TESTIMONIANZE:

 

VIOLENZA NUOVA, MALATTIA ANTICA


di Franco Libero Manco

 
Delitti sconcertanti si verificano con cadenza sempre più ravvicinata. Qualche tempo fa, nel periodo in cui si diffondeva la paura per il morbo della cosiddetta “mucca pazza” mi trovai a fare un previsione che purtroppo si sta rivelando fondata. Dissi che presto la follia umana sarebbe esplosa a causa del consumo della carne di un animale impazzito perché alimentato con prodotti contrari alla sua natura. Ho forse scoperto l’acqua calda? In realtà il buon senso ci dice che se una macchina non viene alimentata con il carburante per cui è stata progettata vive male e poco. Alimentarsi contro la propria natura è una delle cause scatenanti la violenza verso cui inclina da sempre, o quasi, l’essere umano da quando ha introdotto l’alimento carneo nella sua dieta. Infatti prima di tale evento i nostri progenitori, le scimmie antropoidi, erano esseri pacifici perché strutturati anatomicamente privi di mezzi di offesa naturali. La violenza umana ha radici profonde, nasce nel momento in cui l’uomo, per estreme necessità di sopravvivenza, imitando gli animali predatori, impara ad uccidere altri animali,  si abitua alla distruzione dell’altro, alla vista del sangue, al disprezzo della vita altrui: con questa azione uccide anche la sua sensibilità. Da allora il suo istinto aggressivo e distruttore è rimasto nel suo genoma e riemerge ogni qualvolta vede messa in pericolo la sua preda, il suo giaciglio, la sua compagna, le sue cose e, successivamente, le sue ideologie, le sue credenze.

Per millenni l’uomo ha avuto come ideale supremo la libertà, l’uguaglianza, la giustizia, il benessere economico. Tali grandi traguardi sono stati raggiunti solo di recente, e neanche per tutti gli esseri umani. Le ultime generazioni occidentali hanno oggi ciò che quelle passate non hanno avuto, ma sono rimaste prive di quei grandi ideali che hanno caratterizzatole lotte sociali. L’uomo non può vivere senza ideali, senza una fede, senza identificarsi in una bandiera, cerca appagamento in qualunque competizione umana in grado di dargli forti emozioni (la squadra di calcio, il gioco d’azzardo, una setta ecc.) e quando qualcuno si rivela antitetico a tale ideale diventa un nemico da combattere, da neutralizzare e in questa lotta trova un senso al suo esistere. In questa ottica la violenza umana ha lo scopo di annullare l’eventuale pericolo che può venire dalle posizioni opposte. Infatti, credo che lo scopo di qualunque violenza sia quello di dimostrare la propria forza: la punizione, che causa dolore, serve ad incutere timore, dimostrare la propria superiorità e quindi attuare la sottomissione ideologica, psicologica e spesso anche fisica dell’altro. La visione antropocentrica della vita, che giustifica la legge del più forte sul più debole e il disprezzo verso ciò che è diverso dall’uomo, apre di fatto la strada al razzismo e tende a spegnere la naturale compassione verso la sofferenza del diverso.

Poter disporre della vita di un altro essere vivente, infonde una inquietante e criminale sensazione di potenza, un senso di malefica esaltazione di se stessi. Quando l’individuo non ha la capacità di “innalzare” se stesso cerca di “abbassare” gli altri ad un livello più basso del suo mediante un’azione lesiva. Il criminale pensa “Se io non ho questa cosa è giusto che neppure tu ce l’abbia. Solo la mia idea è giusta e siccome la tua è antitetica, affinché la mia possa emergere, la tua deve essere distrutta. Chi non è con noi è contro di noi e i moderati, essendo potenzialmente dei nemici, devono essere neutralizzati”. Per certi versi, oggi gli stadi sono ciò che ieri erano le arene: luoghi preposti a dare sfogo, in modo legale e contenuto, agli istinti violenti dell’uomo, luoghi in cui l’essere umano trova esaltazione di se stesso sulla sconfitta dell’avversario più debole. La legge, la minaccia del castigo può solo contenere le manifestazioni di violenza latente ma restano le potenzialità aggressive quindi non migliora la parte essenziale dell’uomo.

Ma c’è la violenza fine a se stessa, il male fine a se stesso, che non trova giustificazione né sul piano razionale né su quello emotivo. C’è forse malvagità, cattiveria, nell’azione di un bambino che prende a sassate un cane o una lucertola? Sicuramente no, però c’è mancanza di considerazione, di sensibilità, di capacità di condivisione della condizione dell’altro, indifferenza verso gli effetti prodotti dall’azione violenta. Quando i giovani sporcano i muri, incendiano le automobili, graffiano i vetri della metropolitana, tagliano i sedili del cinema, altro non è che disprezzo delle cose, voglia di disordine, di caos. E c’è anche chi giustifica la guerra. Non tutti i soldati in guerra uccidono perché sono costretti, c’è chi trova piacere nel farlo.

La violenza è insita nella natura umana. L’augurio è che l’evoluzione civile, mentale, morale e spirituale arrivi un giorno ad abolirla del tutto  o circoscritta ad episodi marginali. Sono forse più violente le generazioni attuali di quelle passate? Credo di no. Ritengo  l’evoluzione un fatto inarrestabile, anche se è impossibile verificare lo stato di latente violenza di un individuo o di una comunità. L’uomo è un essere in via di evoluzione, ma la sua natura risente ancora dei suoi retaggi primordiali. La sola possibilità di accelerare il processo evolutivo sta nell’aiutare, specialmente le nuove generazioni, ad uscire dall’ignoranza di una visione circoscritta alla realtà soggettiva per entrare nella cultura dell’universalismo (non si tratta di trovare nuove verità ma di mettere in sintonia quelle esistenti) ma soprattutto sta nell’infondere quei valori morali civili e spirituali che consentono di vivere per un ideale positivo, costruttivo, appagante, capace di generare armonia e di provare gioia nel fare il bene. Per ottenere questo occorre puntare sullo sviluppo della sfera dei sentimenti dell’uomo, sulla sensibilità del suo animo, sulla capacità di condividere la condizione dell’altro, sulla compassione, l’amore per il bello, per il giusto, il valore delle diversità armoniche, il rispetto dell’altro e delle regole. A questo compito è chiamato ognuno di noi, i genitori, gli insegnanti ma soprattutto gli organi dello Stato preposti alla formazione culturale della popolazione (educare gli educatori sarà il compito più difficile). Purtroppo non sempre i centri di potere hanno dimostrato interesse a risvegliare popolo: più la gente è ignorante e più facilmente è manovrabile. Per questo ritengo che finché non ci sarà una presa di coscienza individuale, personale sarà difficile arginare e tanto meno abolire la violenza.

  

COSMICO DOLORE:                   Non v’è creatura che soffra

della quale io non senta

il suo dolore.

Soffro per l’uomo,

vittima del suo stesso male

e l’assurdo ed irrazionale egoismo

in me si fa rabbia e dolore,

ma la sofferenza di un animale

ferito, mutilato, braccato

senza possibilità di essere aiutato

in me diventa angoscia

che mi lacera l’anima

e vivo in lui

nel suo grido disperato

che nessuno sente.

Vivo nella pianta

amputata, recisa,

o che immobile brucia

senza gridare il suo tormento

e sento in me

tutta la disperazione del mondo

e della vita

come se io stesso

fossi ferito, mutilato, ucciso

                                                         molte volte al giorno.               (Franco Libero Manco)