Testimonianze

 

 E se la poesia portasse alla Illuminazione?
di Patricia Briel, 21/04/2009
Fonte:
www.letemps.ch

  

Ebreo convertito al buddhismo, Fabrice Midal proprone un originale percorso spirituale, al di fuori della sfera religiosa, durante l’incontro in occasione della presentazione del suo ultimo libro


Ginevra, 3 aprile 2009,

"Io non ho quasi più il coraggio di dire che sono buddhista". Sorprendentemente, la dichiarazione proviene dalla bocca di un filosofo che ha dedicato numerosi libri al buddhismo, religione che beneficia di una forte corrente di simpatia anche in Occidente. Ma Fabrice Midal non è tiepido. Egli deplora il fatto che il buddhismo è spesso percepito e vissuto come una forma di spiritualità egoistica ritenuta garantista per gli uomini, nel dar loro un comfort ed un benessere ferale e per evitare la loro sofferenza. Nel suo ultimo libro (Rischiare la libertà. Vivere in un mondo senza punti di riferimento, Seuil, pag. 234), appena pubblicato, egli esorta invece ad affrontare la realtà così com'è, ed indica un sentiero di libertà, al di fuori della sfera religiosa. Infatti, egli traccia una Via originale nella foresta delle spiritualità contemporanee. Un sentiero segnato attraverso parametri di riferimento che egli ha tratto dalla poesia e dall’arte, gli unici luoghi dove l'uomo moderno può ancora, egli dice, fare un'esperienza di risveglio suscettibile di metterlo sulla strada della spiritualità autentica.

Fabrice Midal, vestito sempre di nero, ma con un tocco di originalità; una cravatta fucsia a pois, è seduto in questo elegante hotel ginevrino, in cui abbondano paramenti austeri. Docente presso l'Università di Parigi VIII e fondatore della associazione ‘Prajna &Philia’, viene regolarmente ad insegnare la meditazione qui a Ginevra. Così comincia a raccontare mentre assapora (a lungo) un tè.

Nato in Francia nel 1967, egli si sentì assai presto legato a ciò che è essenziale. "Io ero un pessimo studente a scuola. Non capivo la sua importanza. Nulla di ciò che veniva detto concerneva l’esistenza. La scuola non trasmette che delle conoscenze, essa non fa imparare ad essere". ‘Essere’. Ecco l’essenziale. Questo è il motivo per cui Fabrice Midal ha sempre amato i racconti epici della cavalleria, "che offrono una prospettiva di vita". "L'essere umano è chiamato a qualcosa di grande, ma la nostra istruzione si dimentica dell’uomo". Compresa l'educazione religiosa. Quella stessa che il filosofo ha ricevuto in seno alla sua famiglia ebraica e del Talmud Torah che non ha accettato. "Questo insegnamento non mi faceva vivere. Così ho usato il mio tempo per andare a vedere i dipinti nei musei. La vita è diventata finalmente possibile".

In età adulta, l'incontro con il pensiero del maestro buddhista Chögyam Trungpa e la meditazione fu decisivo. Fabrice Midal aveva trovato la sua strada. Ma ogni tradizione religiosa, anche quella che sembra essere più libera, può bloccarci se non stiamo attenti. Nel suo libro, Fabrice Midal fa quindi questa curiosa confessione: "La poesia mi ha salvato dal buddhismo". Ascoltando troppo gli stessi soliti discorsi sulla vacuità, sulla compassione e sulla felicità, ripetuti senza fervore o vera convinzione personale, egli si allontanava da se stesso. Si trovò ad assumere una identità che era diventata come un vestito troppo stretto. Ma l'esperienza della poesia gli permise di scacciare il soffocante dogmatismo. "Oggi, noi siamo senza un nome, egli dice. Noi soffriamo per il fatto di essere nient’altro che numeri, e perché nessun discorso è diretto a noi. Ora, l'opera d'arte ci interpella. Essa ci parla con un linguaggio non-utilitaristico, ci fa respirare. La poesia è proprio lo spazio di una parola che alla fine si avvicina a noi".

La verità, è la poesia, in ciò che essa ha di profetico. "I poeti sono i più grandi maestri spirituali del nostro tempo", afferma il filosofo. Ecco perché ogni uomo che aspira alla libertà può trovare la sua strada seguendo le stelle, che sono alcuni grandi artisti. Nel suo libro, Fabrice Midal invita così a scoprire il percorso di Cezanne: "Noi siamo tagliati fuori da noi stessi, non sappiamo più che cosa vogliamo né ciò che sentiamo", egli spiega. "I tradizionali punti di riferimento sono scomparsi. E’ insieme un disastro e una grande opportunità. Non possiamo sfuggire alla moderna avventura, che è quella di Cezanne". Questo cammino non si basa sull'insegnamento delle religioni, diventato incomprensibile perché incapace di cogliere la verità del nostro tempo, ma sull’istinto spirituale profondo dell'uomo. Come il pittore, ogni uomo è chiamato ad abbandonare le abitudini e le regole che lo condizionano per posare un nuovo sguardo sul mondo e scoprire la sua ampiezza. "Noi siamo ciechi. Dobbiamo fare uno sforzo per vedere le cose così come esse sono realmente", dice il filosofo.

"La vita umana, è una via che si gioca la libertà", egli prosegue. "Tutti ne parlano, ma nessuno la vuole davvero. Viviamo in un mondo totalitario. Tutti ascoltano la stessa musica, mettono gli stessi abiti, mangiano le stesse cose. Questa uniformità uccide l'umanità". Dobbiamo avere il coraggio di abbandonare le autostrade troppo affollate e ritrovare il gusto dell’avventura. Accettare di vivere nel rischio permette di conoscere la gioia e l'accensione del cuore. La vita facile e la comoda serenità non sono degne degli esseri umani. "La spiritualità non è un rifugio, ma una prova di spoliazione", continua il filosofo. Non sfuggire le difficoltà, ma affrontare i demoni: non c'è altra via. Fabrice Midal ama citare Rainer Maria Rilke – anch’egli una stella, - a questo riguardo: "Come possiamo dimenticare quegli antichi miti che si trovano agli inizi della storia di tutti i popoli, i miti di quei draghi che, nell’attimo supremo, si trasformano in principesse? Tutti i draghi della nostra vita sono forse principesse in attesa di vederci diventare belli e coraggiosi. Tutte le cose terrificanti forse, non sono che delle cose senza soccorso, che attendono che noi si corra in loro aiuto"...