IL POTERE DEL CH'AN    di Aliberth

(INCONTRO tenuto al Centro Nirvana il 27/12/1999)

 

 Il Ch'an (o Zen), al contrario di quanto spesso si pensa, non è un’ossessiva ricerca di poteri, ma solo una riscoperta di quelli che già si possiedono; una visione consapevole di ciò che siamo sempre stati, e di ciò che abbiamo sempre fatto in modo istintivo, automatico e non cosciente. Per esempio, chi ha mai considerato la nostra innata capacità di tradurre in significati comprensibili tutti gli eventi di cui veniamo a conoscenza? Normalmente in questa vita viene dato tutto per scontato: il movimento articolato delle nostre labbra che esce da noi in forma di parole, il potere dell’orecchio capace di farci percepire tali suoni, la facoltà intellettiva del cervello che riesce ad eseguire innumerevoli operazioni mentali.

   Ancora, chi può considerare miracolosa la mobilità dei nostri arti, capaci di farci andare di qua e di là, di prendere oggetti, di saper usare una penna e di portare il cibo alla bocca? Sono moltissimi i poteri innati della nostra mente che noi incarniamo inconsapevolmente. Soprattutto siamo inconsapevoli della nostra vera natura e poiché ci basta vivere oggettivamente, non sentiamo mai la necessità di chiederci come e perché tutte le meraviglie del nostro esistere possano funzionare in tale modo.   Insomma, abbiamo da sempre un’infinità di poteri sottovalutati e, tutto ciò, fin dall’inizio della nostra esistenza… Eppure, tutte queste meravigliose possibilità, e tante altre ancora, non vengono mai prese in considerazione. Gli ignoranti cercano sempre qualche nuovo potere presso chissà quale Entità collocata in chissà quale spazio al di fuori di loro stessi. Non riescono nemmeno a capire che il potere, ogni tipo di poteri, può soltanto provenire dall’interno di se stessi.

   Se in noi non vi fosse un Centro di Coscienza, capace spontaneamente di tradurre in immediata comprensione tutti i segnali che giungono ai nostri sensi, come potrebbero esservi queste potenzialità di cui abbiamo parlato? Perciò, il magico erogatore del potere deve necessariamente essere già all’interno del nostro Intimo ed universale Sé. Ad esempio, se in questo momento io faccio così…(Alberto solleva un libro), nella vostra mente si forma immediatamente il significato di ciò che state vedendo. Avete capito? Lo Zen è questo!

   Il Ch'an (o Zen), è questa comprensione sintetica ed immediata di CIO’ che è, senza che nessuno debba darci indicazioni o spiegazioni di nessun genere. Alla fine, può sembrare perfino molto semplice ed ingenuo ed, in effetti, il Ch'an non è per niente così complicato o impossibile come sembra a prima vista. Difficile può essere semmai la corretta comprensione di ciò dato che, spesso, noi umani abbiamo reso complicato ciò che era semplice e viceversa.  Il Ch'an è il lavoro che fa riaffiorare il potere sommerso della nostra coscienza, soffocata da miliardi di meccanismi ripetitivi e da continue abitudini inveterate dell'ordinario comportamento mentale. Se ciascun individuo avesse, anche una sola volta, una veloce visione di Sé in ogni istante della sua vita attiva, come sarebbe diverso il mondo degli umani! Non si può nemmeno immaginare come sarebbe diverso un mondo vissuto con questa intima sensazione della propria visione autocosciente. Si dovrebbe soltanto pensare che se fossimo già spontaneamente consapevoli del nostro proprio esistere, la vita ne verrebbe completamente ribaltata e trasformata; la nostra esistenza sarebbe direttamente un ESISTERE totale e, quando dico totale, vuol dire proprio TOTALE! Potremmo cogliere l’intero campo dell’esistenza, in cui TUTTO esiste nel suo modo di esistere!

   Con la Conoscenza di Sé auspicata dal Ch’an, vi sarebbe un’autentica conoscenza diretta di tutto ciò che esiste, come un processo omeopatico di fusione e integrazione assoluta. Non ci sarebbe più bisogno di chiedere nulla a chicchessia perché, chiunque fosse questa persona potrebbe essere soltanto il nostro SPECCHIO!. Pensate ad una goccia del mare, se sapesse che tutto il mare è composto di tante altre gocce simili in tutto e per tutto a se stessa, si sentirebbe forse soltanto una goccia di mare? No, essa non potrebbe fare a meno di sentirsi proprio il Mare stesso! Così sarebbe per gli esseri umani che, arrivando a conoscersi come UNITA’, non potrebbero più sentirsi semplici individui singoli e a sé stanti. Con lo stesso procedimento, potrebbe essere selezionato ogni gruppo di cose che potrebbe essere ricondotto ad un unico INSIEME elementare, posto sotto il termine di ESISTENZA UNIVERSALE. Sicuramente anche tutto il genere umano cadrebbe sotto l’identico insieme e, quindi, si potrebbe tranquillamente affermare che anche noi, in realtà, siamo soltanto Quell’Unica Esistenza!

    Con la comprensione di questa verità e dopo aver fatto il lavoro meditativo precedente e conseguente, istantaneamente la nostra mente potrà essere la MENTE ZEN, cioè una mente non più solamente individuale e non più prigioniera della concettualità. La mente concettuale si metterà, che so, in una ipotetica tasca per uscirne solo quando serve che venga usata, mentre la Mente Zen, essendo libera e totale, sarà il nostro ESSERE REALE, non più condizionato dall’esistenza schematizzata dalle attuali strutture sociali del mondo. Si potrebbe ipotizzare una Società di supermenti, collegate insieme in un superalveare umano completamente spiritualizzato: pensate quanti vantaggi se ne otterrebbero, sul piano della governabilità di questo Pianeta.

   Dentro di noi, dentro ciascuno di noi, esiste già la Mente Zen. Come fare allora per farla emergere, per farla combaciare con ciò che siamo in questo momento? La risposta è facile: con la meditazione contemplativa del Ch’an. Il metodo Ch’an richiede <soltanto> un’assidua e costante consapevolezza meditativa, una continuata osservazione della nostra intera persona. Non più e non solo il nostro guardare qua e là, l’interessarci stupidamente a questo ed a quello e quindi essere totalmente estrovertiti all’esterno, ma “sentire” una forte compenetrazione nei confronti di se stessi, essere centrati sul proprio Sé, anche quando i nostri sensi vagano all’esterno! In parole povere, per spiegare ciò che accade durante l’esecuzione della pratica del Ch’an, mi limiterò a darvi alcune precisazioni. Quando la mente “normale” vede qualcosa all’esterno per mezzo del senso della vista, resta totalmente presa e soggiogata dall’oggetto o dalla persona che sta osservando. Questo è uno dei motivi per cui la mente ordinaria è costretta ad essere così estrovertita. Con la mente Zen instaurata dalla pratica Ch’an, la persona che guarda qualcosa intorno a sé, vede in primis, se stessa che sta operando la visione al di fuori di sé. Così l’energia primaria dell’informazione e dell’esperienza resta ferma ed incollata sul proprio essere; l’energia rimane trattenuta sulla propria entità.

   In questo modo, quando vedo, o ascolto, o tocco qualsiasi cosa, accade in realtà che io vedo ME che vede, me che ascolta, o tocca qualsiasi altra cosa. Questa è l’Autoconsapevolezza spiegata ai profani, la vera CONSAPEVOLEZZA spirituale. Perciò è chiamata anche AUTOCOSCIENZA. Facciamo un ulteriore esempio: se ora vi impongo di puntare il vostro dito indice verso voi stessi, chi di voi capirebbe il significato di questo gesto? La maggioranza delle persone si limiterebbe a guardare la punta del proprio indice. Un praticante in possesso della mente Zen, invece considererebbe come oggetto dell’osservazione, proprio SE STESSO, in quanto è esattamente ciò che viene indicato! Questo è il vero POTERE dello Zen: riportarci inesorabilmente a noi stessi, come valore primario di ogni esperienza.

   Certamente la prima volta che sentiamo questi insegnamenti, direttamente derivati dalle esperienze dirette dei Patriarchi Ch’an del passato, essi potrebbero stravolgere il nostro consueto modo di pensare. Imparare a comportarci in un modo totalmente diverso nei confronti dell’attenzione data alle cose esterne, può fare un certo effetto. Ma poi, con la pratica applicata costantemente, non è più una cosa così astrusa.  Questi nuovi processi diventano il nostro nuovo modo di continuare ad avere la relazione con i nostri simili e con il resto del mondo.

    Cosicché, Voi, proprio qui e adesso che state ascoltando, provate ad interrogarvi interiormente per sapere “Chi è che sta ascoltando” le mie parole. Proprio qui ed ora in questo momento, rivolgete la vostra attenzione sul vostro senso dell’Udito. Questo è il metodo, detto di Avalokitesvara, di mantenere costantemente l’attenzione rivolta a se stessi, per cogliere l’essenza del senso dell’udito. Allorché, questo metodo, sarà diventato automatico e spontaneo, avrete raggiunto l’Illuminazione. Questo è il fine e lo scopo del Ch’an: Illuminazione e Realizzazione per mezzo dell’Autocoscienza!

   In questo preciso momento, voi non dovreste vedermi come una persona ordinaria che sta parlando a persone ordinarie, ma come <Coscienza che parla alla Coscienza>, altrimenti si ricade nella malvagia spirale del Regno della Forma. Perciò, anche questo è un altro efficace metodo per arrivare all’Illuminazione: Realizzazione per mezzo del senso della vista. Come si vede, i nostri sensi, pur essendo illusori nella loro natura essenziale, possono permettere alla nostra mente la presa di coscienza diretta.  Giungere a questa consapevolizzazione diretta delle esperienze sensoriali, viene ritenuta essere la porta principale per arrivare alla Illuminazione. Con la comprensione del Potere del Ch'an (o Zen), la forma è vista soltanto come un piacevole gioco dell’energia; ma poiché, a volte, essa può essere anche spiacevole, chiamiamola perciò soltanto un gioco dell'energia. L'energia nelle sue varie manifestazioni genera la forma e la non-forma. La forma è ciò che ci appare momentaneamente in ogni istante, mentre la non-forma è la forma che è già sparita, che apparirà in seguito o anche che potrebbe non aver mai apparizione. Entrambe esistono in modo superficiale e relativo, ed è proprio per questa loro caratteristica di apparire soltanto temporaneamente, o di non apparire affatto, che la realtà dei fenomeni mondani viene dichiarata dal Ch'an (o Zen) come una… realtà illusoria. Ma tutto ciò è chiaramente comprensibile ad una mente che, grazie al Potere del Ch'an, acquista essa stessa il potere della perfetta Comprensione della Verità.       

… In ogni caso, la nostra mente umana ordinaria quando vede le forme, le ritiene “realmente esistenti”, mentre ritiene non-esistenti le 'non-forme' in quanto non ne ha conoscenza. Il Buddhismo dichiara che sia le forme sia le non-forme, entrambe non sono esistenti realmente ed intrinsecamente. Il Ch’an va persino oltre. Nel Ch’an si afferma che tutti i fenomeni, con forma o senza forma, passati, presenti e futuri, le persone, i pensieri, tutti i tipi di mondi, ecc. non sono realmente esistenti. E neppure sono non-esistenti. Ma neanche sono esistenti e non-esistenti contemporaneamente, malgrado che questa sia proprio la loro verità relativa, così come appare alle nostre menti.

   Ora, tutte queste concezioni iperfilosofiche e metafisiche possono lasciarci alquanto interdetti, ma il punto importante per il Ch’an, è che la mente non dovrebbe assolutamente perdersi in questi sofismi inutili. La negazione di esistenza e non-esistenza dei fenomeni non mira a prendere una posizione indiscutibile, ma soltanto ad eliminare dalla nostra mente ogni inutile controversia che non è per nulla utile allo scopo della salvazione.

   La mente Zen comprende sinteticamente tutte queste teorie: non ha necessità di riferimenti filosofici per capire che, oltre a ciò che noi percepiamo come forma, l’esistenza non può essere limitata alla sola forma, così come non può essere limitata alla nostra sola specie umana ed alla vita su questo pianeta. L’esistenza è un campo di Pura Energia: alcuni possono chiamarla Dio, altri Natura, altri ancora la chiamano il "Sé". Noi, seguaci del Ch’an, preferiamo non etichettarla, o al massimo la chiamiamo L’Inconcepibile, la NON-MENTE o il SENZA-NOME.

    In qualunque modo la si voglia chiamare, ciò che è importante da dover capire è che QUESTA COSA è la Realtà, è la parte protesa in avanti della Verità Assoluta, anche se è inconoscibile dalla mente umana. E’ come una grandiosa, immensa aurora boreale che manda la sua luce, senza che si possa vederne l’origine. È la nostra Mente Fondamentale, l’inconcepibile Sorgente dell’Essere e dell’Esistenza di tutte le cose. E’ l’Assoluto Potere che sparge la sua inesauribile funzione a tutte le menti dell’Universo.

   Così il mondo, le forme, gli elementi della natura, la mente umana e le caratteristiche psicofisiche delle forme viventi sono tutti la manifestazione di questa Realtà ed il solo modo per arrivare a conoscerla, passa per il segreto sentiero interiore della Meditazione. Dentro di noi vi è il Potere che ci permette di arrivare al Reale, attraverso l’Introspezione Silenziosa e intuitiva, da cui prende corpo la consapevolezza della originaria Saggezza Trascendente (Prajna). Questa Realtà è onnicomprensiva, sintetica e non può essere oggettivata, tuttavia se nelle sue parti non viene vista la loro reale natura, noi ripiombiamo nella oscura condizione dell’Ignoranza Metafisica. La nostra mente, se non coglie la Realtà in ciò che la circonda, perde se stessa e perde di vista la natura essenziale. Ecco perché, lo Zen è un lavoro di ritorno all’essenziale che può permetterci di convivere con le parti, con la nostra mente umana e con tutta la manifestazione delle forme, così come si presentano.

   Ritornando alla pratica, bisogna dire che il lavoro meditativo è un processo di attenzione costante: una ripetuta, costante attenzione a se stessi. Quando dico ‘se stessi, non intendo dire ciò che noi crediamo di essere sul piano mentale ordinario. Non è la nostra immagine fisica che vediamo allo specchio, non è l’idea più o meno gradevole che abbiamo di noi e nemmeno quella, più o meno sgradevole che altri possono avere di noi. Vedere se stessi vuol dire cercare di capire cosa c’è oltre questo aspetto formale, oltre i nostri pensieri, le abituali volontà individuali di decisione ed azione. Bisogna arrivare a capire cosa c’è oltre noi stessi, oltre la nostra persona… Naturalmente avrete capito che la ricerca spirituale perfetta è difficile proprio per questo motivo. Una ricerca più elementare potrebbe farci arrivare alla erronea conclusione che la realizzazione dello scopo del Ch’an non sia facilmente raggiungibile e pertanto potrebbe accadere che questa conclusione ci smonti e ci faccia afflosciare.

   Dobbiamo sapere che, secondo lo Zen, questa reazione anziché peggiorare le cose, potrebbe essere la soluzione giusta. Siccome non bisogna pensare di voler cercare di afferrare l’inafferrabile, una certa dose di modestia e di complesso di inferiorità, rispetto alla pratica spirituale, non guasta certamente. Il metodo giusto è proprio quello di guardarci umilmente dentro e cercare di comprendere CHI è che è arrivato a questa conclusione disfattista.

   Il Ch’an ci consiglia un trucco che dobbiamo necessariamente applicare, anziché andare alla ricerca dei mirabolanti segni di un Potere Supremo in un qualche posto lontano dell’Universo. Il trucco sta nel fermarsi ad indagare ostinatamente sulla nostra stessa natura, proprio sul Potere della persona vivente che c’è in noi. Non è un compito troppo arduo, se comprendiamo che l’unica cosa reale che abbiamo sempre con noi, siamo proprio NOI STESSI.

   Una volta che siamo riusciti a ‘sentire’ il nostro essere, che siamo arrivati a cogliere CIO’ che siamo in realtà, alla fine è proprio questo, ciò che ci tranquillizza e ci rasserena.  Anche se non saremo in grado di poterlo spiegare a nessuno, perché non esistono parole o concetti per descrivere a qualcuno la nostra presa di coscienza, noi avremo comunque una chiara comprensione del fatto, che il nostro ESSERE è la vera Realtà. Di sicuro, però, non sentiremo il bisogno di dovercelo continuamente spiegare a noi stessi, perché noi non saremo più alla ricerca di qualcosa. Tutto ci sarà meravigliosamente chiaro e tutto verrà miracolosamente messo a posto e così la nostra vita sarà quella che è sempre stata, soltanto non ci saranno più i problemi insormontabili che abbiamo avuto finora.

   Sembra incredibile, tanta fatica e tutto questo girotondo per tornare al punto di partenza, ma per fortuna senza più i problemi che ci avevano spinto a fare la VIA CRUCIS, per cercare la loro soluzione. Quindi, cari miei, in sintesi proprio questa è la Via Spirituale: uno stato in cui non si ha più bisogno di nulla, una sana condizione di perenne pace interiore, uno stabile e intramontabile Nirvana. Provate ad immaginare la vostra pacificazione nello stato del Nirvana, bene questa è la vera Realtà, uno stato in cui non si ha più bisogno di nulla.

   Quando la persona ha ben capito ciò, quando la mente è arrivata a comprendere questo, tutto si azzittisce lasciando spazio ad una nuova mente, una nuova energia mentale pura, pulita, tranquilla. Ma non bisogna troppo illuderci circa la facilità con cui si svolge tutto il processo di purificazione della mente. Dobbiamo tenere presente che, come per tutte le cose di questo mondo, anche e soprattutto l’affrancamento della mente dalle cose del mondo, richiede dei requisiti che vanno oltre la nostra semplice intenzionalità. Ecco perché, è bene sapere alcune cose basilari, prima di impegnarci e di impegnare la nostra vita, nella ricerca della Liberazione emotiva e mentale.

   Il buddhismo avverte che se non è presente, in partenza, una buona qualità mentale idonea a cogliere il messaggio e supportata da precisi meriti karmici, prima di arrivare a questo punto potrebbero occorrere molte reincarnazioni, molte esistenze. Il buddhismo parte dal presupposto che tutto ciò che esiste è la manifestazione di una Unica Mente, perciò noi umani, gli animali, gli spiriti, gli esseri senza forma, gli dei e i demoni di questo e di altri mondi, tutto è soltanto 'mente'. Ogni cosa esistente fa parte di un’Unica Mente vibrante che si è frantumata e frazionata in tante energie individuali, le quali, a causa del permanere nella loro ignoranza metafisica e del conseguente karma, vivono in funzione dei pensieri che producono.

   Tutte le menti individuali pensano: ogni energia mentale produce pensieri, anche quelle senza una forma, senza un corpo fisico, chiaramente ognuna nella loro dimensione di appartenenza. Perfino il mondo dei sogni è il prodotto delle attività pensative elaborate dalla mente quando si trova nello stato di sonno. I pensieri della mente generano così quei fenomeni che noi conosciamo come sogni, al punto che essa può fare altrettanto perfino quando non è più in un corpo umano. Non c’è bisogno di andare nel paranormale, per riconoscere questa verità che non è possibile negare nemmeno scientificamente.

   La scienza non può certo dimostrare che le cose stanno così, ma non può comunque nemmeno negarle. La scienza non può andare oltre i limiti umani, non può dire cosa c’è oltre la morte né può dirci qual è il nostro attuale livello evolutivo, perciò per ora, essa è costretta a restare al palo! Così come al palo sono costretti a restare quegli esseri, le cui menti non hanno svolto nelle vite precedenti la preparazione necessaria, per arrivare adesso al punto di potersi trasformare in menti Zen. Ecco perché dicevo che non è così facile, l’approccio al Sentiero Ch’an: può esserlo soltanto per quelle menti che hanno dovuto prima, sudare le proverbiali sette camicie!

  Ma la nostra mente umana, una volta pronta a trasformarsi in mente Zen, riesce ad ampliare i suoi spazi conoscitivi ed afferra gli inesprimibili pensieri misteriosi che provengono da altri piani, da altri livelli di esistenza. Il passato ed il futuro del tempo vengono compressi e la mente dell’adepto Ch’an non è più costretta nei limiti dell’Io individuale. E siccome, come abbiamo detto, per il buddhismo tutto è Mente, anche la mente del praticante Ch’an entra in sintonia con questa Mente Assoluta. Egli entra in unione yogica con questa Mente Unica, con questa Mente totale e assorbe la conoscenza destinata a tutte le menti, diventa l’essenza stessa della Conoscenza. E da questa posizione potrà, in seguito, beneficiare tutte le altre menti, che sono ritardate dalle loro personali convinzioni circa le verità mondane, al fine di permettere loro di maturare i meriti karmici necessari.

   In altre occasioni ho già fatto l’esempio dell’aria dentro la campana: finché questa campana trattiene l’aria dentro la sua struttura metallica, si potrebbe dire che quella sia la sua aria, l’aria individuale della campana. Ma non appena rovesciamo la campana, dove va a finire quell’aria? Essa ritorna nell’aria totale, nell’Aria assoluta, rifluisce nell’unica aria esistente dappertutto. Così dovrebbe accadere per la mente umana: dopo la morte della persona, ogni mente dovrebbe rifluire libera nel Tutto, mentre le menti ignoranti e condizionate, purtroppo continuano a restare schiave. Esse, a causa dell’attaccamento alla loro forma corporea, vengono reimprigionate dal karma e costrette ad una successiva esistenza ricreando un successivo corpo.

   Ma la mente dell’adepto Ch’an, anche se si è già liberata non avendo più attaccamenti, utilizza il potere di riunirsi alla Mente Unica pur restando fedele alla qualità individuale, finché il suo karma precedente non si esaurisce totalmente. Questo spiega la volontà del Bodhisattva di non rifluire direttamente nel Nirvana, ma di restare in questa dimensione mondana per aiutare le altre menti umane a trovare la strada del ritorno a casa. Questa è la pratica della Compassione, che prescinde dalla completa comprensione dell’illusione dualistica e dall’abbandono dell’erronea identità con l’Io. Qui c’è il punto focale della pratica Ch’an. Ecco perché dobbiamo cominciare con la domanda-koan, rivolta a noi stessi: “CHI SONO IO?”. Dopo, proseguiremo il lavoro eliminando e togliendo, sempre in sequenza, qualcosa da noi: togliamo (Io), e rimane: “CHI SONO?”. Poi togliamo (Sono) e rimane “CHI?”…Da questo “CHI?” iniziamo la ricerca e l’indagine sempre più nel profondo, finché ciò che resta sarà la risposta silenziosa e segreta del Bodhisattva, che ci darà la Comprensione Finale.

   Alla fine, il lavoro sistematico di eliminazione riuscirà ad eliminare perfino gli effetti del karma negativo che il nostro Io si trascinava dietro dalle esistenze precedenti. Ampliando lo spazio del silenzio nella nostra mente si farà spazio al grande POTERE della Mente Universale. Nel buddhismo questa base silenziosa, origine e conclusione di tutte le esperienze di esistenza, natura e cessazione di tutte le menti individuali, viene chiamata VACUITA’. Per evitare di attaccarci a nuovi concetti o a nuove verità, che è l’anatema dello Zen, non dobbiamo considerare questa Vacuità come un qualcosa a sé stante, una nuova ulteriore forma di erudizione, o un tipo di potere staccato da noi e dalla nostra mente. Dobbiamo considerare la Vacuità come una specie di ‘brodo cosmico’ da dove sorge tutto ciò che esiste e dove ineluttabilmente tornerà. Non dobbiamo immaginare nient’altro, quindi niente visioni metafisiche di una verità a sé stante, ma soltanto il naturale aspetto della Mente Primordiale. Perciò, nella Meditazione, cerchiamo di ricreare nella nostra mente quello stato originario che identificheremo con la Vacuità.

    Questa volta però, facciamo ritornare alla Vacuità tutti i contenuti della nostra mente nevrotica, eseguendo una operazione inversa per mezzo del silenzio. Mettiamoci giù tranquilli con lo scopo di essere soltanto attenti conoscitori, consapevoli di ciò che succede dentro la nostra mente, silenziosi guardiani delle reazioni e dei pensieri vaganti che tentano di distrarci. Restiamo immobili senza aderire a questi disturbi, anzi senza neanche considerarli disturbi, ma solo vuote opinioni personali che non devono mpedirci di portare a termine, nel migliore dei modi, questa benedetta meditazione.

   Va rivolta la massima attenzione all’Io subdolo e furtivo perché, sicuramente, esso sta tentando di mascherarsi da regista per voler guidare tutta la faccenda. Malgrado la nostra attenzione, è possibile che l’Io continui il suo perverso chiacchiericcio: potrebbe trovare da ridire su tantissime cose, rumori dell’ambiente circostante, doloretti agli arti, progetti mentali sul futuro o ricordi del più o meno recente passato. Però se noi restiamo ben presenti mentre ciò accade, allora stiamo facendo un buon lavoro Zen. Al contrario, se la mente che si dirige verso questi contrattempi vi resta purtroppo attaccata e non ce la fa a tornare su se stessa, allora sono guai, perché saremo di nuovo sballottati nei problemi dell’esistenza samsarica.

   Dobbiamo quindi insistere nel restare nella posizione dell’Osservatore non- giudicante e, soprattutto, avere una profonda fede nel Potere dello Zen che ci farà discriminare tra ciò che è reale e ciò che non lo è. Ciò che percepiamo nella condizione normale di coscienza, non è la vera realtà delle cose. Perciò, se vediamo che il pensiero è attirato fuori di noi da richiami provenienti dall'esterno o anche da sensazioni del nostro stesso corpo, dobbiamo renderci conto che questi oggetti dell’attenzione sono relativi e, in un certo modo, inesistenti ed irreali.

    Se questo possiamo capirlo intuitivamente e rapidamente allora, siamone pur certi, il cammino dello Zen sta procedendo nel migliore dei modi, altrimenti… Beh, non dobbiamo comunque disperare. Anche se non siamo pronti alla Illuminazione conclusiva ed alla Realizzazione finale, il seme che stiamo piantando non andrà sprecato, perché il seme del Ch’an potrà sbocciare nuovamente in tempi successivi, in altre vite, in un altro corpo ed in altri luoghi.   ---JJJ

                                                                                                                                                                                                                                                                                                torna indietro  E