L’IDENTITA’ E LA COSCIENZA    di Aliberth

(Tratto dall'Incontro avvenuto al Centro Nirvana il 2/3/2000)

 

… A nulla serve la volontà di meditare, se non abbiamo la capacità di penetrare dentro quella massa di nuvole, che si forma costantemente nella mente, quando noi pensiamo. Tutte le nostre cognizioni, sebbene vantaggiose per la vita quotidiana, sono inutili dal punto di vista della comprensione assoluta. Perché nessuna di queste conoscenze mondane può essere utile per il trasbordo dell’anima da una dimensione all’altra. Ecco perché, quando siamo qui, dobbiamo cercare di tralasciare e depositare quel mucchio di cognizioni che usiamo nella nostra vita ordinaria, che sono addirittura ostacolanti nel processo meditativo. Dobbiamo sapere che il processo meditativo è una situazione in cui l’Io non dovrebbe essere presente, in cui non dovrebbe esistere una entità personale. Se mentre meditiamo c’è sempre presente questa identità che pensa “Io sto meditando”, di sicuro non ci sarà una buona meditazione. La meditazione è veramente fruttifera quando, oltre agli oggetti del pensiero, perde anche il soggetto.

   Quando c’è l’attivazione di uno stato di coscienza che è impersonalmente consapevole di tutto ciò che si manifesta, senza il possessore di questa coscienza, finalmente accade ciò che dovrebbe già esistere nella realtà. Finalmente è la Coscienza che comanda e che rende silenzioso il soggetto egoico senza più aderire ai suoi ordini subliminali.

    Perciò se c’è ancora questo Io vivo e vegeto, purtroppo, per un bel po’ di tempo nella Coscienza ci sarà una persona individuale che vuole mantenere la regia di tutto quanto e che non riesce ad abbandonare la scena. L’energia del soggetto pensante, cioè l’idea di identità personale, costringe la Coscienza a difendersi dalle abitudini, dai tentativi automatici in cui il nostro corpo risponde come guidato sempre da qualcuno che pensa di essere quel corpo.

   Per far un esempio: quando il corpo ha bruciato la sua energia quotidiana con cui si sostiene, nello stomaco si crea una depressione che fa scaturire la fame. La fame è un processo automatico del corpo così com’è, però l’Io se ne impossessa subito, tant’è vero che poi dice “Io ho fame”. Perché? Perché l’Io gode di ciò che fa bene al corpo e quindi si frega le mani quando c’è una situazione di benessere. Quindi, quando siamo seduti in meditazione e dopo un certo tempo subentra uno stato di pace e di calma, senza che ce ne rendiamo conto l'Io si appropria di questa situazione di benessere e felicità.

   Sfortunatamente l’Io deve anche sobbarcarsi la sopportazione delle condizioni infelici, quando il corpo è sottoposto alla sofferenza e, in quel caso, uno vorrebbe essere un po’ meno “Io”. Allora l’individuo, non riuscendo a togliersi l’Io in questi momenti di dolore, tende a mantenerselo stretto anche e soprattutto nei momenti di piacere e questo fatto rovina tutta la nostra possibilità di distaccarci dall’Io, quando proviamo ad applicare la meditazione di Coscienza. Perciò, come dobbiamo comportarci nella meditazione? E soprattutto, CHI E’ che sta avendo l’intenzione di praticare la meditazione?

   Inizialmente è l’Io; inizialmente l’Io si è indottrinato ben bene con lo scopo di praticare la meditazione per godere del benessere che questa pratica gli arreca. Questo è lo stadio di partenza, il livello in cui i principianti arrivano e desiderano fare la meditazione perché hanno sentito dire che fa bene alla salute fisica e mentale. Poi, con la guida dell’Insegnante, imparano a far diventare meno ingombrante, meno fastidioso il proprio Io. Qualcosa, dentro di noi, comincia timidamente a muoversi e fa diventare l’Io più esile, più agile. Un Io quasi accennato, che non si allarga, non si insedia, non invade più di tanto il campo della Coscienza.

   Dato che nella meditazione non abbiamo e non dobbiamo avere relazioni e rapporti interpersonali, diventa più facile cominciare ad addomesticare l’Io. Non abbiamo più tanta necessità di chiamarlo in campo per proporre noi stessi di fronte ad altri individui, quindi possiamo benissimo depositare questa energia protagonista, essendone consapevoli e vedendone l’assenza. Ma CHI E’ che ne è consapevole? Forse dipendiamo ancora dal bisogno di sapere CHI c’è ora al posto dell’Io.

   Il procedimento è come mettere dei vestiti su un albero o su uno spaventapasseri. Da lontano sembrerà un uomo ed i passeri non si avvicineranno. Così è ancora questo Io fluttuante che sta creando lo spazio meditativo. C’è ancora una sorta di Io virtuale che si attribuisce i risultati ed i benefici che si ottengono con la meditazione. Questo è un Io più sottile, più subdolo, ed è l’Io karmico, quello con cui anche i Santi devono fare i conti perché è quello più difficile da sradicare.

   La meditazione, come il sonno ed altre condizioni di semi-incoscienza è, infatti, il regno di questa forma di Io. Perché, malgrado che l’arroganza superficiale dell’Io sia quasi svanita, resta nel profondo quella sorta di domanda: “CHI è consapevole dello stato meditativo”? Se ho messo da parte l’Io, chi è che è consapevole?

   Questa serie di domande che avvengono nella mente è una sfaccettatura del riflesso del nostro Io psicologico. Quasi un’ombra che si trascina finche vi è luce, quasi il profumo di una rosa dentro una stanza, anche dopo averla tolta. Il processo meditativo ci ha portato a conoscere un po’ di più l’Io, da quello grossolano che impera durante la giornata nella vita quotidiana a questo Io sottile che è l’ultimo a lasciare la scena.

   Vi sono persone che meditano tutti i giorni e, come minimo, praticano la meditazione seduta per almeno mezz’ora al giorno. Quando anche noi ci applicheremo alla pratica costante, così da avere una sana abitudine quotidiana, sempre più spesso potremo vedere impersonalmente tutto ciò che si genera nella nostra mente. In questo modo nella mente potrà aprirsi uno spazio vuoto, uno spazio in cui l’Io grossolano sarà assente, mentre l’Io sottile si affievolirà sempre di più in virtù del fatto che sentiremo sempre meno la necessità di farci quelle famose domande.

   Prendendo via via le distanze da questo schermo televisivo che è la mente sotto l’osservazione meditativa, si riuscirà a vedere tutti gli avvenimenti mentali come semplici apparenze contingenti e, almeno per tutta la durata della pratica osservante, avremo come la sensazione che siano cose che non ci riguardano direttamente. La mente è energia creativa, è il CREATORE del PIU’ grande spettacolo della manifestazione. Per questo motivo, la mente incolta e ignorante della sua natura, ha sentito il bisogno di crearsi uno SPETTATORE. E questo spettatore è CIO’ che noi chiamiamo Io.

   Ma, così come quando vediamo un film può succedere a noi di poterci immedesimare, anche se solo temporaneamente, in un Io spettatore che sembra partecipare allo spettacolo, vediamo però che alla fine, questo spettatore svanisce e ritorna in se stesso. Cosicché, come abbiamo potuto constatare che prima quell’Io aveva avuto un’esistenza solo momentanea, allo stesso modo con la meditazione possiamo concepire un Io che entra ed esce, e che ESISTE soltanto quando è presente. Questa ECCEZIONALE comprensione stravolge i nostri consueti canoni di comportamento e diminuisce fortemente il senso di identità con questo spettro fluttuante chiamato Io e considerato come eterno soggetto del nostro essere.

   A voler essere proprio inguaribilmente ostinati, si può anche sottostare alla convinzione che, alla base del nostro essere, possa esservi un Io assoluto che, mutatis mutandis, resta sempre il soggetto CONOSCITORE di tutte le esperienze. Se non ci attacchiamo a questo fatto, se lo consideriamo occasionale e legato alla nostra temporanea esistenza, filosoficamente parlando si può anche concedere una sorta di Io centrale, direi quasi ontologicamente spirituale, sul quale si appoggiano la consapevolezza e la volontà discriminante. Ma noi abbiamo già un nome per questa entità. La COSCIENZA!

   Dunque, questo Io profondo, questo Io sottile, questo Io su cui si attanaglia la vita, la morte, il karma e la reincarnazione, è l’ESSENZA stessa del nostro esistere a ripetizione in questa manifestazione universale. È il Sé Vedantico, è la Natura Originaria del Ch’an, è il vero Centro dell’essere che, però, erroneamente noi identifichiamo con la nostra persona individuale. Questo è il vero dramma. L’ERRORE di Identità.

   Ritengo opportuno citare una piccola storiella Sufi, tratta dal libro “LA COSCIENZA PARLA” di R. S. Balsekar. Un Re che si dichiarava Dio, ovviamente adorato dai suoi sudditi, un giorno morì. Lo stesso giorno un saggio Sufi gridò in pubblico: “Io sono Dio!”, al che venne lapidato dalla folla. Quella notte, uno dei lapidatori sognò Dio che accoglieva il Sufi a braccia aperte mentre scacciava via il Re. L’uomo allora chiese a Dio: “Perché mandi all’inferno il nostro Re che ha detto di essere Dio ed invece accogli in Paradiso questo Sufi che ha detto la stessa cosa?”. Allora Dio rispose: “ Quando il Re disse –Io sono Dio- si riferiva a se stesso. Quando lo ha detto il Sufi, si riferiva a Me!”.

    L’altro Io, invece, è l’Io delle tendenze acquisite, è l’Io che non perde il vizio anche se può cambiare il pelo, è l’Io della personalità strutturata. È l’Io che ha usurpato il potere della Coscienza, come nella storiella Sufi. È lui che si fa le domande e cerca le risposte ed è ancora lui che decide se queste risposte sono giuste o sbagliate. È quello appunto con cui devono ancora fare i conti i Santi ed i Realizzati. E’ la personalità umana che gode dei frutti favorevoli e rifiuta gli effetti sfavorevoli. Tutti noi possiamo verificare qual è attualmente l’Io in cui ci identifichiamo. Ma, per farlo, abbiamo necessariamente bisogno di praticare intensamente una meditazione che ci guidi alla conoscenza della nostra mente. E, CIO’ che mette in atto questo proposito è ancora l’Io personale, ma CIO’ che ne risulta, CIO’ che viene scoperto e conosciuto è la COSCIENZA, cioè DIO.

   Fino al momento in cui l’Io personale, la nostra identità attuale, non lascerà il passo all’Io sublime, all’Io impersonale, all’Io divino cioè alla Coscienza, Nirvana e Samsara si accavalleranno come i giorni buoni e i giorni cattivi. Finche c’è questo Io psicologicamente radicato in noi, la coscienza risulta essere individuale, personalizzata, limitata. Quando questo Io rifluirà nella Coscienza Assoluta, nella Vacuità totale, esso svanirà definitivamente come l’Io spettatore dello spettacolo, come l’Io della domanda che ha avuto la risposta e che non ha più necessità di esistere. A questo punto, così come disse il Buddha moribondo, ai monaci che gli chiedevano di restare, di non morire, l’Io illusorio potrà sciogliersi nel Parinirvana senza dolore, senza pena e senza alcun rimpianto. Soltanto felice di poter ritornare a casa.

   Perciò, quando meditiamo, facciamoci pure mentalmente le domande-koan: “Chi sono Io?”, “Chi è che conosce?”. L’importante è che non ci si dia risposte false o di comodo. Noi SAPPIAMO di avere il potere di conoscere e questo deve essere il centro del bersaglio su cui tirare la freccia della nostra consapevolezza. Questo è il vero Io che ha questo potere di conoscere. Il potere di conoscere è il VERO Io. Ed il potere di conoscere cos’altro può essere, se non la Coscienza? Allora chi siamo noi? L’Io o la Coscienza? Tutto l’apparato psicofisico o il CUORE? Sentite questo suono? (Aliberth suona la campanella della meditazione). Bene, il muro che sta qui dietro non può sentirlo. Voi, invece, non potete impedirvi di sentirlo. C’è qualcosa di più forte dell’Io in tutti noi, che ci rende percettivi pur oltre la nostra stessa volontà.

    Questo muro non ha reagito a quel suono, ecco, qui non vi è l’Io. Questo muro non parla, non fantastica, non sogna. Questo muro se ne sta in una eterna meditazione. Ma la sua è una meditazione <morta>. Non ha il potere della consapevolezza. L’Io sottile, l’Io profondo che alberga nel nostro cuore E’ CONSAPEVOLEZZA. E’ l’origine della fiamma della vita che, a sua volta, diventa poi individuata perché, nella Coscienza vi è anche il potere dell’IGNORANZA. E l’Ignoranza trasforma l’Io profondo in desiderio di Identità. Brama di identità. Voglia di esistere come individuo.

   Nel primordiale processo di trasformazione della Coscienza Assoluta in coscienza individuale, la prima apparizione di identità personale è stata quest’Io sottile. Per questo motivo, esso sarà l’ultimo a lasciare la scena quando il karma individuale si esaurirà. Cioè quando il lavoro di purificazione, per mezzo della perfetta pratica meditativa, sarà stato totalmente portato a termine; quando la Coscienza non avrà più alcun legame col mondo dei nomi e delle forme; quando non avrà più desideri di mantenere viva una qualunque cosa: non più programmi, aspettative, scadenze. E ancora, quando non avrà più pensieri circa il passato ed il futuro; quando non avrà più interessi per il presente. A quel punto verrà ad essere estirpata la radice di quest’Io, che è il desiderio di vita individuata.

   La vita possiede due poteri. In realtà ve n’è uno soltanto, sempre lo stesso ma, a livello di coscienza individuata, noi lo vediamo in due modi. La vita in quanto tale, che sorge dovunque e comunque. Come il muschio sui sassi e come l’erba che cresce perfino sui palazzi: questo è il potere della vita di nascere sempre ed ovunque. In più, vi è il potere di essere principali interpreti diretti di questo miracolo della vita di manifestarsi dovunque e comunque. Questo potere, il desiderio di essere interpreti  a livello individuale del miracolo della vita, è la caratteristica fondamentale dell’insorgenza dell’Io, che si struttura in successive modalità fino a espandersi al massimo livello, usurpando completamente  lo spazio originario della Coscienza. Dalla struttura unicellulare fino alla perfetta macchina umana.

   Il desiderio di identità individuale viene prima rallentato e, successivamente, abbandonato da un lavoro meditativo portato ai suoi massimi livelli e dalla conseguente ineffabile comprensione della comune identità con la Coscienza Assoluta. Se non accade questo, se con la meditazione non subentra una comprensione profonda che, proprio questa nostra brama di esistenza individuata, è la causa delle angosce personali e della confusione dualistica del bene e del male, allora l’intenzione di praticare la meditazione è fuorviante ed inutile. Soltanto quando la coscienza individuale finalmente rifiuta l’identificazione, tornando a rifluire nella Coscienza Assoluta in cui non vi è più identità, allora anche l’Io profondo e sottile si estingue perché non ha più desideri. Questa è la vera, perpetua e duratura pace del Nirvana senza ritorno.

   Tutto questo processo di reintegrazione nella magnificenza della Coscienza Assoluta, purifica la mente dalla sua velenosa ed illogica conformazione umana. Essendo la mente una energia primordiale che ha dovuto subire gli effetti della sua stessa ignoranza, ha dovuto parimenti sottostare, per infiniti cicli di esistenza, all’idea di essere una energia individuata. A questo proposito, la mente immagina di essere un’entità individuale (umana o di altra specie) anche quando la forma fisica vivente non c’è più. Perché si è talmente identificata con quel tipo di manifestazione formale che essa, pura energia senza forma, sottostando alla forma per miliardi di esistenze, immagina eternamente di essere una forma. Questa è la radice dell’ignoranza metafisica. Come una ripetizione continuata di un sogno che, col tempo, ha preso il posto della realtà.

   Contro ogni presunzione, il nostro compito, secondo le indicazioni del Ch’an, non è quello di combattere e lottare contro questa mente dell’Io sottile. Perché è questo l’Io che va illuminato ed è questo l’Io che si illumina. Ed è ancora questo l’Io che lascerà la scena quando avrà capito tutto. Illuminazione significa estinzione e remissione spontanea dell’Io individuale. Perciò, in fin dei conti, il procedimento meditativo per l’Illuminazione è, appunto, un processo di schiarimento e rischiaramento che, una volta completato, farà svanire il nostro egocentrismo come neve al sole. Il lavoro di istruzione operato dalla meditazione Ch’an permette all’Io, prima ancora di annichilirsi in una Mente Buddhica, di indagare ed esplorare gli angoli più remoti della sua stessa illusoria composizione.

   Nel far questo, l’Io si evolve ed assurge al ruolo di Super-Io. Senza questa prima trasformazione in cui l’Io assume una super-intelligenza, non c’è assolutamente speranza di poter proseguire e completare l’intero processo di trasformazione della mente. Se qualcuno di voi ha letto i libri di Aurobindo e di Krishnamurti sa di cosa sto parlando.  È già questo Super-Io che viene attivato e utilizzato dalla PRAJNA Superconscia per mantenersi efficace nella mente del praticante avanzato. Tutte le prerogative di straordinarietà che gli individui comuni colgono e imputano ai grandi Saggi ed ai Maestri di Dharma sono dovute alla emancipazione del loro Super-Io che, per quanto sembri strano, non appartiene più soltanto al possessore.

    Infatti, questa capacità di Supercoscienza unita ad uno straordinario aumento delle facoltà e dei poteri sovrumani e soprannaturali è ciò che identifica, alle nostre menti ordinarie, la Santità e la Realizzazione degli Esseri Speciali a cui ci raccomandiamo per la nostra protezione. È da questa posizione di Super-Io circonferenziale che i vari Taumaturghi possono fare i miracoli ed elargire le grazie ai loro devoti. Sono queste Entità giunte al massimo livello dell’evoluzione mentale che noi invochiamo, esse sono Menti Immense che si sono fuse con l’Assoluto; perché di certo non possiamo invocare ed aspettarci miracoli da una mente umana comune.

*           *           *

DOMANDA di Ursula: - Questo Super-Io fa parte dell’Inconscio collettivo?

ALIBERTH: - Beh, certamente! La Scienza ha voluto empiricamente connotare questo Super-Io o Es, come Inconscio collettivo di cui ognuno di noi è la manifestazione individuale e, nel contempo, il fruitore. Tutti noi usufruiamo di questo potere dell’Inconscio. È qui che si articolano gli schemi archetipici in cui avvengono poi tutte le mutazioni socio-antropologiche dell’umanità. Le varie culture dei popoli si avvalgono di questo potere perché esso mantiene una memoria osservatrice essendo, se così si può dire, la nostra 'penultima' natura.

URSULA: - E’ però difficile immaginare come si può percepirlo nel momento che, come tu dici, esso si illumina…

ALIBERTH: - E’ Lui che percepisce. E’ Lui che ha il potere di conoscere: Quando noi diciamo “Instaurare la Consapevolezza”, che cos’è la Consapevolezza se non quello! Diciamo che la forma più pura e più perfetta di questa Identità di base è la Consapevolezza.

URSULA: - Però questa consapevolezza tocca soltanto da vicino l’Inconscio, è solamente un flash, non può essere un sapere costante, perché nel momento che l’Inconscio abiura la realtà, la percezione diventa conscia e non è più inconscia. Non ha più la sua natura così universale…

ALIBERTH: - Chi è che fa questo discorso? Per esempio, dentro di te, chi è che ti fa parlare così? Te lo poni questo interrogativo? Tutto questo discorso che hai fatto usufruisce di dati inseriti da precedenti ragionamenti e fa parte di una Ursula che da bambina è cresciuta fino ad essere oggi la persona che attualmente è, e che fa questi ragionamenti. Su che cosa si poggia, su quale base si articola questo ragionamento? C’è un QUALCOSA di concreto su cui è possibile appoggiarsi per poter essere certi di saper fare un simile ragionamento? Qual è la differenza tra conscio ed inconscio e chi è che può definire una o l’altra cosa con i nomi prestabiliti? L’inconscio non è forse uno stato conscio non ancora maturato? Non è affatto obbligatorio etichettare le differenze e/o le varie fasi del processo.

    La consapevolezza è il potere di SAPERE. I modi e i termini di questo sapere sono mediati dalla presenza delle varie sfaccettature dell’Io. L’Io del momento che, per esempio, va al Supermercato a fare la spesa, possiede una consapevolezza idonea a quel dato momento di esistenza. E la consapevolezza, in quel frangente, è sapere quanto costa il pane o quanto costa il sale. Ma il potere che determina il flash di consapevolezza attuale, quel potere in sé è sempre lo stesso potere, è il potere profondo e insondabile, la radice che sugge la sua esistenza e la sua potenzialità dallo sterminato mare dell’Es Inconscio.

    Noi possiamo arzigogolare quanto ci pare, ma sappiamo veramente chi è COLUI che arzigogola? Ecco il punto. Il vero lavoro della meditazione è diretto verso di NOI e non verso gli oggetti del Sapere. Perché non è il sapere che ci dà il Sapere! Il Sapere, la Natura del Sapere è già dentro di noi. Quindi noi dobbiamo andare a cercare quella natura, conoscere quella natura, identificarci con Quella Natura!

   Che importanza può avere ciò che mi dice un individuo esterno se io non avessi, a mia volta, il potere di recepire il significato di ciò che egli sta dicendo? Allora, per far sì che vi sia un dato risultato, ha più valore ciò che proviene dall’apparente esteriorità o il mio stesso potere di accoglierlo? Quando avrò scoperto che cos’è, in me, che ha il potere di comprendere, avrò scoperto il mistero dell’esistenza. Non c’è nessuna scuola al mondo che opera su questo tipo di istruzione. Solo col lavoro meditativo direttamente applicato sulla funzionalità della nostra mente è possibile svelare questo inesplicabile mistero. È la conoscenza di se stessi, è lo scendere in profondità entro la propria mente individuale che permette l’evoluzione mentale. E chi è che può fare questo? Solo quel Super-Io, perché soltanto tramite la NOSTRA sola sorgente del sapere, possiamo avere questa e tutte le altre esperienze.

   Cominciate a capire come stanno veramente le cose? Non ci sono Santi né grandi personaggi al di fuori di questo Super-Io inconscio e collettivo. Ognuno di noi è il Santo a cui ci rivolgiamo. E’ all’interno della nostra mente, l’Universo multiforme che ci sembra di vedere all’esterno. Questo è il dramma dell’ignoranza della mente umana non rettificata. Per questo motivo nel Ch’an la vera Mente è chiamata Non-Mente. Non perché non vi sia nulla nella mente, ma perché è la nostra mente ignorante e presunta individuale, che non esiste nella realtà. Purtroppo, finché vi è questa Avidya nella mente, allora la mente esiste, con le manifestazioni universali proiettate tutte all’intorno e con tutte le componenti inestricabili di questa illusoria identificazione, quali il karma, la vita e la morte, il bene ed il male, ecc.

URSULA: - Il Super-Io di cui stai parlando è paragonabile al super-io di Freud? Questo è una struttura che si crea nel bambino quando inconsciamente subisce aggressioni o violenza, cosicché egli lo usa per produrre una sorta di difesa al punto che quando si manifesta questo super-io, il bambino ne è inconsapevole…

ALIBERTH: - Assolutamente no! Freud ha avuto probabilmente un grosso difetto: quello di essersi iscritto nell’albo della Scienza. Egli non ha avuto l’accortezza e la capacità interiore di starsene fuori dal mondo della fama e degli onori scientifici. Noi, qui, non abbiamo nessuna necessità di fare discorsi di tipo psicologico o psicanalitico.  Noi siamo, tuttavia, costretti ad usare termini che probabilmente anche altri hanno usato o abusato nelle rispettive branchie della sperimentazione scientifica. Freud, come tanti altri, ha ritenuto di poter essere una sorta di supervisore dei fatti psichici che avvenivano nella mente di altre persone, anziché accettare di riconoscere di essere parte della situazione periferica vista dai bambini.

   Questi psicoterapeuti del mondo illusorio hanno messo sotto la lente di ingrandimento i loro pazienti per stabilire giudizi e regole, hanno utilizzato termini e etichette che il mondo scientifico ha collezionato e tramandato. Se si leggono i libri sulla psicologia, sulla psicanalisi e così via, si potrà constatare che tutte queste parole si riferiscono a stati identificati in altre persone, in quanto colui che scrive è sempre uno che ritiene di essere al di sopra delle parti, uno che ha visionato la mente altrui e immagina un mondo in cui una mente individuale può entrare nella mente di altre persone. Questo è un concetto che, a termini di stretta e penetrante logica, non può stare in piedi. Come può una mente entrare in un'altra mente? Come potrebbe lo spazio entrare nello spazio? Se vediamo la cosa dal punto di vista metafisico, si dovrà ammettere che la cosa è impossibile. Eppure è stata fatta.

   Questo dimostra come le leggi del mondo fenomenico e dualistico seguono regole proprie che, però, restano circoscritte al tempo ed allo spazio illusorio e che, quindi, non possono essere considerate Leggi Universali. Lo stesso Freud, probabilmente, fu un individuo inconsapevole della SUA propria mente e quindi, obbligato a ragionare per vie esterne, per cui deve essere ritenuto non illuminato. Allora, come ha potuto stabilire la verità di ciò che può accadere nella mente di un altro individuo? E’ come fare la mappa geografica della Luna, senza esserci andati! Ciò che Freud ci dice nei suoi libri è quantomeno unilaterale e ci costringe ad uscire dalla imperturbabile visione degli eventi per aggregarci al suo carro irreale, illusorio, parziale. Perciò il super-io di Freud non ha nessuna attinenza con l’argomento di cui stiamo parlando noi.

   Se volete potrei usare il termine “PRING” al posto del nostro Super-Io. Da questo momento in poi non useremo più il termine Super-Io perché, come è successo, può confonderci e riportarci ad altre situazioni preconscie di cui, purtroppo, non riusciamo ancora a coglierne gli automatismi con cui si insediano nella nostra mente. Allora, avete capito cosa si intende con Pring? Se avete capito, allora vi dico che noi dobbiamo andare alla ricerca del nostro Pring. Sfortunatamente i termini con cui utilizziamo i momenti topici del processo di illuminazione mentale, hanno dei limiti, sono una condanna che ci impedisce l’introspezione profonda di noi stessi.

   Questo dei termini che trasportano la nostra mente fuori da noi, è uno dei più terribili condizionamenti delle persone comuni ancora sottoposte alla non-conoscenza stabile di sé e delle proprie reazioni mentali. Appartiene ancora al campo della falsa identificazione con l’Io grossolano, perché i lampi di coscienza che, pure, emettono la loro luce di conoscenza, vengono manipolati e diretti verso il mondo illusorio che viene tuttora visto come reale ed esterno a se stessi. Proprio come la faccenda di Freud che anziché studiare se stesso, si è messo a studiare tutti coloro che avrebbero dovuto studiare se stessi. Così, mentre la meditazione Ch’an propone un discorso interiore autoapplicato, Freud e molti come lui, pontificano benché siano poi così valutati e incensati dagli esseri che non conoscono se stessi. Chi va sul lettino dello psicanalista, crede nello psicanalista e basta.

   Ciononostante è opportuno ammettere che, se le cose vanno così, ci sarà una ragione superiore. Le cose, malgrado tutto, vanno sempre come devono andare. Ed anche l’evoluzione di coscienza prosegue secondo una legge imperscrutabile a cui nessuno può opporsi. È troppo difficile tentare di capirlo con la nostra mente umana che cerca sempre le risposte a qualche cosa, perché proprio questo tentativo della mente di voler sempre capire tutto è una delle cose che saremo costretti ad abbandonare, se vogliamo veramente capire tutto.

   Il nostro compito è quello di venire qui, nella Sala di meditazione, metterci giù tranquilli e pacifici ed osservare la nostra mente che pian piano si liquefa, la nostra volontà con tutte le sue voglie che pian piano si ammorbidisce. Restare in questa osservazione distaccata e cogliere il nostro Io che chiede alla mente: - Chi sono Io? – e vedere, finalmente, che la mente non aderisce alla domanda pulsante, restandosene tranquilla e immersa nella sua stessa energia osservatrice.    Pertanto, quando la domanda sarà una domanda che serve come un koan, che vive e muore senza necessità di una risposta, col solo scopo di farci rimanere nella pura attenzione, allora quella domanda diventa “Meditazione Pura”. Nel silenzio che si produce, con l’espansione continua di questa meditazione, si completa l’autocoscienza della nostra “Natura Originaria” come pura Coscienza Assoluta, la Verità Ultima dell’Essere che ogni individuo può percepire da solo in se stesso.                   

                                                                                                                                                        torna indietro  E