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DIALOGO CON ROBERTO ROSSI TESTA

SULLA VERITÀ

  

10/3/2006

Roberto - Una riflessione sulla verità. Tu scrivi nell'introduzione al tuo testo sugli Shivasûtra (p. 6) che il saggio ha il dovere di essere veritiero ma non ha l'obbligo di esprimersi sempre e comunque, potendo scegliere il silenzio. In ambito cristiano, invece, quello di testimoniare la verità è un dovere imprescindibile, in alcuni casi arrivandosi ad assimilare il silenzio alla menzogna stessa. Secondo te c'è un punto d'equilibrio fra le due posizioni, o sono espressioni di mondi inconciliabili?

10/3/2006

Dario - Secondo me l'obbligo di parlare non può nascere come effetto dell'altrui malafede. I martiri ritennero di preferire la morte alla dissimulazione di fronte agli oppressori, criterio che può essere misticamente nobile, ma che non può essere ritenuto di comune applicazione in quanto s'adatta solo a coloro per cui la morte viene percepita – non solo pensata! – come strada verso il cielo. Invece è necessario sostenere verbalmente la verità quando i possibili effetti lo giustifichino, ovvero quando ci sia chi ascolti o quando l'effetto negativo non sia sproporzionato rispetto a quello positivo.

In definitiva, il vero non si dice bensì si vive; altrimenti tutti i buoni cadrebbero nelle reti di parole ingannevoli dei malvagi. Nelle istituzioni tanto civili quanto religiose poi di malvagi ce ne sono tanti, che legano gli altri con sensi di colpa e fasulli doveri; non ci si può far prendere in giro da costoro. Gli ipocriti non debbono prevalere, essendo la peggior manifestazione dell'anticristo. Le loro parole sono simulazione, ed essi vanno respinti o ingannati, come si respingono o ingannano i nemici.

Non può poi esserci nelle posizioni davvero religiose dei credenti delle varie tradizioni nulla di reciprocamente inconciliabile, sarebbe la manifestazione di una contraddizione in Dio. Le scelte possono essere diverse, ma l'intenzione sacra è ciò che soltanto fa da discrimine. Ciò non toglie che spesso i religiosi per debolezza si attacchino a minuzie comportamentali che sono sì, allora, inconciliabili con quelle di altri; ma si tratta di un problema psicologico, non spirituale. Lo Spirito soffia dove vuole; volerlo far spirare a tutti i costi soltanto in una chiesa o altrove è pura follia, che necessita non del confessore ma del medico. La malattia è comunque assai diffusa...

10/3/2006

Roberto - Grazie dell'utilissima considerazione. Del resto, a pensarci bene, persino Cristo nei Vangeli a volte non risponde (magari scrivendo "col dito in terra" nella polvere) o risponde in modo all'apparenza incongruo o, ebraicamente, con un'altra domanda.

 

  

  

 

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