Testimonianze

 

La "scossa" spirituale

 

Di Vincenzo

 

 

Cari fratelli del gruppo…

Ripensando alle cose dette ieri da Aliberth mi sono reso conto di quanto abbia ragione: l'esigenza di una "scossa", come dice lui, di un qualcosa che provochi un reale cambiamento nelle nostre menti annebbiate dall'ignoranza; e' stato questo il motivo per cui sono rimasto colpito dal Chan e per cui ho cominciato a frequentare con assiduità gli incontri del Centro Nirvana. Come ho detto ieri, avendo iniziato da poco la pratica ancora non sento così forte il pericolo della routine, dell'accontentarsi del poco tempo dedicato alla meditazione e alla piu' o meno continua osservazione della nostra mente, però il recente seminario a Collevecchio mi ha fatto capire che una pratica intensiva e' proprio necessaria per raggiungere quel risultato del "risveglio", del "vedere" le cose dalla vera prospettiva, per quello che la Realtà veramente "è'". Nella vita di tutti i giorni mi e' piuttosto difficile investigare di continuo la mente, a causa delle molteplici distrazioni, problemi ed impegni che quotidianamente ci si presentano. E' solo una barriera eretta dal mio ‘io’ che ha paura di perdere il suo potere di dominatore assoluto, che si sente minacciato e cerca scuse per non lasciare che la Mente non si riconosca in se stessa e spazzi via la nebbia dell'illusione dalla mia mente? Forse dovrei (come hanno fatto tanti seri ricercatori spirituali) ritirarmi, magari solo per un periodo, in una grotta o almeno abbandonare le attività mondane e dedicarmi solo alla ricerca della Verità? Le parole di saggezza ascoltate al Centro hanno sicuramente avuto un effetto profondo di aumento di consapevolezza ma credo che ognuno di noi debba lavorare incessantemente nel profondo per arrivare alla "visione". Concludo con un paragone (spero non blasfemo) fra il Chan e una attività "mondana" seppur elevata: la musica. Sono un appassionato di Jazz, che secondo me è la musica "creativa" per eccellenza, da inventare sul momento con la improvvisazione-intuizione. Ma dietro a questo c'e' un lavoro pazzesco di studio di scale, armonia, ritmo, ecc… Cominciai a suonare pensando che fosse facile, che uno suonava quello che gli veniva in mente. Ma mi resi conto che non era così leggendo una intervista di Charlie Parker, il più grande jazzista mai esistito, in cui raccontava che lui si chiudeva in camera dalle 11 alle 15 ore al giorno a studiare il sax. Lui era un genio innato, ma per arrivare a quel livello ha dovuto comunque sudare tanto. Mi scuso per la digressione e spero di non aver annoiato nessuno, ma a me questo paragone mi aiuta a capire l'importanza dello sforzo, della completa dedizione necessaria a raggiungere il risultato.

Scusate se insisto con i paragoni con la musica, ma anche un altro maestro jazz diceva che non si puo' essere musicisti jazz part-time. Penso che a maggior ragione questo valga per ogni vera ricerca spirituale. Ora, però, ritengo di dover aggiungere altre considerazioni che mi sono venute in mente.
Nell'incontro di Lunedì scorso, Aliberth ha giustamente rilevato il rischio di cadere in una sorta di routine della pratica, dell’accontentarsi di fare solo un po' di meditazione, ha parlato dell’auto-osservazione, del nostro venire agli incontri con l’aspettativa che succeda quel "qualcosa" che ci trasformi, che ci cambi radicalmente. Più sopra, ho scritto che mi trovavo d'accordo e che c'e' bisogno di mettere più impegno nella pratica, pensando che lo "sforzo entusiastico" sia la soluzione. Ma, ora mi chiedo: ‘Che cos’e' l'illuminazione? "Chi" è che si illumina?’ Il desiderio del risveglio non e' attaccamento? Non sarà che si ricade ancora nell'illusione di un "né(ego) che desidera questa meravigliosa esperienza? La nostra natura essenziale o Essenza della mente non ha certo bisogno di Illuminazione, siamo noi che nella nostra ignoranza non lo sappiamo (purtroppo!).
Il fatto di aspettarsi una esperienza eccezionale (da qualche parte ho letto di essa con la definizione "fuochi d'artificio", "esplosione") potrebbe essere fuorviante e magari potremmo cadere nell'inganno di non notare che accada in modo molto sottile, molto delicato. Ieri mi sono seduto in meditazione e dopo un bel po' che la mia mente se ne andava per fatti suoi a un certo punto si e' fermata ed ho avvertito un senso di pace, di silenzio, di spaziosità. Non e' la prima volta che mi succede, ma ieri però e' stato
diverso, perché era "semplice", niente di "speciale", era… naturale. Forse un barlume dell' Essenza della Mente? O solo una suggestione? Ecco il punto: come riconoscere la veridicità di una esperienza? Finché sono "io" ad avere l'esperienza sono ancora nel dualismo, giusto? Allora mi devo disidentificare, non attaccandomi alle sensazioni ed ai pensieri, senza cadere nell'errore della mente vuota dal quale ci mette in guardia Hui-Neng? L'io non ha esistenza al di là del contenuto dei pensieri….
Mi fermo qui per non aumentare la mia confusione con parole e pensieri.
Saluti a tutti, Shanti, Vincenzo



COMMENTO di Silvano… : Questa testimonianza di Vincenzo mi ha dato gioia, perché mi è sembrata comunicazione autentica, oltre che materia di riflessione. Anch'io sono appassionato di jazz e trovo perfetta l'analogia fra apprendimento della musica e apprendimento della pratica spirituale. Si studia la teoria armonica (il Dharma), si praticano scale ed accordi con pazienza e passione (osservazione della mente), si studiano gli spartiti (testi sacri), con un apprendimento che deriva dalla naturale predisposizione e dall'intensità dell'applicazione. La vita, come il jazz, ti costringe a variazioni sul tema, a mantenere una coerenza pur improvvisando su una base di conoscenza. Non puoi suonare jazz se ti applichi solo un'ora al giorno, al massimo puoi fare qualche accompagnamento di stornelli e canzoni. La differenza è che lo strumento ‘mente’ lo portiamo sempre dietro anche nel quotidiano, cosa che non si può fare con un pianoforte a coda o con un sassofono.

Sul chi si illumina e chi desidera illuminarsi, tema assai sottile, rimando all’incontro di Venerdì. Osho diceva che occorre inseguire con tenacia l'illuminazione, però poi c'è un punto in cui lo sforzo cessa, per saturazione o stanchezza e qualcosa può accadere, come ad esempio l'illuminazione. Ma qui è Osho che parla, per parte mia io potrei testimoniare di un inseguimento che prima o poi spero si liberi di chi insegue. Intuitivamente, è come il volo di "Bird" Charlie Parker, che dopo grandi pratiche e tecniche, le dimenticava nella spontaneità naturale dell'ispirazione e, da musicista, si trasformava nella stessa musica. Le dimenticava perché lui ne era assolutamente padrone; 'come un uccello, che-è-spontaneamente padrone delle tecniche del volo. Grazie Vincenzo. Shanti a tutti, Silvano