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DIALOGO CON ROBERTO ROSSI TESTA

«ONORA IL PADRE E LA MADRE»

  

25/7/2002

Roberto - Mi sono ricordato che mastichi anche tu un po' d'ebraico e vorrei sentire il tuo parere su una questione che mi è venuta improvvisamente in testa ieri sera. Si è sempre tradotto Esodo 20,12 e passi paralleli con "onora il padre e la madre", la Septuaginta usa tima e la Vulgata honora. Il testo ebraico usa il verbo kabbad, da una radice che significa anche dare o avere peso, forza, moltiplicare. Lo stesso verbo è usato ad esempio per dire che Dio dimostra la sua magnificenza (forza, potenza?) contro il Faraone, mentre per esprimere l'azione di onorare in senso meno sacrale (ad esempio "onorare gli anziani") viene usato il verbo hawdar. Ora, non è che "onora il padre e la madre" in realtà può voler dire (o almeno suggerire con l'uso di quel verbo) "rendi forte e ricca la famiglia (la tribù) e moltiplicala (cioè dagli discendenza)"? È vero che poi altrove ci sono comandamenti espliciti sull'onore da rendere a padre e madre tali da rendere comunque sostenibile e magari prioritaria la traduzione tradizionale. Ma l'idea che mi è balzata il testa, oltre a spazzar via un bel po' di buoni sentimenti dolciastri, mi sembra assolutamente in linea con la mentalità semitica, tribale e reattiva, più tesa ad affermazioni di tipo materiale che alla realizzazione di valori morali o metafisici.

25/7/2002

Dario - Kabbéd eth-avikha we'et-immekha lema`an ya'arikun yamekha `al ha'adamah asher-YHWH elohekha nothen lakh (Onora tuo padre e tua madre, affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il Signore Dio tuo ti dà).

Ho trovato un commento non identico ma parente del tuo in nota alla versione di Dario Disegni: "Se tu onorerai colui che è la sorgente della tua vita, avrai il merito che la vita stessa si prolungherà. Alcuni pensano che il decalogo intero si indirizzi al popolo in generale nonostante il carattere individuale di ogni precetto e quindi qui si tratterebbe non della vita umana, ma della longevità sociale del mantenimento perpetuo della nazione".

Misticamente si può dire che padre è Dio e madre la Shekhinà, i giorni che si prolungano lo Shabbàth (cioè Shekhinà nella storia e nel corpo) e Adamà la natura umana che ne viene glorificata (la natura di Adamo, già decaduta, mediante lo splendore – il Kavòd  (stessa radice di kabbéd) – del Sabato ritorna al suo aspetto originario).

Ispessisci, ingrandisci, da' peso (kabbéd) entro di te a Dio ed alla sua Presenza, dunque, affinché la sua grandezza (kavòd) ti compenetri.

Ciò si attua tramite la divina Clemenza, espressa nella figura di Arekh appayìm, il Tardo all'ira, di contro a Ze`ìr appayìm, il Facile all'ira espressione del Giudizio (si noti la identità di radice tra Arekh e ya'arikun, "si prolunghino"). Il passo implica altresì che YHWH dona se stesso come padre e madre nel Sabato in quanto kabbéd ha lo stesso valore numerico – 26 – di YHWH.

Per chi lo accetta dunque si prospetta la lux perpetua della natura rigenerata di Adamo. Chi invece lo rifiuta, si espone da sé al rigore di Ze`ìr appayìm, che Dio ce ne liberi.

  

  

 

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