‘PRAJNA’ Reale e ‘IO’ illusorio- (di Aliberth

(tratto dall’INCONTRO tenuto il 29/5/2000 presso il Centro NIRVANA di Roma)

 

Questa sera parleremo ancora di uno dei principali argomenti che lo studio del Ch’an ci ha permesso di svi-scerare: il problema dell’ignoranza fondamentale dell’Io. Questa fortissima impressione di identità che ci accompagna da sempre e che, per quanti sforzi si facciano, non riusciamo quasi mai a cogliere né come soggetto di questa identi-ficazione né come un’entità ben precisa. Dato che però siamo così assuefatti e abituati a riconoscerci in questo nostro Io, si può dire che siamo costretti a sentirlo come una connotazione composita, qualcosa che unisce insieme le nostre componenti psico-fisiche, una specie di Coordinatore delle nostre attività organiche e mentali.

Si narra che, una volta, ad un uomo fosse stato amputato un braccio. Ma in lui, l’impressione di continuare ad avere quell’arto mancante era rimasta intatta e la sensazione di volerlo ancora usare e muovere era fortissima. L’istinto del suo “Io” era più forte della consapevolezza di aver perso il braccio e di non averlo più. Nella vita di tutti i giorni, quando il nostro Io appare e scompare periodicamente, in qualche modo, a noi che siamo inguaribilmente attaccati alle nostre abitudini psicologiche, succede la stessa cosa. L’Io si attacca a queste abitudini e mantiene gelosamente il possesso di tutto ciò che sente come parte di sé, non soltanto nei riguardi del corpo e della mente attuali, ma anche nei riguardi del corpo e della mente della persona che siamo stati in passato, o che saremo in futuro. Inoltre, spesso l’Io si sente autorizzato ad estendere il suo possesso e la sua autorità perfino nei riguardi del corpo e della mente delle persone con cui abbiamo una forte relazione, come i figli, i genitori, il coniuge, ecc.

Questa frastornante e ambigua combinazione psicologica, negli insegnamenti della Dottrina buddhista e Induista, viene chiamata “Malattia da attaccamento all’Io e Mio”. Essa è considerata la causa principale dell’Ignoranza Metafisica (Avidyà) e della permanenza condizionata in questo mondo di sofferenza (Samsara). Questo fluttuante spettro dell’Io è come una particolare struttura mentale coesa insieme, nonché multiforme e adatta a determinati scopi, che siamo obbligati ad impersonare, e che risponde a certe volontà specifiche ma che anche ci crea tanti problemi.

Tuttavia i problemi vengono creati per lo più dal fatto che noi non conosciamo assolutamente la natura e la composizione di questo fantomatico personaggio, inserito così profondamente nella nostra psiche. Così tanto profondamente che, nel “Libro Tibetano dei Morti” è scritto che questo “Io psichico”, resta ancorato al corpo per almeno tre giorni dopo la morte. Infatti, nel libro viene fortemente consigliato, direi quasi intimato, di non toccare il corpo del defunto per almeno 60/80 ore dopo il trapasso. Ciò allo scopo di non agitare la mente e non ostacolare il rilascio dell’Io psichico il quale, altrimenti, potrebbe reagire con una scarica di angoscia disperata per la forzata rinuncia del suo attaccamento al corpo ed alla vita. Questa forte energia di angoscia psichica è la causa karmica dell’obbligatoria rinascita inconsapevole che produce un ritorno all’esistenza fenomenica, talvolta in forme di vita inferiore, perciò ancor più sottoposta a condizioni di sofferenza.

A monte di tutto ciò, come afferma ancora l’autorevole Testo, la causa principale di tutta questa catena straziante è proprio quell’Ignoranza Primordiale della Vera Natura dell’Essere che, tra le altre cose, impedisce proprio a ciascuno di noi la conoscenza del proprio Io. Possiamo dunque vedere che l’Io è, in realtà, una semplice <imputazione mentale> di una mente limitata dalla propria ignoranza di sé, e interessata soltanto ai prodotti della sua attività creativa e proiettante, nel mondo dei fenomeni e delle forme in esso inserite. Quanto affermato dal Libro dimostra che anche dopo la morte del corpo, la mente continua ad esistere, anzi a resistere; ma in cosa si sarà trasformato l’Io dopo quei tre giorni in cui era rimasto tenacemente attaccato al cadavere? Questo ci viene chiarito dalla continuazione della lettura. In ogni caso, è ipotizzabile che l’Io, dopo la sua smaterializzazione energetica, ritorni ad essere null’altro che ciò che era sempre stato: una impronta karmica nella mente, una traccia eterea dell’energia sottile. Cos’altro potrebbe mai essere l’Io se non una creazione illusoria, una formazione contingente che raduna gli aggregati viventi finché in essi vi è la vita e che scompare nel nulla, allorché gli aggregati muoiono? A tal riguardo possiamo fare un illuminante esempio. Se ora accendiamo questo bastoncino d’incenso, esso emetterà un piacevole profumo ma, quando si sarà completamente consumato, cosa resterà? Per un certo tempo nell’ambiente sarà presente questo suo profumo ma, successivamente anche questo svanirà e non rimarrà più nulla. Resterà soltanto lo spazio circostante che, per sua natura, rimane sempre e costantemente immutabile. Quando anche il profumo sarà svanito, lo spazio sarà ancora lì, pronto ad essere riempito nuovamente da altri profumi. Ciò è una testimonianza della temporaneità dell’Io che, seppur sopravvivendo per qualche tempo alla morte del corpo, alla fine svanirà nello spazio della mente. Il quale spazio, però, sarà a sua volta pronto ad essere riempito da una ulteriore forma di Io nella successiva rinascita in un altro corpo. La mente quindi è come lo spazio che accoglie gli svariati “Io”, che sono il profumo dei vari corpi. Così come i bastoncini d’incenso, i corpi passano e scompaiono e, con essi, i loro profumati “Io”.

Soltanto la mente resiste e, come lo spazio che ospita gli incensi ed il loro profumo, essa continuerà a sfornare altri corpi ed altri ‘Io’ finché resisterà la sua Ignoranza, finche non verrà finalmente invasa dalla Prajna, la Supercoscienza che farà cessare l’angosciante incantesimo. La Prajna, ovvero la profonda Intuizione della Verità Assoluta, stroncherà l’assurdo e inconcepibile meccanismo con cui la Mente Originaria, trasformata dall’Avidyà in mente egoica, è costretta a creare continue individualità perché non ha vera conoscenza della sua reale essenza. Ma perché la Mente, che in origine è pura ed inqualificata, si perde nell’ignoranza di sé ed arriva a ritenersi un “Io”, personale e qualificato? Sarebbe come se lo spazio, vuoto e senza riferimenti, volesse ostinarsi a credersi egli stesso profumato e volesse procrastinare all’infinito il suo illusorio profumo. La spiegazione è che la Mente, dimenticandosi di ammirare Se stessa, è caduta nell’ignoranza di Sé anteponendo così l’illusoria realtà dei sensi alla sua Vera Natura. Inoltre, l’aderire al “proprio” potere creativo, ha fatto precipitare la Mente nella sfera dell’Egoità, facendo si che si perdesse nei meandri del mondo samsarico e dando così origine ai propri guai.

Riusciamo a capire la Qualità innata e naturale della Mente Originaria? Essa è il Creatore e, inebriata dal suo stesso potere, è diventata il fruitore delle sue stesse creazioni. Così si è ottenebrata e, avendo rivolto la sua attenzione non più a Se stessa bensì ai prodotti esteriori, cioè alle apparenze illusorie da Essa create, è rimasta vittima del suo stesso Gioco. Guardando nel magico Specchio, si è frastornata ed illusa, ed ha creduto di essere la propria immagine, anziché avere reale coscienza della Sua Originalità. Grazie alla Prajna possiamo capire, e credere a queste profonde intuizioni circa la Verità della Natura Originaria della Mente dell’Essere. Senza la Prajna abbiamo soltanto l’illusoria realtà fenomenica e dualistica dell’Io, con nessuna possibilità di far cessare questa giostra infernale che non potrà avere nessuna via d’uscita. Questo è quanto succede realmente a tutti noi. Proprio in questo modo ha avuto origine il dualismo e la separatività, con l’illusione della molteplicità. E’ stato questo Errore Primordiale che ha costretto la Mente Originaria a frammentarsi in miliardi di cloni: tutti noi. Noi siamo gli esseri viventi disperati che, non conoscendo la nostra vera origine, stiamo vagando in circolo, senza sosta tra una rinascita e l’altra, continuando ad illuderci che qualche Sovrannaturale Entità, esterna a noi, faccia migliorare le cose nel mondo. Questa è la conseguente realtà della Ruota condizionata della catena delle esistenze e, tutto ciò che noi conosciamo in questo mondo, sono semplicemente gli anelli di questa catena…

Vedo che c’è una domanda di Ursula al riguardo…

URSULA: - Perché quando le persone sono morte, non dovrebbero essere spostate? Qui in Occidente, lo si fa tranquillamente. Cosa succede alle persone se vengono toccate o spostate?

ALIBERTH: - Vedi Ursula, noi qui non stiamo dichiarando tesi scientifiche inconfutabili. Stiamo soltanto rifacendoci a Testi spirituali di antiche dottrine esoteriche ove non si parla soltanto di questa vita, ma soprattutto delle altre, quelle sconosciute e non dimostrabili scientificamente. Perciò se cerchiamo di interpretare con il nostro limitato modo di capire e conoscere, quale possa essere l’esperienza dell’Io nell’aldilà, tutto ciò è impossibile. Personalmente non posso far altro che rifarmi a quanto dicono le Scritture, dato che di “mio” qui non vi è assolutamente nulla. Onestamente, io non so cosa succede all’Io, dopo la morte: dovrei prima sperimentarlo direttamente, poi potrei magari venire in sogno a dirtelo… (Risatine nella sala)

…Basandomi sulle Scritture, posso solo dirti che l’Io di un praticante, cioè di un credente nella teoria delle reincarnazioni, quando sta per morire dovrà obbliga-toriamente seguire passo passo certi criteri e certi insegnamenti delineati nel “Libro Tibetano dei Morti”. In quella specifica occasione, un Maestro o un Discepolo avanzato, dovrà mettersi vicino alle orecchie del moribondo e leggere, o ripetere, determinati passi del Testo come preziose istruzioni. Quello che si presume accadere, è che l’udito sottile della persona morente possa ricevere queste rammemorazioni riguardanti l’attenzione alla propria coscienza e le successive procedure da eseguire, allorché il suo ‘Io’ mentale dovesse rendersi conto del trapasso. L’Io essendo estremamente volatile, già nella nostra esperienza di vita, al momento della morte lo diventa ancora di più e così si disgrega dalla sua composizione psicofisica, ondeggiando al di sopra del corpo. Sembra che non sappia cosa fare, in quella particolare situazione nella quale non si è mai trovato. Perciò è importante che le parole di colui che mantiene il contatto siano chiare, precise e piene di energia. Se il corpo del defunto viene toccato, o peggio spostato dalla sua compostezza, può accadere che l’Io, già fortemente agitato e traballante, si ricompatti in un’onda ancor più volatile, al punto che potrebbe essergli impedito l’ascolto e la concentrazione sulla propria capacità di coscienza. Secondo il buddhismo, questa sarebbe una causa della successiva rinascita in una forma inferiore. Diversamente, in una persona emancipata dal punto di vista coscienziale, questa operazione di ancoraggio alla propria coscienza, viene convertita in una forte carica di autoconsapevolezza: quella stessa autoconsapevolezza che il praticante aveva avuto modo di risvegliare da vivo. Questa autoconsapevolezza potrà permettere alla mente del defunto di restare collegata a se stessa, nonostante la tremenda inibizione derivante dalla paura e dall’angoscia per questa situazione inconsueta ed ignota che è la morte. La sua coscienza, rinforzata da anni di pratica autoconsapevole, saprà attenuare la paura ed accetterà la dissolvenza dell’Io senza traumi, in modo da poter riconfluire nel grande Spazio vuoto della Mente-Coscienza Assoluta.

Ovviamente per le persone che non praticano il Dharma e che, purtroppo, neanche lo conoscono, tutto ciò che è stato detto non ha alcun senso, perciò non è possibile verificare ciò che accadrà nella mente di costoro. Per gli Occidentali, probabilmente, potrebbero essere assai più credibili le future esperienze suggerite dalla Religione Cristiana, quali il Giudizio Universale, il Purgatorio, il Paradiso e l’Inferno, ecc. Ritengo sia inutile ripetere che, in realtà, nulla di ciò che crediamo o pensiamo, è effettivamente reale. Tutto è soltanto frutto di illusione mentale: tutto ciò che sembra accadere nelle esperienze di vita, come pure di morte, appartiene solamente ad una <realtà mentale>. Perciò ogni cosa cui la nostra mente crede, sembra reale solo in apparenza e la difficoltosa operazione del Dharma è proprio quella di eliminare le illusioni dalla mente. Come chiodo scaccia chiodo, così il Dharma permette di arrivare ad una effettiva conoscenza della mente e del suo caotico funzionamento, attraverso una cura <omeopatica> che toglie le nozioni errate con il farmaco della Prajna.

Quindi la mente, correggendo le proprie distorsioni causate dall’ignoranza, informa se stessa delle conseguenze che possono derivare qualora non si effettui accuratamente una perfetta opera di purificazione. Ecco perché nel Ch’an si afferma che, in realtà, perfino la mente è illusoria, visto che può modificarsi secondo le circostanze. Di conseguenza, se la stessa mente individuale e identificata non può esistere realmente, com’è possibile che possano esistere realmente le creazioni di questa mente, cioè l’Io, la persona, gli oggetti, il mondo, la vita e la morte? Cos’è dunque la mente? Questa è la vera domanda che vorrei che mi faceste, anzi che dovreste fare a voi stessi! Qui c’è materiale di riflessione, materiale per il Risveglio! Ora come ora, non ha importanza sapere cosa accadrà veramente all’Io, né cosa potrà accadere al corpo ed alla mente. Con la lettura dei Testi Esoterici possiamo presumerlo e affidarci a quelle verità rivelate però, per il momento, il nostro interesse deve essere esclusivamente rivolto verso la NOSTRA mente. È per questo che dobbiamo meditare. Perché si medita? Per trovare, ora, le risposte che riguardano la nostra mente di adesso. Se continuiamo ad avere interesse per i “prodotti” della mente, cioè i nostri inutili pensieri, non potremo mai essere pronti per QUEL momento!   Non vorrei proprio che ciò che sto dicendo faccia sorgere ulteriori pensieri nella vostra mente senza che voi ne siate consapevoli. Questo sarebbe molto grave, sarebbe un problema che trascinerebbe la vostra mente in una catena interminabile di altri pensieri, fin oltre la morte. Questo pensiero non visto, all’apparenza innocuo, diventerebbe la causa karmica delle vostre rinascite!  Lo capite, questo? Se vi mettessi alla prova facendovi questa domanda: - Cosa state facendo qui se non capite lo Zen?- cosa succederebbe nella vostra mente? Quanti e quali pensieri sorgerebbero come reazione ad una frase così? Io, qui con me, non ho un bastone, ma questa sarebbe proprio una bella “bastonata-Zen”. Certamente non sono i pensieri che sorgono nella mente, la prova che una persona non sia adatta al Ch’an. Ma, di sicuro sarebbe il vostro ADERIRE e CREDERE a quei pensieri ed alla interpretazione della mia frase, la testimonianza di una inadeguatezza a proseguire nel Sentiero. In più, questi pensieri sarebbero la causa dei problemi futuri, perché colui che non se li vede, non è presente a se stesso e, quindi, nel momento che essi sorgono, non può distaccarsene e ne pagherà gli effetti karmici.

Così accadrà nel momento della morte. La morte, se la nostra mente non ce la testimoniasse con quel nome, nemmeno esisterebbe, sarebbe come un addormentarsi nel sonno. Perciò se non cominciamo “ora” ad imparare a distaccarci da tutto ciò in cui la nostra mente crede, a causa dei pensieri incontrollati, per noi tutto sarà “reale”, anche la nostra “morte”! Avete capito? Se rimaniamo aderenti alle ordinarie e consuete reazioni mentali, senza imparare a studiarle ed a vederle, questa sarà una evidente dimostrazione che la nostra meditazione è incompleta e forse del tutto sbagliata! La meditazione va pian piano estesa alla nostra vita quotidiana, per renderci capaci di farci distaccare dalle continue reazioni mentali. Il suo scopo non è quello di farci stare tranquilli e beati per una mezz’oretta. Seppure questo possa accadere, soprattutto agli inizi, dobbiamo escludere dai nostri pensieri l’idea che lo scopo della meditazione sia questo! Mi sembra quasi di vedere un’espressione di incredulità e di scetticismo sul volto delle persone che per la prima volta sentono questi insegnamenti… Per le persone comuni, il mondo e la realtà sono proprio così come esse pensano ed immaginano. Ma se queste persone si domandassero che cos’è, nella loro mente, che si presenta come “incredulità e scetticismo”, davanti a loro si aprirebbe immediatamente un’altra realtà ed un altro mondo! Se ciò avvenisse, resterebbero attoniti e senza pensieri perché non vedrebbero più il mondo “pensato”, ma la realtà di quello visto da “colui che pensa”; esse starebbero vedendo direttamente la loro mente e questo sarebbe il loro VERO ingresso nel Sentiero Ch’an!.

Il sentiero del Ch’an ha come scopo di interrompere questa malvagia spirale del pensiero offuscato ed illuso che fa reagire, brutalmente e senza sosta, la mente ignorante di sé: Per ottenere questo risultato, il Ch’an si serve della Meditazione e degli insegnamenti sulla Conoscenza diretta della Mente. Nell’antichità, il Ch’an era spesso insegnato anche senza parole per coloro che erano capaci di far stare in silenzio la loro mente. Oggigiorno è necessario usare termini e concetti per far sì che nella mente umana diventi obbligatorio fare a meno di termini e concetti.   Una meravigliosa frase delle Upanishad proclama: “Dall’irreale conducimi al Reale!”-; con ciò deve essere inteso che proprio il mondo così com’è, la realtà così com’è, la parola così com’è potranno dare l’apertura alla Prajna, Occhio Divino della Saggezza. Ciò sarà veramente possibile quando si sarà operata la rivoluzione e l’introflessione della mente, andando oltre il pensiero istintivo, meccanico ed abituale. Soltanto allora il Ch’an può aprire la strada al potenziale segreto della Mente e della Coscienza Superiore: la strada che porta all’attingimento del Nirvana! Dobbiamo quindi arrivare ad una visione totale, a 360°, non solo sul vacuo mondo dei fenomeni esterni ma, soprattutto, sul nostro mondo interno, sul nostro spazio mentale ove nascono e muoiono tutte le nostre attività psichiche ed i nostri pensieri immaginari. E’ questo il luogo ove risiede la nostra “vera” persona, il nostro vero Essere e, con la meditazione, noi impariamo a restare in questo vero Essere, a far emergere la splendente Prajna, a fruire del suo benefico potere Illuminante ed a diventare veramente utili nei riguardi degli altri esseri umani.

Col potere di Prajna noi saremo quella Coscienza che, anche di fronte alla morte, rimarrà imperturbabile scrollandosi di dosso l’istintivo obbligo, dell’incon-sapevole adesione alle interpretazioni personali ed egoistiche, da parte della mente animale. Grazie alle Sacre Istruzioni dei Sentieri Illuminati, come il Ch’an e il Vedanta-Advaita, possiamo far tesoro della loro autentica Compassione nei nostri confronti, al fine di agevolare lo sviluppo ed il mantenimento di questa insuperabile Prajna che potrà permetterci di uscire da tutte le nostre problematiche situazioni. Con l’insediamento di Prajna, potremo dare convinto ascolto alle Intuizioni Profonde, Verità rivelate non più da Maestri o Scritture esteriori, ma dalla coscientizzazione consapevole dell’Unica Verità della Coscienza Assoluta, che si mostra tramite la sua Voce interiore di natura divina e universale. Queste intuizioni, non più frutto di ragionamenti concettuali, dal momento che sorgono in noi nel pieno del sincero tragitto spirituale, fanno parte della Suprema Realtà Assoluta, al pari delle manifestazioni del Sacro. Esse, testimoniando l’Unità non-divisa dello Spirito Assoluto, saranno avvalorate da continue conferme sul piano della manifestazione esistenziale del praticante avanzato.

Perciò ottenere conferme alle nostre intuizioni è certamente un fatto positivo, per via che le intuizioni non sono più frutto di quel famoso pensiero individuale incontrollato e non inseguono più lo specifico interesse dell’Io illusorio. L’Io illusorio, quando crede di emanciparsi ed erudirsi, lo fa a livello superficiale mettendosi a ragionare con pensieri di tipo concettuale-filosofico e le sue eventuali “conclusioni” sono soltanto congetture e non intuizioni impersonali. Inoltre l’Io non può “sentire” e conoscere le vibrazioni che provengono dall’AREA profonda della nostra mente, in quanto esse sono composte di una energia spirituale silenziosa, certamente non appartenente alla persona egoica. Al fine di “sentire” e conoscere questo profondissimo spazio “vuoto”, senza nome e senza forma, vi è la necessità che noi si diventi “pura coscienza”, soltanto pura coscienza e null’altro, cessando di continuare ad alimentare una mente enciclopedica bramosa di risposte esaurienti alle sue domande pseudoscientifiche. Bisogna stabilire una “ferrea guardia” a questa mente umanizzata che si beatifica tra un desiderio e l’altro, cullando immaginazioni fantastiche di mondi idilliaci, come speranza di continuità della sua esistenza personale.

No, cari miei, le risposte alle domande non espresse devono giungere in modo silenzioso e quando meno ce l’aspettiamo. All’improvviso possiamo “sentire” di venire esauditi rispetto alla soluzione di misteriosi arcani di cui prima non avevamo spiegazione. L’eventuale risposta non ci giungerà come un flusso identificabile di “nozioni” o informazioni specifiche, bensì ci arriverà come una familiare “consapevolezza”. Potrà essere come un qualcosa che, sicura-mente da sempre “dentro di noi”, sarà come se l’avessimo sempre saputa ma fosse stata ostacolata dalla presuntuosa ingerenza del nostro Io individuale. Quando il complesso “mente-corpo-Io” si sarà totalmente integrato, quando sarà diventato un tutt’uno, senza alcuna supremazia di una parte sull’altra, allora nella nostra persona tutto funzionerà in perfetta sintonia. Senza aspettarci nulla, senza attaccarci od opporci a nulla, tutto quello che serve per poter vivere una vita sublime e significativa, arriverà spontaneamente ed a tempo debito. Ciò che ora ci viene richiesto è soltanto di farci trovare pronti e disponibili al compimento di questa eccezionale Opera, così da esserne oltre che fruitori, umilissimi strumenti di propagazione.

Fintanto che esisterà in noi questo “animo”, questo fiato, questo respiro che dà vita al corpo, non dovremo dividere né scindere mentalmente il nostro corpo fisico dall’insieme mente-spirito. Per lo stesso motivo non dovremo mentalmente vedere la vita e la morte come due condizioni opposte perché, com’è già stato detto, solo l’interpretazione della mente umana crea distanze e diversità tra i vari stati dell’esistenza. Ricordiamoci che la sera, quando ci corichiamo, la mente non ci presenta questo fatto come spaventoso e senza ritorno, come invece fa con l’idea della morte. Eppure, all’atto pratico, non è che ci sia molta differenza tra le due cose. Infatti, quando andiamo a dormire, che cosa può garantirci che, al nostro risveglio, tutto riprenderà a vivere così come l'avevamo lasciato? Sarà soltanto l’interpretazione illusa della nostra mente condizionata, poiché l’Io deve comunque lasciar spazio al suo annichilimento, né più e né meno di come dovrà fare al momento del trapasso fisico. L’unica differenza è, appunto la valutazione mentale circa i due processi, che la coscienza egoica trattiene arbitrariamente per perpetuare la propria sussistenza. È una precisa macchinazione dell’Io che, conscio della ripetuta abitudine di ritornare esistente quando al mattino ci risvegliamo dal sonno, pretende di non voler sparire quando il corpo non può riprendere a vivere. Questo è un errore di valutazione che condiziona tutto il nostro pensare poiché, dato che l’Io può esistere SOLTANTO quando il corpo e la mente sono strettamente uniti, esso dovrebbe comprendere la sua transitorietà e la sua impermanenza, cosa che invece non accade normalmente. Ecco perché l’Io, per poter comprendere questa verità, deve lasciare il posto alla Prajna dell’Intuizione Profonda, che proviene direttamente dall’energia della Mente Superiore e non dai ragionamenti della mente egoica.

L’Io, poiché insegue solamente l’erudizione spicciola e l’accumulo di esperienze empiriche, dovrà prima o poi farsi da parte e non intralciare, con la sua ingombrante presenza, la pratica meditativa e l’instau-razione della Prajna.  Solo così potranno cessare di manifestarsi tutti quegli ostacoli, che sembrano sorgere dal nulla e che hanno come scopo di impedire o ritardare l’appuntamento della mente con gli inse-gnamenti e la pratica del Ch’an. Anche certe argomentazioni che sembrano seri motivi per evadere gli incontri settimanali, siatene certi, sono marchingegni escogitati dall’Io per interrompere l’evoluzione spirituale della vostra mente. In tal modo, voi potreste sentirvi deresponsabilizzati per non praticare il Dharma in maniera costante e per non essere presenti a voi stessi. La vostra indisturbata mente egoica, cogliendo nel profondo una scarsa convinzione ed una debole motivazione verso il Ch’an e la Meditazione, potrà continuare imperterrita a presentarvi mille situazioni diversive. State molto attenti alle opinioni devianti ed ai pensieri sovversivi che la vostra mente egoica vi propina, per mantenervi nel mondo dell’illusione e per ritardare all’infinito la vostra Illuminazione!

Ciononostante, dopo il dovuto, necessario e perseverante tirocinio, quando la vostra mente si sarà trasformata in Pura Prajna, la “retribuzione” spirituale che ne riceverete sarà immensa ed incalcolabile. Non ci sono assolutamente paragoni per descrivere lo stato di perfezione e completezza, che un essere umano può stabilire in sé col raggiungimento del livello di Prajna. Non intendo prolungarmi sulla straordinaria condizione, testimoniata peraltro dalle Vite e dalle Parole dei Grandi Saggi del passato, che si rivela alla Coscienza con la constatazione diretta nella mente dell’autentica Natura di Buddha. Ciò che conta veramente è la vostra attuale volontà di perseguire indefessamente il cammino spirituale fino in fondo.   Se al momento siete almeno consapevoli delle infelicità e delle insicurezze della mente umana, dei vostri rimpianti per il passato, delle vostre paure per il futuro, del vostro disagio attuale, allora siete caldamente consigliati a tentare la via del Ch’an. Con la meditazione Ch’an e lo studio della mente, ben applicati e ben guidati da un buon Istruttore, è impossibile che la Prajna non si manifesti nella vostra mente. Prajna è la vostra mente del futuro. Quanto più il vostro Io illusorio si farà da parte e imparerà a rimanere silenzioso, quanto meno la vostra mente vi disturberà con pensieri delusi, divaganti e diversivi, tanto più Prajna potrà liberamente manifestarsi. Dopo non dovrete fare niente altro. Lasciate soltanto far tutto alla Prajna!.                                                                                                        -- JJJ §

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