16) KARMA E RINASCITA.

 

Domanda: Qual è la sua visione circa la rinascita?

Risposta: Beh, è innegabile che il Buddha, sotto l’albero-Bodhi, durante la prima notte arrivò a ricordare le sue nascite precedenti.

D.: Sì, lo so. Ma non stava solo accettando la visione dei suoi tempi? Molti dei suoi contemporanei non presumevano forse proprio che ogni persona avesse una esistenza precedente e che, grazie al karma, continuasse ad avere più rinascite?

R.: Ho i miei seri dubbi su questo. Jayatilleka indicò in un suo libro, ‘Antica Teoria buddhista della Conoscenza’, che è sbagliato congetturare che la rinascita fosse generalmente accettata in India ai tempi del Buddha.

D.: Com’è possibile?

R.: La teoria non può essere trovata né nel Rigveda e né nell'Atharvaveda. E neppure le prime Upanishads la citano, essendo soltanto una delle tante teorie di questo tipo. Quindi, io non posso essere d'accordo con Lei che 'la rinascita' fosse l’accettata visione di quei tempi. A me sembra che l'intuizione del Buddha sia stata piuttosto originale e trova paralleli solamente nella Grecia antica. Infatti, esplicite menzioni sulla rinascita si trovano solo nella cultura Ellenica e nel Buddhismo.

D.: Ma io avevo l'impressione che egli l’avesse adottata proprio come un mezzo  per far agire le persone in un modo morale. Non è forse vero che la teoria della rinascita servì come base per dare una responsibilità morale?

R.: Essa non fu certo una manovra nella mente del Buddha! Infatti, il riconosci-mento della rinascita, proprio del Buddha, provò che la moralità è necessaria. Se non ci fosse niente su cui basare la moralità, perché allora infastidirsi a praticare la moralità?

D.: Ma perché abbiamo bisogno di credere nella rinascita per costringerci ad agire in comportamenti morali? Noi pratichiamo la moralità perché ne traiamo profitto qui e ora.

R.: No, noi pratichiamo la moralità perché ad un livello profondo, nel nostro essere sentiamo che rinasceremo. In altre parole, l’azione morale deriva dal fatto di dover rinascere.

D.: Cos’è che Lei stima che debba rinascere, se il buddhismo nega un Sé?

R.: Il Buddha dice che è la 'coscienza/vijnana' che rinasce, piuttosto che il sé. C'è un’enorme differenza. Al momento, Lei può capire o meno la nozione di 'sé' del Buddha, ma di sicuro è consapevole che allorché Lei parla, Lei è consapevole di quello che dice. Questo è ciò che trasmigra. Non un sé.

D.: È qualche sorta di campo di coscienza che esiste, tra la coscienza che lascia il corpo e l'embrione nel quale si entra nella vita successiva?

R.: Certo, non è impossibile. Per esempio, quando un atomo di sodio vibra a 510 miliardi di volte al secondo, c'è un intervallo tra la morte dell'atomo e la sua susseguente rinascita. In quell’intervallo, o fase zero, deve esservi un modello dell'atomo di sodio se esso sta per riapparire dopo una delle sue morti periodiche. Se il modello è mantenuto all’interno dell'atomo, allora quando esso cessa, anche il modello per il nuovo atomo dovrebbe cessare. Sennò, allora Lei deve aprirsi all'idea di un "campo di coscienza" tra gli eventi dell’atomo-sodio che conservano il modello dell'atomo. Mi lasci dire che io penso che il Buddha era bene addentrato nella scienza per universalizzare nascita, morte, e rinascita. È la regola di tutto. In effetti, questo accade al livello micro del nostro universo come io ho dimostrato. Così, perché non dovremmo presumere la rinascita della coscienza dopo la morte? Può darsi che questo sia il vero significato che c’è dietro all'idea buddhista di una preservazione della coscienza che forse si interpone tra discontinui eventi fenomenici. Ma quale che sia l'opinione su questa questione, è meglio avere una mente aperta.

D.: È veramente necessario credere a questa roba? Io sono un agnostico.

R.: Cosa vuol dire agnostico? Se Lei per agnostico intende, "io non voglio sapere", allora non si dovrebbe essere agnostici. Un agnostico, in quel caso, starebbe promuovendo l'ignoranza positiva!

D.: Ma nel suo recente libro, ‘Buddhismo Senza Credenze’, Stephen Batchelor disse che il Buddha era un agnostico. Ciò non è essenzialmente vero?

R.: Il Buddha non era affatto un incredulo che presupponeva che la rinascita fosse impossibile. Lui aveva una mente aperta. Egli verificò anche la rinascita ad un livello intuitivo.

D.: Il Buddha non voleva solo che noi si sospendesse i nostri giudizi nel caso, per esempio, che la rinascita non fosse dimostrabile?.

R.: Ciò è troppo semplice. La dimostrazione è limitata. Ironicamente, alla fine, ogni dimostrazione rimane su una base indimostrabile. Anche la base delle scienze empiriche rimane su una coscienza teorica che è ideale ed assiomatica. E cosa si può dire sul cosìddetto osservatore scientifico? Può questo 'osservatore' essere mai dimostrato? Trattare il soggetto della rinascita come se potesse essere un oggetto scientifico ci darà modo di rifiutarlo sempre. La validità della rinascita risiede aldilà di ciò che richiede una dimostrazione fisica. Dopodiché, Lei suggerirà che si può mettere in dubbio la compassione perché non può essere dimostrata scientificamente [ridendo]!

D.: Ma la rinascita è solo una credenza. Non ci sono dati empirici per sostenere tale teoria. Ci sono alcuni studi di cui Lei è a conoscenza?

R.: Sì. Per caso, conosce Lei il lavoro di Jan Stevenson dell'Università di Virginia? Dovrebbe leggere il suo libro intitolato ‘Bambini Che Ricordano Altre Vite’. Anche se non è una prova positiva, nondimeno, è ragionevole credere che la rinascita sia possibile proprio com’è ragionevole credere nel riscaldamento globale. Stevenson condusse un rigoroso studio del soggetto con bambini che non avevano nessun motivo per ingannarlo. Io trovo le sue conclusioni ragionevoli e credibili.

D.: Ma che valore pratico può avere la rinascita?

R.: Questa non è una domanda molto scientifica [ridendo]. Primo, vediamo se è ragionevole o no credere nella rinascita. In questa direzione, Stevenson opera stabilendo un rigido set di criteri con cui determinare la verità o la falsità di una presunta rinascita. Se ci sono abbastanza casi che vanno bene al suo criterio, allora l'argomento della rinascita non può essere spazzato via, poiché non c’è altro modo di dar conto della bontà dell’adattamento. Quanto al valore pratico della rinascita, essa previene l'intrusione della moralità relativistica. E c’impedisce anche di utilizzare temporaneamente la moralità per trarne profitto da una scadenza breve. Chissà, forse nel futuro noi evolveremo in una nuova moralità basata su una scienza della rinascita.

D.: Io però sono indifferente alla questione della rinascita. Non si può essere buoni buddhisti anche senza credere nella rinascita o nel karma?

R.: Quando mai la sospensione della credenza è solo velata di incredulità? Forse è un tentativo di scappare dal dogma del buddhismo-e della moralità. Essere aperti alla possibilità della rinascita richiede una ragionevole mente aperta - non una mente chiusa. Almeno per me, è ragionevole accettare la rinascita anche solo perché il Buddha è una persona degna e personalmente lo verificò. Ma la Sua visione, come vedo, è pressocché quella di un incredulo! Ricordi che al tempo del Buddha, egli descrive le visioni di sei eretici con cui non fu d'accordo. Cinque degli eretici rifiutavano il karma e la rinascita. Si deve tenere presente che rinascita e karma sono integrativi al Buddhismo.

D.: Io non ritengo che essere buddhista equivalga ad essere atei. Il Buddha non ci chiese di accettare tutto ciò che lui disse come se fosse vero. Non è così?

R.: Si, sono d'accordo, ma egli ci disse anche di esaminare il significato delle sue parole con la saggezza intuitiva. Egli non ci suggerì di non credergli. Sarebbe assurdo! Immagini solo, se Lei vuole, dodici giurati agnostici!

D.: Proprio da poco ho finito di leggere il libro di Batchelor, ‘Buddhismo Senza Credenze’. Lui espone un caso eccellente per sospendere la credenza cieca. Lei non è d'accordo che noi dovremmo soppesare le asserzioni del Buddha secondo la logica e l’evidenza?

R.: Beh, secondo il Kalama Sutta che Batchelor cita all'inizio del suo libro, noi non dovremmo! Il perché egli usò questa particolare citazione per sostenere i suoi argomenti è oltre la mia portata. Il passaggio chiaramente dichiara che noi non dovremmo essere soddisfatti con la "inferenza logica" o “soppesando l'evidenza". D'altra parte, nella "Parabola del Serpente Acquatico" [Majjhima, 22] si afferma chiaramente che noi dovremmo esaminare il significato del canone con la "saggezza intuitiva". Devo dire però che tale saggezza è mistica.

D.: Qual è la comprensione della rinascita del Dark-Zen?

R.: Mi mostri la Sua faccia originale di prima che Lei fosse nato!

D.: Non posso!

R.: E poiché Lei non può, Lei sta continuamente reincarnandosi in forma umana alla quale al momento Lei è attaccato. Se, d'altra parte Lei potesse vedere il Suo 'volto originale', Lei non sarebbe rinato poiché la Sua faccia originale non è nata. Detto in altro modo, Lei sarebbe rinato nel 'non-nato’!

D.: Ma l'idea del non-nato è solo una fantasia. Questo è il mondo reale, no?!?

R.: Sì, se Lei è legato alla cognizione percettiva di cui questo mondo è fatto. Ma se noi andiamo oltre l'apprendimento percettivo, allora troviamo il non-nato. Ecco che qui è cessata l'opposizione tra percipiente e percepibile. L'unità originale della Mente è ripristinata. La dualità è terminata.

D.: Allora, qual è lo scopo di questa vita?

R.: Imparare molte lezioni. Ma soprattutto per vedere qual’era il proprio Volto Originale prima che si sia nati.

D.: A cosa somiglia il Suo Volto Originale?

R.: E’ uguale al Suo.

D.: E’ quello a cui Lei sta guardando adesso, con un naso su?

R.: Cosa c’è di più originale di quello? Infatti, inoltre ad un naso, sostiene anche il cosmo percepibile!

D.: La ringrazio.

R.: Non c’è di che!. 

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Un dialogo tra Maestro e discepolo

(Questa è una ricostruzione idealistica operata da ZENMAR)

 

Bodhidharma: Oggi tu hai visto la Mente che non fa parte di questo mondo.

Hui-k'o: E’ tutto qui? Ad esser sincero, io vedo la natura incorporea della Mente.  Io vedo che non è qui né là. Vedo che è smisurata. Ma mi sembra che vi sia molto di più da apprendere.

Bodhidharma: Sei saggio, o discepolo, a realizzare tutto ciò a questo stadio. Molti altri crederebbero di essere dei Buddha e se ne andrebbero via a predicare.  Ma essi sono poco saggi. Questa tua intuizione è solo l'inizio. Ecco perché ti do questa copia del Lankavatara Sutra, così un giorno tu potrai arrivare a vedere il mondo così come lo vede un Buddha.

Hui-k'o: Come vede il mondo un Buddha, differentemente da me?

Bodhidharma: Il Buddha ha convertito l'Alaya.

Hui-k'o: Cosa vuoi dire esattamente con il convertire l'Alaya?

Bodhidharma: Primo, è importante capire che l'Alaya è come un ricettacolo nel quale sono contenute e riprodotte tutte le apparenze possibili. Tutto ciò che noi percepiamo come esseri umani rimane impresso nell'Alaya. Ma l'Alaya non è nient’altro che l'aspetto contaminato della stessa Mente, per quanto noi ci si attacchi agli effetti come se fossero assoluti. Inoltre, a complicare la questione, quando la Mente è nella modalità Alaya, essa cade sotto l’obbligo di oggettivare forze di cui non conosce nulla, essendo incapace di comprendere pienamente che queste forze provengono direttamente dalla Mente. Ciò che da questo sorge è il mondo delle apparenze, sia esterno che interno, che è esso stesso mutualmente condizionato. Tenendo questo a mente, immagina di convertire questa percezione così da non essere più schiavo delle apparenze della Mente. A questo punto, tu realmente ti unirai con ciò da cui sorgono tutte le cose ed in cui vanno a cessare. In altre parole, tu diventi la Mente!

Hui-k'o: Da ciò che tu hai detto, Maestro, penso che la mia realizzazione fosse semplicemente un flash intuitivo nell'aspetto purificato dell'Alaya, è giusto?

Bodhidharma: Sì, hai ragione. Ma piuttosto di questo acume, che non è nulla, tu hai concepito l'embrione del Tathagata nell'utero-Alaya. E se continuerai a nutrire questa santa concezione senza errori, alla fine genererai Bodhicitta, diventando un vero Bodhisattva.

Hui-k'o: Anche se sento che qualcosa di meraviglioso mi è accaduto, io percepisco ancora il mondo nella stessa maniera. Cambierà tutto questo, un giorno?

Bodhidharma: Sì, un giorno cambierà. Per esempio quando rompi l'incantesimo della tua percezione visiva, tutto ti sembrerà come le immagini in uno specchio. Ma, nel frattempo, la tua visione resta bloccata da 4 cose. La prima è che tu credi a ciò che vedi; mentre tutto è soltanto un'illusione ottica, come le immagini prima che appaiano sul retro dei tuoi bulbi oculari. La seconda, è che tu sei abituato alle idee basate sulla credenza che tutto sia reale. Terza cosa, tu sei imprigionato nell'organo stesso della vista, e non hai idea di come rompere il suo incantesimo.  Infine, la quarta, Tu sei attratto da quello che vedi e così sei incatenato con una sorta di amore per il mondo visibile.

Hui-k'o: Ma, Maestro, tutto sembra così reale!.

Bodhidharma: Ciò che a te vedendolo sembra vero, è dovuto al processo di reci-proco condizionamento tra percipiente e percepito. In passato, quando tu eri investito nel mondo dell'occhio e delle sue idee, non comprendevi che la sorgente delle immagini del tuo occhio non è un'immagine; col tempo tu, come tutti, sei diventato gradualmente dipendente da ciò che originava nella coscienza visiva, non conoscendo altro modo di vedere. Ora, prova a fare questo: guarda il muro di questa caverna. Ora, premi il dito indice sul tuo occhio destro, muovi dolcemente il bulbo oculare e dimmi quello che vedi.

Hui-k'o: E’ strano, Maestro. Ma appena avvicino dolcemente il dito al mio bulbo oculare che guarda il muro della caverna, tutto il muro si muove. E, come guardo l’altare esso pure si muove, come si muove il tuo corpo.

Bodhidharma: Cosa ti dice questo?

Hui-k'o: Che quello che io vedo è prima visto nell'organo dell’occhio; che quello che io vedo essere lì; non è realmente lì.

Bodhidharma: Puoi vedere ciò che fa sì che l'immagine del muro della caverna appaia sul tuo occhio?

Hui-k'o: Ma ciò che io vedo non è la stessa cosa del vero muro della caverna da cui l’immagine viene?

Bodhidharma: Come puoi saperlo? La luna nell’acqua è precisamente la stessa come quella lì sopra? E l'immagine del mondo che tu vedi, è la stessa come quella dell'immagine che appare?

Hui-k'o: No. Ma ora se tutti i sensi sono come la coscienza visiva, cosa resta di tutto questo?

Bodhidharma: Questa è la coscienza-Alaya che io sto tentando di spiegarti. Ma ora voglio che tu mi guardi sedendoti qui. Vedi forse uno vestito da monaco?

Hui-k'o: Sì, Maestro, lo vedo.

Bodhidharma: Senti la mia voce?

Hui-k'o: Sì, Maestro, io posso sentire la tua bella voce, così piena di Dharma.

Bodhidharma: Hui-k'o, per favore, capisci che io non sono nel corpo che tu vedi davanti a te. Io sono completamente staccato da esso. Come una fiamma emessa dal suo combustibile, il mio ‘dove-sono’ non può essere percepito – eppure l'immagine che tu vedi, insegna il Dharma tramite questo corpo materiale.  Com’è meraviglioso! Io sono in grado di usare questo corpo, ma non di essere usato da esso. Diversamente dalla comune maggioranza dell’umanità che viene usata dalle necessità del corpo e di conseguenza entra nel samsara, io rimango nel nirvana che è perfettamente libero e distaccato. Senza indugi, prendi questo Sutra e vai a ritirarti nella foresta studiandolo per venti o più anni. 

Hui-k'o: Sì, o Maestro, farò come hai detto. Te lo giuro.

Bodhidharma: Bene, Hui-k'o. Stai facendo felice il tuo vecchio Maestro. 

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

 buddhismo Zen Mistico  

 

La mèta del buddhismo Zen è il realizzare l’unione mistica con la Mente-Buddha, perché la Mente di Buddha è la base di ogni esistenza. Nel fare questo, lo Zenista arriva a vedere che, per lui, tutte le cose sono nate da questa Mente; e che infatti, tutte le cose sono congiunte nella Mente-Buddha, avendo il loro vero inizio e fine in essa.  

Lo Zenista è un individuo che si sforza fiduciosamente per realizzare la Mente di Buddha, studiare il canone buddhista, e praticare molte forme di meditazione. Alla fine, lo Zenista percepisce in un senso molto reale ciò che davvero intuì il Buddha quando fu illuminato. È il pieno e completo ricordo della natura ultima della esistenza. Identificandosi intuitivamente in modo diretto con questo misterioso principio che è increato, lo Zenista scopre che egli è sempre stato uno con questo principio misterioso.  

Questa percezione intuitiva, di solito chiamata col suo nome giapponese 'Satori', è un risveglio mistico ed indescrivibile che trascende il pensiero umano e l'esperienza sensoriale. All’improvviso, lo Zenista riconosce che fin dall’inizio egli non è stato mai realmente separato dalla Mente di Buddha. Inoltre, lo Zenista comprende che il sonno dell'ignoranza era causato dal suo continuo attaccamento a ogni tipo di fenomeni, dalle manifestazioni grossolane fino alle manifestazioni estremamente sottili, incluse anche le cosìddette esperienze religiose.  

Realizzando la Mente-Buddha, alla fine lo Zenista diventa, in un modo davvero so-stanziale, distaccato dal suo corpo illusorio. In tal senso, nel buddhismo, il distacco va oltre la nostra più profonda comprensione ordinaria che il termine può avere. Nel suo senso più pieno, il distacco suggerisce la disincarnazione, cosicché lo Zenista alla fine arriva a trascendere il suo corpo mortale, così com’è, dimorando in un altro corpo più perfetto e non sottoposto a generazione samsarica. Nella totale Illuminazione, lo Zenista arriva a vedere il corpo mortale come vuoto ed inconsistente.  

Quanto al Sentiero Unico del buddhismo Zen che rende possibile allo Zenista di risvegliarsi alla Mente-Buddha, la Via dello Zen permette di rimuovere l'illusione che non si sia già raggiunta la Mente di Buddha. In più, si ritiene che tale sentiero liberi lo Zenista da ogni dipendenza del sentiero stesso, perché un Sentiero esiste in base ad una meta che ancora non è raggiunta. Ma quando la meta è raggiunta, il precedente Sentiero perciò diventa non più necessario. Riguardo alla dipendenza del Sentiero, molti praticanti buddhisti prendono il Sentiero per la mèta, confon-dendo la ricerca della saggezza col suo effettivo possesso. Alla fine, si comprende che colui che segue il Sentiero e colui che crea il Sentiero, cioè la Mente-Buddha, sono la stessa e unica persona. 

Per concludere, ad un livello mistico, proprio come il corpo misterioso del Buddha che egli ottenne molto tempo fa dopo la sua propria Illuminazione, similmente lo Zenista acquisisce un corpo spirituale con trenta-due segni di eccellenza, analogo ad una cotta di maglia, brillante come la luna nel mese di Karttika (Il Mahavastu).