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VIOLENZA E PSEUDOVALORI

Dario Chioli

 

 

La violenza sembra essere un travestimento del bisogno di verità; in una società barbara e ignorante come la nostra, la spinta al narcisismo, alla non attenzione al proprio simile è così forte, che nessuna verità può essere veduta, perché l'uomo è chiuso in se stesso, impossibilitato ad uscirne, incapace di esprimere e soprattutto di accorgersi dell'altro.

Ecco dunque che la sua tensione interna, la sua innata dose di energia si contorce dentro di lui e lo spinge a manifestazioni del tutto irrazionali che, facendo leva sulla sua abitudine di rappresentare parti (in quanto più non sa vedere il personaggio vero), gli fa talvolta scambiare la più completa idiozia per un ideale, per scienza, per saggezza di vita. Così, con classica manifestazione di impotenza - come nel caso del timido che si fa aggressivo - nasce la violenza.

L'uomo nudo, senza valori, non sopporta la propria povertà perciò mente. Mentendo, e mentendo in modo gretto e grottesco, è reso ancor più insicuro. A tale insicurezza reagisce con un incremento di violenza, per momentanei sfoghi che paiono di volta in vola attutire la sua coscienza.

In realtà nessuno sa più proporgli un messaggio che non sia stantio ed ammuffito, le strutture tradizionali si mantengono per consuetudine senza che alcuno più ne conosca le ragioni. Infatti le ragioni delle tradizioni sociali risiedono esclusivamente in quella particolare spiritualità che le ha dettate, che aveva proprie necessità da svolgere, a cui si presentava veramente un particolare volto della verità universale.

Per esempio nessuno un tempo si sarebbe sognato di dire che l'uomo va rispettato e lasciato vivere in quanto essere vivente, giacché tale affermazione è insignificante e si scontra con la realtà di una natura che costantemente divora nella morte i propri vivi prodotti. Si diceva piuttosto che l'uomo è degno di rispetto in quanto immagine di Dio, o dio in potenza, o amante della verità (filosofo), in quanto tale aspetto - in cui la vita viene trasfigurata in qualcosa di più coerente che non sussiste su un piano naturale (diritto di natura) - permette appunto l'uso di un'etica più che naturale, che stabilisce un filo di coerenza più forte di quello innato, strutturando il caos dell'anima, che non darebbe diritto a particolari privilegi nel mondo, in un cosmo ordinato che merita maggiore considerazione e appunto si pone su un piano superiore a quello del quotidiano sopravvivere.

Quando però questa ordinata considerazione dei problemi cessi, e in sua vece subentri una raffazzonata proclamazione di pregiudizi o desuete consuetudini di cui più non s'intuisce la ragione, ecco che colui che cerca un significato si trova frustrato e tale frustrazione lo rende debole e pauroso ed egli reagisce con l'aggressività, in un processo che può portare fino alla strage, in ragione della maggiore o minore radicalizzazione del dissidio.

Non sono dunque solo la carenza delle strutture, la crisi della famiglia, l'ipertrofia del sesso, l'offensiva dei mass media che creano di per sé la violenza, quanto piuttosto l'incapacità di scorgere le radici, di vedere con chiarezza il perché delle cose. La violenza nasce per reazione all'aggressione da parte di valori che paiono arbitrari, a causa dell'ignoranza di coloro che li propagandano (in realtà la stessa propaganda, in quanto tale, spezza e avvilisce il valore, che può scaturire solo in un dialogo a tu per tu, significativo, non fazioso, aperto, non già in una crociata, sia santa o sia profana).

Mia opinione è dunque che la violenza nasca soprattutto dall'approssimazione, e quanto più grande è l'approssimazione tanto maggiore è la violenza, verbale, sociale, fisica. Quando in una società chiunque può proclamare castronerie ed essere preso sul serio, c'è poco da sperare, e si arriva presto o tardi al degrado o alla strage, se non nasce una reazione che deve evidentemente essere del tutto spirituale e del tutto ragionevole.

L'ignoranza dunque genera pseudovalori; gli pseudovalori generano violenza. Ma gli pseudovalori sono spesso i cadaveri dei valori veri; sono dunque questi stessi che talora paiono generare la violenza, allorché si scambi la lettera con lo spirito, l'abito per il monaco. Così nasce la violenza; superfluo è aggiungere che taluni possono poi strumentalizzarla a fini individuali o corporativi e perciò diffonderla ad arte, come nel caso delle pubblicità che molto imbestiano gli animali umani.

 

[26.V.1981]

 

 

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