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Una Seconda Versione de:  

IL SUTRA DI QUARANTADUE SEZIONI 

  

Tratta da: JOURNAL OF THE ROYAL ASIATIC SOCIETY.-

[Old Series, Volume XIX] [London, Harrison and Sons] [1862] {Scanned and edited by Christopher M. Weimer, March 2002}

 

ART. XIV.--Il Sutra di Quarantadue Sezioni, Tradotto dal Cinese dal Rev. S. BEAL

 

COMMENTI INTRODUTTIVI. 

In Cina, il normale modo di introduzione ai Testi ed ai Trattati buddhisti, è il seguente:-- 

   "Nel quarto anno del regno di Ming-Ti [1], della dinastia Han, l'Imperatore sognò di aver visto un personaggio divino, con un corpo d’oro, alto sei chang [2], con la testa circondata da un alone di luminosità come il sole. Venendo in volo verso di lui, quest’Essere entrò nel suo palazzo. 

   "Favorevolmente entusiasmato da ciò che aveva visto, l'Imperatore chiese ai suoi ministri quale fosse per essi il significato del sogno; al che Fou-i, che era connesso col Consiglio dei Calcoli Astronomici, rispose:--'Il vostro ministro ha sentito che in India vi è Uno che è giunto alla perfetta saggezza, e che è chiamato Fo (il Buddha). Dev’esser stato il suo corpo che volava attraverso lo spazio, e aveva uno splendore divino, all’origine del vostro sogno'. L'Imperatore, nel sentir questo, inviò rapidamente l’alto ufficiale militare Tsai-in e gli ufficiali civili Wang-Tsiing e Tsin-King [3] con altri, in tutto diciotto persone, ordinando loro di procedere al paese del Tai-yue-chi (Getæ) in India Centrale, e fare un’accurata ricerca della legge del Buddha. 

   "Dopo undici anni, Tsai-In e gli altri ritornarono dall'India, portando con loro il ritratto del Buddha che il Re Yau-Chan [4] aveva chiesto fosse fatto, ed anche il classico delle Quaranta-due Sezioni. Essi erano accompagnati, su loro invito, anche dagli Sciamani [5] Ma-Tang e Tchou-Fa-Lan, e così nel trentesimo giorno del dodicesimo mese arrivano a Lo-Yang [6]. 

   "Allora l'Imperatore cominciò ad interrogare Matáñga in questo modo:--'Quando il Re della Legge (Buddha-Dhármavadya) fu nato, perché egli non assunse la sua forma di apparizione in questo paese?' Al che il prete rispose, 'Il paese di Ka-pi-lo [7] è il centro del Gran Chiliocosmo. Perciò tutti i Buddha delle tre ère nacquero là, e inoltre, soprattutto i Deva, i Dragoni, e Kwai-shin [8] desiderano che essi possano nascere in quel paese, e praticare la Legge del Buddha, in ordine che dalla sua influenza trasformativa essi possano ottenere la completa intelligenza; perché se nascono in altri luoghi non può essere esercitata nessuna influenza di questo tipo, e così i Buddha non appaiono mai altrove. Ma anche essendo così, la luminosità della sua dottrina raggiunge comunque le altre parti, così che per un periodo di almeno 500, anzi, di 1,000 anni, coloro che ne sono privi, se hanno uomini santi (o saggi) che predicano loro la tradizionale dottrina del Buddha, possono ottenere la trasformazione mentale'. 

   "L'Imperatore, credendo ed approvando questa testimonianza, ordinò che fosse subito fatto un tempio fuori della Porta Occidentale della città (di Lo-Yang), lo chiamò il Tempio del Cavallo Bianco, dove fu messa per la riverente adorazione l'immagine del Buddha; ed ordinò anche che una sembianza del Buddha fosse messa sul Tsing-leung-toi [9] o Palazzo Meridionale, così come sulla Porta Principale della città (di Lo-Yang) affinché i ministri e le persone, vedendola, la avrebbero riverita". 

   Un resoconto di questo tipo può essere trovato e anche brevemente dato alla fine del libro stesso (delle Quaranta-due Sezioni). Possiamo perciò dare per scontato che questo Sutra di Quaranta-due Sezioni, o Divisioni, è il primo lavoro sull’argomento tradotto in Cinese. In realtà, questa non è una prova sufficiente dell'antichità dell’opera, né della sua assoluta autenticità; però, dall'evidente interiorità sembrerebbe essere di una epoca assai antica e non un Sutra noto come quelli del "Grande Veicolo" (Mahayana). Infatti, il suo stile è semplice, il suo argomento sembra voler rafforzare i precetti morali della religione buddhista, con il suo metodo naturale ed uniforme. Tuttavia, poiché non c’è nessuna evidente testimonianza che quest’opera sia nota nelle scuole meridionali di buddhismo, noi non possiamo avventurarci a metterla fra le prime e  più antiche produzioni di quella religione; e poiché nella prima sezione vi è un distinto richiamo alle Duecentocinquanta Regole (del Pratimoksha), questo lavoro in ogni caso deve essere più tardo. Per finire, considerando che esso fu portato in Cina nel 64 d.C., e doveva aver avuto già una considerevole notorietà avendo attirato l'attenzione della missione della corte, noi possiamo in ogni caso presumere che sia della nostra èra, se non di una data precedente. 

   La presente versione fu fatta nell’anno "Sin-chow" dell'Imperatore Keën-lung (cioè 1721 d.C.), dal prete (Koue-sse) Chang-Ka, ed è quella generalmente usata in Cina. 

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IL SUTRA DELLE QUARANTADUE SEZIONI. 
 

   A quel tempo, l’onorato dal mondo, avendo il perfetto ragionamento, così considerò nella sua mente:--"L’abbandono della concupiscenza (o desiderio), dando luogo ad uno stato di perfetto riposo e quiete, questo è il vero principale e più eccellente stato della terra, il grande strumento per soggiogare tutti gli inganni di Mara (o per sopraffarre tutti i seguaci della Via di di Mara)". Così ora egli cominciò a girare la ruota della legge allo scopo di dare liberazione a tutti gli uomini (o a tutti gli esseri senzienti) nel mezzo del giardino del parco dei Cervi (Mrigadava); e (in particolare) nel racconto di Chin-ju e dei suoi quattro compagni (cioè, A.swajit, Bhadrika Mahanama, Dashabala Kachyaha ed il già menzionato Ajuata Kanudenya (Jul. ii. 364, n.), egli girò la ruota della legge delle quattro grandi verità (arya satyani, Jul. ii. 443), che così li rese abilitati per arrivare al completamento dei Sentieri. Fu così che il Buddha chiese a quei Bikshu, che avevano avuto dubbi riguardo a ciò che era stato detto, di confermare la loro fede e la fiducia nella sua dottrina; al che l’onorato nel mondo cominciò ad istruirli e a rispondere alle loro domande, aprendo la loro comprensione su ogni punto, finché tutti stettero a mani giunte, in una posa riverente, attentamente ascoltandolo, e ricevendo l'istruzione del loro maestro. A questo punto, l’onorato nel mondo recitò esattamente questo Sutra, contenente quaranta-due sezioni. 

   1. "Il Buddha disse: L'uomo che lascia la sua famiglia, lascia la casa, entra nello studio della suprema ragione, ricerca il più profondo principio della sua mente intelligente, (così da) capire la legge (dharma) che è oltre qualunque sforzo attivo,--quest’uomo è chiamato uno Shamun {sic}. Costui, praticando sempre le 250 regole (contenute nel libro delle "quattro divisioni"), seguendo i quattro sentieri, aspirando e raggiungendo uno stato di perfetta pace e purezza, completa in lui la condizione di un Arhat. 

   2. Il Buddha disse: L’Arhat è capace di volare, cambiare il suo aspetto, stabilire gli anni della sua vita, scuotere cielo e terra. I passi successivi (verso questa condizione) sono: A-na-hom (Anagami) che è la condizione che permette ad un uomo che è alla fine della sua vita di salire in spirito aldisopra dei diciannove cieli e, in quella regione di beatitudine, di raggiungere la condizione di Arhat; poi c’è (la condizione di) Sz'-to-hom (Sakradagami) in cui un uomo dopo una sola nascita e morte diviene un Arhat: poi c’è (la condizione di) Sü-to-hun (Sowan) in cui, un uomo dopo sette nascite e morti può ottenere lo stato di Arhat. Questi sono quelli che hanno completamente tagliato le loro passioni di amore e desiderio, che come rami troncati dall'albero sono ora inutili (e morti). 

   3. Il Buddha disse: Lo Shaman, che ha lasciato la famiglia e si è separato da concupiscenza, eliminati i suoi attaccamenti sensuali, esaminata la vera sorgente della sua mente individuale, trovata l’ignota saggezza del Buddha, compresa la natura priva-di-un-sé della religione buddhista e che non trova niente da ottenere all’interno o da cercare all’esterno, il cui cuore non è troppo attaccato alla ricerca della ragione (o al completamento dei sentieri), e neppure coinvolto nella rete del Karma (cioè, -la causa che è seguita da un effetto--come la vita di un albero dipende dai suoi frutti), in cui vi è totale assenza di qualunque pensiero disturbante, assenza di qualsiasi attività, assenza di una ansiosa emancipazione, assenza di un preciso scopo, che senza passare attraverso i successivi stadi di avanzamento ha però ottenuto la più alta dignità personale (dell’ essere individuale)- di ottenere questo stato è (invero ben) chiamato: "realizzare la verità" 

   4. Il Buddha disse: Colui che si rade la testa e il mento per divenire uno Shaman e ricevere la legge del Buddha, (deve) andar oltre ogni ricchezza mondana, implorare un minimo di cibo per il suo sostentamento, mangiare un solo pasto a mezzogiorno, dimorare aldisotto di un albero, e non desiderare nulla di più! Ciò che causa che un uomo diventi sciocco e cieco, non è nient’altro che la concupiscenza e il desiderio! 

   5. Il Buddha disse: Le creature viventi tramite dieci cose ottengono la virtù, e per dieci cose diventano vili; quali sono queste dieci cose? Tre riguardano il corpo, quattro la parola, e tre la mente ed i pensieri; Le tre cose che concernono il corpo sono: l’uccisione di creature viventi, il furto, la concupiscenza; le quattro della parola sono: il parlar doppio, il calunniare, il mentire, e l'ipocrisia (o falso conversare); le tre del pensiero sono l’invidia, l’ira-rabbia, e i pensieri erronei. Il Non-credere in questi tre preziosi comandamenti è la vera fonte di tutto il male. Ma lo yan-po-sat (upasamandi) che osserva instancabilmente le cinque regole, e avanza verso le dieci, egli raggiungerà la ragione (e la verità). 

   6. Il Buddha disse: Se un uomo colpevole di molti crimini non si pente, non fa che confermare il principio peccaminoso all'interno del suo cuore, e rende necessario il suo ritorno al mondo in una forma fisica, proprio come l'acqua deve ritornare al mare. Ma quando lui ha personalmente adempiuto, il più possibile nelle sue circostanze, alla distruzione e all’abbandono del male, con il comprendere il carattere del peccato, evitando il crimine, facendo tutto quello che è giusto,--quest’uomo, distrutto il potere della colpa, può ottenere la ragione. 

   7. Il Buddha disse: Un uomo che scioccamente afferma o considera che non è corretto quello che io faccio, non otterrà altra confutazione da me se non quella che deriva dall'esercizio delle mie quattro qualità di amore, così il peggior male egli lo potrà fare a me, il miglior bene verrà da me; l'influenza di ciò rimarrà su di me, e l'effetto di ciò ritornerà a lui. Una volta, uno sciocco che ascoltava il Buddha che spiegava questa dottrina venne e lo biasimò riguardo a questo. Il Buddha restò silenzioso e non rispose, compatendo la follia dell'uomo che lo obbligava ad agire così. Poi, quando lui ebbe finito di parlare, il Buddha gli disse, Quando un uomo (inferiore) va a far visita ad un altro, per educazione, e trova che egli è via da casa, qual è l'espressione usata per colui che offre la visita? Si dice "chi kwai" [Questo passaggio è molto difficile, forse una traduzione migliore sarebbe questa: "Qual’è l'espressione gentile che si usa fare ad un inferiore, quando fa una visita o un presente ad un altro, e non ha osservato le regole della convenienza? Essi dicono 'se lo riprenda!' (cioè, non si preoccupi, gliela restituisco!)"]. Così ora a questo mio seguace che mi offende, anch’io rifiuto di ricevere il suo abuso, e così esso ritornerà a lui, fonte di miseria. Perché come il suono appartiene al tamburo, e l’ombra alla sostanza, così la miseria si lega al cattivo che la crea. 

   8. Il Buddha disse: Un uomo che che offende il buono, è come uno che guarda in alto e sputa verso il cielo; il suo sputo non sporca il cielo, ma ritorna su di lui. O, come quando il vento è contrario, e uno tira la cenere ad un altro, la cenere non fa che ritornare contro colui che la lanciò. Non si può offendere né ferire un uomo buono, l’offesa tornerà a chi la gettò. 

   9. Il Buddha disse: Un uomo che fa la carità con un principio di privato attaccamento o di violenta pietà, non ha molto merito; ma colui che fà elemosine senza scopi privati, ma per omaggio al principio di suprema ragione, il suo merito è davvero grande! Quindi colui che vede un altro che fa la carità, e per un principio di ragione approva ciò che lui fa, e si allieta per lui, quest’uomo ne condividerà anche il merito dell'azione stessa. Ci si può chiedere se il merito del primo ne viene diminuito? Il Buddha (in risposta a ciò) dice, "Così come molti uomini che da una torcia accendono un fuoco per cucinare il riso, non diminuiscono la luce di quell fuoco, così è il merito in questo caso".    

10. Il Buddha disse: Il merito di donare cibo a cento uomini dotti non è uguale come il donare cibo ad un solo uomo virtuoso; e donare cibo a mille uomini virtuosi non è uguale nel merito a donare cibo ad un solo uomo che mantenga i cinque precetti; e alimentare diecimila di questi  non è uguale come merito ad alimentare un solo Sz'-to-hom (Sakradagami); e alimentare dieci milioni di questi non è uguale ad alimentare un solo Oh-na-hom (anagami); e ancora, il merito di alimentare cento milioni di questi non è uguale al merito di alimentare un solo Arhat; il merito di alimentare diecimila milioni di questi non è uguale al merito di alimentare un solo Pi-chi-Fo  (Pratyeka-Buddha); ed il merito di alimentare centomila milioni di questi non è uguale al merito di alimentare un solo Buddha. E imparando a pregare il Buddha, si arriva a desiderare di salvare l’umanità. Il merito di alimentare uomini virtuosi è davvero molto più grande delle questioni che occupano l'attenzione di uomini saggi sul mero piano mondano; e le questioni di cielo e terra, spiriti e demoni, come importanza non sono uguali alla riverenza dovuta ai genitori; i nostri genitori sono davvero i più divini di tutti gli dèi. 

   11. Il Buddha disse: Ci sono venti cose difficili nel mondo: essere poveri e caritatevoli; essere ricchi e nobili, imparare la suprema saggezza; rischiare la propria vita e però scampare alla morte; ottenere la visione delle scritture buddhiste; essere nati nell'èra di un Buddha (o, nel mondo di un Buddha); reprimere la concupiscenza ed eliminare il desiderio; vedere un oggetto piacevole e non desiderarlo; avendo il potere, non essere superbi; non adirarsi quando si viene insultati; rimanere passivi in mezzo a tutte le influenze mondane; comprendere totalmente il fine dell’insegnamento; non disprezzare le persone ignoranti; sradicare l'egoismo; unire una condotta virtuosa all’istruzione; osservare la propria vera natura, e intraprendere allo stesso tempo lo studio della suprema ragione; avendo ormai ottenuto il proprio scopo (spirituale), non sentirsene esaltati; saper spiegare in modo soddisfacente la natura della liberazione finale; passare attraverso le varie forme di esseri per liberare gli umani; avere un cuore illuminato ed essere immobili nell’agire; saper evitare asserzioni e dispute positive. 

   12. C'era uno Shaman che chiese al Buddha "Da quali influenze si genera la ragione suprema, e quali sono le sue caratteristiche?" Il Buddha rispose: "La saggezza suprema non ha forma né qualità; quindi cercare una conoscenza di essa è inutile. Se desideri possederla, osserva bene la tua mente (o i poteri attivi della volontà) e la condotta. Si può paragonare alla lucidatura di uno specchio; facendo scomparire la polvere e l’immondizia, subito la luminosità dello specchio è prodotta; perciò essa abbraccia in sé, sia come sia, il potere di vedere ciò che ha forma; così, distàccati dalla concupiscenza, osserva bene l'impassibile (e vuota) natura della tua mente, poi tu percepirai la suprema ragione e capirai le sue caratteristiche". 

   13. Il Buddha disse: Quale è la virtù attiva se non praticare i dettami della ragione? Quale è la moralità (o la virtù), se non il supremo accordo della volontà coi requisiti della ragione? Cos’è la magnanimità, se non l'esercizio instancabile della pazienza quando si viene offesi? Colui che sopporta coraggiosamente l’offesa immeritata è un vero uomo! E chi è un saggio (o possiede la saggezza di un saggio) se non un uomo il cui cuore è illuminato e esente da colpe, che ogni cattiva condotta ha distrutto, che è immacolato, calmo e puro all’interno? Combinare una totale conoscenza di ciò che c’era prima che il cielo e la terra esistessero, con quello che succede oggigiorno, una conoscenza dell'universo quando ancora nulla esisteva, così che nulla resti non visto e ignoto; possedere questa conoscenza trascendente è la vera Illuminazione. 

   14. Il Buddha disse: Un uomo che si tiene le sue passioni, incapace di discernere la (bellezza della) ragione suprema è come (un vaso di) acqua impura in cui sono messi oggetti di diversi colori; venendo (tale vaso) scosso con violenza, gli uomini che guardano l'acqua non possono percepirvi nessun oggetto che dovrebbe riflettersi in essa. Quindi, nel cuore, la concupiscenza e la passione sono causa di oscurità, cosicché la ragione suprema ne è oscurata e nascosta. Ma se un uomo gradualmente comprende e si pente dei suoi peccati, aumentando la conoscenza, l’acqua sporca perde la sua oscurità, diverrà pura, calma, e chiara, riflettendo in se le forme che vi si specchiano. Come quando il fuoco è acceso sotto una pentola, l'acqua arriva a bollire ed a formar bolle, nulla dentro e sotto la sua superficie può essere percepito;--così i tre mali morali che bruciano naturalmente nel cuore, provocano che i cinque aggregati (chenk, skandha) si combinino con ciò che è all’interno, e alla fine la ragione ne viene oscurata. E’ con l’abbandono di queste influenze che la nostra natura spirituale è percepita; abbandonando le trame della vita e della morte ci si eleva alla terra di tutti i Buddha, dove dimorano la virtù e la ragione. 

   15. Il Buddha disse: Un uomo che coltiva la ragione suprema è come uno che prende una brillante torcia per entrare in una casa oscura; l'oscurità che vi è all’interno è immediatamente dissipata, ed ecco che arriva la luce! Colui che persegue la ricerca della saggezza, e comprende bene i sistemi della vera filosofia,--avendo distrutto le sue follie e i suoi errori, arriverà per forza all’illuminazione perfetta! 

   16. Il Buddha disse: Nei riti religiosi, nella condotta, nel parlare, perfino nel filosofizzare, io non dimentico mai (la necessità di fondare tutto sulla base de) la ragione suprema. 

   17. Il Buddha disse: Vedere cielo e terra, e riflettere sulla loro impermanenza, come pure le montagne e i fiumi e tutte le cose create, i cambiamenti e le produzioni della natura, tutti fugaci ed instabili; ma se il cuore si affida a questa verità costantemente, oh, come rapidamente la ragione suprema può essere raggiunta! 

   18. Il Buddha disse: Riflettere ed agire secondo i dettami della ragione suprema per un intero giorno, ed alla fine ottenere la radice di una stabile fede,--questa è davvero incommensurabile felicità! 

   19. Il Buddha disse: Non stancarsi mai di riflettere su ciò che si è! Ricordarsi che i quattro elementi che compongono il nostro corpo, che è considerato come se esistesse veramente, in realtà sono tutti meri nomi, senza alcuna personalità, e che il cosìddetto "io" non è altro che un ospite passeggero, una cosa momentanea; tutte le cose intorno a noi sono solamente illusioni! 

   20. Il Buddha disse: Un uomo che segue i dettami delle sue passioni, cercando le cosìddette cose dolci per indulgervi (come i fiori), è proprio come l’incenso che brucia, la cui fragranza gli uomini possono percepire, ma con l'incenso che si auto-consuma nei suoi stessi fumi! Quindi l'uomo sciocco, esaltando il carattere dei volgari godimenti trovati nei suoi egoistici piaceri, e non indagando il tesoro della sua ragione,--l’unica vera fonte di felicità,-- deve sopportare sia il disagio della sua gratificazione passata (cioè, del fatto che essa poi passa) ed anche l'amarezza del successivo pentimento! 

   21. Il Buddha disse: L'uomo che rozzamente si attacca a ricchezze o piaceri, è come un bimbo che prende un coltello (per cogliere il miele),--la dolce delizia del precedente gusto del miele si perde nonappena lui percepisce il dolore nella sua lingua tagliata leccando il coltello! 

   22. Il Buddha disse: L'uomo incantato dai piaceri ingannevoli della concupiscenza (sessuale), soffre di una miseria più grande dei collari e catene che legano i detenuti delle regioni infernali; perché da quest’ultime sofferenze c’è remissione, ma il desiderio per l'indulgenza nella passione sensuale, (la donna) benché sia dannosa come la bocca di una tigre, tuttavia per la dolcezza del suo aspetto, affascina il cuore. E come può essere rimosso il danno di tale indulgenza? 

   23. Il Buddha disse: Di tutte le passioni (concupiscenze, brame e desideri), la più grande è quella dell’amore per le donne. Oltre a questa,-- per quanto è grande, non ve n’è altra di più grande. Se ve ne fossero due di tale portata, nessun mortale sarebbe capace di raggiungere la ragione suprema. 

   24. Il Buddha disse: La passione che governa un uomo è come un uomo sciocco che prende una torcia e corre con essa andando contro vento. Colui che non la lascia cadere avrà il dolore della sua mano bruciata. Quindi la velenosa radice di brama, concupiscenza, rabbia, e invidia, piantata nel corpo dell'uomo sciocco e non sopraffatta al più presto dall'esercizio della ragione, dovrà necessariamente portare calamità e dolore, come la mano di quell’uomo sciocco che nel desiderare di portare la torcia ne è bruciato. 

   25. In una certa occasione, un Deva presentò al Buddha una donna di piacere, con il segreto desiderio di tentarlo. Il Buddha pensò, mostrerò (a quest’ essere) la saggezza di Buddha. Così lui disse, "Per le erbacce e la lordura c'è un contenitore! Che fai, allora? Perché mi parli di cose così volgari e sciocche (come i desideri sensuali)? Di sicuro sarebbe difficile eccitare la passione in uno che ha bandito per sempre gli strumenti (tung) con cui si gratificano queste cose". Il Deva, sopraffatto da timore riverenziale, desiderò allora che il Buddha gli spiegasse il soggetto della ragione suprema, e così facendo, immediatamente lui divenne un Su-to-hun (Sowan).

   26. Il Buddha disse: Quelli che praticano l'acquisizione della ragione suprema sono come un pezzo di legno che rimane a galla nelle onde furiose di un torrente, non toccando né la riva sinistra né la destra, non trattenuti da alcun schema mondano né fuorviati da teorie spirituali (quelle che concernono gli spiriti, ossia, la speranza di raggiungere la condizione di un Deva), né presi nel turbine della marea che costringe gli umani a morire e decomporsi;--io vi assicuro che quest’uomo arriverà all’oceano! Quindi l'uomo che pratica la ragione, non trattenuto dalle allucinazioni passionali né dalle false nozioni che distinguono i malvagi,- quest’uomo, avanzando sul sentiero e abbandonando il dubbio, sotto la mia protezione arriverà alla saggezza suprema. 

   27. Il Buddha disse ad uno Shaman: Stai attento a non credere ai tuoi pensieri, sennò essi alla fine distruggeranno la base di ogni credenza. Sta pure attento a non invischiarti in questioni mondane (shik), perché cosa sono queste se non la causa di ogni disagio? Ma l’Arhat, egli sì può avere fiducia nei suoi pensieri. 

   28. Il Buddha si rivolse così a tutti gli Shamani: State attenti a non guardare una donna! Se ne vedete una, fate come se non l’aveste vista! Guardatevi dal parlare con una donna; ma se dovete parlare con una, dite con cuore puro e retta intenzione, "Io sono uno Shaman, in questo mondo necessariamente impuro; ma sono come un loto che cresce puro benché stia nel fango". Se la donna è più vecchia di voi, consideratela vostra madre. È una nobile? Consideratela come la vostra sorella più grande. È una popolana? Consideratela come una sorella più giovane. È una bambina? Trattatela cortesemente secondo gli usi di società. Soprattutto, considerate nel vostro ragionamento che quello che voi vedete è solamente l'aspetto esterno, perché all'interno di quel corpo c’è sporcizia e putrefazione! Quindi, pensando così, i vostri cattivi pensieri saranno tutti banditi! 

   29. Il Buddha disse: Un uomo che pratica la ragione, e (sia desideroso di) espellere le sue concupiscenze, dovrebbe vedersi (o vederle?) come paglia in attesa del fuoco che verrà alla fine del mondo (Kalpa). Egli sarebbe allora di sicuro più intenzionato nel rimuovere questi desideri e concupiscenze. 

   30. Il Buddha disse: C’era un uomo che, afflitto da concupiscenze sensuali che non poteva reprimere, era seduto su delle acute lame allo scopo di distruggere gli organi che provocavano la sua passione (o per sradicare le sue passioni o sensi); al che il Buddha gli si rivolse così:--"Se pure tu riuscissi a rimuovere quel membro e gli organi lussuriosi, con la rimozione di questo rispetto a cosa è (concupiscente) il cuore? È il cuore che è l’operatore (alla base di tutto); se tu concili esattamente questo, allora tutti i tuoi cattivi pensieri saranno dissipati. Ma se il cuore non è conciliato, che profitto può sorgere dal rimuovere il membro? Cos’è tutto ciò se non una mera morte del corpo?" Il Buddha disse ancora: E’ così che il mondo normalmente si sbaglia su queste questioni. 

   31. C'era una certa donna dissoluta che aveva dato un appuntamento per incontrare un certo uomo. Quando lei non venne, lui prese a pentirsi (della sua malvagità), e disse: "La bramosia non è che l’effetto del mio stesso pensiero. Se non ci fosse il pensiero, la concupiscenza non sarebbe nata". Il Buddha passava di là e sentendo questo, disse allo Shaman: "Io ricordo questo come un detto di Kasyapa Buddha, ed ora esso è divenuto comune nel mondo." Poi, il Buddha disse ancora: "L’uomo si crea il dolore dai desideri di concupiscenza; e dal dolore sorge l'apprendimento (del male); non essendoci concupiscenza, non ci sono né dolore né coscienza del male." 

   32. Il Buddha disse: Un uomo che pratica la ragione (puntando all’ottenimento della ragione suprema) può essere paragonato ad un solo guerriero che lotta contro diecimila. Mentre gli altri soldati, armati per la battaglia corrono fuori dalla porta, bramosi di lottare, egli teme nella sua esausta condizione che la vittoria sarebbe difficile, e così si ritira dal campo. Però quando è a metà strada, egli ritorna al conflitto risoluto a lottare e morire. Quest’uomo, avendo ottenuto la vittoria, quando tornerà al suo paese, sarà (con pieno merito) elevato ad un alto rango. Così l'uomo che è capace di mantenere la stessa mente, e, perseverando contro tutti gli ostacoli, avanza nel suo lavoro (o professione), non influenzato da follie o allettamenti mondani, distrutti i suoi cattivi desideri, cessate le sue cattive azioni, egli raggiungerà la saggezza perfetta. 

   33. C'era una volta uno Shaman che durante una notte continuò a recitare le sue preghiere (il Sutra che contiene le parole del Buddha). Il suono della sua voce era pietoso e affaticato, per il desiderio (così facendo) di portarlo a pentirsi dei suoi peccaminosi pensieri (di voler ritornare al mondo). Il Buddha si rivolse allo Shaman, dicendo così: "Quando eri nel mondo come membro di una famiglia, qual’era la tua particolare occupazione?" Lui rispose: "Mi piaceva continuamente suonare il liuto". Il Buddha disse: "E che accadeva quando le corde si allentavano?" Lui rispose: "Beh, non c’era alcun suono musicale" "E con le corde troppo tirate, che accadeva?" Lui disse: "Il suono era troppo acuto". "Ma se le corde fossero state accordate a metà fra l’allentato e il troppo-stretto, che sarebbe successo?" Lui rispose: "Tutti i suoni sarebbero stati concordanti ed armoniosi". Il Buddha disse ancora allo Shaman: "La Via della saggezza suprema è uguale. Solo mantieni il tuo cuore in armonia ed unione, e così raggiungerai la conoscenza perfetta". 

   34. Il Buddha disse: La pratica del conseguimento della ragione è come il luogo dove (o il modo in cui) un uomo fonde i metalli, gradualmente lasciandoli cadere giù e separandoli dalla scoria; il vaso fatto in questo modo sarà buono. La Via della saggezza (similmente) è il liberarsi gradualmente della corruzione del cuore, proseguire con seria perseveranza, ed ottenere così una perfetta e completa conoscenza. Se si tentasse qualunque altra via, questa sarà solo causa di forte stanchezza nel corpo, che provocherebbe irritazione di mente, trasgressione nella vita e questa sarebbe solamente praticare la via dei malvagi (o, accumulazione di colpa). 

   35. Il Buddha disse: Un uomo che sta puntando di ottenere la ragione suprema ha molte crisi dolorose, proprio come coloro che non si interessano di questa ricerca; perché, considerando l’esperienza di un uomo dal momento della sua nascita alla sua vecchiaia, e da questo periodo al momento della sua malattia, e da questo a quello della sua morte,-- quante innumerevoli sofferenze egli sopporta! Ma il cuore carico di rammarichi, di colpe accumulate, infiniti cicli di vita e morte,-- come è più duro parlare di queste sofferenze senza fine!

   36. Il Buddha disse: Per un uomo comune è difficile evitare i tre cattivi modi di nascita (cioè, come animale, dèmone o negli inferni), e rinascere come essere umano; stando così le cose, anche rinascere come uomo e non come donna, è difficile; anche aver del tutto ben sistemate le sei passioni (cioè, avere mente e corpo perfetti, "mens sana in corpore sano") è difficile; ed anche rinascere in un paese intermedio (l'India?) è difficile; ed anche arrivare alla conoscenza della dottrina di Buddha, è difficile; e divenire eminenti nella conoscenza del Buddha è difficile; e nascere nella famiglia di un Bodisattva, è difficile; e rinascere nell'èra di un Buddha, e credere sinceramente nei tre Gioielli preziosi (il Buddha, il Dharma e il Sangha), è difficile. 

   37. Il Buddha chiese a tutti gli Shamani, "Qual è la durata della vita di un uomo (o, In cosa consiste la vita di un uomo)?" Uno rispose, "(In) alcuni giorni (solamente)". Il Buddha disse, "Figlio, tu non hai ancora raggiunto la saggezza suprema". Di nuovo lui fece la stessa domanda a cui rispose un solo Shaman, "Il tempo di un pasto (di prendere un pasto)". Il Buddha rispose, "Figlio, tu non hai ancora raggiunto la ragione suprema". Di nuovo, lui fece la stessa domanda ad un altro Shaman, che rispose, "La vita di uomo non che è un respiro, anzi, un sospiro!". Il Buddha rispose, "Ben detto, figlio! Tu sei stato capace di raggiungere la saggezza suprema!". 

   38. Il Buddha disse: Un discepolo lontano da me per una distanza di molte migliaia di miglia, se ancora pensa a me e mantiene i miei comandamenti (nim = osservare da ricordo), alla fine otterrà la saggezza suprema. Mentre un altro che pure mi è vicino, ma però indulge in pensieri ribelli e si comporta perfidamente, alla fine egli può non raggiungere la ragione suprema. La verità della pratica risiede (o è esibita) nella corretta condotta. Se un uomo si associa con me però non adatta la sua condotta ai miei comandamenti, che beneficio avrà egli anche se pratica  i dieci mila precetti? 

   39. Il Buddha disse: Un uomo che sta praticando il conseguimento della ragione, è come uno che mangia il miele, che è dolce in ogni sua parte. Così, le mie Scritture (Sutra) sono dolci allo stesso modo: il sistema in esso sostenuto è sempre una fonte di piacere. Quelli che lo praticano raggiungeranno la conoscenza suprema. 

   40. Il Buddha disse: Un uomo che pratichi il conseguimento della saggezza suprema, e sia in grado di estirpare la radice dei suoi desideri e concupiscenze, è come uno che riesce a colpire la gemma sospesa. (L'allusione è al colpire la campana del tempio, per la riunione o dispersione dell’assemblea, o può essere all'atto di colpire o macinare una sostanza in un mortaio). Ad ogni colpo, la riunione di persone (o la sostanza compatta) è sciolta, (allo scopo di ricorrere al culto). Così, quando tutti i cattivi desideri di un uomo si sono sciolti e dispersi, egli raggiungerà la saggezza suprema. 

   41. Il Buddha disse: Ogni Shaman che partecipa alla pratica religiosa dovrebbe considerarsi come i buoi che portano carichi, e superano il fango; oberati dai loro carichi, essi non si fidano di guardare (o vagare) nemmeno un pollice (la minima parte) a destra o a sinistra; desiderando soprattutto uscire dal fango, essi proseguono diritti, così da poter ottenere un po’ di conforto e riposo. Così uno Shaman, considerando le sue concupiscenze e passioni come più fastidiose di quel fango, con un costante impegno che piega la sua mente al (conseguimento de) la ragione, sarà in grado di evitare ogni dolore. 

   42. Il Buddha disse: "Io considero i Re e i principi, riguardo alla loro dignità, solamente come grumi di polvere; l’oro ed i gioielli, riguardo al loro valore, solamente come frammenti di creta; vestiti di seta e taffettà, solamente come cose da giocarci (pai-pak); il grande Universo, come la lettera 'A'; i quattro Oceani, sterili o pieni di alghe (nan-shui), solamente come strade melmose; il metodo della totale Liberazione, solamente come una barca per trasportare il tesoro; il veicolo Supremo (riferendosi probabilmente al Mahayana), solo come la lucente doratura di un sogno; la ricerca della saggezza del Buddha, solo come un fiore (che nella fantasia appare) davanti all'occhio; la ricerca di qualunque base inferiore sottostante, solo come il monte Sumeru (su-ni-chiio); la ricerca del Nirvana, come la fine di un sonno; l’arrivare alla pace, come la danza dei Sei Dragoni (?); lo stato della Perfetta Equanimità, come l’unico vero punto fermo; il potere di trasformazione infinita, come gli alberi e i fiori delle quattro stagioni;--tutte queste cose sono grandi così solo in paragone. Sentire il Dharma del Buddha è la fonte principale della gioia". 

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NOTE:

1. Nell’anno 64 d.C. 

2. '6 chang’ = 846 pollici, o circa 70 piedi. 

3. Kang-Hi.  

4. Uddiyana, Julian,. 

5. Matáñga, vedi Lalita Vistara, xvii. n. 

6. Honan-fou, la capitale orientale, costruita nell’anno 26 d.C. dal primo imperatore Han della Dinastia Orientale.

7. La città di Kapilavastu. 

8. Cioè, spiriti senza riposo. 

9. Chiamato da Rémusat "Giro della Purezza" Qui si allude anche ad Abel Rémusat ("Foe-Koue-Ki" p. 44); M. Forceaux ("Lalita Vistara", p. xvii. n.), e M. Huc ("Viaggi in Tartaria", vol.ii, p. 78). 

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QUESTA TRASPOSIZIONE DEL “SUTRA DI 42 SEZIONI”, E’ DA METTERE A CONFRONTO CON L’ALTRA TRADUZIONE CHE SI TROVA NELLA “III° PARTE DEI – SUTRA CINESI DEL CHAN – A NOI SEMBRA MIGLIORE QUESTA, MA PUO’ ESSERE SOLO UNA MERA IMPRESSIONE, COME SEMBRANO TUTTE LE COSE CHE, PIAN PIANO, IMPARIAMO A VALUTARE COME ILLUSORIE.