Testimonianze

 

Consigli per “attivare la Visione”
di Peter Russell
http://www.peterrussell.com/Odds/Khyentse.php
Trad. di En ZoLin-Chi (Vincenzo)
 
 

 
 

La pratica quotidiana è semplicemente quella di sviluppare una completa accettazione e apertura a tutte le situazioni ed emozioni, nonché a tutte le persone, vivendo completamente tutte le esperienze senza riserve e blocchi mentali, così da non tirarsi mai indietro e né  concentrandosi troppo in se stessi.

Questo produce una tremenda energia che di solito è rinchiusa nel processo di una nostra evasione mentale e in una generale fuga dalle esperienze di vita.

La limpida chiarezza della consapevolezza può, nelle sue fasi iniziali, essere alquanto sgradevole o può far stimolare una certa paura. In tal caso, allora, ci si dovrebbe aprire completamente al dolore o alla paura mettendosi in grado di accoglierli. Così, le barriere create dalle nostre stesse abituali reazioni emotive e dai pregiudizi saranno abbattute.

Quando si esegue la pratica della meditazione si dovrebbe sviluppare un sentimento di totale apertura nei confronti di tutto l'universo con la più assoluta semplicità e libertà di mente, liberandosi di tutte le consuete barriere protettive. Cercate di non dividervi  mentalmente in due durante la meditazione, con una parte della mente che si mette a guardare l'altra come un gatto che osserva un topo. Dobbiamo renderci conto che non si medita per andare in profondità in se stessi e per ritirarsi dal mondo. Nello yoga buddhista, anche durante la meditazione sui chakra non esiste una concentrazione introspettiva. Il punto essenziale è l’apertura completa della mente.

La base del samsara e del nirvana è l'Alaya, in cui vi è l'inizio e la fine della confusione e della realizzazione, la natura della shunyata universale e di tutti i fenomeni che ci appaiono. Ed è ancora più fondamentale del trikaya(i tre corpi del buddha) ed è libero da ogni pregiudizio verso l'illuminazione. A volte, essa è chiamata anche mente "pura" o "originale".Anche se la prajna (saggezza) non vede in essa alcuna base per questi concetti come se fossero aspetti diversi, gli aspetti fondamentali della totale apertura, della naturale perfezione, e dell’assoluta spontaneità sono ben distinguibili negli upaya (cioè, i mezzi abili) come utili strumenti.

Tutti gli aspetti di qualunque fenomeno sono totalmente chiari e lucidi. Tutto l'intero universo è aperto e senza ostacoli, tutto si compenetra reciprocamente. Vedendo tutte le cose in modo nudo, limpido e privo di oscuramenti, non c'è nulla da dover realizzare o raggiungere. La natura delle cose appare naturalmente ed è naturalmente presente al momento - consapevolezza trascendente; questa è la completa apertura.

Tutto è perfetto così com'è, completamente puro e senza macchia. Tutti i fenomeni appaiono naturalmente e unicamente nelle loro giuste modalità e situazioni, formando schemi sempre mutevoli pieni di senso e significato, e come se partecipassero ad una grande danza. Ogni cosa è un simbolo, ma non vi è alcuna differenza tra il simbolo e la verità simboleggiata. Senza far alcun sforzo in una qualsiasi pratica, la liberazione, l'illuminazione, e la buddhità sono già pienamente sviluppate e perfezionate. Questa è la perfezione naturale.

La pratica quotidiana è solo la stessa vita ordinaria. Poiché non esiste uno stato che sia sottosviluppato, non c'è bisogno di comportarsi in un modo speciale o fare tentativi per ottenere o praticare alcunché. Non dovrebbe esserci alcun senso di voler ottenere un qualche obiettivo molto elevato o uno stato superiore; questo semplicemente produce qualcosa di condizionato o artificiale che agirà da ostacolo al libero flusso della mente. Non si dovrebbe mai pensare a se stessi come "peccatori", o esseri privi di valore, ma come naturalmente puri e perfetti, che non mancano di nulla.

Quando facciamo la pratica della meditazione, noi dovremmo pensare ad essa soltanto come una naturale funzione della vita quotidiana, come il mangiare o il respirare, non come un formale evento speciale da dover eseguire con grande serietà e solennità. Noi dovremmo realizzare che ‘meditare’ significa andar oltre aldilà dello sforzo, aldilà della pratica, aldilà di qualunque scopo ed obiettivo, e aldilà del dualismo della schiavitù e della liberazione.

La meditazione è sempre perfetta, quindi non c'è bisogno di correggere nulla. Poiché tutto ciò che sorge è semplicemente il gioco della mente, non ci sono "cattive" sessioni di meditazione e nessun bisogno di giudicare i pensieri come buoni o cattivi. Pertanto, non dovremmo sederci a meditare con le nostre varie speranze o timori per il risultato;dovremmo semplicemente farlo, senza nessun autocosciente sentimento tipo,"Io sto meditando", e senza tentare di controllare o forzare la mente, ed anche senza cercare di mettere pace in se stessi.

Se ci si accorge che stiamo sbagliando in uno di questi modi, si dovrebbe smettere di meditare e semplicemente riposarsi e rilassarsi per un po’ prima di ricominciare.

Se, durante o dopo la meditazione, si hanno esperienze che vengono poi interpretate come effetti o risultati, questi non devono essere trasformati in qualcosa di speciale. Occorre riconoscere che essi sono solo meri fenomeni e semplicemente li si osservi. E, soprattutto, non si cerchi di ricrearli come tali, dato che ciò contrasta con la naturale spontaneità della mente. Tutti i fenomeni sono totalmente nuovi e freschi, ed unici in modo assoluto, completamente liberi da tutti i concetti di passato, presente, e futuro, come se fossero sperimentati in un'altra dimensione del tempo; questa è spontaneità assoluta.

Il flusso continuo di nuova scoperta, e di fresca rivelazione e ispirazione, che sorge in ogni momento, è la manifestazione della eterna gioventù del dharma vivente, e le sue meraviglie; lo splendore e la spontaneità è il gioco o l’aspetto danzante dell'universo come guru. Dovremmo imparare a vedere la vita di tutti i giorni come un mandala - in cui noi siamo al centro, - ed essere liberi dai condizionamenti delle distorsioni e dei pregiudizi del passato, dei desideri del presente, e delle speranze ed aspettative per il futuro.

Le raffigurazioni del mandala sono gli oggetti quotidiani delle proprie esperienze di vita in movimento nella grande danza del gioco dell'universo, il simbolismo con cui il guru rivela il senso profondo ed il significato ultimo. Perciò noi dovremmo essere naturali e spontanei; accettare e imparare da ogni cosa.

Dovremmo vedere il lato comico e divertente delle situazioni che avvengono. Nella meditazione, dovremmo vedere attraverso l'illusione di passato, presente e futuro. Il passato non è che un ricordo o una condizione del presente, il futuro non è altro che una proiezione del presente, e il presente stesso svanisce ancor prima di poter essere afferrato.

Noi dobbiamo porre fine alle concezioni sulla meditazione e liberarci dalle memorie del passato. Ogni momento di meditazione è completamente unico e pieno di potenzialità di una nuova scoperta, per cui si è incapaci di giudicare la meditazione sulla base delle esperienze passate o della teoria. Dovremmo semplicemente immergerci direttamente nella meditazione ‘qui ed ora’ con tutta la nostra mente, ed essere liberi da esitazione, noia, o eccitazione.

Quando meditiamo, il modo migliore e tradizionale di sederci,se possibile, è quello a gambe incrociate con la schiena eretta, ma non rigida. Tuttavia, è più assai importante sentirsi a proprio agio, di conseguenza è meglio sedersi su una sedia se lo stare seduti a gambe incrociate risulta essere doloroso. Il proprio atteggiamento mentale dovrà essere ispirato dai tre aspetti fondamentali, tanto nella meditazione con-forma che senza-forma, e spesso può rivelarsi utile, se non essenziale, far precedere il periodo di meditazione senza-forma da un periodo di meditazione con-forma.

Per provvedere a questa eventualità,nel corso dei secoli di pratica buddhista sono state sviluppate molte classi di pratiche di meditazione preliminari, di cui le meditazioni più importanti sono la respirazione, la recitazione del mantra e tecniche di visualizzazione.

Per impegnarsi nella seconda e terza di queste classi di meditazione, è necessaria la personale istruzione dal proprio guru, ma anche qualche parola sulla prima classe non sarebbe fuori luogo qui, poiché il metodo utilizzato varia un po’ da persona a persona.

In primo luogo, lasciare che la mente segua il movimento del respiro, dentro e fuori, fino a quando diventa calma e tranquilla. Poi, è utile sempre di più riposare la mente sul respiro fino a quando tutto il proprio essere sembra identificarsi con esso.

Infine, prendere coscienza del proprio respiro che lascia il corpo e va fuori nello spazio, e gradualmente trasferire l'attenzione dal respiro alla pura sensazione di spaziosità e di espansione. Lasciando che questa sensazione finale si fonda in una completa apertura, ci si accorgerà di muoversi nella sfera della meditazione senza-forma.

Con tutta probabilità, la precedente descrizione dei tre aspetti fondamentali sembrerà un po’ vaga e inadeguata. Ciò è inevitabile dal momento che essi cercano di descrivere quello che non solo è aldilà delle parole, ma anche aldilà del pensiero stesso. Essi ci invitano ad una pratica di ciò che, in sostanza, è un vero stato dell'essere.

Le parole sono semplicemente una forma di upaya, mezzi abili, un suggerimento che, quando vengono messe in pratica, consentiranno alla propria innata naturale saggezza di sorgere spontaneamente e, naturalmente, di arrivare alla perfetta azione.

A volte, durante la meditazione, si può sperimentare un senso di vuoto nella propria coscienza normale, un'improvvisa e totale apertura. Questa esperienza sorge soltanto quando si è smesso di avere pensieri riguardo alla meditazione, ed al relativo oggetto. Quel ‘vuoto’ sperimentato è uno scorcio della ‘realtà’, un lampo improvviso che non si verifica frequentemente agli inizi, ma poi, con anni di pratica continuata, sempre più spesso se ne può avere esperienza. Essa può non essere affatto un tipo di esperienza particolarmente sconvolgente o esplosiva, quanto piuttosto un momento di grande semplicità.

Evitate di fare l'errore di cercare in modo volontario e deliberato di forzare a ripetersi queste esperienze, perché farlo significherebbe tradire la naturalezza e la spontaneità della realtà.


 

 

 

Versione Originale:http://www.peterrussell.com/Odds/Khyentse.php

Advice for Carrying the View (Date created: 8-Dec-05)

The everyday practice is simply to develop a complete acceptance and openness to all situations and emotions, and to all people, experiencing everything totally without mental reservations and blockages, so that one never withdraws or centralizes into oneself.

This produces a tremendous energy that is usually locked up in the process of mental evasion and a general running away from life experiences.

Clarity of awareness may, in its initial stages, be unpleasant or fear inspiring. If so, then one should open oneself completely to the pain or the fear and welcome it. In this way the barriers created by one's own habitual emotional reactions and prejudices are broken down.

When performing the meditation practice one should develop the feeling of opening oneself completely to the whole universe with absolute simplicity and nakedness of mind, ridding oneself of all protecting barriers. Don't mentally split into two when meditating, one part of the mind watching the other like a cat watching a mouse.

One should realize that one does not meditate to go deeply into oneself and withdraw from the world. In buddhist yoga, even when meditating on chakras there is no introspection concentration. Complete openness of mind is the essential point.

The ground of samsara and nirvana is the alaya, the beginning and the end of confusion and realization, the nature of universal shunyata and of all apparent phenomena. It is even more fundamental than the trikaya and is free from bias toward enlightenment. It is sometimes called the "pure" or "original" mind.

Although prajna (wisdom) sees in it no basis for such concepts as different aspects, the fundamental aspects of complete openness, natural perfection, and absolute spontaneity are distinguished by upaya (skillful means) as useful devices.

All aspects of every phenomenon are completely clear and lucid. The whole universe is open and unobstructed, everything mutually interpenetrating. Seeing all things nakedly, clear and free from obscurations, there is nothing to attain or realize. The nature of things naturally appears and is naturally present in time-transcending awareness; this is complete openness.

Everything is perfect just as it is, completely pure and undefiled. All phenomena naturally appear in their uniquely correct modes and situations, forming ever-changing patterns full of meaning and significance, like participants in a great dance. Everything is a symbol, yet there is no difference between the symbol and the truth symbolized. With no effort of practice whatsoever, liberation, enlightenment, and buddhahood are already fully developed and perfected. This is natural perfection.

The everyday practice is just ordinary life itself. Since the underdeveloped state does not exist there is no need to behave in any special way or try to attain or practice anything. There should be no feeling of striving to reach some exalted goal or higher state; this simply produces something conditional or artificial that will act as an obstruction to the free flow of the mind. One should never think of oneself as "sinful" or worthless, but as naturally pure and perfect, lacking nothing.

When performing meditation practice one should think of it as just a natural function of everyday living, like eating or breathing, not as a special, formal event to be undertaken with great seriousness and solemnity. One must realize that to meditate is to pass beyond effort, beyond practice, beyond aims and goals, and beyond the dualism of bondage and liberation.

Meditation is always perfect, so there is no need to correct anything. Since everything that arises is simply the play of the mind, there are no "bad" meditation sessions and no need to judge thoughts as good or evil. Therefore, one should not sit down to meditate with various hopes or fears about the outcome; one just does it, with no selfconscious feeling of "I am meditating," and without attempting to control or force the mind, and without trying to become peaceful.

If one finds that one is going astray in any of these ways, one should stop meditating and simply rest and relax for a while before resuming.

If, either during or after meditation, one has experiences that one interprets as results, they should not be made into anything special. Recognize that they are just phenomena and simply observe them. Above all, do not attempt to recreate them as this opposes the natural spontaneity of the mind. All phenomena are completely new and fresh and absolutely unique, entirely free from all concepts of past, present, and future—as if experienced in another dimension of time; this is absolute spontaneity.

The continual stream of new discovery and fresh revelation and inspiration that arises at every moment is the manifestation of the eternal youth of the living dharma and its wonders; splendor and spontaneity is the play or dance aspect of the universe as guru.

One should learn to see everyday life as a mandala in which one is at the center, and be free of the bias and prejudice of past conditioning, present desires, and hopes and expectations about the future.

The figures of the mandala are the day-to-day objects of one's life experiences moving in the great dance of the play of the universe, the symbolism by which the guru reveals profound and ultimate meaning and significance. Therefore, be natural and spontaneous; accept and learn from everything.

See the comical, amusing side of initiating situations. In meditation, see through the illusion of past, present, and future. The past is but a present memory or condition, the future but a present projection, and the present itself vanishes before it can be grasped.

One should put an end to conceptions about meditation and free oneself from memories of the past. Each moment of meditation is completely unique and full of potentiality of new discovery, so one is incapable of judging meditation by past experience or by theory.

Simply plunge straight into meditation at this very moment with your whole mind, and be free from hesitation, boredom, or excitement.

When meditating it is traditional and best, if possible, to sit cross-legged with the back erect but not rigid. However, it is most important to feel comfortable, so it is better to sit in a chair if sitting cross-legged is painful.

One's mental attitude should be inspired by the three fundamental aspects, whether the meditation is with or without form, and it may often prove desirable, if not essential, to precede a period of formless meditation by a period of meditation with form.

To provide for this eventuality many classes of preliminary meditation practices have been developed over centuries of buddhist practice, the most important being meditations on breathing, mantra recitation, and visualization techniques.

To engage in the second and third of these classes, personal instruction from one's guru is required, but a few words on the first would not be out of place here as the method used varies little from person to person.

First, let the mind follow the movement of the breath, in and out, until it becomes calm and tranquil. Then increasingly rest the mind on the breath until one's whole being seems to be identified with it.

Finally, become aware of the breath leaving the body and going out into space, and gradually transfer the attention from the breath to the sensation of spaciousness and expansion. By letting this final sensation merge into complete openness, one moves into the sphere of formless meditation.

In all probability the above description of the three fundamental aspects will seem vague and inadequate. This is inevitable since they attempt to describe what is not only beyond words but beyond thought as well. They invite practice of what is, essentially, a state of being.

The words are simply a form of upaya, skillful means, a hint which, if acted upon, will enable one's innate natural wisdom and naturally perfect action to arise spontaneously.

Sometimes in meditation one may experience a gap in one's normal consciousness, a sudden and complete openness. This experience arises only when one has ceased to think in terms of meditation and the object of meditation. It is a glimpse of reality, a sudden flash that occurs infrequently at first, and then, with continued practice, more and more frequently. It may not be a particularly shattering or explosive experience at all, just a moment of great simplicity.

Do not make the mistake of deliberately trying to force these experiences to recur, for to do so is to betray the naturalness and spontaneity of reality.


Torna alla sezione: Testimonianze