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DIALOGO CON GLI INTERNAUTI

SUL CONCETTO DI INFINITO

 

27/2/2001 Un internauta chiede cosa penso del concetto di Infinito.

D. Ch. - Dal mio punto di vista parlare di un "concetto di infinito" è un po' contraddittorio, e in questa contraddizione cascano spesso e volentieri gli esponenti di tutte le religioni codificate di questo mondo.

Perché? Perché "infinito" è proprio ciò che è non finito, non limitato, non circoscritto da niente, pertanto neanche dal pensiero, da cui propriamente provengono i concetti.

Di infinito si può dunque parlare in senso percettivo, in quanto ogniqualvolta si analizzi a fondo qualunque fenomeno o sensazione si arriva ad un limite insormontabile, oltre cui la nostra mente non va, mentre spesso, in qualche modo, il nostro cuore sì.

Il cuore va oltre sia nella consapevolezza dell'incompiutezza del conoscere, consapevolezza che a me risulta essere una potente fonte di energia, sia - anche più semplicemente per la maggior parte delle persone - nell'amore.

L'amore infatti va di là dalla mente, oltre ogni limite del pensiero, e la percezione di questa dilatazione di là dal conosciuto si può anche chiamarla conoscenza dell'infinito, fede nell'infinito, esperienza dell'infinito.

Io non so chi tu sia, ma se hai mai amato o ami qualcuno, certo quest'amore non si fonda su una rete di concetti, ma è qualcosa di molto più diretto, molto più viscerale. Ecco: la conoscenza dell'infinito è una conoscenza "viscerale", la vera fede in Dio/Infinito è collegata a questa sorta di sofferenza amorosa che si prova allorché si ama davvero qualcuno.

"Sappiamo" che la ricchezza del nostro amore non è paragonabile a nessun concetto o idea, lo sappiamo benissimo anche se per debolezza d'analisi o altrui inganno talvolta non ci è così costantemente presente nella memoria quotidiana.

Per quanto a me consta, la cosa va così: chi ama sperimenta la presenza di Dio, e pertanto è immerso nell'infinito, in quando Dio e amore sono sinonimi e infinito è un termine che indica l'impossibilità di descrivere questa esperienza a chi non l'ha vissuta.

Che poi le varie religioni di questo mondo complichino la faccenda, questo è dovuto ai noti limiti della natura umana.

Dal mio punto di vista, se uno ama, che si definisca cristiano buddhista ateo o teosofo è perfettamente indifferente. La morte distruggerà ogni suo concetto, ma non l'esperienza dell'amore, che varrà per lui come una libera strada attraverso l'infinito.

 

 

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