La SOKA GAKKAI, la "nétta giapponese
che diffonde un falso buddhismo

 

Dossier realizzato con il contributo di ex membri italiani della Soka Gakkai. Prodotto dall'Associazione buddhista Sentiero del Fiore di Loto. Parte del materiale proviene da documenti raccolti dall’Associazione Internazionale Vittime della Soka Gakkai [The Victims of Soka Gakkai Association]
Tratto da www.fiorediloto.org

(Con breve commento finale di Aliberth)
 

 

 TEMPIO DELLA NICHIREN SHOSHU --->

I seguaci della Soka Gakkai sono generalmente delle persone sincere, che si applicano volenterosamente nel seguire una pratica che è stata loro presentata ed insegnata come "l'unica vera pratica buddhista" valida ed efficace. In realtà tale pratica, nonché i significati ed i poteri" che le vengono attribuiti, hanno ben poco a che fare col buddhismo, come riteniamo di poter documentare in questa pagina. Ma cominciamo a raccontare la storia dal suo inizio.
La Soka Gakkai ritiene di ispirarsi alle idee del monaco giapponese NICHIREN, di tradizione Tendai, vissuto nel 13° secolo. Perché proprio Nichiren? Perché sin quando la Soka Gakkai fu fondata nel 1930 da Tsunesaburo Makiguchi (1871-1944) con il nome Soka Kyoiku Gakkai (Società educativa per la creazione di valore), sebbene si trattasse di una semplice associazione culturale pedagogica, si ritenne essenziale fare riferimento anche ad un sistema di valori religiosi. Makiguchi scelse quindi la Nichiren Shoshu (Scuola dedicata alle dottrine del monaco Nichiren) quale punto di riferimento morale e spirituale. Attraverso la Nichiren Shoshu la Soka Gakkai ha così assorbito alcuni insegnamenti di Nichiren.
Va però detto che la Nichiren Shoshu a sua volta è considerata eretica da tutte le altre scuole Nichiren in quanto, contravvenendo agli insegnamenti dello stesso Nichiren, ha elevato quest'ultimo al rango di "Buddha", considerando "superato" lo stesso fondatore del buddhismo, che come tutti sanno è Siddharta Gautama Sakyamuni (558 a.C. - 478 a.C. circa). Il successore di Makiguchi fu Josei Toda (1900-1958) che caratterizzò in senso sempre più religioso il movimento, il cui nome fu da lui abbreviato in Soka Gakkai (Società per la creazione del valore). Dal 1960 il Presidente "a vita" della Soka Gakkai, nonché Padre-padrone, è DAISAKU IKEDA, un semplice figlio di pescatori divenuto miliardario grazie all'abilità con cui ha saputo trarre profitto dall'essere Capo di una religione che non ammette oppositori interni e che può contare su una fedeltà cieca, assoluta e incondizionata da parte dei membri, perlomeno di quelli che resistono all'impulso di fuggire dalla "nétta.
Riepilogando, se Nichiren insegnò una forma molto particolare di buddhismo, la Nichiren Shoshu ha operato una ulteriore differenziazione. Dato che la Soka Gakkai è stata in seguito scomunicata da quest'ultima, cioè dalla Nichiren Shoshu, possiamo dire che la Soka Gakkai è dunque una eresia di una eresia di una eresia. Usiamo il termine "eresia" per intendere una rivoluzione della dottrina che trasforma completamente la dottrina precedente. A questo punto ci si domanda se il termine "buddhismo" possa essere utilizzato senza generare confusioni. Certamente NO.
Definire "buddhista" la Nichiren Shoshu o addirittura la Soka Gakkai è quantomeno ingannevole, innanzitutto perché il Buddha in tutto il mondo, persino dai non buddhisti, è universalmente ritenuto Siddharta Shakyamuni, il principe nato 2500 anni fa in India a Lumbini Grove, oggi Nepal.
Certamente sia la Nichiren Shoshu che la Soka Gakkai ritengono di avere delle ragioni dottrinali per definire Nichiren come il Buddha della nostra èra, ma in realtà dall'epoca di Shakyamuni ad oggi non c'è alcun cambiamento di èra, perché le 4 Nobili Verità sono sempre attualissime: la sofferenza c'è, la causa principale della sofferenza è oggi come allora l'attaccamento, unito all'odio e all'ignoranza, il rimedio è come sempre il nobile insegnamento della retta comprensione, della retta vita, della retta consapevolezza, del retto sforzo............ in una parola quel Risveglio che il Buddha ha prima sperimentato e poi insegnato. E che anche lo stesso Nichiren ha ritenuto essenziale.
La Soka Gakkai si guarda bene dall'informare correttamente la gente dicendo "noi ci definiamo buddhisti, ma per noi il Buddha è Nichiren". Si preferisce speculare sull'equivoco, si trae vantaggio dall'ingannevole convinzione secondo la quale la Soka Gakkai abbia a che fare con il buddhismo che tutti conoscono ma che essi rinnegano, ritenendolo "provvisorio" e decaduto. Paradossalmente, la Soka pur impossessandosi del termine "buddhismo" per strumentalizzare il fascino, la reputazione e il rispetto che tale termine evoca, al tempo stesso disconosce tutte le tradizioni buddhiste storiche, nonché il suo fondamento principale, ovvero l'insegnamento del Buddha. Per la Soka Gakkai, nemmeno il Dalai Lama è un vero buddhista.
Dopo anni di polemiche tra il movimento della Soka Gakkai e i monaci della Nichiren Shoshu, il Patriarca di quest'ultima, nel novembre 1991, ufficializzava la rottura con una notificazione di scomunica nei riguardi dell’ organizzazione guidata in quel tempo da DAISAKU IKEDA, a sua volta espulso dalla Nichiren Shoshu. La Soka Gakkai, da parte sua, rispondeva a questi provvedimenti con una dichiarazione di indipendenza dai monaci, rifiutando la scomunica. Il 7 settembre 1993, la Soka Gakkai iniziava la distribuzione di un altro Gohonzon ai suoi membri, ovvero il cosiddetto "oggetto di culto" che ogni seguace è tenuto a tenere in casa con devozione. (vedi immagine a destra: si tratta di vari ideogrammi su carta che per i seguaci di Nichiren rappresentava un simbolico MANDALA ma ha finito con l'essere considerato un vero e proprio oggetto di culto e venerazione).
Il "modello" di Gohonzon adottato dalla Soka Gakkai corrisponde ad una versione dipinta nel 18° secolo da Nichikan. Non è stata una scelta: la Soka venne fortunosamente in possesso del cliché di questo Gohonzon dopo la rottura con la Shoshu, grazie ad un monaco compiacente (o forse affarista). A tutt'oggi, tutti i seguaci che diventano membri ricevono una stampa del Gohonzon di Nichikan.
In realtà, il Buddha abolì completamente qualsiasi possibilità di avere degli OGGETTI DI CULTO, essendo essi non solo inutili ed illusori, ma PERSINO DANNOSI in quanto INDUCONO ALL'ATTACCAMENTO, che è la radice di ogni sofferenza e di ogni illusione.
L'insegnamento della Soka Gakkai, esprime quanto di più lontano ci possa essere dal buddhismo, principalmente perché anziché tendere all'eliminazione dei desideri bramosi, causa di attaccamento e sofferenza secondo il Buddha, essi vengono addirittura quasi incoraggiati, con la promessa secondo la quale la recitazione di un particolare mantra può far avverare i propri obiettivi in qualsiasi campo, persino finanziario, lavorativo e sessuale. Inutile dire come queste mirabolanti promesse alimentino le false speranze dei soggetti psicologicamente più indifesi e fragili, nonché stimolino una mentalità materialista e consumistica.
Inoltre, nella Soka Gakkai l'amore per tutti gli esseri viventi non è un impegno prioritario, sebbene il movimento, a parole, si proclami pacifista. Si è persino giunti a delle vere e proprie campagne diffamatorie e persecutorie contro gli ex aderenti e, in Giappone, contro il clero della Nichiren Shoshu, l'antico alleato oggi visto come "rivale" e "nemico". Nella Soka Gakkai non c'è alcuna pratica di meditazione, che è invece la pratica buddhista per eccellenza, atta a risvegliare la mente alla retta consapevolezza. Sebbene nella Soka Gakkai si parli spesso di "buddhità", non c'è una chiara visione del significato di questo termine. Essere un buddha significa essere un "risvegliato", cioè aver sperimentato con consapevolezza la vera natura di noi stessi e di tutti i fenomeni. Quindi la buddhità esprime una condizione di particolare consapevolezza della nostra MENTE. Non si tratta quindi di una "energia", né una "forza", né di un "superpotere", né di uno stato psicofisico, come gli insegnamenti devianti della Soka Gakkai lasciano intendere.
Gli adepti della Soka Gakkai vengono indotti a ricercare ipotetici "benefici" che scaturirebbero dalla cosiddetta pratica, la quale aumenterebbe sia il proprio "stato vitale" che il proprio "karma positivo". Per pratica si intende in modo pressoché esclusivo la recitazione vocale di particolari formule. Ciò sarà spiegato in modo più dettagliato nel punto successivo. La Soka Gakkai ha provveduto ad ALTERARE LE TRADUZIONI in lingua corrente degli scritti di Nichiren. Ad esempio, ogni qualvolta egli parla, da buon buddhista, di "meriti", le traduzioni "ufficiali" della Soka preferiscono tradurre con "benefici", in modo da rendere più attraente e più convincente l'insegnamento proposto. Per "completare" l'opera di persuasione, a volte gli adepti vengono spaventati circa il "pericolo" di attirarsi addosso del "karma negativo" nel caso in cui si decida di abbandonare la sétta e le sue pratiche. Promesse materiali da una parte e ricatti morali dall'altra: la "ricetta" perfetta per esercitare una convincente pressione psicologica, come peraltro accade in tutte le sétte.
La Soka Gakkai, ritenendo di seguire l'insegnamento del monaco Nichiren, sostiene che tutto il buddhismo sia perfettamente realizzato con la semplice ripetizione vocale della frase Nam-myoho-renge-kyo, che non è precisamente un mantra bensì il titolo del Sutra del Loto. La recitazione di questo titolo, consiste in una interminabile e frenetica ripetizione verbale, ed è detta anche "daimoku" che significa appunto "titolo" in giapponese. In realtà il titolo del Sutra del Loto è soltanto Myo-ho-renge-kyo, che significa: "La Legge del Sutra del Loto". Quel "Nam" davanti, che dovrebbe essere più precisamente un "Namu", esprime devozione, dunque Nam-myoho-renge-kyo significa "Sono devoto alla Legge del Sutra del Loto" o anche "Onoro la Legge del Sutra del Loto". Per completare la "recitazione", l'adepto deve leggere, mattina e sera, i capitoli 2 e 16 del medesimo Sutra, non in italiano ma in giapponese medioevale, quindi senza comprendere ciò che si dice.
Per la Soka Gakkai, comprendere il testo di ciò che si recita oppure no è un problema del tutto secondario, in quanto l'efficacia della pratica sarebbe data dall'esecuzione materiale della pratica stessa, non dalla comprensione di ciò che il Sutra del Loto vuole dirci! E questo, tra l'altro, offende il Sutra del Loto stesso, perché lo riduce a semplice talismano, altro che pretendere di esserne gli unici veri interpreti! Questa posizione magico-religiosa è stupefacente, perché evidenzia ulteriormente l'abissale distanza con il buddhismo storico, che privilegia decisamente la consapevolezza sui rituali. La pratica ossessivamente ripetitiva e senza un chiaro significato consapevole non è altro che una tecnica psicologica che manipola la volontà e la personalità.
IL BUDDHISMO E' CONSAPEVOLEZZA, MA..........CHE CONSAPEVOLEZZA CI PUO' ESSERE NEL RIPETERE MECCANICAMENTE DUE CAPITOLI DI UN SUTRA IN UNA LINGUA SCONOSCIUTA?
Quando Nichiren proclamò Nam-myoho-renge-kyo lo fece, perlomeno, nella lingua corrente della sua epoca e tutti capivano che cosa si stava dicendo! Per capire cosa voleva realmente trasmettere Nichiren con questa pratica, occorre però capire anche il contesto storico dell'epoca. Ed è quello che vedremo nel punto successivo.
Ai tempi di Nichiren, in Giappone era diffuso l'AMIDISMO: più che una scuola buddhista era una superstizione che consisteva principalmente nella FEDE nel Buddha Amida (una sorta di Buddha divinizzato) il quale avrebbe fatto rinascere nel "Paradiso Occidentale" tutti coloro che semplicemente avessero ripetuto il NEMBUTZU, ossia la frase NAMU AMIDA BUTZU (Sono devoto al Buddha Amida). Nichiren riteneva, giustamente, che il concetto più importante del buddhismo fosse invece quello del RISVEGLIO, e provava particolare simpatia per il Sutra del Loto in quanto questo testo esalta in modo particolare la "Legge meravigliosa" secondo la quale TUTTI possono pervenire al risveglio, anche senza dover passare per cicli di rinascite, anche senza condurre una dura vita monastica, anche senza studiare i numerosi Sutra dell'immenso canone buddhista.
Sebbene lo stesso Nichiren fosse un monaco, potremo definire il suo insegnamento come una Via particolarmente aperta nei confronti dei laici. Il dilagante Amidismo non si occupava di risveglio, ma spingeva le persone a chiudersi in una consolatoria devo-zione in attesa della salvezza promessa. Nichiren, per attirare l'attenzione della gente della sua epoca, si servì di una specie di parodia. In una società ammaliata dalla recitazione del NAMU AMIDA BUTZU proclamò il suo NAMU MYOHO RENGE KYO. Cosa significava questa contrapposizione di formule? Una semplice disputa sulle PAROLE?
No, Nichiren voleva significare che il buddhismo NON E' LA FEDE IN AMIDA ma è la ricerca della Legge Meravigliosa, cioè lo sviluppo della buddhità, lo stato mentale di saggia consapevolezza potenzialmente presente in tutti gli esseri, che ha bisogno di essere "risvegliato". Nichiren, dovendo confrontarsi con dei fanatici che avevano ridotto il buddhismo ad una formuletta devozionale, (esattamente come del resto sta facendo oggi la Soka Gakkai) ebbe l'idea di usare lo stratagemma di MODIFICARE la formula che tutti conoscevano (NAMU AMIDA BUTZU) in una nuova (NAMU MYOHO RENGE KYO). Nichiren riteneva essenziale che nella loro vita le persone realizzassero il SIGNIFICATO della frase NAMU MYOHO RENGE KYO, e cioè realizzare con intenzione consapevole il cammino verso il Risveglio, e non che si limitassero a ripetere la formula a pappagallo, come fanno certi moderni interpreti. Per Nichiren la formula NAMU MYOHO RENGE KYO rappresenta un insegnamento, un manifesto del suo pensiero, una precisa scelta dottrinale, un percorso iniziatico, un segreto da scoprire.
Va detto anche che Nichiren ha avuto la capacità di applicare un principio psicologico utilizzato nella moderna comunicazione pubblicitaria, ovvero servirsi di una FORMA conosciuta per promuovere e rendere accettabili dei CONTENUTI nuovi. La forma conosciuta era quella della formula verbale NAMU AMIDA BUTZU, mentre il nuovo contenuto, ovvero il "cuore" del suo insegnamento, era dato da NAMU MYOHO RENGE KYO. E Nichiren aveva una impostazione profondamente settaria, considerava cioè la propria interpretazione del buddhismo come l'unica vera, e condannava tutte le altre.
Nella diversità c'è ricchezza, scambio, completamento a vicenda. Ma secondo Nichiren, chi insegnava "errori" metteva in pericolo la nazione stessa. Come si vede, si tratta di una interpretazione paranoide, ed in effetti più di una volta Nichiren ha manifestato un equilibrio mentale non totalmente sano. Comunque il suo odio per coloro che avevano una diversa idea del buddhismo emerge chiaramente dalle sue stesse parole: "Tutti i templi Nembutsu e Zen come il Kencho-ji, il Jufuku-ji, il Gokuraku-ji, il Daibutsu-den e il Choraku-ji dovrebbero essere rasi al suolo, e i loro preti dovrebbero essere portati alla spiaggia di Yui per essere decapitati. Se ciò non verrà fatto, il Giappone sarà sicuramente distrutto!” (Scritti di Nichiren Daishonin, 2, 97) vedi anche: ed. Ph.B. Yampolsky, "Selected Writings of Nichiren", New York 1990, pp. 140-141.
Per Nichiren la formula NAMU MYOHO RENGE KYO è dunque il simbolo di una presa di coscienza, non a caso egli riteneva che andasse proclamata almeno una volta nella vita e non diverse ore al giorno come nella pratica deviante della Soka Gakkai. La quale Soka Gakkai, interpretando troppo letteralmente alcuni testi di Nichiren e soprattutto prescindendo completamente dal contesto storico, religioso e linguistico della sua epoca, insegna infatti che la RIPETIZIONE VERBALE della formula NAMU MYOHO RENGE KYO, (anzi, abbreviato in NAM MYOHO RENGE KYO per poter pronunciare più agevolmente), possa DI PER SE' risvegliare la buddhità, indurre saggezza, e al tempo stesso innalzare lo "stato vitale" del praticante, ANCHE SENZA COMPRENDERE IL "MESSAGGIO" RACCHIUSO NELLA FORMULA, cosa che era invece fondamentale per Nichiren.
L'utilizzo di formule verbali che dovrebbero automaticamente produrre effetti, quasi come fossero formule magiche, oltre a contrastare enormemente con lo spirito del buddhismo, sottintende una visione piuttosto alterata della realtà. E' come se qualcuno credesse che si può imparare a guidare semplicemente ripetendo le parole codice stradale, codice stradale, codice stradale, codice stradale, codice stradale, codice stradale, codice stradale.... pura follia. Al di là di questa deviante teoria secondo la quale "occorre ripetere più volte possibile" NAM MYOHO RENGE KYO, va ricordato che sottoporsi ad una pratica così alienante può comportare DANNI PSICOLOGICI e MENTALI. Tuttavia, qualsiasi seguace della Soka Gakkai è pronto a giurare che da quando segue il metodo suggeritogli (ovvero la ripetizione vocale del nam-myo-ho-renge-kyo e del gongyo) SENTE che il suo stato vitale è... più alto. Questa convinzione ha un sottofondo di verità che rende la situazione ancora più ingannevole.
La pratica della Soka Gakkai, infatti, segue ritmi veloci, concitati, prolungati, e può quindi effettivamente scatenare un AUMENTO di catecolamine nel sangue, ovvero di adrenalina e noradrenalina. Si tratta dello stesso fenomeno psicofisico che si verifica in determinati soggetti mentre ascoltano la musica rock o quando vengono eseguite determinate danze sciamaniche scandite dal ritmo ripetitivo e ossessivo dei tamburi. Ripetere a lungo un mantra, un ritmo musicale, una danza, sono atti che influiscono nel nostro equilibrio biochimico, alterando lo stato di coscienza, stimolando varie funzioni neurovegetative, creando una vera e propria dipendenza psicologica. Il risultato di queste pratiche ripetitive e ritmiche è uno stato euforico ed iper-attivo. Ciò è dovuto al livello di adrenalina nel sangue. Non si tratta di nulla di mistico!
E soprattutto, ripetiamo che ciò non ha proprio nulla a che vedere col buddhismo, che anzi predilige lo stato calmo e meditativo, ritenendolo più consono alla contemplazione della mente e alla consapevolezza della vera natura impermanente della realtà. Questi fenomeni psicofisiologici legati alla ripetizione di mantra, non hanno bisogno di speciali formule verbali, l'adrenalina può venir fuori anche se ripetete ininterrottamente e velocemente per un'ora "coca cola, coca cola, coca cola...........". Varie religioni hanno intuitivamente "scoperto" tali fenomeni, che non riguardano solo le catecolamine ma anche le endorfine, gli ormoni, ecc. e lo hanno ritualizzato con preghiere, litanie e canti. Talvolta queste pratiche inducono stimolazione, altre volte rilassamento, addirittura stati di trance semi-ipnotica. Si pensi al rosario, ai canti gregoriani, al mantra hare krishna hare rama, allo Shmà Israel, al Kyrie Eleison, ma anche alle innumerevoli recitazioni della Kabbala, dell’Islam, come pure delle religioni animiste, delle devozioni popolari, delle devozioni primitive.
La pratica suggerita dalla Soka Gakkai è neuro-endocrino-stimolante. Onde evitare di cadere in stati di semi-incoscienza, viene prescritto di FISSARE UN PUNTO sul muro in modo da tenere gli occhi bene aperti e rimanere svegli. L'ideale resta però poter fissare il gohonzon, l’"oggetto di culto" di cui si è già parlato, ovvero una stampa che riproduce ideogrammi giapponesi che danno alla vittima l'illusione di sentirsi immerso in una atmosfera esotica che facilita la sua fuga simbolica dalla realtà. L'abitudine ad aumentare il proprio livello di adrenalina in alcune circostanze può effettivamente dare un aiuto psicologico, dare un po' di sollievo ai depressi, ma non è sempre e comunque una pratica salutare, specialmente per gli ipertesi, che possono aggravare la propria sintomatologia.
Va anche detto che se la pratica viene ripetuta spesso, ciò può creare uno stato di dipendenza psicologica dalla pratica stessa, così come avviene con le droghe. Anziché ammettere che la pratica insegnata ha un banale effetto nell'equilibrio biochimico delle persone, con ovvie ripercussioni psicologiche, si preferisce dare una interpretazione del tutto irrazionale, atta a stupire i seguaci. Ecco un esempio di totale delirio che abbiamo trovato in un articolo di Takehisa Tsuji pubblicato in una rivista della Soka: "quando preghiamo al Gohonzon, il Nam-myoho-renge-kyo del Gohonzon si fonde col Nam-myoho-renge-kyo dentro di noi ed ‘esplode’. Quando questo succede, ogni parte del nostro corpo, dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi diventa Nam-myoho-renge-kyo. Allora la nostra testa diventa myo; la nostra gola diventa ho, il nostro torace ren, il nostro addome ge e le nostre gambe kyo … Quando il nostro corpo diventa Nam-myoho-renge-kyo, questa è illuminazione". Si tenga conto che tale pratica può durare anche per ore.
I benefici promessi dalla Soka Gakkai non si limitano al cosiddetto innalzamento dello stato vitale, ma anche all'avverarsi di AVVENIMENTI che dovrebbero portare felicità nella vita dell'adepto. Ad esempio: trovare un lavoro, migliorare la propria situazione finanziaria, trovare casa, trovare fidanzato/fidanzata, risolvere problemi familiari o sociali, guarire da malattie, ecc. Ognuno è libero di stabilire i suoi obiettivi. In questo, la Soka Gakkai si comporta come qualsiasi astrologo o cartomante. Predire felicità è l'arte ciarlatana per eccellenza. Il buddhismo, in realtà, spezza il legame causale fra avvenimenti materiali e lo stato della mente, ed offre una prospettiva molto più elevata, anche in termini di felicità. Non siamo felici perché "abbiamo", ma possiamo essere felici come atto di pura consapevolezza della realtà "così com'è". Dunque, un lavoro che si svolge esclusivamente nella nostra mente, che non ha più bisogno che la tal cosa accada o che l'altra cosa sia da evitare. Una mente felice è una mente liberata dall'attaccamento alle cose, alle opinioni, alle idee, alle illusioni.
Per dimostrare agli adepti che la pratica "funziona" anche nel poter INFLUENZARE i fatti esterni, si ricorre ad un vecchio trucco: ogni avvenimento positivo verrà ricondotto ai presunti "benefici" della pratica (dunque bisogna praticare ancora) e ogni cattiva notizia verrà attenuata con la solita prescrizione: non si è praticato abbastanza, quindi bisogna praticare ancora. Sia l'adepto che il simpatizzante sono incoraggiati a prendere la parola nel corso delle riunioni quindicinali e, sotto la spinta psicologica del gruppo, il soggetto sarà portato a raccontare episodi della propria vita che "dimostrano" l'efficacia della pratica. Ovviamente accade che chi ha ottenuto un presunto "beneficio" debba poi ricredersi al mutare delle circostanze. Ad esempio, dopo aver trovato moglie, marito, lavoro, può accadere di separarsi, di essere licenziati, ecc. Come spiegare tutto ciò? Semplice: non si è "recitato" abbastanza, non si è avuta abbastanza "fede", ecc…
Un caso a parte sono i tossicodipendenti: poiché la loro problematica è notoriamente difficile e la loro presenza alle riunioni può creare disagio, si cerca di dissimulare la loro presenza o, in certi casi, di allontanarli. Altrimenti potrebbero esserci troppe domande "scomode", del tipo: se la pratica funziona, perché i tossicodipendenti non guariscono dalla loro condizione? Però, ciò viene fatto anche per motivazioni del tutto legittime, in quanto le riunioni della Soka Gakkai avvengono in case private. Se un "tossico" venisse pedinato da uno spacciatore, o dalla polizia, ciò potrebbe essere motivo di disagio per la famiglia che ospita le riunioni. Tossicodipendenze a parte, nonostante tutti i Sokiani si affannano a giurare che la loro pratica "funziona", NON SI SPIEGA ALLORA perché molti di loro sono fumatori (compresi molti responsabili). Come mai la pratica descritta come rivoluzionaria, fondamentale, incredibile, miracolosa, non riesce nemmeno a far perdere l'attaccamento alle sigarette, che se vogliamo è uno dei vizi simbolicamente più infantili, ma comunque fra i più pericolosi per la salute? Se non si smette di fumare ci si mette in contrasto con il primo e più importante "precetto" buddhista, perché non si "rispetta la vita": sia la propria che quella delle persone che assorbono il fumo passivo.
Per la Soka Gakkai esiste solo un testo di riferimento: il Sutra del Loto. Tale testo, pur essendo importante, NON FA PARTE del canone, ovvero non è riconducibile, né direttamente né indirettamente, agli insegnamenti del Buddha Shakyamuni. Un testo apocrifo, insomma, peraltro posteriore di almeno cinque secoli al buddhismo originale. Secondo la Soka Gakkai, il monaco Nichiren avrebbe considerato "inutili" tutti gli altri Sutra, e avrebbe "scoperto" che solo il Sutra del Loto contiene l'insegnamento essenziale. In nome di ciò, tutto il buddhismo tradizionale insieme alle sue dottrine è considerato provvisorio e superato. Tutto l'insegnamento del Buddha non erano altro che banali "espedienti" in attesa di una rivelazione piena e conclusiva. Va però detto che lo stesso Sutra del Loto non ritiene affatto "superato" l'insegnamento del Buddha Shakyamuni, in quanto riafferma:
1) le 4 Nobili Verità,
2) l'ottuplice sentiero, e addirittura:
3) i tre gioielli (infatti chiama "esseri oscurati" coloro che non sono in grado di udire neppure i nomi dei 3 gioielli, cioè il Buddha, il Dharma e il Sangha).

IL PRESENTE ARTICOLO E’ STATO TRATTO DA: http://www.fiorediloto.org/
esperienze, documenti e articoli sulla Soka Gakkai: [in Inglese]
http://kritika.freewebsites.com
http://sokagakkai.splinder.com
Associazione Vittime della Soka Gakkai, Sito ufficiale internazionale:
http://www.toride.org/eindex.html
Denunce sulle attività della Soka Gakkai [in Inglese]
http://www.proudblackbuddhist.org/Ikeda/
http://www.freedomofmind.com/
http://www.rickross.com/groups/gakkai.html
http://sokaissues.info/
 
COMMENTO (BREVE) di Aliberth … Anche noi siamo d’accordo nel definire la Soka Gakkai, e la recita del mantra ‘Nam-Myoho-Renge-Kyo’, una pratica ‘non-buddhista’, per le stesse ragioni descritte nell’articolo. Tuttavia, riguardo a questa pratica, anche se in realtà essa è poco spirituale, bisogna pensare che rispetto a quelle persone che di pratiche non ne fanno nessuna, è pur sempre ‘meglio-di-niente’. Questo non significa che noi invitiamo le persone a cercare e rimanere nell’ambiente della Soka Gakkai, anzi, noi che pratichiamo un tipo di disciplina dura e efficace come il Chan, certamente non vediamo di buon occhio le cosiddette ‘pratiche palliative pseudo-spirituali’,che ancora ingannano la mente delle persone, Però, in confronto a chi spiritualmente si trova ‘sotto-terra’ (cioè, a tutte le cosiddette persone comuni), perfino chi si trova al piano-terra del palazzo spirituale (e quindi, chi fa la pratica del mantra) può considerarsi, in qualche modo, fortunato e alimentare la speranza di salire, prima o poi, ai piani superiori (ove si trovano le dottrine spirituali più avanzate e idonee a portare gli esseri verso l’Illuminazione e la Liberazione dal mondo samsarico del desiderio e del dolore.