Centro Ch'an Nirvana
Testimonianze

 

Conoscere la Mente,
nella Spiritualità Laica…
di Paolo D’Arpini
Tratto da: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2011/01/02/lay-spirituality%e2%80%a6where-the-civilization-of-the-living-and-the-dead-meet/

 

 

Il nostro osservare il mondo, sia interiore (delle emozioni) che esteriore (degli oggetti), non è quasi mai “pulito”, privo cioè di interpretazione e concettualizzazione. Noi siamo avvezzi a giudicare quel che osserviamo attraverso il filtro della memoria e delle sensazioni collegate alle trascorse esperienze. Anche nel caso di eventi “nuovi” o di idee precedentemente non considerate non facciamo a meno di cercare di capire, o meglio “comprendere”, e misurare sulla base del nostro conosciuto.

Ecco, questa “preconoscenza” è la nostra “schiavitù” ma se potessimo lasciarci andare sino al punto di poterci osservare mentre si innesca il meccanismo del “pre-giudizio” e capire il suo funzionamento… potremmo già considerare questa “attenzione” come una prima forma di meditazione e distacco dal processo appropriativo in corso.

Facciamo un’analogia pratica, per esemplificare questo tentativo di spostare l’atten-zione dall’io giudicante alla capacità testimoniale della pura coscienza, analizzando il funzionamento del sogno. Quando sogniamo tutto avviene in modo apparentemente costruito e definito mentre allo stesso tempo gli avvenimenti del sogno mantengono il senso dell’imponderabilità. Il personaggio specifico del nostro sogno, nel quale noi ci identifichiamo, è esso stesso una semplice componente inscindibile dalla complessità del sogno, in cui i vari attori, figure, oggetti ed eventi sono un tutt’uno. La “farsa” del sogno mostra un’apparente finalità e significato agli occhi del personaggio di sogno nel quale ci identifichiamo. Vediamo che egli infatti compie gesti deliberati e verosimili sforzi di volontà per raggiungere i suoi fini di sogno, rapportandosi inoltre con gli altri personaggi del sogno come “diversi” da sé. Può ciò corrispondere a verità?

Tutti gli aspetti del sogno sono prodotti dalla stessa mente e non sono in alcun modo controllabili e gestibili da alcun personaggio o situazione del sogno. Essendo ognuno di questi elementi semplici componenti “passive” immaginate nella mente del sognatore. Dal punto di vista dell’esperienza “empirica” nello stato di veglia si può dire che il processo di “creazione” sia praticamente il medesimo. Tutti gli oggetti ed i soggetti che reciprocamente si percepiscono (essendo ognuno contemporaneamente soggetto ed oggetto nella percezione altrui) scaturiscono dalla stessa “Mente”, o Coscienza, e si dipanano sullo schermo concettuale degli eventi spazio-temporali. In effetti, in questo funzionamento totale, non può esistere alcuna volizione o finalità personale, poiché (come nel sogno) ogni cosa si svolge indipendentemente dall’intenzione di qualsiasi dei personaggi sognati. Pur che apparentemente essi assumono su di sé il senso dell’

affermazione o della negazione di una loro “volontà”, ma questo avviene solo in conseguenza alla considerazione effettiva degli eventi già vissuti. Ovvero dopo aver “giudicato” i fatti accaduti ed averli assunti come propri (attraverso il senso di identificazione) e quindi definiti come positivi o negativi (ai fini del personaggio).

 

Da ciò, per estensione, arriviamo all’identità dello stato di veglia e scopriamo che -come nel sogno - a manifestare la vita e le sue componenti non sono i singoli esseri bensì la Coscienza stessa, impegnata com’è nell’opera di vivificazione delle sue emana-zioni e manifestazioni, che sono possibili solo per suo tramite.

Per questa ragione, Ramakrishna Paramahansa ha detto che “quando il me scompare l’Io si manifesta”, ovvero quando l’identificazione individuale cessa, automaticamente la Coscienza impersonale emerge. Si dice che “emerge” in quanto tale pura Coscienza è già insita nell’individuo stesso (come la mente è presente nel personaggio sognato) e che la “sostanza” non appartiene alla sembianza mutevole ma è l’essenza stessa che la anima. Ovviamente in caso di “risveglio” al puro “Io”, il senso di identità individuale “muore” ma questo non implica l’automatica scomparsa della sua “sembianza” appa-rente, che continuerà a restare nella percezione degli “altri” osservatori, ma svuotata al suo interno di ogni identificazione oggettiva, essendo il risvegliato pura e semplice “soggettività” (Consapevolezza priva di attributi).

La spontaneità è la caratteristica “comportamentale” del risvegliato, allorquando la ‘spontaneità’ significa semplice capacità di risposta, adeguata e consona, alle situazioni in cui egli si imbatte. In un tale essere non permane alcuna ombra di intenzionalità o di giudizio, di desiderio o repulsione, e la sua “volontà” corrisponde esattamente agli eventi vissuti senza che lui lo ricerchi. Possiamo definire questo stato: Libertà.

Per significare la vera natura dell’essere ed il “ritorno” all’intrinseca consapevolezza che gli è propria, ammettendo che tale natura è la stessa per ognuno di noi, mi piace riportare una frase di Nisargadatta Maharaj, che disse: “Non importa ciò che fai o ciò che non fai se hai realmente percepito quello di cui sto parlando. Diversamente, non importa nemmeno se tu non hai capito quel di cui sto parlando..” Il che significa che in entrambi i casi la realtà intrinseca non può cambiare… e tutto quello che è destinato ad avvenire avviene per conto suo….

Succede però che questo discorso, pur essendo a volte intellettualmente accettato, necessiti spesso una digestione ed assimilazione, deve insomma essere fatto “nostro”. Ciò può avvenire attraverso la riflessione, la rielaborazione e il riconoscimento al nostro interno di tale verità. Ora in qualche modo ci sembra di aver compreso ma dobbiamo disintossicarci dalla tendenza speculativa e dall’identificazione con il personaggio che è incarnato. A tal fine, non per ottenere la condizione che è già nella nostra natura, ma allo scopo di scongiurare l’imbroglio della mente, consiglio la ripetuta ponderazione e lettura del testo e delle immagini contenute nel Libro dei Mutamenti, un compendio di esempi archetipali psicosomatici, descrivente cioè i diversi modelli comportamentali, basati sulle variegate capacità espressive della mente nello svolgimento degli eventi spazio-temporali. Per mezzo dell’analisi sarà possibile riconoscere le multicolori forme che la mente può assumere in questo mondo di apparenze, essendo le sue trasforma-zioni semplici risultanze, risonanze e adattamenti alle condizioni che essa si trova ad affrontare. Questa è una risposta automatica allo svolgimento delle continue mutazioni e mescolamenti degli elementi basilari della vita.

Ovvio che tali mutazioni sono praticamente infinite, ma nel Libro dei Mutamenti si esa-minano 64 aspetti/madre, in forma di esagrammi in cui ogni linea è una componente costitutiva con propri significati. Essendo questo testo il risultato di un antichissimo e costante studio ed osservazione di fenomeni naturali e sociali, interpretati e visti sia con la ragione che con l’intuizione, esso si presenta come un complesso integrato dei diversi modi espressivi analitici ed analogici della mente.

 “Conoscere la mente per non farsi imbrogliare dalla mente...” affermava Sri Ramana Maharshi. E nel Libro dei Mutamenti si può dire che sia gli aspetti filosofici speculativi e metafisici che quelli analitici ed empirici (Taoismo e Confucianesimo) vengono fusi, perciò la prassi è quella di osservarne le immagini senza volerne assumere i concetti, un buon metodo per avvicinarsi alla corrispondente spontaneità comportamentale del saggio, basata sulla capacità di immediata risposta comportamentale nelle varie situa-zioni incontrate nella vita, anche in considerazione delle peculiari caratteristiche da ognuno incarnate e nella posizione e condizione in cui siamo. Insomma, conoscere il mezzo per affrontare adeguatamente il percorso.

Siccome la lettura del testo non è immediatamente chiara e assimilabile è consigliabile una ripetizione continuata, ma senza sforzi interpretativi, in modo da sospingere pian piano la nostra mente verso quel necessario “distacco” da finalità precostituite, tralasciando quindi il tentativo di comprensione dei significati razionali e lasciando che le immagini evocate trovino corrispondenza nel nostro inconscio.