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TRE LIBRI INTERESSANTI SU ATLANTIDE

Licio Zuliani

  

Recensione di:

Flavio Barbiero, Una civiltà sotto ghiaccio. Alle soglie della più importante scoperta archeologica di tutti i tempi, Editrice Nord, Milano, pp. 276.

Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Flavio_Barbiero; http://www.2008-paris-conference.org/mapage8/mount-horeb-1-.pdf

Recensione di:

Emilio Spedicato, Atlantide e l'Esodo. Platone e Mosè avevano ragione, Aracne, Roma, 2010, pp. 176.

Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Emilio_Spedicato; http://www.puntoacroce.altervista.org/_Cul/A1-Emilio_Spedicato_misteriosofo_Oc.htm

Recensione di:

Marco Bulloni, Ho scoperto la vera Atlantide, Armenia, Milano, 2010, pp. 384.

Cfr. http://www.atl-antis.com/files/doc/press_kit_2009_01_it.pdf
Cfr. Intervista di TGR Neapolis a Marco Bulloni:
http://www.youtube.com/watch?v=RzK8NJ2QZ4k
Cfr. Presentazione del libro di Marco Bulloni, Milano 15 aprile 2010 (in sei parti):
http://www.youtube.com/watch?v=vBrs14plkuc&NR=1; http://www.youtube.com/watch?v=A_uoXZSLAVg&feature=related; http://www.youtube.com/watch?v=pi6fKKwMts8&feature=related; http://www.youtube.com/watch?v=Rw0Ti-pGUtk&feature=related; http://www.youtube.com/watch?v=xMeLaSThUCY&feature=related; http://www.youtube.com/watch?v=Y_WlX6dND8Y&feature=related


Chi non ha sentito parlare di Atlantide, il continente scomparso? Storia vera, favola, catastrofismo, esoterismo, sono molteplici gli approcci al mito; come orientarsi?

Va innanzi tutto detto che un approccio serio (non abuserò del termine “scientifico”) è possibile.

È noto che la descrizione, ricca di particolari, di quello che doveva essere un vero e proprio continente e della sua praticamente istantanea fine a seguito di una immane catastrofe naturale è riportata nei dialoghi Timeo e Crizia del grande filosofo greco Platone. Quanti fossero interessati all’argomento dovrebbero iniziare dalla lettura di questi, facilmente reperibili anche in edizioni economiche; sarebbe se non altro un’ottima occasione, per quanti non l’avessero mai fatto, per avvicinarsi ad un colosso quale è Platone, magari ritenuto, a torto, un mattone.

Certo è che se si prende per buona la descrizione di Platone, che Solone riportò a suo tempo dall’Egitto come notizia acquisita da sapienti sacerdoti di quel paese, le dimensioni di Atlantide sarebbero assimilabili a quelle di un continente e pertanto buona parte ne dovrebbe essere tuttora ben rilevabile. D’altronde anche i più recenti studi e ricerche geologici portano ad escludere la possibilità di un totale inabissamento di una così consistente porzione di crosta nella fossa atlantica. Bisogna quindi cercare da qualche altra parte.

Detto ciò, esiste sull’argomento una sterminata bibliografia contemporanea, opera solo in parte di studiosi seri e preparati, mentre assai più consistente è la produzione inaffidabile e cialtronesca. Mi limiterò qui a segnalare tre lavori, di cui raccomando caldamente un’attenta lettura, che non sarà tempo perso.

1) Flavio Barbiero, Una civiltà sotto ghiaccio. Alle soglie della più importante scoperta archeologica di tutti i tempi, Editrice Nord, Milano, pp. 276. La prima edizione di questo testo fondamentale risale al 1974, l’ultima riveduta e corretta è del 2000.

L’autore ha frequentato l’Accademia Navale di Livorno e si è laureato in ingegneria all’Università di Pisa. Ha trascorso molta parte della sua vita professionale nei centri di ricerca della Marina Militare e della Nato, ritirandosi dal servizio attivo con il grado di Ammiraglio. Pensatore eclettico, si è occupato in profondità anche di argomenti al di fuori della sua professione, elaborando studi sulle antiche civiltà e cercandone i riscontri sul campo. Nel 1975 e nel 1978 ha condotto due spedizioni in Antartide. Ha successivamente partecipato, prima con il prof. Anati e in seguito indipendentemente, a ricerche archeologiche in Israele.

Oltre al testo qui in esame ha scritto vari libri, tra cui: Ufo: l’ipotesi terrestre (Magazzinidelcaos, 2008); Alla ricerca dell’arca dell’alleanza (SugarCo, 1985); The Secret Society of Moses (Inner Traditions, 2010), per ora solo in inglese; La Bibbia senza Segreti (Profondo Rosso, 2010). Ha pubblicato inoltre articoli e saggi vari su riviste italiane e straniere.

L’Ammiraglio Barbiero individua il “continente perduto”, che poi perduto non sarebbe, nell'Antartide, la cui situazione climatica sarebbe repentinamente mutata 12.000 anni fa (l’epoca indicata da Platone), a seguito di un impatto da asteroide o cometa con la superficie terrestre, o più probabilmente in mare. L’impatto avrebbe determinato lo spostamento istantaneo dell’asse terrestre, sino ad allora quasi verticale rispetto al piano dell’eclittica, come giustificato matematicamente in appendice in base alla teoria del giroscopio, di cui l’autore è tra i massimi esperti.

Naturalmente lo spostamento dell’asse terrestre avrebbe comportato anche lo spostamento dei poli, con lo “scivolamento” del Polo Sud nell’attuale posizione, più a ridosso della zona di Weddel precedentemente libera dai ghiacci. Ed è proprio in quest’area che Barbiero individua la sede di Atlantide e della sua capitale Poseidonia, le cui vestigia dovrebbero nascondersi sotto i ghiacci dell’isola Berkner.

I riscontri con i numeri e le indicazioni di Platone non mancano, ed ancor più impressionanti sono le prove cartografiche, nel senso che molte rappresentazioni del mondo conosciuto medioevale altro non sarebbero che mappe dell’Antartide opportunamente riorientate: guardare per credere. Ma Barbiero non si limita a questo, elabora anche una ricostruzione logica della storia del prima e del dopo di quell'evento, comprendente il retaggio di Atlantide lasciato in eredità alle civiltà successive.

Indubbiamente però il merito “storico” dell’Ammiraglio consiste nell’elaborazione della sua teoria riguardo allo spostamento dell’asse terrestre in seguito ad impatto con un corpo proveniente dallo spazio. Oggi questo fatto viene comunemente accettato anche dalla scienza ufficiale, come causa scatenante di molti rivolgimenti accaduti su questo pianeta, tipo l’estinzione dei dinosauri, tanto per intenderci. Ma allora (la prima edizione di questo testo risale all’ormai lontano 1974) la scienza ufficiale, infarcita e condizionata da un evoluzionismo ideologico tanto dogmatico quanto ottuso, non concedeva il minimo spazio a teorie esulanti dal paradigma accettato. Ora tutto è più facile, e in verità non mancano autori anche di grande successo commerciale che hanno attinto a piene mani (senza ovviamente citarlo) al libro di Barbiero, appropriandosi di molte delle sue intuizioni: niente di nuovo sotto il sole. Per parte mia, lessi allora questo libro quasi in anteprima e ne rimasi folgorato.

2) Emilio Spedicato, Atlantide e l'Esodo. Platone e Mosè avevano ragione, Aracne, Roma, 2010, pp. 176.

Dalla quarta di copertina: «Emilio Spedicato si è laureato in Fisica e ha ottenuto il dottorato in Matematica computazionale in Cina (il primo conferito a un non cinese). Dopo aver lavorato per sette anni in un centro di ricerche nucleari a Stanford e in altre università straniere, è diventato professore ordinario di Ricerca operativa all’Università di Bergamo. Autore di oltre 500 pubblicazioni, di cui circa 350 in Matematica, ha risolto il decimo problema di Hilbert nel caso lineare, il più importante risolubile. Da una trentina di anni si occupa di discontinuità da catastrofe nelle epoche antiche, organizzando anche varie conferenze internazionali».

Questo libro, denso e stringato (172 pagine), è suddiviso in due parti. La prima tratta della catastrofe di Atlantide, la seconda dell’ultima delle grandi catastrofi accaduta nel periodo dell’Esodo.

Nella prima parte l’autore chiarisce innanzi tutto il quadro di riferimento, accettando la datazione tradizionale del 9500 a.C., quella riportata da Platone (tuttavia su ciò non tutti concordano, come vedremo in seguito), in concomitanza con la fine dell’ultima glaciazione, accettando le basi cosmologiche poste a suo tempo, verso la metà del secolo scorso, dal grande studioso Immanuel Velikovsky (1895-1979), amico personale e collaboratore di Albert Einstein, nella sua opera principale Mondi in collisione (Profondo Rosso Edizioni, 2 voll. 2003-2004). Secondo questa teoria, le grandi catastrofi occorse al pianeta terra, dalle più lontane epoche geologiche sino a tempi storici (primo millennio a. C.) furono causate dall’interazione della Terra con pianeti e/o asteroidi/comete interferenti nella rivoluzione lungo la loro orbita ellittica.

Fantascienza? Niente affatto: certo, non è ancora universalmente comprovato e accettato che sia andata proprio così, tuttavia la teoria rispetta rigorosamente i principi matematici della meccanica cui sono sottoposti i movimenti dei corpi celesti. A tal proposito richiamo l’attenzione sulla biografia del prof. Spedicato, tutt’altro che un sognatore. Sicuramente i sogni visiteranno anche la sua persona, ma quando il sogno trova coerenza anche nello stato di veglia va preso assai sul serio...

In particolare Spedicato rivolge l’attenzione sulle possibili interferenze avvenute (e altre ancora da avvenire) con i cosiddetti “Oggetti Apollo”, simili ad asteroidi moventesi su orbita ellittica, il cui perielio (punto orbitale di massima vicinanza al Sole) giace dentro l’orbita della terra. La catastrofe che pose fine ad Atlantide sarebbe avvenuta per l’impatto di uno di tale corpi probabilmente nell’area atlantica.

Altra ipotesi, per lui ancora più probabile, sarebbe legata al passaggio ravvicinato di un grande corpo celeste, comparabile alla Terra per dimensioni, che avrebbe avuto come conseguenze: la fine dell’ultima glaciazione; la distruzione di Atlantide e di gran parte degli esseri viventi, uomini ed animali; la possibile variazione dell’asse di rotazione terrestre; la possibile cessione alla Terra del satellite di tale corpo celeste, divenuto la nostra Luna; la possibile perdita del precedente satellite, Marte, fonte di importanti successivi fenomeni. Di fronte a tali ipotesi taluni potrebbero avere la tentazione di sorridere: invito ad astenersi ed a prendersi viceversa la briga di leggere le spiegazioni motivate del professore.

Quanto all’ubicazione, l’autore propende per l’identificazione con una delle grandi isole dei Caraibi, precisamente Hispaniola (stati della Repubblica Dominicana e di Haiti), per le caratteristiche delle sue coste alte e delle sue montagne elevate (anche superiori ai 3000 metri) e sulla base di altri indicatori specificati nella descrizione platonica. Per la verità un altro autore, Andrew Collins, era giunto precedentemente a conclusioni simili – esposte in uno dei libri più apprezzabili sullo stesso argomento: Le Porte di Atlantide, Sperling & Kupfer, 2000 – proponendo Cuba quale identificazione; ma tale isola poco risponde alle caratteristiche descritte.

La seconda parte del libro tratta dell’Esodo del popolo ebraico dall’Egitto e dei fenomeni naturali avvenuti in tali circostanze e descritti nella Bibbia. Parimenti interessante, ma esula dalla presente esposizione.

3) Marco Bulloni, Ho scoperto la vera Atlantide, Armenia, Milano, 2010, pp. 384.

Dalla quarta di copertina: «Marco Bulloni, ingegnere nucleare, cultore di archeomitologia, è nato a Sondrio nel 1960 e fin dai primi anni di vita è vissuto a contatto diretto con luoghi e popoli che hanno fatto nascere in lui la sua grande passione. Vive e lavora a Milano».

Dei tre lavori qui presentati, questo dell’ing. Marco Bulloni sembrerebbe il più debole, a causa di alcune forzature che, a parer mio, intaccano non la credibilità e tanto meno la buona fede dell’autore, che ritengo ineccepibile, quanto l’identificazione del sito preso in esame con la sede centrale di Atlantide. Tuttavia esiste in questa teoria un elemento di forza che manca agli altri due: la presenza davvero impressionante di qualcosa che è molto di più che non qualche resto archeologico sparso, di incerta datazione e provenienza.

L’ing. Bulloni colloca la “sua” Atlantide nell’arcipelago delle Solovetsky, in particolare la Grande Solevetsky. Sì, proprio Mar Bianco, Russia, regione di Arcangelo, tra la Carelia e la penisola di Cola. Quest’isola è sede di un noto complesso monumentale di chiese e monasteri ortodossi edificati dai monaci nel corso dei secoli XV e XVI e “riconvertiti” nel XX in un altrettanto famoso gulag di staliniana, tragica e non ancora sufficientemente divulgata memoria, nonostante Solgenitsin. Vi furono in quell’infame periodo costrette anche personalità di eccelsa levatura morale e spirituale, quale il grande pensatore, teologo e scienziato Pavel Florenskij, in attesa di essere “giustiziato” dal plotone di esecuzione (anno 1937). Tornando a noi, questo complesso monumentale è sicuramente stato ristrutturato e ricostruito nelle sovrastrutture nel corso del suddetto periodo, ma fondamenta, muri perimetrali, financo torri di difesa e saloni immensi, uno dei quali sull’ordine dei 500 metri quadri, sono costituiti da massi di pietra di dimensioni ciclopiche di svariate tonnellate di peso. Impensabile che possano essere stati posti in opera dai monaci, i quali, infatti, hanno costruito le sovrastrutture con l’impiego di mattoni.

L’autore sovrappone così, minuziosamente, la pianta dell’attuale complesso alle misure fornite da Platone nella descrizione della reggia e del tempio di Poseidone nella capitale di Atlantide, con analogie davvero sorprendenti.

Allora è così? alla fine l’enigma è stato sciolto? È bene esser cauti. Ho accennato sopra ad alcune affermazioni che personalmente ritengo alquanto forzate; in primis l’identificazione delle Colonne d’Ercole con due modeste alture, per di più arrotondate, presenti nella penisola di Cola e che in nulla danno l’idea di colonne. Di questo passo, analogie si possono riscontrare in qualsivoglia sito. Ma è anche la modesta consistenza territoriale dell’intero arcipelago delle Solevetsky che lascia adito a qualche perplessità. È però anche vero che di faccia, non tanto distante, esiste la pianura della Carelia, che meglio si adatta alle dimensioni di quello che è descritto come un continente. In ogni caso qualcosa lì c’è; come ipotesi mia personale potrebbe anche essersi trattato di una colonia atlantidea costruita ad immagine e somiglianza della madre patria.

Altro dato notevole nella ricostruzione dell’ing. Bulloni è la ricollocazione temporale. Egli colloca la successione degli eventi atlantidei e della catastrofe all’incirca alla metà del secondo millennio a.C., riconsiderando i 9000 anni del racconto platonico non come solari bensì lunari, ossia praticamente in mesi, come in effetti usavano gli egizi nei loro conteggi, con tutto ciò che ne consegue. Non è questa un’ipotesi peregrina e non sono pochi gli studiosi che oggi così si regolano. In tal modo altre tessere di un altro mosaico andrebbero al loro posto, in particolare si scioglierebbero molti degli enigmi correlati alle invasioni dei cosiddetti “Popoli del Mare”, di probabile provenienza nordico-baltica, nell’area mediterranea dal 1500 a.C. in avanti. E straordinarie appaiono in questo modo anche le concordanze con quanto sostenuto da un altro interessantissimo studioso, l’ing. Felice Vinci, nel suo libro Omero nel Baltico (Palombi Editore, Roma, 1a ed. 1995, 8a ed. 2008), che il Bulloni non sembra conoscere. Ma questo è un altro discorso.

[31/5/2011]

   

   

 

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