Centro Ch'an Nirvana
Testimonianze

 

Nel buddhismo, si deve
diventare vegetariani?
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Il Buddha era vegetariano? La cosa non è ben stabilita… Egli accettava ogni tipo di cibo che gli veniva dato, qualunque cosa inclusa la carne (alcuni dicono che il Buddha morì dopo aver mangiato un’offerta di carne andata a male). Egli, infatti, aveva dato la regola ai suoi monaci di accettare qualsiasi cibo, ma a condizione che fosse stato già preparato, e non avesse altri ingredienti da cucinare. Tutto questo perché il loro tempo doveva essere passato solo nella pratica spirituale.

Il Buddha era nativo dell’India, e viveva nel paese che oggi ha il maggior numero dei vegetariani nel mondo, ma sembra che alla sua epoca non fosse propriamente così. Egli aveva comunque proibito ai suoi monaci di mangiare come loro unica intenzione la carne di un animale che fosse stato ucciso o cacciato.

Quali sono oggi i paesi buddhisti vegetariani? Non sono poi molti. Tranne Sri Lanka, che è di cultura indiana, tutti gli altri paesi in cui vi è un buon numero di buddhisti (come Thailandia, Birmania, Vietnam, Cina, Tibet e Nepal, Giappone, Corea, ecc) le persone non sono tutte vegetariane. Eppure, tra i cinque precetti fondamentali che ogni buon buddhista deve seguire, compresi i laici, c’è quello di non togliere la vita. Le persone aggirano il precetto, sostenendo che l'animale non è stato ucciso appositamente per loro, il che naturalmente è una piroetta mentale, poiché il Buddha ci insegnò a vedere le cose così come sono. In alcuni di questi paesi, comunque, non c’è l'usanza di offrire la carne ai monaci. Dalla morte del Buddha, avvenuta circa 2500 anni fa, molti ordini monastici hanno modificato le loro regole nel corso dei secoli, come in realtà lo stesso Buddha aveva già fatto mentre era in vita, modificando e adattando le regole che egli aveva promulgato, poiché vide che esse dovevano essere adattate alla realtà del momento.

Il mondo odierno non ha niente a che vedere con quello sperimentato dal Buddha. Le condizioni in cui gli animali vengono allevati per essere mangiati non hanno, nel nostro tempo, nulla in comune con la pastorizia applicata nei tempi antichi. Poiché al tempo del Buddha l'India non aveva più di quaranta milioni di persone, mentre ora ne conta più di un miliardo, ed in tutta la terra siamo ben sette miliardi!

Inoltre, noi dobbiamo trovare un modo di vivere che sia il più giusto possibile, tenuto conto della situazione attuale. E, in particolare, la situazione attuale non può non farci riflettere sulla necessità di diventare vegetariani. I due maggiori problemi che vengono posti dal consumo di carne sono il riscaldamento globale e la sofferenza degli animali. Spetta a ciascuno, secondo la propria sensibilità, definire le sue priorità. In ogni caso, dovremo tutti affrontare entrambi i lati del problema.

Bisogna anzitutto rilevare che in Francia - e in generale in tutto l’Occidente - sempre più centri buddhisti propongono un’alimentazione vegetariana e consigliano vivamente ai loro visitatori e praticanti di diventare vegetariani. Per esempio al Karma Ling, Lama Denys è alquanto preoccupato per l'impatto che i nostri comportamenti possono avere sull'ambiente, così che il cibo servito in questo centro è ora biologico, vegetariano, stagionale e prettamente del luogo. Al Plum Village del venerabile Thich Nhat Hanh, il cibo è “vegano” (cioè, senza uova né prodotti del latte), e si richiede alle persone che vi soggiornano di impegnarsi in seguito a non mangiare carne almeno una settimana al mese. Anche nella tradizione Zen, la maggioranza dei centri offrono cibo vegetariano.

Mangiare, è l'istinto più primordiale, l'impulso che catalizza tutte le nostre paure, con al primo posto la paura di sparire. Noi portiamo in noi la memoria dei tanti antenati che hanno sofferto la fame e il freddo. Cambiare le abitudini alimentari significa venire a contatto con qualcosa di molto profondo, un legame con l'infanzia, con il passato, con le nostre radici...

Però noi siamo di fronte a una situazione che non è mai accaduta in passato. L'attività umana sta facendo modificare il clima, e l'agricoltura fa parte del cambiamento in un modo abbastanza significativo, come è indicato dai numerosi rapporti della F.A.O. (che possono essere visti facilmente in internet, ad esempio).

Ciò che si oppone al necessario modificarsi del nostro comportamento, è la difficoltà per ciascuno di noi, di percepire la realtà dell’impatto sull'ambiente del nostro stile di vita. La scala di percezione dei fenomeni è aldilà della nostra portata. Abbiamo sempre la sensazione che quello che facciamo individualmente sia così poco che non può avere reali conseguenze globali.

Nel mondo moderno, tutto è così frammentato e parcellizzato, che è davvero difficile poter fare il collegamento tra un prodotto venduto in un negozio e l'impatto che lo stesso prodotto ha sull'ambiente, in particolare la CO/2 che esso può aver generato. È per questo che alcune catene di vendita al dettaglio si sono impegnate a far apparire sulle etichette la produzione di CO/2 generata, così che ogni consumatore possa capire che egli partecipa, perfino con i suoi più piccoli acquisti, al riscaldamento planetario.

In realtà, ciò che consumiamo, potrebbe essere stato prodotto nella porta accanto o in qualunque parte del mondo, e la nostra scelta di acquistarlo o meno ha un impatto assai diretto sul nostro ambiente. Ogni giorno, noi compriamo il cibo per noi stessi e per la nostra famiglia. Che tipo di cibo? Prodotto come? E dove? Non sarà che tutti noi abbiamo emissioni di gas serra direttamente sul nostro piatto?

Il Buddha mostrò l'interdipendenza di tutti gli esseri e di tutte le cose, e il fatto di come qualsiasi azione, qualunque pensiero, abbia un certo impatto sulle altre persone e cose, una ripercussione che alla fine si estenderà sempre più lontano fino a toccare l'intero pianeta. Quindi, come buddhisti, noi siamo chiamati più degli altri a realizzare l'impatto delle nostre azioni sugli altri esseri e sul mondo.

Il riscaldamento climatico globale è una delle principali ragioni per iniziare a diminuire  il consumo di carne animale; ma c'è un altro lato del problema, quello della sofferenza degli animali, e noi siamo in grado di affrontarla?

C'è una tale distanza tra le carni esposte in bella mostra negli scaffali dei negozi ed il vero animale, che è assai facile non collegare il prodotto esposto e la sua morte. Se fate la rituale domanda: ‘Tu mangi la carne?’, dovreste invece dire: "Tu mangi la carne di un animale che è stato ucciso per te?". Allora, improvvisamente, la parola "carne", assumerebbe subito una realtà diversa.

Questa riflessione può essere sostenuta, cercando su internet e cliccando sul seguente link: http://bouddhismeaufeminin.free.fr/

Per essere aiutati a passare dall'idea all'azione, vedere quest’altro sito: Arcimboldo !-   http://www.buddhachannel.tv/portail/spip.php?auteur208