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Dario Chioli

IL CERCATORE

Poesie dei sedici anni

    

   

Sommario

1972Ora non parloIl sole innamorato delle stelle cerca di nascondersi
 Dalla porta socchiusaMelodia morente
Quanto più amoIl cercatoreLe ali
FusioneT’ho lasciatoAssenti lontananze
La stanzaIl gabbianoL’ultima luce
LimitiDialogo d’amantiLa conca
Il fantasma dello specchioNel mio andareNoi siamo
Lontano fra i mariElegia dell’amato all’amata 
In fretta rialzatiQui la notte lotta per me1973
Talora si spengono fiammelleAndranno a Cnosso 
L’attesaIl ritornoIl gioco
Dove mi perderòIl tempo

    

   
 

Quanto più amo

O mai trovassi un sospiro
di lungo sonno infine venuto.
Cerco il riposo, la chiusa,
il ritratto compiuto,
e le luci poste e raccolte,
e la mente finalmente
assalita di sazietà,
e quanto più amo
tanto più vedere la luce.

15.2.1972

   

   

Fusione

Fusione tra il corpo,
il tempo e lo spazio.
Nell’immobile estasi
la scossa leggera di un vento
mi preme.

27.III.1972

   

   

La stanza

Tempo fu che in una stanza
rinchiudevo me stesso,
e a nessuno prestavo attenzione,
e la soglia serravo,
con chiodi acuti la fissavo,
e nel mio viver solo
di peso mi sedevo
e tremavo, tremavo
perché chiudere la mente
non sapevo.

5.IV.1972

   

   

Limiti

Satura pienezza è questo vuoto
di chi non ha speranze, ancora chiuso
in limiti angusti, ma talvolta
si dirompono abissi e se ne schiude
un delirio di lacrime sfrenato,
e inutilmente vuoto egli vorrebbe
trovar qualcosa, ed i suoi pianti volano
perdendosi al sole, e lui ne ride.

5.IV.1972

   

   

Il fantasma dello specchio

Ecco che viene l’uomo
della sera passata
e saluta il mio fantasma
nello specchio.

Lo specchio è buio,
la luce non serve,
l’immagine è muta
essa pure.

12.IV.1972

   

   

Lontano fra i mari

Lontano fra i mari
narravano fiabe
di antiche sirene
e incanti profondi.
E chi mai potrebbe
dimenticare
l’andare giù lieve
svanendo nel mare,
e i sorrisi e gli spettri
che lo scoglio tradisce?

23.IV.1972

   

   

In fretta rialzati

Da un sospirone
ti è sgorgato il pianto.
In fretta in fretta
rialzati, bambina,
ritrova presto
il tuo sorriso dolce
che condivide
con tutto il mondo tutto.
Intorno corri,
ricomincia a cantare
quella tua favola
tutta fresca di vita.

23.IV.1972

   

   

Talora si spengono fiammelle

Talora si spengono fiammelle
e s’accendono luci.
E nell’abbandono, vagante
dentro la luce abbagliante,
il cuore scorge tremando
l’oscurità del tramonto.

4.V.1972

   

   

L’attesa

Dimmi se nude e scure son le fronde,
se fissi di paura sono i venti,
o se piuttosto insieme non stormiscono,
sospinti dalla primavera.
 

Dimmi se così fredda è la terra
che il sole non riscalda più il tuo sangue,
oppure se nell’ansia del ritorno
ancora l’esule sorride alla sua terra.
 

Nello sfarzo delle luci
l’uomo osserva lo spazio tra le stelle,
e languono pensose le anime, in attesa
di una terra serena sulla soglia del tempo.

5.V.1972

   

   

Dove mi perderò

Davvero abbandonatemi
sull’erta che conduce
alla cima del monte
Dove mi perderò...

5.V.1972

   

   

Ora non parlo

Ora non parlo,
vuole la sera alla fine raggiungermi.
 

E allora la desiderata pace avrò,
raggiungerò dentro il supremo sogno
la fine del sogno, lascerò passare
il reale nel vuoto.

20.V.1972

   

   

Dalla porta socchiusa

Dalla porta socchiusa
s’intrufola il vento.
 

Il sole da sopra, scoperto di nubi,
risplende sui balconi e nelle chiome degli alberi.
 

Una tenda s’è alzata veemente,
trascinandola il vento.
 

Tra la porta e lo spazio arioso
fisso lo sguardo nel profondo cielo.

27.V.1972

   

   

Il cercatore

Chi incontravi laggiù
dove il sole si spegneva
e l’acqua si tingeva
dell’ombra della notte?
 
Chi incontravi laggiù
dov’era cupo il cielo
e la luna sul limite appariva,
guida al cercatore?
 
Dimmi: chi c’era 
là dove tutto si fermava,
dove le stelle offuscate
svanivano nel sole d’oriente?
 
E infine, quando nel mezzogiorno andasti,
chi incontrasti
lungo i muri sommersi
nella precipite luce,
fra le ombre senza freschezza
delle lunghe strade faticose?
 
Hai forse visto il cercatore
scrutare la luce,
cercando il punto buio
in cui fissare lo sguardo?
 
L’hai visto il cercatore
rompere il cielo,
rubarne le stelle con aperte mani?
 
L’hai guardato,
fermo nel suo deserto,
mentre attorno a lui si diffondeva il vuoto
e il turbine delle cose in ultimo se n’andava
lasciandolo stupito a cercare,
a non trovare,
a fissare incerto
la libertà del pensiero?

1.VI.1972

   

   

T’ho lasciato

T’ho lasciato, spirito prigioniero
di queste case mute e cieche,
t’ho abbandonato,
ché mi chiudevi il pensiero.
L’anima mia sorge
e scruta lo spirito del mondo:
attende un’ora,
poi riprenderà la strada.
Cerca ancora se qualcuno la segue,
ma nessuno la vede.
Ridendo s’avvia e scompare.
Nel profondo della mia solitudine
troverò la luce.

22.VI.1972

   

   

Il gabbiano

Mentre me ne sto sullo scoglio,
l’onda corona di spruzzi
la mia solitudine.

Torbidamente
le acque marine ed io
ci fissiamo.

O travolgermi potessero
e furiose respingermi nel buio,
mentre s’attarda sulla superficie
il gabbiano irraggiungibile.

10.VII.1972

   

   

Dialogo d’amanti

– Sono come fossi una rosa avvizzita
avvinghiata dal sole senza gioia.
 

– Dunque ti sarò luna,
la luna che l’afosa tristezza
nella brezza notturna fa svanire.
 

– La luna è una lucciola che vaga
nella noia del giorno:
per lei ti estasii un momento
e già i prati hanno confuso la sua luce.
 

– La luna è il preludio al sole:
essa scompare in lui che la nasconde tutta
col suo corpo possente;
la luna è il colore della notte:
essa sola ne abbaglia le tenebre.
 

– Le tenebre sono arcane e profonde,
un bagliore le vela ma il velo si lacera:
come i circoli nell’acqua che un sasso produce
svanisce.
 

– E a questo velo afferrati
prima che si fermino l’acqua
e la luce del cuore.

Il gorgo allora non t’afferrerà,
l’ombra ridendo non si scatenerà:
tu sarai rosa rifiorita, 
che il sole avvinghia
trascinandola con sé amorosamente.

17.VII.1972

   

   

Nel mio andare

Nel mio andare
è l’uomo che va col suo bagaglio di vita,
è l’uomo bambino che sogna universi leggeri,
è il vecchio uomo ormai prossimo a morire
che guarda il vento con aperti occhi,
udendo l’ultimo sospiro del mare.

19.VII.1972

   

   

Elegia dell’amato all’amata

Oltre i veli ti guardo,
come in un sogno atteso
in cui si spegne il faticoso giorno.
 
Il tuo corpo, amato amante, attende
che vi sussurri un bacio.
 
Lo spazio ha occhi,
le nuvole ci coprono,
la luce filtra,
il sole abbaglia.
 
Nell’ora cogliamo i secondi.
 
Occultamente, profondamente soli,
noi due viviamo di gioia.
 
Ogni velo deposto, 
Fiore di luce,
profondo bagliore
risvegliami.
 
Lasciati l’ordito e la trama,
riapriamo le menti all’abbandono.
 
Nel chiaro amore non sappiamo pensare;
giochiamo come il bambino gioca,
con l’aquilone e il canto che lo segue.
 
Apertamente, profondamente immersi,
il sonno ci unisce mentre fuori
scorrono le ore.
 
Come il fiore e la rugiada nella notte
dolcemente avvinti
cediamo al silenzio.

1.VIII.1972

   

   

Qui la notte lotta per me

S’insanguinano le nuvole,
ferite dal tramonto;
dietro le case spaziano
gli ultimi raggi.
Lontano, all’orizzonte,
nuvole oscure attendono la luna.
Qui si fonde il giorno alla sera,
qui s’avvinghiano i raggi
respinti dalle tenebre,
qui mi chiamano con voci di attesa,
qui la notte lotta per me.

11.VIII.1972

   

   

Andranno a Cnosso

La gente passa:
andranno a Cnosso
e il Minotauro li inghiottirà.
 

Anima di Tèseo più non nasce:
Arianna è andata sposa al Minotauro.

11.VIII.1972

   

   

Il ritorno

Ecco arrivo, poi parto.
E con me partono gli uomini, poi tornano,
perché ognuno torna infine
e prega all’ombra di ciò che è stato.

11.IX.1972

   

   

Il tempo

In un angolo di perfetto buio
mi sono seduto, e ho veduto.
 
Ho veduto le innumerevoli generazioni
d’uomini affaticati nel proprio nulla.
 
Era un nulla senza uscita,
maledettamente vuoto.
Mi ci perdevo oziando,
in profonda apatia.
 
E le generazioni passano, mutano,
ma infine restano uguali.
Sì, m’accorgo che i timidi restano timidi,
nonostante le loro commedie;
che i pazzi restano pazzi,
sia vecchi che giovani;
che i sapienti tali rimangono,
e compresi e incompresi.

Mi son nascosto e ho osservato,
come tutti temano la morte,
che avvertono dietro  le quinte.

Solo il bimbo che non sa il tempo breve,
per cui ogni attimo è un lungo attimo,
fatto per essere vissuto allora e non più tardi,
egli solo, assorto nel suo momento,
è eterno e libero fuori delle epoche.
 
Ed ecco lo guarda, oggetto raro,
il tempo che non osa toccarlo,
che non può trarlo di dove è asserragliato.
 
Il dio impietoso che incatena l’anima
il bimbo non lo conosce, né io.
 
Nell’intrico d’intelletto chiaro e oscuro
alle epoche sfuggo.

23.IX.1972

   

   

Il sole innamorato delle stelle cerca di nascondersi

Un’ombra, una nube sul sole,
ma di nuovo si scopre il suo disco.
 
Danzano nell’aria tentatrici le stelle:
il sole comanda alle nubi, e lo coprono.
 
Ma Eolo ecco spazza il cielo,
e il sole s’adira e lo infiamma.
 
Nel tempo che muta, piccoli lampi
s’insinuano nella mia anima.

25.IX.1972

   

   

Melodia morente

Il rovo pieno di sangue
del pettirosso caduto
ogni primavera rinnova il suo lutto,
e il canneto, miglia lontano,
scuote le dure foglie,
e l’acqua in cerchi uguali
si attarda nei fiumi e nel mare.
 
Adagiato su una riva,
al declino tante volte cantato del sole,
un solitario riempie di sogni
il confine lontano.
 
Al rovo rosso di sangue,
volando quel rosso al tramonto,
si calma il rimpianto.
 
Una fronda per l’ultima volta
al declino stormisce, diviene
invisibile flauto.

2.X.1972

   

   

Le ali

Ala, ala dell’uccello che cade,
cade giù verso il basso,
verso le bocche aperte insanguinate
della terra.
 
Guarda, e s’avvicina,
la sua fine.
 
Ala, ala dell’uccello suo compagno,
in fuga porterà il suo grido
tra canne e paludi,
sopra valli e foreste.
 
Ne ascolti tu il lamento,
che lo strazia nel volo per il cielo?
 
Ala, ala dell’uccello che s’impiglia nella rete,
ala spezzata, ala rossa,
ala che il vento non sospinge più.

8.X.1972

   

   

Assenti lontananze

Assenti lontananze mi mancate
come manca l’esser cosa alle cose.
 

L’universo in me più non s’allarga.

Ottobre 1972

   

   

L’ultima luce

Cerchiamo, vivamente cerchiamo,
per sempre, l’ultima meta,
la serenità profonda,
il cosmo vasto, il nulla,
l’ultima luce, più fonda,
e il buio attorno, più lieve.

28.X.1972

   

   

La conca

Ho posto queste mie mani
a far da conca alle tue labbra,
perché vi bevano tutto il mio universo.
 
Vi bevano le tue labbra
tutto il mio spirito,
vi bevano la fonte che sgorga,
vi bevano il crescere dimenticato,
vi bevano i mari dei nostri occhi,
vi bevano le mie labbra.
 
O conca che intrecciai con le mani,
paradiso infinito di rimpianto!
 
Forse un dì passeremo
per questo luogo e scorgeremo
un sentiero nascosto, in salita, tra le nubi.  
In cima d’esso un gran muro,
inatteso, troveremo,
e solo per questa conca intrecciata,
per questa gioia ormai dimenticata
d’un balzo lo scavalcheremo.

21.XI.1972

   

   

Noi siamo

Noi siamo come vite
di uomini oscuri
che si levano il giorno a cercare
la propria catena.
 
Noi siamo come volti
di chi non sorride mai
perché non apprese il modo
d’essere libero.
 
Noi siamo come galassie
coperte dalla notte,
che più non hanno lume
da inviarci.
 
Noi siamo gli innumerevoli
ritorni e giri
di chi non sa
dove dirigere il cammino.

22.XII.1972

   

   

Il gioco

Il gioco gaio di cui siamo esperti
è quello d’un cammino senza fine
a uscir dai muri della cieca vita,
è quello d’un sorriso arduo a trovarsi
dove gettammo già le nostre reti.

17.I.1973

   

    

   

 

 

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