le stravolgenti nozioni che imparavo, nulla del mio modo di percepire la realtà era cambiato. Continuavo metodicamente a fare le stesse cose, sul piano dei rapporti interpersonali e nel rapporto tra me e me. Ancora e ancora cadevo vittima di abitudini inveterate, mantenendomi sul chi va là di fronte a persone importanti, cercando di apparire quello che certamente ancora non ero. Ma, ciò che era peggio, assolutamente non vedevo e non coglievo queste peripezie della mente e questi contorcimenti dell’animo, forse ne avevo sensazione ma non riuscivo a coglierli sul fatto o almeno non li vedevo sul posto, cioè mentre si manifestavano. Questo mi ha creato notevoli ostacoli, sul piano umano nei rapporti di vita quotidiana ma anche nelle interrelazioni affettive e soprattutto sul piano spirituale. Complessi di colpa, recriminazioni e discordie con altri praticanti, ricerche di esperienze misticheggianti, che invece nascondevano soltanto un forte desiderio di sensazioni emotive.

   Qualche volta però, devo riconoscerlo, vi sono state anche delle esperienze veramente pregnanti e profonde, esperienze sincere e luminose che mi compensavano ampiamente dei periodi neri. C’era ogni tanto un senso di comprensione sottile e latente, in una parte di me e del mio cuore che andava evidentemente crescendo e sviluppandosi, un senso di certezza che ce l’avrei fatta e che mi dava la forza e l’energia per non abbattermi e per continuare a crederci. Sicuramente agevolato da un lungo training addestrativo, in cui per dieci anni fui discepolo del compassionevole Lama Tibetano Sonam Cianciub e per sette anni dell’illustre Maestro Advaita Raphael, oltre che di altri importanti Lama e Maestri spirituali, fu principalmente la lettura di un libro sul metodo Chan (Il Sutra di Hui-Neng) che mi aprì all’improvviso la mente. Accadde una volta, mentre mi trovavo su una montagna della Sabina, insieme con la mia compagna Cristina, ora scomparsa. Eravamo seduti ai piedi di un albero, e commentavamo le profonde e conturbanti rivelazioni del Grande Sesto Patriarca, quando all’improvviso, fu come se entrambi fossimo stati proiettati nel tempo e nello spazio, avendo di colpo l’impressione di trovarci al tempo di Hui-neng, nel monastero Shaolin, come suoi discepoli. Così, grazie a questo straordinario stimolo, corroborato da una determinata volontà di spingere più a fondo l’introspezione, l’amorevole apparizione del messaggio Chan mi ha rinfrancato e mi ha aiutato a mantenere una Consapevolezza sempre più stabilizzata.

   Come una segreta, misteriosa ed amorevole mano, che mi ha guidato dalle rive dell’infernale fiume samsarico fino alle soglie del luminoso ‘Celeste Impero’ della Consapevolezza mentale, il Chan ha avuto l’effetto sorprendente di ammansire la mia mente. Benché dopo la morte della mia compagna fossi rimasto solo, essendomi allontanato dagli amici spirituali a causa di maldicenze conseguenti al dramma che mi aveva colpito, fin da allora ho completamente cambiato sistema di vita, rifugiandomi nell’anonimato e praticando silenziosamente nel segreto incognito della mia normale vita quotidiana. Se qualcuno di voi conosce la storia del grande Yogi Tibetano Milarepa, potrà capire benissimo come mi sono sentito e cosa ho provato in questi ultimi anni. Finché Qualcosa, o Qualcuno, non visibile fisicamente ma spiritualmente rivelato da una energia magica e trasformatrice, mi ha spinto a creare il Gruppo di Autocoscienza per l’insegnamento della Meditazione Chan, ed in seguito il Centro Nirvana, ove insegno attualmente, con l’intento preciso di permettere ad altre persone la meravigliosa e fortunata opportunità di poter conoscere la Natura della propria mente.

     Le sofferenze psicologiche sperimentate fino ad allora, probabile testimonianza del cattivo karma da me accumulato in vite precedenti, si sono poi trasformate finalmente in un’intima serenità, grazie alla saldezza con cui la mia mente ha imparato ad affrontare le traversie della vita ed i numerosi inganni della rappresentazione egoica, sempre in agguato, nelle relazioni interpersonali. Questa serenità che risiede nel profondo e perciò non si può esprimere in atteggiamenti appariscenti si è ancor più alimentata dalla constatazione che nel nostro piccolo Gruppo di Meditazione si sono aggregate poche ma sincere anime, veramente sensibili al problema della Coscienza. Pur non contando su un gran numero di partecipanti (il Chan, per la sua stessa natura qualitativa, non è facilmente accessibile alle masse), l’energia del Gruppo si è via via rafforzata, mettendo in luce notevoli doti di naturale propensione verso la pratica di Autoconsapevolezza.

    E questa è per me la migliore ricompensa, con la certezza che la mia modesta persona sta ripagando la generosità del preziosissimo dono che ebbe a suo tempo ricevuto, effettuando in qualche modo il difficile compito assegnatomi. Perciò, voglio dire Grazie agli invisibili e preziosi Protettori del Dharma; Grazie ai compassionevoli Patriarchi del Chan. Grazie a tutti voi che state cercando di sintonizzarvi con la Mente Assoluta e, soprattutto, grazie alla Saggezza profonda (PRAJNA PARAMITA) che, attraverso la funzione della Consapevolezza, risiede in tutti noi.  

                                     OM NAMO BHAGAVATH!

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ROMA, venerdì 25 Agosto 2001                   Upasaka ALIBERTH MENGONI

 Pubblicato sul Sito del Centro Nirvana -----------  Roma, Venerdì 25 agosto 2005

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