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RIFLESSIONE SUI «RIFLESSI D'IRIDE NELL'ACQUA»

di Giuseppe Maddalena Capiferro e Cristian Guzzo

(Sulla Rotta del Sole - Giordano Editore, 2006)

  

I nodi vengono al pettine.
Quando c'è il pettine.
Leonardo Sciascia

 

Riflessi d'iride nell’acqua: con questo poetico titolo ha inizio il seguito del controverso Arcano degli Arcani di Cristian Guzzo e Giuseppe Maddalena Capiferro. [*]

[*] Il titolo completo è: Riflessi d'iride nell'acqua. Appunti e documenti per una storia dell'ermetismo kremmerziano. Cfr. anche su SuperZeko le Noterelle su «L'Arcano degli Arcani».

Rispetto all’opera precedente, più promettente e ammiccante, questa pare maggiormente abbottonata, meno pugnace, forse perché, a un anno circa dall’uscita del primo libro, le polemiche e gli attacchi, peraltro previsti, non sembrano sopiti.

Facendo una carrellata in rete, [*] nei vari siti in odore di ermetismo kremmerziano, c’è da rimanere allibiti: mentre si inneggia alla filantropia e ad ermetici apostolati, si insulta il prossimo (la concorrenza) e si deformano abilmente dati e idee per depistare e disinformare.

[*] A tal proposito ringrazio la competenza e la disponibilità di Dario Chioli che con pazienza certosina mi ha condotto a districarmi nella rete vista la mia proverbiale incapacità e ritrosia verso tutto ciò che è tecnologico e informatico.

L’importante è affermare l’immagine di legittimità, ortodossia ecc.

È triste vedere come, per avvalorare le proprie tesi e referenziare la propria posizione, si pubblichino documenti, anche interessanti, ma zeppi di omissis o così sgranati da renderne difficile la lettura.

Questo è farsi la guerra con armi giocattolo.

Del resto il mostrare tutto, per vincere davvero e definitivamente, vorrebbe dire anche perdere il potere. [*]

[*] Una volta un tale soleva ripetermi: «Attento! Il segreto del potere è il potere del segreto».

Potere, per la verità, meschino e limitato.

Questa mania del segreto ha fatto molto male al nostro ermetismo.

Non perché si è celato troppo sulle cose da trasmettere ma perché si è trasmesso a persone inadatte.

A molti è capitato di dover prendere ordini o istruzioni da persone che detenevano sì molte carte riservate e verità “potenti”, ma che umanamente e culturalmente presentavano delle carenze imbarazzanti.

Talvolta l’allievo valeva più dell’istruttore, ma non se ne teneva conto.

Il perché di questo non è possibile a spiegarsi in poche righe.

Si potrebbe scrivere un saggio sulla psicopatologia di certi iniziati e non parliamo delle ricadute sul comportamento dovute a pratiche alchemiche, quelle sono comunque da benedire perché dimostrano che ci si è messi in gioco, alludiamo al comportamento di coloro che posano da adepti senza aver nulla praticato, solo perché, possedendo un archivio invidiabile, si sentono unici e missionati a prevaricare su allievi ingenui o sprovveduti.

Questa è l’epoca dei libri neri.

Si è scritto un libro nero sul comunismo, uno sulla psicanalisi, uno sul cristianesimo ecc. Forse è ora che se ne scriva uno sull’ermetismo italico.

A scriverlo però non dovrebbe essere né un cattolico né un kremmerziano deluso con il dente avvelenato.

Occorre rassegnarsi: i tempi cambiano e la tradizione ermetica merita di essere salvata, se no anche i Guzzo e i Capiferro tra qualche anno potrebbero scrivere di “aver sbagliato calendario”, con le prevedibili conseguenze.

Del resto la storia ci ha insegnato che anche i grandi maestri possono sbagliare.

Tornando al libro in questione, crediamo che per la verità al viandante dello spirito non interessi molto il certificato di nascita del maestro Caio, la copia della patente di guida del maestro Sempronio o la lista della spesa della “sora Felicetta”. [*]

[*] En passant, segnalo anche che a pagina 155, nona riga, invece che lavello sarebbe opportuno leggere avello, fa meno ridere e ha più senso.

I punti da chiarire, anche se molto complessi, sono i seguenti:

1) Se e in che termini una via ermetica di tal genere è ancora praticabile?

2) Esiste ancora il centro a cui faceva riferimento il Kremmerz? In caso di risposta affermativa, quali sono attualmente le strutture ad essa collegate?

3) Se i ponti con una certa realtà sono stati fatti crollare, con il materiale rimasto è possibile, attraverso uno sforzo individuale o collettivo, riuscire a creare le condizioni per un ricongiungimento? Questo ci riporta alla domanda del punto 1) ma potrebbe anche portarci ad altra ovvia e doverosa, ovvero:

4) Fino a che punto è indispensabile veramente un ricongiungimento? Talvolta il “chi fa da sé fa per tre” può premiare, e sottolineo il talvolta.

È sempre convinzione di chi scrive che i due autori siano molto più informati di quel che appare e che a tratti, per proteggere le solite vacche sacre, si impongano un oneroso freno.

Purtroppo però ciò va a danno del valore dell’informazione e si rischia la deformazione.

Sul caso Erim concordiamo che egli avesse una visione dell’ermetismo a dir poco ridotta e un po' forzata ma, diversamente, come avrebbe potuto conciliarsi con il cristianesimo cattolico?

Per quanto riguarda i suoi peccatucci spiritistici, chi non ha praticato lo spiritismo a quel tempo? Anche Guénon e De Lubicz ci sono passati: era in buona compagnia.

Della tecnica alchemica impiegata da Erim e successori parliamo ancora con rispetto, anche se si potrebbe pensare che sia stata ripresa da altrove (quindi un innesto pagano in suolo cristiano piuttosto che viceversa).

Anche il brano dello pseudo-corpus kremmerziano riportato a pagina 164 proviene dal materiale erimiano come le due pagine precedenti e non si capisce chi e perché avrebbe attribuito al Kremmerz tali righe.

Se fosse ancora in vita, il maestro Magana, al secolo Placido Procesi, potrebbe sicuramente dire la sua in merito alla questione Erim/Kremmerz e diradare certi equivoci, data la sua competenza in materia.

Affermare che le parti cosiddette fasulle del corpus kremmerziano siano da attribuirsi a qualche furbo manipolatore che avrebbe utilizzato, tra le altre fonti, anche l’opera del conte Alberti, è una tesi che purtroppo non ci sentiamo di appoggiare.

Da anni ormai si profanano cose importanti e l’unica replica a tutto questo scempio, oltre il tacere, è negarne l’autenticità.

Ecco perché oggi definirsi kremmerziani è cosa ingrata.

È cosa ingrata parlare di interno ed esterno, di superiori gerarchie e di ortodossie.

Esattamente come è ingrato parlare di vittoria finale quando i carri armati nemici sono sotto casa.

Questo non vuole essere l’elogio del disfattismo ma un’esortazione a vedere le cose per come sono e a cercare di recuperare il recuperabile con il coraggio di chi ammette la sconfitta senza cecità e si rialza più leggero e pronto per nuove sfide.

Che Galleani fosse figlio o meno di un osirideo, che Ottaviano si chiamasse Koch invece di Caetani, non è cosa di gran peso.

Ogni verità acquisita porta ad un ridimensionamento, anche doloroso. L’importante è che sia verità, e non disinformazione o guerra psicologica.

Il capitolo sulla CEUR è così interessante che meriterebbe un volume a parte. Per quanto criticata è stata comunque un’iniziativa coraggiosa. Senza il fenomeno CEUR il Kremmerz sarebbe rimasto sconosciuto ai più.

La figura di Carlo Coraggia andrebbe studiata e analizzata più a fondo, diversamente qualcuno potrebbe scambiarlo per un Berlusconi dell’ermetismo.

Per chiudere, in attesa di altri scritti di questi due validi autori, ci permettiamo di esortarli a perseverare con tenacia e soprattutto coraggio.

Non riusciamo a vedere Izar e Mamo che se la ridono sul caos dell’ermetismo italico, forse piangono; quelli che sicuramente se la ridono sono gli esoteristi stranieri che vedono come l’anima italica, tutt’altro che unificata, riesce ad insozzare a maltrattare un patrimonio antico e invidiato. Peccato.

      

[Febbraio 2007]

   

  

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