www.superzeko.net  

Sommario del sito

TERRA LUCIDA DEL CREPUSCOLO

LA POESIA DI ROBERTO ROSSI TESTA

   

Dario Chioli

   

Roberto Rossi Testa, Poca luce

Una vera gioia è scoprire

...il baleno di un volto che fra mille
invita a non mentire e fa avvampare.

Ed è questo certamente il caso di Roberto Rossi Testa, e in particolare del suo ultimo libro Poca luce (Nino Aragno Editore, Torino, 2002), labirinto di poemetti visionari, nido arduo e spinoso del Simurgh, dell'uccello stranissimo dalle trenta anime, maestro di enigmi aurorali e di rinascite, i cui occhi promettono un canto che guiderà il cammino e

...per cui riveleremo
l'unico volto vero.

Il libro ti prende in un seguito di moti mitici, qualche volta cupi e sotterranei, qualche altra mistici e luminosi, e continuamente si sbalzano sui nostri occhi flash di acuta ironica intelligenza.

Nella sfera di Circe
io senz'ali volavo
più in alto degli dèi:
rovo canoro, e vento.
Ma qui, sfumato il sogno,
mi accontento di ghiande...

Così incomincia, ed è il registro di tutto il libro. Una terra di sogno, una Terra lucida di là del mondo, terra di cavalieri e imprese, di rivelazioni e segreti, di contro ad una terra di delusione e sfinimento, di tradimento e smorfie. Un mondo circeo che dà luce e dà inganno.

Roberto Rossi Testa patisce, come quasi tutti i poeti di razza, di vivere in un mondo sfatato, deluso, purgatorio di ego inamovibili, di menzogne infantili e tradimenti infiniti, di vivere insomma

...in casa d'altri; casa
che si è mutata in carcere,
ove sconto pertanto
l'errore di uno sguardo.

Certamente è in lui il desiderio di lotta, ma anche la consapevolezza della sua personale psicosomatica fragilità. Non è da prendersi peraltro così sul serio questa debolezza, lo dico da esperto: il poeta è meno fragile che non sembri, deve soffrire e in fondo lo sa benissimo, e allora fa finta di niente e confida che gli altri non sappiano. E gli altri effettivamente non sanno, e vengono ingannati dal maestro dell'enigma.

Roberto Rossi Testa spinge la scommessa dello sfatamento fino agli ultimi limiti. Ama come gli antichi troubadours e ne guadagna il tradimento, cura la rondine sofferente e quando infine la libera e con amore la contempla, che ne ricava?

...Quando la liberai
e la guardai tornare
su nel cielo garrendo
mentre saliva a picco

sopra il mio capo alzato
da lei partì uno schizzo
ed io rimasi cieco.

Cose come queste ingannano in realtà il lettore, perché l'uomo ordinario non capisce che il poeta è praticamente sempre doppio se non triplice o ancor maggiormente molteplice. Nel suo teatro appaiono personaggi che si spacciano per lui ma non lo sono mai. Lui dimentica chi è, diciamo pure che non gliene importa nulla, travasato nelle sfumature della propria opera:

Solo dai documenti
conoscerà il suo nome,
solo in punta di piedi
arriverà allo specchio
- forte del suo silenzio -
l'ultimo dei profeti.

E chi è mai questo «ultimo dei profeti» se non l'Assente, unico soggetto reale della propria opera? L'Assente che non è nelle cose, nel corpo, nelle emozioni, neppure nell'opera, ma solo in ciò che è stato distrutto e in ciò che ancora non è, in ciò che manca e in ciò che si spera. L'Assente che è il nome vero del poeta, destinato a essere conosciuto solo nell'atemporale, fuor del cerchio cosmico, e conosciuto solo dal dio, dal segreto in noi filtrato, e male, dalla poca luce che di tanto in tanto ci abbaglia di speranza e di contemporanea incertezza.

Del resto a legger bene è chiaro che il pessimismo non è che un'apparenza, una constatazione sensoriale, ma che in realtà il poeta ha ben chiaro che fare:

...Feci il mio; e lo faccio,
anche adesso lo faccio,
non per memorie corte
e per coscienze elastiche,
ma per render giustizia
a chi è stato e sarà
innamorato e fiero,
pur sformato dai colpi
sempre intero e fedele...

Ecco, è in quel «sempre intero e fedele» che può trovarsi la chiave del viaggio descritto in questo libro con grande maestria del verso: soffrire ma essere, obnubilati ma col ricordo di luce, tristi ma non privi di speranza, di una speranza magari non confessa, non declamata ai quattro venti né a se stessi, ma così viva e creduta, così fiera e dovuta che non può mancarle legittimità. Poca, ma costante, la luce sussiste, e ogni tanto, persino, quasi chiara, si manifesta.

Non sorge e non tramonta,
ma danza all'infinito
sopra l'orlo dorato
di un circolo polare
che d'un tratto è dovunque.

   

[28.V.2002]

   


Le poesie citate si trovano in Poca luce alle pagine 29-36-9-39-69-107-144-104.  Roberto Rossi Testa ha scritto anche le bellissime Stanze della mia sposa, che naturalmente - vista la grande competenza artistica di editori e librai - sono pressoché introvabili in libreria. Chi vuole può tuttavia farsene un'idea leggendone le parti  riportate in questo sito, ed anche richiederne una copia tramite SuperZeko. In questo sito può anche leggerne parecchie altre cose.

   

   

 

Se vuoi invia un commento, specificando da che pagina scrivi:

scrivi@superzeko.net

Sommario