LA COSCIENZA-PADRONE - di Aliberth

(INCONTRO DEL 15/1/2001- al Centro Nirvana di Roma)

 

Questa sera tenteremo di fare una verifica a 360° del nostro universo interiore e di come abbiamo imparato ad utilizzare il metodo Ch’an. Potremo così davvero cogliere questo misterioso essere nascosto e distinguerlo dall’apparente individuo che risponde al nome, cognome e identità di noi stessi.   C’è un espediente per distinguere queste nostre componenti della persona. Lo scorso anno le abbiamo chiamate “Padrone” e “Servitore”. Il Padrone sta sempre nell’ombra, al riparo dentro la sua casa mentre il servitore se ne sta fuori della porta, a farsi vedere in ogni occasione. Il Padrone, essendo nascosto, non è visibile nella condizione ordinaria. Nella nostra abituale condizione di esistenza, ciò che è sempre visibile è la pseudo-persona in cui siamo abituati a riconoscerci, in altre parole l’Io che, quindi, possiamo identificare col servitore. Il vero Padrone di casa può essere conosciuto per contrasto, distinguendolo da ciò che non è l’Io, perciò sarà più opportuno identificarlo con la Coscienza.

Cominciamo intanto, a far subito conoscenza con quella parte della persona che risponde al nome di “ Io” e che sappiamo essere il servitore, così da poterne avere una certa confidenza,. L’Io ineluttabilmente ha una sua qualità di essere piuttosto subdolo, perché avendo rubato la scena alla Coscienza-Padrone, cerca sempre di presentarsi in sua vece. Noi, però, lo identifichiamo senza indugio, mettendogli una lampada sul viso, proprio come la polizia fa con un prigioniero. Le due occasioni in cui l’Io può essere facilmente smascherato sono le fasi di inten-zione e di reazione. Come si può benissimo capire, l’intenzione è quella volontà mentale precedente allo stato di azione, mentre la reazione è successiva anche se, spesso, è l’effetto di una non-azione.

Ciascuno di noi può cogliere, all’interno della propria struttura mentale, una scala di valori cui, più o meno, tutti ci atteniamo e verso cui siamo pressappoco impostati e aderenti. Non sempre questa scala di valori coincide per tutti, in egual misura, anzi spesso è assai diversa tra un individuo e l’altro, ma ciò che importa, è che ognuno possa esserne cosciente. La scala di valori in questione, è la sostanza della nostra intenzionalità e delle motivazioni preventive. Perciò, l’Io si manifesta, sorge e fuoriesce, in questa fase primaria, per mezzo dell’intenzione. Che poi, questa intenzione sia positiva o negativa, rivolta verso le cose spirituali o verso quelle mondane, che sia egoistica o altruistica, non ha molta importanza per il suddetto Io. L’intenzione è sempre e comunque generata dalla struttura costitu-ente il soggetto egoico, cioè dalla precisa volontà dell’individuo, in quanto tale.

Quindi, premesso che questa fase è comune a tutti gli individui in forma di energia, anche se può essere differente nella qualità, resta il fatto che un certo Io fuoriesce. Esso sorge dallo stato di stasi, dal nulla, da una specie di coscienza-deposito (Alaya) in cui torna poi a rifugiarsi, quando la sua presenza non è più necessaria o irrinunciabile. Ora, però bisogna ammettere che le condizioni in cui l’Io non è presente non sono invero afferrate dagli individui ordinari. Perciò, si può dire che, normalmente, l’intenzionalità e l’occasione, per la partecipazione dell’Io sugli scenari del nostro mondo raramente registrano una situazione di assenza.

Ecco che, qui possiamo già fare un approfondito esame di coscienza su di noi, passando in rassegna quali siano le occasioni intenzionali, in cui il nostro ‘Io’ si manifesta irrefrenabilmente. Si dice che l’Intenzione sia la punta della freccia del desiderio. Però, questa freccia, se veramente vogliamo, possiamo prepararla ma non scagliarla. Se la persona ha cominciato un lavoro su di sé ed è riuscito a stabilire una buona dose di autocoscienza che indaga i movimenti energetici della propria psiche, può cogliere distintamente sia la motivazione che l’intenzione. Se è capace, quindi, di cogliere la propria intenzione, questa persona può capire e comprendere che questa freccia, venendo scagliata, può diventare negativa e, decisamente, può decidere di impedire che questa freccia parta dalla sua mente.

Di conseguenza, questa è la prima vera condizione in cui si possono bloccare gli effetti disastrosi dell’Io, allorché vanno ad alimentare la carica negativa del karma, con cui dovremo poi, noi stessi, farne le spese. Già qui possiamo vedere l’intervento della Coscienza, che è appunto il Padrone, sull’operato dell’Io, servitore sconsiderato della nostra auto-natura. Tralasciamo, per ora, la fase che passa tra il sorgere dell’intenzione e la sua messa in atto, cioè l’azione o la non-azione. Veniamo, quindi, alla conclusione del processo, cioè la fase della possibile reazione che, come abbiamo visto, può sfociare in un effetto di azione o anche di rifiuto dell’azione. Anche questo punto del processo è assai importante, perché l’eventuale mancato intervento a monte della Coscienza-Padrone, se non siamo stati capaci di cogliere e controllare la partenza della freccia, può essere in qualche modo raddrizzato nella fase finale del processo. Abbiamo una specie di seconda possibilità di interrompere la malvagia spirale del karma negativo. Appunto cogliendo, incanalando e, direi anche superando il coinvolgente momento in cui la causa, attivata dalla motivazione-intenzione, si trasforma in effetto o risultato dell’azione.

E’ chiaro che, soprattutto in questa fase di reattività, deve essere presente la Coscienza, in veste di supervisore plenipotenziario cui, ormai, dovremmo aver dato l’incarico di essere il Padrone assoluto del nostro essere. E’ evidente, perciò, che se non abbiamo liberato e, in qualche modo, dato spazio al sorgere di questa Suprema Coscienza nella nostra mente, il lavoro che stiamo descrivendo non potrà essere eseguito in nessuna delle due occasioni. Premesso che il compito più agevole, per la Coscienza, è quello di intervenire all’origine del processo, qui si vuole spiegare che vi è ancora questa possibilità d’intervento all’atto del compimento conclusivo dell’azione karmica. Cioè, è possibile mitigare la portata e l’obbligo del pagamento dell’effetto karmico da parte nostra. Noi, di solito, non ci rendiamo conto che la reazione, così come l’intenzione, passa attraverso una forte costrizione da parte del pensiero. C’è un moto interno che fa da corona ad ogni nostro coinvolgimento come persone, e l’Io se ne impadronisce giudicando “reali” le relazioni che attivano questi coinvolgimenti.

Possiamo cogliere le nostre reazioni, psicologicamente parlando, soprattutto nella vita di tutti i giorni, quando per esempio entriamo in contatto con situazioni frustranti o con sottomissioni ‘obtorto-collo’ a rapporti non graditi o contro la nostra volontà. Possiamo facilmente cogliere le reazioni della nostra personalità e del carattere quando i contrasti con l’ambiente circostante sono motivati da una discordanza di pensiero. Allora diamo il via alle nostre reazioni e mettiamo tutta la nostra energia per controbattere, e manifestare, forzatamente, le nostre opinioni.

Quelle che, invece, non riusciamo a vedere, e spesso ciò provoca danni anche più pericolosi, sono le piccole reazioni continue, magari non drammatiche e, appa-rentemente non conflittuali, che avvengono continuamente nella nostra mente. La reazione è il momento in cui la mente aderisce ad una situazione “sentita”, ritenuta vera e “reale” e percepita come fuori di se stessa. Già questi pre-concetti sono considerati, dal punto di vista dello studio dell’Io da parte del Ch’an, come fasi reattive altamente pericolose e causa di retribuzioni karmiche fortemente negative. Nello Zen, e purtroppo solo per chi è adatto ad esso, si cerca di guidare le menti umane alla fase dell’imperturbabilità, del distacco e, quindi, della non-reazione.

Tutte belle parole che, però, se non vengono realmente comprese e messe in atto non possono influire sulla condizione degli esseri umani. La non-comprensione e non-realizzazione di questi profondi insegnamenti, costringe la mente a funzio-nare nel modo aberrante delle persone comuni che quindi, oltre a non esimersi da quei negativi pre-concetti, sono costrette a soccombere e dover subire gli effetti karmici, cui non possono assolutamente sfuggire. Effetti quali la paura, il sospetto, l’agitazione mentale, la sofferenza, i dubbi, le insicurezze, la convinzione che vi sia sempre qualcuno pronto a minacciarci, insomma tutto quello che rende difficile la vita e obbliga le persone a cercare una via di scampo. Tutti siamo comunemen-te d’accordo quando pensiamo: -Devo essere più distaccato, più libero, devo aderire meno alle cose!- però poi, non sapendo a quale punto della nostra attività mentale inserire questi correttivi, precipitiamo ineluttabilmente verso le condizioni di infelicità.

Per poter giungere a stabilire in noi stessi queste prero-gative di distacco, di equanimità, di non-aderenza alle cose esterne ed alle conseguenti reazioni, dobbiamo necessaria-mente ascoltare, imparare e mettere in atto le ingiunzioni del Ch’an. E questo, dobbiamo farlo in un totale silenzio della nostra mente, sempre così chiacchierona, turbolenta e contestataria. Non è sufficiente mettersi seduti e far finta di meditare, credendo che la mente, rilassandosi, possa ottenere la CONOSCENZA dei suoi problemi! Questo potrà accadere SOLTANTO dopo che sarà stato fatto il necessario tirocinio, più o meno lungo. E potrete accorgervene da soli, che il tirocinio è terminato, quando la vostra mente non reagirà più, pur trovandosi in presenza delle stesse condizioni, in cui prima reagiva con tanta forza.

Se non applicheremo, con umiltà e obbedienza, le compassionevoli istruzioni del Ch’an, non sapremo come e quando attivare questi correttivi e potremmo rischiare di attivarli prima che servano, oppure in momenti inadatti o non favorevoli al loro funzionamento. Una vera e perfetta meditazione deve essere impostata con questi criteri essenziali. Prima di tutto la persona deve imparare ad eliminare i suoi difetti mentali, inevitabili e tipici di ogni persona ordinaria. Quando questa persona avrà imparato a non far reagire la sua mente nei confronti delle cose che la stuzzicano e quando non aderirà più a questi comandi inconsulti della propria mente, allora potrà passare alla fase meditativa del silenzio. Gli antichi maestri Cinesi dicevano: - Non vi può essere buona meditazione senza, prima, una buona preparazione Ch’an!.- Coloro che vogliono entrare nella casa della meditazione, senza prima aver imparato a far tacere la loro mente, andranno incontro a sicuro insuccesso e non potranno aspirare alla pratica liberatoria del Ch’an.

Pertanto, affinché questa non sia soltanto una semplice chiacchierata formale, è opportuno che voi impariate a far emergere, senza tentennamenti, la vostra Coscienza-Padrone. E’ necessario saper ascoltare, con la mente silenziosa e vuota, questi insegnamenti che provengono dalla antica Saggezza dei maestri Ch’an. Ascoltando questi consigli, voi non state ascoltando il mio parere, le mie opinioni, o ciò che pensa la mia mente. Già prima di voi, per decenni, io ho dovuto educare le reazioni della mia mente personale. Ma solo quando ho imparato a farla tacere e vi ho inserito le direttive sublimi della Dottrina, che parlano al mio posto, solo da allora la mia mente è diventata uno strumento di propagazione del metodo salvifico che porta la pace nella mente.

Ecco, perché bisogna essere molto attenti alle situazioni di reattività sottile, in cui la nostra mente reagisce senza che noi ne siamo consa-pevoli. La fase reattiva è percepibile ogni volta che può essere colta una increspatura della mente, cioè un pensiero discordante o contrastante. A quel punto, entra in campo il senso dell’Io che giudica e stabilisce il suo intervento opposi-torio, normalmente aggressivo, e immediatamente si crea la disarmonia ed il disaccordo. Anzi, in realtà l’Io era già pronto ed il suo proporsi ormai non è più evitabile, proprio perché l’assenza della Coscienza autoosservante non può impedire l’entrata in scena del subdolo servitore.

L’Io segue delle tendenze inveterate che lo hanno costretto ad essere com’è, misconosciuto a se stesso, in costante conflitto nei riguardi di altri supposti ‘Io’, ma molto efficace nel proprio movimento funzionale. L’energia con cui l’Io si alimenta, è succhiata e rubata alla energia primordiale della Coscienza, e diventa la sua forza difensiva per poter adoperare la sua funzione meccanica. In pratica, il servitore usurpa le ricchezze del Suo Padrone e se ne serve, a suo piacimento, proprio per impedire che l’essere vivente possa conoscere la sua vera Identità. Per questo motivo l’essere umano, carnefice e vittima di se stesso, si dimena inconsapevolmente tra brevi felicità effimere e pesanti conseguenze dolorose, di cui non può facilmente liberarsi. Ecco perché l’Io può imperare soprattutto nelle persone che non fanno una vera pratica meditativa, che vivono una vita in modo totalmente coinvolgente, senza nessuna possibilità di distacco. Soltanto l’auto-osservazione coscienziale, con la coscienza che indaga e coglie queste fiammate diaboliche dell’Io, può interrompere e mitigare questa tragica abitudine, così ne-fasta per queste persone in-coscienti.

Dunque, con un potente stato di Coscienza finalmente manifestato, non avremmo difficoltà per sconfiggere il nostro principale e più mortale nemico, cioè l’infingardo Io, mentre con la totale in-coscienza gli permettiamo di poter vivere da usurpatore finché la nostra ignoranza glielo permetterà. Ricordate la storia dell’Abate e del Samurai che voleva ucciderlo? L’imperturbabilità dell’Abate di fronte alla minaccia di morte, fece restare perplesso il Samurai che, alla fine, consapevole di trovarsi davanti ad un santo venerabile, rinunciò ad ucciderlo ed, anzi, si prostrò ai suoi piedi. Riusciremo, noi, ad avere questa enorme forza di coscienza? E’ ovvio che questo esempio è una descrizione di chi è arrivato al termine del suo lavoro, e non può ancora essere la nostra situazione, seppur auspicabile. Però, possiamo misurarci con le nostre situazioni del quotidiano che, per fortuna, non sono così drammatiche.

Tuttavia, anche la somma ripetuta dei nostri piccoli drammi quotidiani, continua a costringere l’Io ad essere sempre così battagliero, così corazzato, soprattutto così infido e sfuggente alla Coscienza. La quale Coscienza, se non ha potere di inter-vento e ridimensionamento sull’Io, non potrà venir alimentata a sua volta. Mentre si rafforza l’Io, non si fortifica la Coscienza, e viceversa. Ecco perché è importan-tissimo applicare l’istruzione e la conseguente meditazione. Il Ch’an, ovvero la Via dell’autoconoscenza, ha principalmente lo scopo di indagare a tutto campo il funzionamento della nostra intera persona (mente, corpo, spirito), benché in effetti sembri privilegiare la mente, che è la causa degli altri due.

Vorrei concludere con una frase che risulta essere sempre congeniale, a questo punto: - Se, nella nostra vita, non arriviamo ad avere il dono dell’insegnamento del Ch’an, o se non siamo capaci di comprenderlo, difficilmente potremo aspirare alla felicità ed alla liberazione. Per far sì che questo lavoro finalmente funzioni e ci riveli la nostra Illuminazione, che è appunto presente nel momento in cui vediamo il nostro Io, dobbiamo necessariamente amplificare e fortificare il Padrone, cioè la Coscienza Assoluta!. Dobbiamo anche sapere, per il nostro personale benessere, che quando la mente non è mantenuta nella consapevolezza, noi siamo costretti, a causa della mente dell’Io che usurpa e trafuga il potere dell’energia, a sottostare ed a subire gli effetti del karma personale. Questo vuol dire che il karma nefasto e inevitabile viene proprio attivato dalla mancanza di consapevolezza. Se alla Coscienza-Padrone viene permesso di ristabilirsi nella sua sede naturale, cioè la nostra mente, di fatto si annulleranno gli effetti karmici del passato, del presente e del futuro. Provare per credere.

Perciò, nel momento stesso in cui ci sale in gola la parola “Io”, fermiamola; fermiamoci ad osservare cos’è che si mette in moto, chi è che istintivamente risponde a questo comando. Se scopriamo che, in noi, c’è un’altra energia che può mettersi a cercare l’Io, allora questo sarà il punto di svolta. Siccome l’Io non può cercare se stesso, chi è che si mette a cercare l’Io? E quale sarà l’effetto di questa ricerca? Come detto poc’anzi, alcuni effetti saranno certamente graditi, ma non bisogna pensare di voler applicare la pratica di Consapevolezza soltanto per alleggerirsi il karma negativo. Primo perché, se fatta con questo scopo, la pratica non funzionerebbe in quanto, come appare evidente, sarebbe ancora soltanto l’Io a manovrare tutto. E secondo, perché, se non siete abili nel cogliere l’Io proprio in questi momenti subdoli, allora significa che il vostro Io è così potente, così radicato, così invadente, da non permettere per ora il reintegro della Coscienza-Padrone. Perciò, sarà meglio cominciare a darsi da fare per smascherare questo nostro servitore-despota, unico vero responsabile dei nostri guai. Applichiamo il metodo “hua-tou” del chiederci costantemente: - CHI? -. Chi è che pensa? Chi è che parla? Chi è che agisce? Questi sono i “koan” da studiare durante tutte le nostre giornate, per il periodo che non ci vedremo e fino al prossimo incontro. Chi di voi, riuscirà a risolvere questi misteriosi arcani? Coloro che vi riusciranno, troveranno la serenità. Che la pace sia con voiJJJ

§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

 

 

torna indietro  E