www.superzeko.net  

Sommario del sito

DIALOGO CON GLI INTERNAUTI

DA UN CARTEGGIO CON SERGIO RUSSO SULLA DEA ECATE

 

24/9/2003

S. R. - Mentre cercavo informazioni su Ecate, la divinità sulla quale sto scrivendo la mia tesi di laurea, mi sono imbattuto nel tuo sito ed ho letto i versi dedicati alla dea.

Beh è piuttosto raro trovare persone che ammirino questa figura divina, almeno qui in Italia. Sarei pertanto felice di scambiare opinioni con te.


24/9/2003

D. Ch. - Mi fa piacere che qualcuno trovi - come dire? - le gemme segrete nella mia poesia. Ti ringrazio.

Ecate è, ovviamente, uno dei nomi della dea, che vedrai comparire sotto molti altri nomi nei miei scritti (e ovviamente in una quantità di altri testi). La dea è una dimensione interiore (ma quanto sensibile!) che ha tratti che vanno dalla maternità all'erotismo alla distruzione. E l'eroe del mito è quello che accetta tutto ciò in virtù del suo innamorarsi. Ora l'innamorato non può essere distrutto dall'oggetto del suo amore se non trasformandosi. Non è pertanto mai distrutto. È altro da sé che in lui è distrutto.

La dea è una dimensione intermedia tra la lucidità spirituale e la sensazione, è come il luogo - la madre - in cui tutto viene generato, invisibilmente, e perciò non è mai veramente oggetto d'analisi, ma solo d'amore.

L'amore infatti porta in luoghi che la lucidità da sola non sa neanche che esistano. Ecate non è che il gioco di una forma della madre, nel mito tutto si trasforma, e dentro la distruzione giace il diamante della coscienza.

Sarò ben felice di parlare con te ulteriormente di tutto ciò, augurandomi che la tua tesi ti sia occasione di contattare l'inatteso.


25/9/2003

S. R. - Hai ragione riguardo ad Ecate. Ho cominciato a lavorare alla mia tesi circa due anni fa e ormai è finita. Il lavoro verte sul passaggio della dea da benefica a malefica nel mito e nell'iconografia dalle origini sino al III secolo a.C. circa.

Durante le mie ricerche ho visto che non esistono monografie su Ecate in italiano.

Le più esaustive sono:

- Theodore Kraus, Hekate: Studien zu Wiesen und Bild der Gottin in Kleinasien und Griechenland, Heidelberg, 1960, monografia in tedesco che parte dallo studio dei rapporti Ecate / Apollo sino ad arrivare alla triplicazione corporea della dea, con svariate citazioni in greco tratte da epigrafi;

- Robert Von Rudloff, Hecate in the ancient greek religion, Victoria, 1999, testo né edito né tradotto in Italia, ho dovuto richiederlo all'autore direttamente in Canada.

Esiste poi una larga trattazione della figura di Ecate in un altro testo, che però comprende studi anche su altre divinità femminili:

- David West, Some cults of greek goddesses and female daemons of oriental origin, Kevelaer, 1995. Questo è già un libro più moderno, dedicato allo studio di varie figure femminili. La parte dedicata ad Ecate è più di metà libro ed anche qui si parte dallo studio dei testi per arrivare all'analisi degli epiteti, dei ruoli e degli attributi della dea.

Ovviamente ci sono tante altre opere dove si parla della dea ma queste sono le più importanti per comprendere la fisionomia di questa divinità così cangiante.

All'inizio la tesi doveva vertere sulla figura del demone Lilith ma poi la docente non è stata d'accordo.

Sull'argomento avevo comunque già letto un libro di Roberto Sicuteri (Lilith, la Luna Nera, Astrolabio, Roma, 1980), piuttosto interessante.

Quando è nato il tuo interesse verso Ecate?


26/9/2003

D. Ch. - Conosci Il Trionfo notturno di Ecate, incisione di Agostino Veneziano?

Ho letto anni fa il libro di Sicuteri e mi parve interessante, ma non lo ricordo bene. Penso che la tua docente non abbia avuto torto nel preferire Ecate per una tesi, in quanto per trattare bene di Lilith bisognerebbe sapere l'ebraico.

Il mio interesse per Ecate parte probabilmente dalla mia poesia per un verso e dal mio interesse per il tantrismo per altro verso. Inoltre certo m'interessa la resa mitica delle fasi lunari e di quanto ciò possa significare per la mente, di cui la luna è spesso considerata il corrispettivo nel macrocosmo (stato di veglia-luna piena; quarti di luna-stati onirici; luna nuova-sonno profondo...).

Credo che già i mitologi antichi abbiano confuso assai, mettendo insieme miti che ognuno per sé era un'immagine della trasformazione interiore, glifi sciamanici insomma, ma che assemblati non divennero se non racconti fantasiosi.

Io sono dunque persuaso che il mito, nella sua forma originaria, sia descrizione precisa di un percorso, che può essere interiore ma anche astronomico (cfr. Il Mulino di Amleto di Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend, Adelphi, Milano, 1983) o talvolta tutt'e due, e magari ancora qualcosa di diverso.


26/9/2003

S. R. - Ti mando delle immagini di Ecate che appariranno nella mia tesi, spero ti piaceranno.

Il binomio Ecate-Cariti è una prerogativa d'età classica, non apparendo mai questa associazione nell'iconografia vascolare o monumentale dell'età precedente: le tre Cariti condividono con varie figure divine mansioni diverse e con Ecate sono preposte alla salvaguardia del passaggio dell'uomo attraverso le porte e gli ingressi in genere, mansione che Ecate ricopriva anche da sola, sia che il passaggio fosse "materiale", cioè implicasse l'azione stessa del passare attraverso un varco, sia che esso fosse biologico (ad esempio il passaggio dallo stato di vergine a quello di moglie, che era appunto sotto la tutela della dea)"

Ecate alle nozze di Peleo e Teti. La divinità scorta Teti, la quale passa da uno status di vergine ad uno status di moglie.

L'associazione Ecate-Demetra è una delle più antiche come dimostra la compresenza di entrambe nello pseudo-omerico Inno a Demetra: nell'inno già sono presenti alcune componenti fondamentali della fisionomia di Ecate (i suoi poteri in cielo, sulla terra e nell'Ade; la sua qualità di "phosphoros", portatrice di luce; l'essere guida delle anime attraverso il mondo infero) che successivamente verranno sviluppati dagli autori del V sec. a.C.

Nel rilievo appaiono Demetra ed un personaggio comunemente riconosciuto come Ecate, ma che secondo qualcuno potrebbe essere Persefone tornata dall'Ade o una sacerdotessa del tempio.

Ecate e il ritorno di Persefone

Il rapporto Ecate - Demetra - Persefone è molto studiato ma in realtà non se ne sa molto. A parte l'Inno a Demetra (600 a.C.), ci sono solo alcune epigrafi che ricordano queste figure associate insieme, e nelle rappresentazioni vascolari (fig. di sinistra) c'è sempre il dubbio sull'identificazione delle figure presenti.
Anche nel caso della bellissima "Tavoletta di Niinnio" del V sec. a. C. (fig. di destra), c'è controversia sia sulla scena che sui personaggi. Il nome deriva da un'iscrizione che si trova alla base (nella foto non si vede) dove ci sono scritti, in greco, il nome di questa Niinnio (che sembra essere una donna) e il verbo "offrì".
Nel pannello sottostante si vede una figura seduta, un personaggio con due torce (una rivolta verso l'alto e una verso il basso) e poi alcune figure più piccole.
Le figure grandi dovrebbero essere divinità e quelle piccole esseri mortali (gli dei erano infatti rappresentati in pittura più grandi degli uomini mortali): la figura seduta sarebbe Persefone e l'altra figura probabilmente Dioniso - Iacco. Il riferimento al mondo infero peraltro si capisce dalla posizione delle torce (una verso la terra, una verso il cielo).
Nel pannello superiore c'è una figura seduta riconosciuta come Demetra, una figura con due torce (probabilmente Ecate) e vari altri personaggi (uomini mortali).
Che cosa dunque vuole esprimere questa rappresentazione? Non è molto chiaro, ma probabilmente il pannello superiore (con Demetra ed Ecate) rappresenta Ecate che scorta i fedeli verso Demetra (cioè verso l'iniziazione ai misteri eleusini), compito questo che sembra la dea avesse (anche se non c'è molta chiarezza al riguardo), mentre il pannello sotto rappresenterebbe i "Misteri di Agra" o "Piccoli Misteri", celebrazioni in onore di Persefone per i futuri iniziati ai misteri eleusini.

Ecate e Zeus

Ecate e Cerbero. L'immagine mostra Cerbero che tende verso Ecate negli inferi (in altra parte del vaso, qui invisibile, si vede anche Eracle che tira Cerbero per portarlo in superficie).

La figura di Ecate sul monumentale fregio dell' Ara di Pergamo è assolutamente unica nel suo genere, in quanto raffigura la dea con tre volti e tre braccia (dunque in una forma triplice non completa visto che il corpo è solo uno), nell'atto di combattere: l'assoluta novità è che Ecate viene sempre rappresentata in forma singola quando essa appare in scene d'azione (solitamente nelle rappresentazioni vascolari), mentre è triplice nella statuaria dal V sec. a.C.

Non conosco Il Trionfo di Ecate ma dal titolo credo che debba essere interessante. Comunque proverò a cercare su Internet, magari trovo l'immagine.


27/9/2003

D. Ch. - Le tue immagini di Ecate mi sembrano interessanti e senz'altro relative all'aspetto benefico. L'Ecate del Trionfo di Agostino Veneziano è quella delle streghe, e in verità nell'incisione stessa non compare - se ben capisco - di persona.

Può essere interessante vederla per capire come suonasse all'orecchio dei demonologi il termine Ecate, pertanto te la allego, anche se ha il difetto di essere piegata nel mezzo (non sono riuscito a togliere il difetto neppure schiacciando il libro sullo scanner con un grosso dizionario di sanscrito...). È tratta da La civiltà delle streghe di Giuseppina e Eugenio Battisti.

Agostino Veneziano, Trionfo notturno di Ecate, incisione (foto Soprintendenza di Firenze,
tratta da: La civiltà delle streghe di Giuseppina e Eugenio Battisti, Lerici, Milano, 1964)

Agostino di Musi detto "Veneziano" fu incisore in rame vissuto tra 15° e 16° secolo (così Gottardo Garollo, Dizionario biografico universale, Hoepli, Milano, 1907, ried. Cisalpino-Goliardica 1980).


27/9/2003

S. R. - Grazie di avermi mandato l'incisione (su Internet non l'avevo trovata): è molto bella. La strega posta all'estrema destra è molto simile ad un'altra strega che ho trovato su un'incisione di Albrecht Dürer del 1500 ca. In questa, la strega appare nuda, con i capelli al vento (come in quella di Veneziano) ma cambia la posizione (anche se il volto è pressoché uguale).

Quel piccolo personaggio che suona quella specie di tromba e che appare a sinistra sul caprone assomiglia agli angeli che appaiono nell'incisione del '500 di cui ti parlavo sopra (sebbene non capisca perché angeli e streghe siano associati) anche se non ha le ali (nella mia incisione invece appaiono).

Il personaggio barbuto al centro sembra un nano: nel XVI secolo i nani erano fenomeni da baraccone o scherzi della natura (quindi erano essenzialmente "negativi"...da ciò capirei la sua presenza nella scena).

I quattro personaggi che aprono e chiudono la scena (l'ultimo è praticamente tutto coperto da quello che gli sta davanti), con tanto di sacrificio di bambino, non capisco se abbiano un ruolo (o un'identificazione) o siano lì solo come riempitivi.

Nel libro dove si trova l'incisione, si spiega chi possano essere?

Non sembrano diavoli (mancano corna ed ali) né stregoni (erano solitamente rappresentati vestiti).

Il vocabolario di sanscrito ha schiacciato molto bene l'immagine... era molto chiara.

Una domanda: cosa intendevi esattamente con «può essere interessante vederla per capire come suonasse all'orecchio dei demonologi il termine Ecate»? ti riferivi al significato del nome?

Il nome Ecate potrebbe derivare da ekaton (cento), ekati (a proprio piacimento) oppure ekatos (che colpisce da lontano).


27/9/2003

D. Ch. - Circa l'incisione di Agostino Veneziano, che tu hai analizzato con assai maggiore attenzione di quanto non avessi fatto io, il libro commenta l'immagine solo parlando di «Ecate che trionfa nella notte, nella caccia selvaggia, trasfigurata in vera e propria strega, che rapisce i bambini addormentati» (quindi, contrariamente a quanto avevo detto nella mia precedente email, la strega sarebbe Ecate), spiegando che la transizione della figura della strega che semplicemente vola sulla scopa, spesso bella, verso il tipo laido potrebbe farsi risalire ad un disegno dell'Altdorfer del 1506, mentre comunque nel cinquecento si oscilla ancora tra il tipo bello e il brutto.

Quando mi chiedevo come suonasse Ecate all'orecchio dei demonologi, non intendevo tanto l'etimologia, quanto cosa fosse rimasto per loro della sua antica divinità. Delle etimologie da te citate, comunque, quella da ekatos, saettatore, mi pare la più comprensibile.

Nella tua tesi su Ecate, analizzi anche la sua presenza nella stregoneria? E, per curiosità, hai utilizzato in qualche modo il libro di Leland sul culto di Diana Aradia (=Erodiade)?


28/9/2003

S. R. - Dal commento del tuo libro appare chiaro che nel 1500 Ecate incarna nell'immaginario collettivo il Male, come testimonia l'atto aberrante di rapire bambini, che non era tipico di Ecate nella fisionomia greco-romana classica, anche se le figure demoniche che popolavano il folklore greco e che potevano costituire il corteggio di Ecate (Lamia, Empusa, Mormò, Gorgò e simili), così come i demoni mesopotamici (che hanno molto in comune con quelli greci citati: Lamashtu, Lilu, Ardat-Lili e simili) avevano questa peculiarità.

Durante il Rinascimento, sembra, questi personaggi minori vengono dimenticati oppure più semplicemente associati e fusi insieme nel personaggio di Ecate (come comunque succedeva in alcuni casi anche in età greca).

Solo dal V secolo a.C. in realtà Ecate comincia ad assumere una certa negatività nella sua figura e nel suo carattere, anche se solo dal III-II secolo a.C. (età ellenistica) diventerà realmente malefica e di aspetto terrificante.

Delle tre etimologie che ti ho citato, la prima (ekaton=cento) è moderna e semplicistica (derivata dal fatto che le anime dei defunti non sepolti avrebbero dovuto vagare per 100 anni sulle rive dell'Acheronte senza trovare pace....quindi con i soliti riferimenti ad Ecate dea della morte). Ekatos è oggi l'ipotesi più accreditata anche perché intorno agli anni ' 60 P. Chantraine nel suo Dictionnaire étymologique de la langue grecque ha canonizzato questa idea e da allora non si è più tornati molto sull'argomento.

Tuttavia io credo che il nome Ecate abbia maggiori agganci con l'avverbio eketi (a proprio piacimento) che maggiormente delinea la fisionomia della divinità partendo dalla Teogonia di Esiodo, il testo più antico dove si parla di Ecate (poiché Omero, incredibile dictu, non ne parla mai).

Pensare ad Ecate "saettatrice" riporta al confronto Artemide / Diana - Ecate, rapporto che comincia nel VII secolo a.C, ma che si consolida (e continua) solo due secoli dopo.

Mi chiedi se nella tesi mi occupo di Ecate nella stregoneria; la risposta è sì! In realtà la mia tesi arriva al Primo Ellenismo (III-II sec. a.C.) e le testimonianze riguardanti Ecate nei suoi rapporti con le streghe sono tantissime. Ecate viene invocata da Medea, da Simeta - che nell'Idillio II, Pharmakeutriai, di Teocrito (III sec. a. C.) invoca la dea affinché l'assista nel filtro d'amore che sta preparando per riportare l'amato a casa - e da altri maghi meno famosi.

Sai qualcosa della presenza di Ecate nella stregoneria moderna?

Non conosco il libro di Leland né il culto di Diana Erodiade, mi spieghi cosa sono?


28/9/2003

D. Ch. - Credo che nella stregoneria moderna Ecate seguiti a essere invocata, ma mi paiono soprattutto costruzioni antiquarie. Sui movimenti stregonici, Wicca e altro, sono utili documentariamente i libri di Massimo Introvigne (Il cappello del mago, SugarCo, o Indagine sul satanismo, Oscar Mondadori - per esempio).

Il nome di Aradia (che ho trovato anche identificato con quello di Erodiade) rimanda al libro Aradia, the Gospel of the Witches, pubblicato nel 1899 a Londra dall'editore David Mutt e scritto da Charles Godfrey Leland (1824-1903), a cui sarebbe stato consegnato nel 1897 da una tale Maddalena, e che tratta di stregoneria italica, in inglese ma con lunghi passi in un italiano spesso scorretto. Pare vi siano circoli particolari che ne fanno tuttora uso. Io ce l'ho, scaricato da Internet, ma non l'ho ancora mai letto attentamente.

Te lo mando (tratto da http://www.sacred-texts.com/pag/aradia.htm) e ti cito quanto trovo al proposito su un sito (da leggere ovviamente senza fideismo). Ne esiste anche una traduzione italiana (Aradia - Il Vangelo delle Streghe, a cura di Lorenza Menegoni, Olschki, Firenze, 1999).

Estratti in italiano si trovano in Internet all'indirizzo seguente:

http://www.lucedistrega.net/v_text/documenti/aradia.htm [10/6/2011: link non più attivo]

   


29/9/2003

S. R. - Ho letto con attenzione i testi su Aradia che mi hai mandato e ho trovato diverse cose interessanti.

In primo luogo la storia della strega Maddalena che consegna il "testo" a Leland mi ha ricordato la storia dell'angelo Moroni che consegna le tavole d'oro a Mormon (non è che gliele consegni proprio, ma è come se lo facesse).

Questa è la storia principale, il punto di partenza, della religione dei Mormoni, un gruppo nato in seno al Cristianesimo (come tanti altri) ma mai accettato dalla Chiesa ortodossa (come tanti altri gruppi, appunto).

Anche il periodo corrisponde (1800), poiché la strega Maddalena e l'angelo Moroni trasmettono ad un'altra persona un testo chiave per la creazione di un movimento religioso o a-religioso (come può essere la stregoneria).

Da quello che ho letto, Diana (che credo possa essere in questo caso identificata anche con Ecate) sposando Lucifero gli dona una figlia, Aradia, che istruirà gli Eletti alla stregoneria e farà sì che essi si liberino dei propri nemici: sembra che Aradia sia una sorta di Cristo al femminile con mansioni opposte (salvezza delle genti / distruzione dei "nemici").

È più o meno così? Questa è almeno la mia interpretazione.

I testi che mi hai mandato sono piuttosto vari e mescolano tradizioni greco-romane con tradizioni più moderne e mischiate tra di loro: l'offerta del cibo (la farina ad esempio) che ricorda l'uso di offrire "pasti sacri" ad Ecate, la presenza del sale simbolo di vita (la parola sale riporta al latino salus = salute), l'invocazione (o semplicemente richiesta) alla lucciola, insetto notturno e simbolo della natura, nonché quell'inno a Diana (salvifica, onnipotente, eterna) che ha parecchi elementi in comune con l'inno orfico ad Ecate (III secolo a.C. circa, ma la cronologia è dubbia).

La somiglianza Diana / Cristo l'ho trovata anche nel passo «il corpo, il sangue [...] di Diana» dove mi è sembrata chiaro il riferimento al corpo ed al sangue di Cristo.

Tornando all'incisione di Veneziano, mi spiego la presenza dei personaggi nudi che aprono e chiudono il corteo, leggendo nella "parola di Aradia" la frase «e in segno di tale libertà nudi vi mostrerete, uomini e donne».

I testi che mi hai mandato sono pieni di possibili riferimenti o richiami al mondo greco-romano, medioevale etc. ma sarebbe troppo lungo commentarli tutti.

Una Ecate moderna, dipinta da William Blake

Una domanda: ti interessi di stregoneria, Wicca, satanismo e cose del genere solo come un semplice appassionato di occultismo, oppure sei addentro a queste cose (riti etc.)?

Sei cristiano cattolico (o di altra confessione cristiana)? pagano? buddhista? satanista? ateo? agnostico? altro?


30/9/2003

D. Ch. - Il paragone tra la figura di Maddalena e quella di Moroni penso ci possa stare, ma vi sono spesso situazioni del genere nella storia delle credenze, anche "a livello alto": pensa a Gabriele che è legato alla rivelazione di tutt'e tre le tradizioni monoteiste di origine semitica.

Io non mi occupo attivamente di stregoneria o cose del genere; me ne sono occupato come studioso in passato. Tendo a credere che non esistano tradizioni integralmente cattive e altre del tutto buone: tutto è talmente confuso...

Sono però curioso di tutto e quando ne sento parlare memorizzo.

Tra l'altro non si possono certo confondere in un tutt'uno stregoneria e satanismo. La prima è spesso un nome occidentale per lo sciamanesimo, che a me interessa, come m'interessa il tantrismo. Ebbi una certa passione per Graves e la Dea Bianca, anche perché tale immagine compare spesso nella mia poesia e nel mio sentire.

Di riti ne feci, moltissimi anni fa, e d'altra parte ebbi anche un periodo di cattolicesimo perfettamente ortodosso (che non è solo un gioco di parole perché non ho mai sentito differenza reale tra cattolicesimo e ortodossia).

Ho letto e riletto tre-quattro volte tutto Guénon, ma su certi suoi aspetti ho ora un po' di disincanto.

Ho frequentato parecchi gurdjieviani, ma anch'essi, morto Gurdjieff, mi sembrano orfani senza mamma.

I gruppi in giro fanno abbastanza senso, riassumendosi in business ed autoaffermazione. Quasi tutti depressi e/o truffatori.

Attualmente io che sono? Ohibò, non lo so. Sono uno che cammina passo per passo, e se gli piace un posto ci mette il piede.

Ho appena letto una biografia di Giuliano Imperatore, interessante, ma non potrei dirmi pagano, mi pare antiquariato. Non sono certo satanista, la cosa per me non avrebbe senso, né agnostico se no perché passo la vita a leggere? Ateo è un altro nonsenso, se dio non c'è non ha neppure senso definirsi in relazione ad un assente, questo dimostra solo la confusione mentale di chi si definisce ateo.

Cristiano, buddhista, islamico, induista, taoista... tutto sono... ma forse nessuno dei discepoli di questi movimenti ci starebbe...

Quando si cercano formule, slogan in cui identificarsi, le religioni diventano cappi. Se si cercano stimoli di contemplazione invece sono ricchezze inesauribili. Dipende dall'occhio.

Certo sono pervaso dall'interesse per il mistero, e dal problema di usare quanto tuttavia non puoi integralmente conoscere. Tendo a credere che l'amore supplisca alla ragione. Senza questa non ci si muove, senza quello non ci si espande.


30/9/2003

S. R. - So di Graves ma non ho mai letto nulla di lui (ho un suo libro riguardo alla ricerca del Vello d'Oro ma è solo un racconto, piuttosto lungo, del mito originale, che però si perde troppo nelle minuzie del mito originale, le quali nel suo testo diventano veri capitoli, e quindi ancora non l'ho letto con vera attenzione).

Di che tipo di riti parlavi? riti pagani? se sì, di che tipo erano? puoi dirmi qualcosa di più?

Ammetto di non conoscere Guénon e i gurdjieviani... potresti darmi delle delucidazioni?

La figura di Giuliano Apostata è molto interessante: ho letto anch'io una biografia perché volevo sapere un po' di più di questo personaggio; ovviamente in linea generale molti personaggi storici (o tutti) possono essere interessanti (la stessa figura di Giulio Cesare meriterebbe una maggiore attenzione, prendendo in considerazione non solo la sua produzione letteraria, ma anche i testi riguardanti la sua malattia, l'epilessia, che, secondo alcuni, influenzò anche alcune sue scelte, e non sarebbe sbagliato analizzare le fonti contrarie al suo governo o alla sua sessualità... specialmente quelle inerenti alla sua omosessualità).

L'esempio di Cesare serve solo a capire che un personaggio storico dovrebbe essere studiato da varie angolazioni, ma spesso questo è difficile.

Tornando a Giuliano, la sua figura mi interessò sin dalla prima volta che seppi di lui: mi piacque quest'uomo che andò contro la cultura cristiana dilagante (affermatasi anche in maniera un po' troppo violenta), cercando di recuperare la tradizione secolare di Roma e del Paganesimo. In generale mi piacciono le figure storiche che si fecero forti delle proprie idee e nonostante tutto (la società, le idee preconfezionate del popolo, la chiesa e tutto il resto) e le portarono avanti.

Più o meno anche io sono come te: non mi considero appartenente ad una corrente religiosa, anche se il rapporto che io ho con questa mia "confusione" è vissuto in maniera più "drammatica" rispetto a te che - mi sembra - lo affronti in maniera più distaccata. Forse anche in questo caso l'età c'entra. Non pensare però che mi stia qui a strappare i capelli invocando a gran voce qualche divinità (Dio, Buddha o Ecate!). In realtà adesso vivo una situazione piuttosto statica (forse sono arrivato ad un compromesso interiore) cercando di vivere seguendo i buoni precetti "religiosi" e cercando sempre di essere onesto, cosa che credo sia la più importante, oltre tutte le barriere religiose.


1/10/2003

D. Ch. - Graves è un ottimo poeta (cfr. Lamento per Pasifae, trad. di Giovanni Galtieri, Guanda, Parma, 1991); i suoi testi mitologici sono un po' monomaniaci, ma contengono cose interessanti qua e là. Longanesi aveva pubblicato tanti anni fa una sua raccolta di saggi (Steps, uscita in italiano con il titolo ingannevole de La Dea Bianca la quale invece è un'altra opera, la sua maggiore, poi uscita da Adelphi) che conteneva cose piuttosto curiose. Si deve senz'altro essere considerato una specie di profeta della Dea, e in fondo glielo si può anche concedere.

Quanto ai riti, ne feci a volte, moltissimi anni fa, non specialmente pagani ma comunque legati a un fare poetico e rituale che è più arcaico che moderno, e che non ha nulla a che fare col cattolicesimo odierno. Consistettero in un caso in riti di "orientamento" e in altri in riti di "difesa". Ma erano cose assolutamente autonome, prive di qualunque collegamento sociologico con sette o gruppi di sorta. Storie magiche private. Uscite dal quotidiano per trovare nel mistero chiavi a problemi in apparenza insolubili.

Diciamo che in talune circostanze in cui ci si sente senza uscita, si può voler uscire ciononostante, e allora bisogna crederci e funziona. Ma bisogna che l'uscita davvero non ci sia, e che davvero si voglia ciononostante uscire.

Guénon e Gurdjieff. Ohimè non è facile parlarne in poche righe.

René Guénon attraversò moltissimi gruppi occultistici francesi mentre confluiva nel sufismo (con il nome Abdel Wahed Yahya), e riformulò il linguaggio esoterico in modo da renderlo maggiormente limpido e accettabile.

Molti degli autori che cita, peraltro, sembrano nelle sue descrizioni migliori di quel che furono.

Ha un gran seguito tra coloro che vogliono sentirsi pienamente dentro una tradizione, con tanto di iniziazione, iniziazione che in Europa trasmetterebbero - in teoria molto più che in pratica - soltanto più la massoneria e il compagnonaggio (quattro gatti in Francia). Alla fine i guénoniani tendono a farsi sufi. A volte sono anche dei gran fissati.

Guénon tuttavia non volle discepoli, e dico guénoniani solo per significare un'affinità. Parecchie sue opere sono tradotte ora da Adelphi. A dir vero, il suo stile è per limpidezza abissalmente migliore di quello degli occultisti precedenti e successivi, Evola incluso. E non ebbe di Julius Evola le notevoli compromissioni (tipo aver frequentato le SS, fors'anche fatto la spia per i nazisti, e aver scritto delle opere razziste spiritualmente alquanto deteriori).

Georgij Ivanovic Gurdjieff fu invece una sorta di avventuriero dello spirito, nato nel Caucaso, viaggiatore in Oriente e Occidente, che abitò in Russia, in Turchia, Germania, infine in Francia, dove fondò una scuola che usava la danza e forme particolari di meditazioni, e musiche - peraltro molto belle - simili a quelle dei dervisci. Ebbe grandi capacità gestionali, mantenne centinaia di persone, fu criticato e amato. Scrisse anche una serie di libri, lasciata incompleta, sicché molto di quanto veniva promesso è rimasto nella penna.

Ti consiglio di leggere Incontri con uomini straordinari, edito da Adelphi.

Io sono poi uno dei pochissimi ad aver letto ben due volte e mezzo i suoi Racconti di Belzebù a suo nipote, ritenuti dai più - abbastanza a ragione - alquanto indigesti.

Furono suoi discepoli sia René Daumal che Katherine Mansfield che Pamela Travers, l'autrice di Mary Poppins. Morto lui, rimase la scuola, ma con esiti poco significativi. Del resto egli stesso aveva parlato della sua Quarta Via come di una via che appare e poi sparisce.

Giuliano Imperatore. Figura degnissima e interessantissima, purtroppo non fu preso sul serio neppure dai "pagani". Si ridusse talvolta in ben misera compagnia, a ritualizzare e sgozzare tori tra cortigiane e viveurs, e non è chiaro se avrebbe avuto miglior successo qualora avesse avuto più tempo. Credo che la tradizione romana fosse ormai in via di irreversibile decesso. Non basta qualche pur ottimo filosofo a salvare una civiltà. E per la verità i cristiani dell'epoca erano più sanguigni degli attuali.

Il dramma del non poter aderire a una tradizione specifica è che ci preclude la possibilità di sperare in una soluzione semplice o "eteroindotta". Ci tocca lavorare. Costruire il nostro proprio sentiero passo a passo.

Auguri di buon cammino


1/10/2003

S. R. - Dovrei leggere La Dea Bianca di Graves; non ora però, perché ho davvero troppo da fare e la testa non mi regge: quando sarò più rilassato mentalmente, allora mi dedicherò di più alla lettura.

Grazie anche per avere chiarito il discorso su Guénon e su Gurdjieff.

In questo periodo mi sto un po' occupando di "nomi": mi interessa molto la parola "dio" (semplicemente come sostantivo) perché ho notato alcune cose piuttosto strane:

- la parola "dio" deriva dall'antico indo-europeo e doveva essere (secondo la ricostruzione) "dheuròs" passato poi a "thesòs" (una presunta forma intermedia) ed infine "theòs" greco.

- da qui abbiamo "deus" latino ed infine "dio" italiano.

Fin qui va tutto bene, perché l'area linguistica è circoscritta (Grecia, Roma etc.).

Quello che non capisco è come questa parola si ritrovi anche nell'azteco: la parola azteca per "dio" era "teotl" dove, come vedi, la radice è "teo-" ("theòs" greco).

La stessa radice si ritrova in "teocallis" (santuario) e Teotihuacàn (Città degli dei, che prima fu abitata dagli Olmechi e successivamente dagli Aztechi che le diedero questo nome).

Ma adesso siamo nella zona americana, com'è possibile?

La spiegazione, di solito, è che circa 30.000 anni fa (all'epoca di queste formazioni linguistiche) lo Stretto di Bering fosse ghiacciato e che quindi lo spostamento di popoli nomadi dall'Eurasia all'America fosse possibile.

Effettivamente questa mi sembra la spiegazione più plausibile, altrimenti ci si troverebbe ad un punto morto.

Che ne pensi? Tu hai qualche idea sulla presenza del prefisso "teo-" nella zona azteca?

Un'altra cosa (che magari mi può aiutare in questa piccola ricerca): come si dice Dio/dio in sanscrito ed in pali?


2/10/2003

D. Ch. - Dio in sanscrito e pali (lingua affine) si dice deva (nominativo devah), in antico prussiano deiwas, in lituano devas, che sono sicuramente il divus/deus latino, da div, cielo, da cui anche dyaus (genitivo divas ma anche dyos), cielo, Zeus (genitivo di[v]os), che come dyaush-pitâ è tutt'uno con Iu-piter. Il nesso di significati è dio/luce/cielo. Il legame c'è anche con dies (giorno). Divâ vuol dire "di giorno". Per altra via sembra legata a questa radice anche theos (il theta sembra rendere anche la dh sanscrita), forse di pronuncia simile a dheos (da un dhevos=deuos gallico?). Circa dheuros e thesos non saprei; non trovo riscontri per quel che so. Non capisco donde dedurre quella r/s dove mi pare bastare una u/v. La radice in sanscrito è ben fissa: normale div, grado medio dev, grado forte daiv (cfr. anche i daiva iranici, che sono peraltro i demoni avversi più che gli dei).

Sulla parola azteca, è una vecchia questione, difficile capire l'origine senza conoscere l'azteco. Certo la somiglianza è notevole, come quella di Aztlan con Atlantide.


3/10/2003

S. R. - Mi ha colpito molto il tuo interesse verso la religione, la stregoneria ed il paganesimo moderno, nonché le tue spiegazioni in campo linguistico ed ovviamente anche il fatto che tu ti interessi di sanscrito ed altre lingue del genere.

Tu ti sei definito "fuori da tutto": mi spieghi cosa intendi?


4/10/2003

D. Ch. - "Fuori da tutto" significa che ho sempre ricercato quelle che Castaneda avrebbe chiamato "le vie che hanno un cuore", senza curarmi più di tanto delle ricadute sociali. Un outsider insomma, che volontariamente e involontariamente se ne infischia dell'establishment socioculturale.

Io mi interesso di qualsiasi processo di trasformazione, specialmente quindi i fatti religiosi (naturalmente non le abitudini religiose) e sono un appassionato del lieto fine. Pessimista per metodo, ma ottimista di fondo.

Paganesimo e stregoneria sono oggi perlopiù vissuti in modo forzato per compensare delle necessità narcisistiche, ma di per sé veicolerebbero anche delle cose interessanti. Io poi non sento alcuna contraddizione tra uno sciamano e Gesù, ma certo vari loro serissimi discepoli ne vedrebbero mille. Che c'importa?


4/10/2003

S. R. - Se dovessi definirmi con tre aggettivi... beh a pensarci bene non è facile... ma credo che "idealista", "tradizionalista" e "onesto" siano buoni per definirmi.

Ora come ora il problema del tempo mi assilla: il tempo che scorre ed il tempo che è passato, il tempo che corre via veloce ed il tempo che non passa mai, il tempo che non tornerà più indietro ed il tempo che ancora non è arrivato...

Se dovessi scegliere un'opera d'arte che rappresenta bene il mio stato d'animo attuale, sceglierei dunque il Kairos di Lisippo, un fanciullo che corre con i capelli lunghi che scendono davanti sulle spalle mentre dietro è completamente calvo.


4/10/2003

D. Ch. - "Tradizionalista" può essere buono, purché naturalmente non ci si mummifichi sul passato. Quanti che sperano nella fine del mondo pur di non cambiare idea... patetici...

"Onesto" è buono di sicuro.

"Idealista": attento a non farsi ammazzare, anche psicologicamente. Serve anche un gran realismo, al bene. Senza trascurare la spinta, la passione del vero, certo.

Hai per caso un'immagine del Kairos di Lisippo?

Il pensiero della morte è la sola salvaguardia dal rincretinimento del mondo profano.


5/10/2003

S. R. - Una norma che cerco di seguire sempre è «in medio stat virtus», cercando dunque di seguire sempre i miei precetti ma allo stesso tempo essere "flessibile"...

Per quanto riguarda il Kairos, ho trovato un'immagine su Internet ma è frammentaria. Te la mando lo stesso. L'originale è un rilievo in bronzo, vedrò di trovarlo e di mandartelo.

Comunque come vedi c'è questo ragazzo (nell'originale però è più un bambino, visti i gusti artistici del tempo) che tiene (non si vede) un bilancino e va in avanti verso sinistra.

Spero che tu noti i capelli (lunghi davanti e assenti dietro) perché sono l'elemento tipico del pezzo.

Per quanto riguarda la tesi, ho dovuto adattarla alle necessità accademiche.

Per esempio: ad Ecate venivano offerti cibi (deipna) che avevano il compito di "addolcire" o "placare" la divinità. Una situazione analoga si trova nella religione fenicia dove si faceva la stessa cosa durante particolari rituali contro i cattivi presagi (unbarbu) in onore di Shamash.

Ora, una cosa del genere non era possibile inserirla nella tesi, non era possibile rilevare l'analogia perché "non era documentata da un testo". Insomma, si vuole che ogni cosa che io dico sia documentata da qualcun altro e, come ti renderai conto, questo sacrifica un po' il mio lavoro di ricerca e comparazione tra le varie culture.


13/11/2003

S. R. - Come ti avevo promesso ti ho mandato un'immagine migliore del Kairos (il momento opportuno) che ho casualmente trovato su Internet (non su un motore di ricerca ma su un sito qualunque, mentre cercavo qualche notizia sul dio Sabazio).

Kairos in greco vuol dire momento favorevole e viene interpretato dallo scultore Lisippo come un bambino (la presenza di bambini nell'arte ellenistica è comunque piuttosto diffusa): Lisippo mostra un fanciullo alato con i capelli lunghi caduti sulle spalle davanti, ma calvo dietro, come a dire che quando il momento favorevole è passato, esso non può essere preso all'ultimo istante per i capelli.

Comunque mi sono laureato l'11 novembre e la mia tesi su Ecate ha ottenuto un bel 110 e lode. Sono molto felice, dopo due anni di lavoro è stato un bel riconoscimento.


14/11/2003

D. Ch. - Veramente bella l'immagine, e sinceri complimenti per il 110 e lode. Immagino che avrai festeggiato come si deve.

Un notturno saluto da Ecate...

 

Per chiarimenti sulle sue ricerche, Sergio Russo è contattabile all'indirizzo:
 osfru@tiscalinet.it

 

 

Se vuoi invia un commento, specificando da che pagina scrivi:

scrivi@superzeko.net

Sommario