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ERMETISMO E "TABULA SMARAGDINA"

Dario Chioli & Dario Lodi

   

   

Dario Lodi, 6/7/2010

Intorno alle Tavole smeraldine mi sembra ci siano parecchi misteri. Partiamo dalle Tavole: esistono ancora? Quante sono? Quanto sono grandi? Chi le tradusse in latino nel 1250? Che effetto fecero in Europa?

Fu più determinante Marsilio Ficino con la traduzione del Corpus Hermeticum?

Qual era la stima per Trismegisto nel Medioevo? Da quanto tempo?

Che effetto fecero le rivelazioni di Casaubon?


Dario Chioli, 7/7/2010

Mi pare che non abbia senso parlare di "Tavole smeraldine" al plurale; al massimo si può parlare di varianti della stessa opera. Naturalmente di eventuali tavole fatte propriamente di smeraldo (o pietra dagli effetti smeraldini) non v'è attualmente traccia da nessuna parte. Inoltre dobbiamo tenere presente che il verde smeraldo può essere un simbolo iniziatico (l'iniziatore in Islàm è al-Khidr, che vuol dire "il Verde").

Notizie sulla storia del testo può trovarle nella mia pagina sulla Tabula Smaragdina e all'indirizzo http://www.sofiatopia.org/equiaeon/emerald.htm, dove tra l'altro si scrive quanto segue:

«The Latin text probably first appeared in Europe in editions of the Secretum Secretorum, the Latin translation of the Book of Advice to Kings (Kitab Sirr al-Asrar) by Johannes Hispalensis ca.1140 and by Philip of Tripoli in ca.1243. Other translations may have been made during the same period (by Plato of Tivoli, Hugh of Santalla and others). Albertus Magnus (Book of Minerals) mentions the Tabula».

Per quanto riguarda l'influenza delle opere di Marsilio Ficino e di Casaubon, le consiglio di vedere qualche storia dell'alchimia e i libri di Frances Yates.


Dario Lodi, 7/7/2010

Ricorrerò a Yates secondo il suo consiglio. Ho aperto il sito che mi ha indicato, ma so troppo poco di inglese per affrontare quanto c'è scritto. Su Internet ho letto che la Tavola smeraldina fu tradotta in latino nel 1250 (se ho letto bene) ma, mi chiedo, ebbe eco in Europa? Oppure il mito Ermete è iniziato con la traduzione di Ficino?

Ho un libro di Ermete (quello uscito recentemente): è comunque un testo interessante (fra le righe) ed alquanto intrigante. Io capisco che si tratta di una "gnosi" che, approfondita a dovere, porta alla comprensione dei "disegni divini" senza intermediazioni trascendentali. Ergo, l'uomo ha la possibilità di giungere a certe verità da solo. Parlo della sostanza del messaggio. È questa sostanza che mi sembra abbia influito sul clima culturale umanistico e rinascimentale. Ma sono state astrologia e alchimia, superate dalla scienza, a decretarne il declino. Poi c'è la questione esoterica che mi pare limitante.


Dario Chioli, 16/7/2010

Io non sono propriamente un esperto di storia dell'ermetismo, anche se ho letto e studiato molte cose in merito. Credo tuttavia che il mito di Ermete risalga effettivamente agli ambienti neoplatonici e soprattutto a Ficino che tradusse gli scritti ermetici, vantandoli assai più antichi che non fossero. Era l'epoca in cui in Italia affluivano, fuggendo dai turchi, i neoplatonici bizantini (Pletone per esempio). Ma insomma, per sicurezza, è meglio che cerchi su un manuale specializzato.

Quanto al fatto che leggendo i testi ermetici si giunga alla comprensione gnostica, è chiaro che questo presupporrebbe una capacità di identificazione col testo ben lontana dalle possibilità comuni. Quanto ad astrologia ed alchimia, penso che fossero buoni tentativi di mnemotecnica: in mancanza di meglio si categorizzava così.

Certo che nell'epoca dei quanti e dei buchi neri, perlomeno per l'aspetto fisico sono cose che potrebbero far sorridere. La simbologia però emerse dall'anima umana e quindi qualche senso ce lo deve per forza avere, forse è una sorta di conoscenza che interagisce con le facoltà oniriche.

Il mondo ermetico è comunque intricatissimo e pieno di labirinti dei quali alcuni avranno anche senso ma altri non portano da nessuna parte. Non sopravvaluti l'entusiasmo e la reticenza con cui parlano gli addetti ai lavori, ho l'impressione che perlopiù non ci capiscano nulla neppure essi.

La conoscenza è legata alla semplicità. Ecco, ci fosse un modo per decrittare i testi ermetici rendendoli limpidi, allora sarebbe davvero miracoloso. Se no, si rischia di perderci più d'un neurone con frutto esiguo.

Ma poi ognuno va dove lo porta il suo destino.


Dario Lodi, 17/7/2010

La sua argomentazione è convincente. A me preme capire perché nel Rinascimento l'ermetismo fosse tanto in voga. Ad esso, per quel che ho letto, non attribuisco nulla di taumaturgico: m'intriga il tentativo – esoterismo a parte – di giungere ad una conoscenza o ad una confidenza con i "massimi sistemi" per via tutta umana. È vero, l'esoterismo ha rovinato questo tentativo, costringendo il fenomeno a varare una misteriosofia fatta di formule e di magie (vedi l'alchimia) dove la buona fede ha finito con il soccombere. Ma il fascino di fondo dell'ermetismo resta, per lo meno come stagione umana ingenua, innocente quanto estremamente fiduciosa.

Altrimenti tipi come Ficino, come Pico, ma come lo stesso Leonardo e come più tardi addirittura Kant non ci sarebbero "caduti". Ma neppure Pletone e neppure Psello.

Per me resta il mistero della Tavola smeraldina che Internet riporta tradotta nel 1250 (da chi? per chi?, nessuno lo dice: parlo dei testi popolari).

Sull'ermetismo c'è, anche giustamente, una montagna di polvere. Ma io ci vedo qualche granellino d'oro: è oro antropologico, per questo più interessante.


Dario Chioli, 17/7/2010

La Tabula smaragdina sembra essere stata tradotta prima del 1250, e più precisamente intorno al 1120 da Johannes Hispalensis o Hispaniensis ovvero Giovanni di Siviglia che tradusse nel dodicesimo secolo dall'arabo il Secretum Secretorum o Secreta secretorum (Kitab sirr al-asrar) in cui era contenuta.

L'opera araba, del decimo secolo, pare fosse la traduzione a cura di Yahya ibn al-Bitriq della traduzione siriaca di un'opera greca attribuita ad Aristotele.

Una seconda traduzione uscì «nel 1232 a cura di Filippo di Tripoli (ne rimangono più di 350 copie), fatta nel vicino oriente (Antiochia). È questa seconda versione latina che fu tradotta in inglese da Robert Copland e stampata nel 1528» (http://en.wikipedia.org/wiki/Secretum_Secretorum).

Cfr. anche http://www.levity.com/alchemy/emerald.html.

Gli ermetisti medievali cercarono tutto quanto trovavano di misterico; però erano massicciamente influenzati dalle cronologie correnti che ponevano la creazione del mondo intorno al 4000 a.C. e quindi il loro senso della storia e anche delle dimensioni cosmologiche era piuttosto monco.

Però condivido che il fascino c'è, tra l'altro l'iconografia alchemica è interessantissima, e ha probabilmente anche un senso preciso (quello che attrasse tanti studiosi, in epoca moderna anche Jung). Va però valutato se tali discipline "angeliche" non vogliano più tempo per essere comprese e fatte proprie di quanto non ne consenta la comune natura umana.

Quanto a Leonardo, non era certo paragonabile agli ermetisti neoplatonici puri e duri, in quanto testava la natura e valutava gli effetti dei suoi esperimenti, era un ricercatore vero nel senso reale del termine; gli altri, come Pico della Mirandola, alla ricerca di una sapienza onnicomprensiva, più che altro proclamavano, quasi che la loro natura mortale consentisse l'onniscienza...

È un problema di senso del limite, che solo permette appunto di spostare tale limite più in là; chi il limite suo non conosce, non fa che sognare, rischio che conosco benissimo per esperienza.


Dario Lodi, 17/7/2010

Non credo che l'uomo conosca davvero i suoi limiti e ritengo che mai, nel caso li ammettesse, andrebbe poi ad "adottarli" seriamente. Lo stesso concetto di limite a me sembra una "trovata" superintelligente che in qualche modo sconfigge la "pochezza" umana. Leggendo le litanie ermetiche ci si accorge del tentativo estremo, della tensione superiore verso il raggiungimento della chiave del vero sapere.

Ecco perché (credo) l'ermetismo fu così tanto in voga presso gli Umanisti (l'Umanesimo, come sa, voleva arrivare al famoso sapere con l'intelligenza, non con formule esoteriche: dell'ermetismo, però, non poteva non apprezzare l' "ottimismo" speculativo di fondo).

Mi azzardo: la razionalità dell'uomo non è ancora così esperta da osare all'infinito oppure da arrendersi all'evidenza dei fatti. Io sono convinto che mai si arrenderà, come dicevo, in quanto strutturata per la speculazione infinita e per il possesso intellettuale, nonché sentimentale (cosa più importante) della realtà, benché sappia che la realtà stessa sia un divenire imprevedibile, non un essere perfetto (insomma la perfezione starebbe nella profonda capacità di adattamento alle circostanze, che per ora è piuttosto casuale). L'ermetismo mi pare fosse alla ricerca – purtroppo confluita in un esoterismo cultuale – della più intima verità delle cose, con la certezza di arrivarci senza aiuti trascendentali (direi che voleva arrivarci con l'intelligenza del sentimento).

Grazie per le preziose note sulla Tabula smaragdina e sulla iconografia alchemica che non conosco. Mi documenterò. Le iconografie sono sempre illuminanti.


Dario Chioli, 17/7/2010

Penso di condividere grosso modo tutto quanto lei dice. Forse solo sul limite vorrei farle notare una cosa, ovvero che la nozione di limite, come lei saprà, si usa in matematica, ma non per bloccare il calcolo bensì per proseguire nonostante l'impossibilità di giungere alla determinazione di taluni valori.

Qui mi sembra valga lo stesso criterio («profonda capacità di adattamento alle circostanze»): conoscere il proprio limite non per arenarsi ma per utilizzarlo, facendone tutt'uno proprio con quell'intelligenza del sentimento a cui lei correttamente accenna.


Dario Lodi, 17/7/2010

Perfetto!

   

 

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