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IL FIUME SENZA TEMPO

Dario Chioli

 

La ninfa del fiume si alzò dalle acque e vide un bel giovane:

"O bel giovane, perché non vieni da me?"

Il giovane si voltò sorpreso e, vedendo quali frutti dessero le onde, rimase attonito. La strana ragazza rise del suo stupore e, venendogli accanto, lo fissò negli occhi con aria sbarazzina. Il giovane, che non era uno stupido, evitò di pronunciare frasi inutili e si mise invece a sedere sull'erba, traendo con sé la sorprendente giovinetta.

Stette con lei in silenzio, per tutto il lunghissimo tempo in cui il sole, sul loro capo, compiva la propria parabola. In quel luogo il fiume si incurvava con un angolo così stretto da dar l'impressione di stare su un'isola: c'era pace, una pace ininterrotta, e venne la notte e ancora erano fermi uno accanto all'altra. La ninfa era felice e così il giovane uomo: sdraiati, fissavano il cielo stellato, privi di ricordi e di pensieri, mentre la notte lentissimamente trascorreva e negli occhi passavano visioni di lontane stelle che la reciproca intimità addolciva di significati nuovi, di speranze assolute e ardenti. I colori del cielo, rifluendo gli uni sugli altri, avevano portato il sereno dentro i loro cuori.

Attesero che le nubi, in quella viva notte, coprissero tutte le luci, e allora, persi in quel compiuto nulla, deposero i propri veli e si abbracciarono. Non vi furono parole, ma per loro cantarono sorgenti di suoni lontani, e gli orizzonti con i loro fruscii avvolsero i due corpi, e le anime fluirono e rifluirono seguendo gli orditi del silenzio. I fiori dei fiumi sotterranei vennero allo scoperto e coprirono delle proprie rugiade la completa bellezza di quella creazione: tutte le cose si volsero verso l'origine del mondo, e in quella impenetrabile oscurità le età si divincolarono dalla cecità del presente.

Quando, uscita dalla distesa di nubi, la luce ricadde sull'erba, i due amici ne addolcirono la propria completezza, e divenne strumento di cento giochi. Tutte le cose parevano irreali, ma non dovettero svegliarsi, e serenamente proseguirono in quella rara improbabile certezza. Le cose vivevano, ed essi composero inni al mare, alle stelle, al bosco, alle nubi ed ai gorghi del fiume, alle pietre e alle creature del sogno, alla vita, alla gioia. Sollevavano il volto e il firmamento disserrava le proprie promesse, docile all'incanto delle loro canzoni.

Venne poi il giorno e, mentre i primi rossi bagliori si lanciavano dilaniando il cuore della notte, la ninfa e il giovane si guardarono come mai non saprà chi non lo prova. Mentre gli spiriti della notte dormivano e ancora non s'alzavano quelli del giorno, nel riposo completo di quel fiume senza tempo, il loro dolore e la loro gioia emersero dagli scrigni dell'inconsapevolezza, e l'assoluta rarità di quell'istante riempì lo spazio dei loro cuori.

"O bel giovane, perché non vieni da me?"

E la ninfa scese verso gli invisibili abissi del fiume traendo per mano con sé il suo dolce amico verso la soglia lucente della morte.

 

[18.I.1976]

 

 

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