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Dario Chioli

LA FINE DI UN TEMPO

Poesie dai trentatré ai trentaquattro anni

 
 
Sommario
1989Due cantiSe vino hai bevuto
 Per noi fu strada la memoriaGirovago per molti sentieri
Issate le veleLa fine di un tempoAnche se nessuno ci segue
Donna e figlia Preghiera del Tintore
Dietro miriadi di parole1990Dissimile dall’oblio
Ti cerco Ho visto uccelli color amaranto
Sui monti QafIn acqua ardenteSe conosci chi sono
Un dì venimmoDal ventre fluido della memoria 
Fuga all’isola del soleFin nell’oltremondo 
 
   
 

Issate le vele

Viene una vecchia nave. Issate le vele,
la spinge il soffio della nostra vita.

Chi con noi parte l’erba santa vedrà,
e il mondo illuminato dall’aurora.

2.III.1989

   

   

Donna e figlia

Donna e figlia ho!
Cantate, arcani poteri!
Una donna ho, una figlia ho.

Canta, potere del vento!
Canta, potere della tempesta!
Canta, potere dell’acqua!
Canta, potere del mare!

La mia donna è dolce e chiara,
la figlia mia è dolce e chiara.
Canta, potere del fuoco!
Canta, potere dell’incendio!
Canta, potere della terra!
Canta, potere della pietra!

Povero e ricco sono,
il mondo è quasi concluso.
Molto è stato preso,
qualcosa forse è stato dato.

Quegli che di lassù guarda,
anche lui danza
in giro attorno al palo del mio cuore.

Quegli che di lassù regge le cose,
anche lui canta
avvolgendo i poteri intorno al palo del mio cuore.

2.III.1989

   

   

Dietro miriadi di parole

Dietro miriadi di parole,
un uccellino che canta sul suo ramo.

Dietro miriadi di pensieri,
una candela tremante.

Dentro il vento d’una notte d’uragano
un vecchio ceppo.

Dentro l’abisso della morte
l’occhio fiammante di Dio.

2.III.1989

   

   

Ti cerco

Ti cerco, o Tessitore.
Il filo delle mie passioni
tessi tu nel mio essere.

Ti cerco, o Musico.
I suoni della mia mente
accordali tu nella tua voce.

Ti cerco, o Sognatore.
Le speranze dei nostri anni
tramutale sognando il vero.

Ti cerco, o Cercatore.
Chi t’insegue da molto
cerca e trova nel tuo cuore di luce.

2.III.1989

   

   

Sui monti Qaf

Sui monti Qaf,
mute e dormienti
giacciono le aquile di un tempo.

Ghiaccio è il loro sogno.

1.IV.1989

   

   

Un dì venimmo

Un dì venimmo, e ce ne andremo presto;
affrettiamoci dunque, che non venga
sopra di noi, così in fretta, l’oblio,
sopra di noi, così folli, l’oblio.

1.IV.1989

   

   

Fuga all’isola del sole

Nella contrada di pietra
vago cercando stelle.
Altari consunti dall’Ora
ho conosciuto, vuoti.

Dolce è guardare la morte
di quei che furono un tempo,
certi che l’isola attende,
foriera d’oblio, pur noi.

Vi è un’isola infatti ove il vento
fa sorgere fronde di sogno
da alberi presi dal sole
su cui ci s’inerpica a Dio.

Ed essa ho veduto nel cuore
star ferma e io, cieco, dormire,
correndo per sassi e ruine,
lasciando, oh follia, la sua sponda.

Vi torno, sortendo dal buio,
nell’ora che sembro più fiacco.
Giacendo risorgo, Fenice,
lontano dai morti e dispiego
le ali ed al sole mi lego
paterno, né alcuno ricordi
colui che fuggì nell’oblio.

6.VII.1989

   

   

Due canti

Due canti pronunciammo,
ricchi di luce arcana.
O mia tenera amante,
febbrile luce d’oro,
t’amo come la pietra
ama la terra, t’amo
come il delfino il mare.

6.XI.1989

   

   

Per noi fu strada la memoria

Per noi fu strada la memoria; ora
il mondo nuovo che ne fu costrutto
venga dal vento del mare ormai distrutto.
Un soffio resti, che disperda morte
nell’abbraccio lucente dell’ignoto.

6.XI.1989

   

   

La fine di un tempo

In molti la morte li ha presi,
la mente ha sepolto i lor volti:
l’oblio, signore del tempo,
fa opachi gli specchi di ieri.

Nel centro del cuore la Notte,
padrona di tutte le forme,
oscura le luci e ci dona
vertigini pregne d’ignoto.

31.XII.1989

   

   

In acqua ardente

In sacrificio abbiamo offerto ai Mani
il mondo e il vuoto.
La nube e il genio che ci oscura il cuore,
in acqua ardente, sopra l’ara sacra,
li sciolga il fuoco,
vivido del dio.

7.III.1990

   

   

Dal ventre fluido della memoria

A guidarmi vo’ un sogno, che ritorni
dal ventre fluido della memoria e dica
quel che mente non dice, e della luce
uno scettro mi forgi, ch’io cavalchi
nei sentieri del Sole.

7.III.1990

   

   

Fin nell’oltremondo

Alcune volte il vento ha sradicato
un albero possente, e le radici
ne ha rivolto a taluno.

E poi gli ha ingiunto il dio che con passione
le parti amare ne tagliasse e subito
se ne nutrisse.

Così condotto, conobbe le visioni
e nel suo palmo stretta era colonna
che conduceva al cielo.

In cima ad essa un Occhio lo guardava,
poi lo traeva fin nell’oltremondo.

7.III.1990

   

   

Se vino hai bevuto

Se all’ombra d’un albero hai seduto,
piantane i semi in terra
affinché sorgano
tali alberi ancora.

Se vino hai bevuto,
lascia un bicchiere colmo
nella casa degli ospiti,
per il viandante di domani.

7.III.1990

   

   

Girovago per molti sentieri

Girovago per molti sentieri,
ovunque indagando,
in nessun luogo ho trovato
chi lo conoscesse.

Molti ne parlavano,
c’era chi ne rideva,
ma il re del cuore
nessuno riconosceva.

Pazzi e sapienti
egualmente mentivano,
intessevano inutili vesti
per il corpo invisibile.

Invero mi sono chiesto
il perché della cosa,
chino a meditare,
senza nessun indizio.

Dall’Uno vengono i molti
e i molti non tornano all’Uno;
semi gettati dal vento,
pochi producono frutto.

Nessuno del giro del mondo
sa bene la causa e la trama
e più i giorni passano, meno
son quelli a cui noto è il destino.

In quest’ingannevole notte
rimane soltanto il silenzio:
che taccia non tanto la bocca
ma il cuore.

E sperare, gettando
le formule e i canti,
che ancor rigermogli da terra
il seme di cielo dell’uomo.

7.III.1990

   

   

Anche se nessuno ci segue

Anche se nessuno ci crede
noi ti proclamiamo:
artefice creatore,
sole del mondo,
luogo del suo smarrimento,
salvatore ed amante
dell’intimo essere nostro.

Anche se nessuno ci segue
noi ci avviciniamo;
silenti ci distogliamo
da quel che ci fu caro ieri.

7.III.1990

   

   

Preghiera del Tintore

Dal fuso della Parca amore e inferno
furon tessuti in una sola trama.
Per chi ci ama
facci tintor di luce, che uniformi
in luce d’Uno gli antri suoi deformi,
e chi vi giaccia
fa’ che, d’odioso in dolce tramutato,
possa guardar chi a vita l’ha ridato
diritto in faccia.

7.III.1990

   

   

Dissimile dall’oblio

Voglio, amor mio, guidarti nel mare profondo
alla rosa nera del cuore.
Poi, danzando in un’ebbra notte,
accarezzare il tuo corpo in mezzo alla corrente.

O acque che la passione ha sospinto
nella burrasca lungi da ogni terra,
possa io bere dalla vostra coppa
il liquido oro tempestoso dell’essere.

Lì angeli volano con la forza del cuore
in un mondo di poteri dissimile dall’oblio.
Se mai taluno uscisse dalla sua notte,
l’accoglierebbe la loro gioia ardente.
Però si mostrano solo per entro un soffio,
che giunge dall’oriente a scuotere il corpo mortale.
Li vedo di lungi, serpenti di fiamma
che circondano il capo di pochi savi sconosciuti.
E son essi infine che ci gettan la fune
per salire, o Dio, sul monte della tua luce.

22.III.1990

   

   

Ho visto uccelli color amaranto

Ho visto uccelli color amaranto
uscire dal mio cuore. Erano in volo
per monti e valli verso il tuo paese.

Volavano, oro rosso, nel mattino.

Seguendoli s’usciva fuor del tempo
e altrove l’uno all’altra ci univamo:
dal calice oro rosso sorbivamo.

31.VII.1990

   

   

Se conosci chi sono

O cara,
attraverso il diamante della morte
guardami.
Lago infinito,
in me nuota la sorte e le è ignoto
a chi volgersi debba.
Il destino è il mio specchio:
mi conosci?
Se conosci chi sono allora canta,
o sussurra nel sogno.
Moriremo.

31.VII.1990

   


 
 
   

 

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