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LA CABALA

nella «Storia Universale» di Cesare Cantù

   

[tratto da: Documenti alla Storia Universale – Sulla Filosofia, L'Unione Tipografico-Editrice, Torino, 8a ed., 1856, n. VI, § 2, pp. 458-466].

   

Revisione e note di Dario Chioli

1a ed.: aprile 2008

   

Ho riprodotto il testo originale integralmente, salvo alcune correzioni ed alcuni aggiornamenti stilistici e grafici che dovrebbero rendere il testo più scorrevole e comprensibile. Ho inoltre rivisto completamente la trascrizione dei termini ebraici. Mie sono le aggiunte in violetto, in nota e tra parentesi quadre, nonché le traduzioni dal latino.

D. Ch.

   

Nota sulla trascrizione dei termini e nomi ebraici
La trascrizione è fonetica. Dove sono riportate le lettere componenti, esse sono così trascritte:
'[alef] - B[eth] - G[imel] - D[aleth] - H[eh] - W[aw] - Z[ayin] - Ch[eth] - Teth - Y[od] - K[af] - L[amed] - M[em] - N[un] - S[amekh] - `[ayin] - P[eh] - Tz[ade] - Q[of] - R[esh] - Sh[in] o Sin - T[aw].
Le lettere B-W-Y-K-P-T possono esprimere anche, rispettivamente, i suoni:  V - U/O - I/ E - KH - F - TH.
 '[alef]  è una gutturale simile allo iato (se una parola inizia per vocale senza altri segni davanti, è sottinteso che davanti c'è 'alef); spesso fa da supporto vocalico, più sovente per A ed E. G[imel] è sempre G dura. H[eh] è sempre aspirata salvo nelle desinenze femminili in "ah" quando è muta. Z[ayin] è la S di "rosa". Ch[eth] è simile alla CH tedesca. Teth è T cacuminale. S[amekh] è la S di "sale". `[ayin] è una gutturale difficile da pronunciare per gli europei, molto di gola. Q[of] si pronuncia come una K più intensa.
Le consonanti raddoppiate corrispondono ad una lettera con il dagesh forte (un punto dentro la lettera).

   


Cesare Cantù,  nato a Brivio (Como) il 5 dicembre 1804 e morto a Milano l'11 marzo 1895, fu storico insigne e autore di centinaia di opere, tra cui spicca la Storia Universale, primo esempio, imperfetto ma poderoso,  di opera di tal genere, la cui terza edizione (1840-1847) contava 20 volumi di Racconto, 12 di Documenti e 1 di Indici. Fu patriota ed antiaustriaco e per questo patì il carcere dal novembre del 1833 all'ottobre del 1834.  Neoguelfo, fu dopo il 1848 decisamente antiliberale e filoecclesiastico. Nominato sovrintendente dell'Archivio di Stato milanese, poté così proseguire le sue ricerche storiche. Fu il primo presidente della Società Storica Lombarda, nata nel 1874, e fondò l'Archivio Storico lombardo.

Su SuperZeko, tratti dalla Storia Universale, si trovano: Georg Friedrich Creuzer, Dottrina neoplatonica sui dèmoniJacques Matter, FiloneLa Cabala  – Il TalmudRâjâ Râmmohan Rây Bahâdur, Dell'Unità di Dio tra gli Indiani.

In Internet di suo si trovano: su http://www.liberliber.it/biblioteca/c/cantu/ Il sacro Macello di Valtellina. Episodio della riforma religiosa in Italia. Le guerre religiose del 1620 tra Cattolici e Protestanti, tra Lombardia e Grigioni (1832, ried. da Alpinia nel 1999); Margherita Pusterla: racconto storico (1838, ried. da Rizzoli nel 1965); Gli Eretici d'Italia. Discorsi storici in tre volumi (1866); all'indirizzo http://www.classicitaliani.it/index195.htm La Lombardia nel secolo XVII. Ragionamenti (1854, rielaborazione di un'opera dapprima uscita col titolo Sulla Storia Lombarda del Secolo XVII. Ragionamenti di Cesare Cantù per Commento ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, Milano, 1832, altra edizione della quale fu fatta nel 1842). Su http://books.google.com: il già citato Sulla storia lombarda del secolo XVII, 5a ed., Lugano, 1833; L'abate Parini e la Lombardia nel secolo passato: studj, Milano, 1854; la Storia degli italiani in sei volumi, Torino, 1855-1856 e Napoli, 1857-1858; Scorsa di un lombardo negli archivj di Venezia, Milano e Verona, 1856; Beccaria e il diritto penale: saggio, Firenze, 1862; la Storia di cento anni (1750-1850) in diverse edizioni, la quarta di quattro volumi, Torino, 1863; Gli Eretici d'Italia. Discorsi storici in tre volumi, Torino, 1866; Poesie, Firenze, 1870; ma molto altro se ne va col tempo pubblicando tanto qui che su http://www.archive.org.

Alcune citazioni sono poi riportate da Wikiquote all'indirizzo http://it.wikiquote.org/wiki/Cesare_Cantù.  Un' interessante nota di Giuseppe De Marco ispirata alla Storia Universale è all'indirizzo http://digilander.libero.it/roccadicanne/index_file/la_ricerca/La_data_battaglia_canne.htm. All'indirizzo http://www.cronologia.it/storia/a1856.htm si dà conto dell'avversione del Cantù alla guerra di Crimea. Su http://books.google.com, poi, si trovano parecchie opere che si riferiscono al Cantù.

Una buona documentazione, e soprattutto un'ottima bibliografia a cura di Sabrina Mesiano, si trovano all'indirizzo http://www.cesarecantu.it/.

Su http://www.storiadimilano.it/cron/dal1871al1880.htm si cita Il portafoglio di un operaio (1871, riedito da Bompiani, Milano, 1984), «primo romanzo italiano che ha come protagonista un immigrato meridionale che arriva al Nord per lavorare nell'industria». Marna nel 1996 ha riedito La Madonna d'Imbevera. Racconto, uscita a Milano «per Gaspare Truffi e Socj» nel 1835. Sardini Editrice di Brescia (http://www.sardini.it/Sardini_Editrice/Catalogo/037.html) ripropone parecchi contributi tratti dalla Grande illustrazione del lombardo-veneto, ossia storia della città, dei borghi, comuni, castelli, ecc. fino ai tempi moderni per cura di letterati italiani, compilata da L. Gualtieri, conte di Brenna e diretta da C. Cantù (6 voll, 1857-1861), dei quali presenta quali opere scritte direttamente dal Cantù (da solo o con altri) in particolare la Storia di Como e sua provincia, la Storia di Milano e sua provincia, la Storia di Sondrio e la Valtellina e la Storia di Varese e sua provincia. Gli editori Pifferi, Atesa, Iuculano, Nodolibri hanno ristampato varie altre opere di cultura lombarda, mentre Ricciardi ha pubblicato nel 1969 un Racconto autobiografico che non capisco bene che opera sia, perché nella bibliografia di Sabrina Mesiano con questo titolo non c'è. 


   

LA CABALA

o

TRADIZIONE SPECULATIVA DEGLI EBREI

 

Secondo molti Cabalisti, Dio medesimo insegnò la Cabala agli angeli dopo la caduta d'Adamo; l'angelo Raziele ne trasmise al primo uomo le verità e i misteri principali, e così i Patriarchi n'ebbero conoscenza; Mosè la imparò nel deserto, e penetrò fino alla porta quarantesimanona.  [*]   

[*] Cinquanta sono le porte della Sapienza; e cinquanta è il valore della lettera Nûn, che vuol dire «pesce», quel pesce (ichthús) che per i cristiani è Cristo.

La scienza della Cabala si distingue in speculativa e pratica: la pratica è un cumulo di superstizioni, adottate per fare e ottenere prodigi; [*] la speculativa suddividesi in artifiziale o simbolica, inartifiziale o dogmatica e reale. La Cabala artifiziale si suddivide ancora in tre, gimàtriyya, notariqòn e temuràh. [**]   

[*] Fu questa opinione, ed è, assai diffusa sia tra i cristiani che tra gli ebrei non cabalisti. Cfr. per es. Johann Leusden, Philologus Hebræus, Continens Quæstiones Hebraicas quæ circa Vetus Testamentum Hebræum fere moveri solent, 1670, Dissertatio Vigesima-sexta de Kabbala & Kabbalistis, IX: «Kabbala Practica est Ars Magica sive Diabolica, quâ Judæi miracula sive potius miranda quædam efficere conantur» («La Cabala Pratica è Arte Magica o a dir meglio Diabolica con cui i Giudei cercano di produrre taluni miracoli o piuttosto meraviglie»). Il testo della quinta edizione, Basilea, 1739, da cui citiamo, è scaricabile da http://books.google.it.

[**] Questi termini possono essere tradotti rispettivamente «numerologia», «acronimo» e «permutazione».

La gimàtriyya, corruzione di geometria, indica, mediante il valore dei numeri, il senso arcano delle parole e i rapporti fra esse. Per es. in Zaccaria III, 8 leggesi: «Ecce enim ego adducam servum meum Orientem». La parola ebraica, che è tradotta dalla Vulgata per Orientem, si compone di tre lettere: [Tz] tzàde che vale 90; [M] mem, 40; [Ch] cheth, 8. La parola ebraica che significa consolatore, un de' nomi del Messia, è in ebraico menachém, le cui lettere danno la somma stessa; cioè [M] mem, che vale 40; [N] nun, 50; [Ch] cheth, 8; [M] mem, 40. Il valor numerale identico delle due parole mostra ai Cabalisti che in questo passo trattasi del Messia. – Nell'Esodo XXXIV, 14 è scritto: «Noli adorare Deum alienum». Alienum dicesi 'achér, composto di tre lettere: ['] 'àlef, che vale 1; [Ch] cheth, 8; [R] resh, 200. Il gran valore numerico dell'ultima lettera a confronto delle precedenti, indica la gravezza del peccato dell'idolatria.  Il notariqòn (nome derivato da notarius) consiste a notare le prime o le ultime lettere di ciascuna parola d'una frase, per iscoprirne il senso arcano. Abramo disse a suo figlio nell'atto di sacrificarlo (Gen. XXII, 8): «Deus providebit sibi victimam holocausti, fili mi». Le parole ebraiche corrispondenti alle tre prime, cominciano per 'àlef, yod, làmed (['] [Y] [L]), le quali unite si proferirebbero 'ail, che in ebraico vuol dire ariete; e l'ariete è infatti indicato nel versetto 13. [*]    

[*] Inutile dire che nella lettura cristiana, questo ariete è il Cristo, che già con Abramo si prefigura quale vittima sostitutiva.

Appartengono al notariqòn le parole artifiziali, senza senso proprio, destinate a richiamar alla memoria molte voci o una parola intera; così sullo stendardo de' Macabei erano le quattro prime lettere (M K B Y) delle parole ebraiche esprimenti «Chi simile a te nei forti, o Signore?». Talora per abbreviare i nomi intieri troppo lunghi, si riuniscono le iniziali di ciascun nome particolare; come quei di rabbino Moshèh ben Maimon sono ristretti in Rambam, per indicare Mosè Maimonide. [*]    

[*] Grande filosofo e teologo ebreo di Cordova (1138-1204), è famoso soprattutto per La guida dei perplessi (ed. italiana a cura di Mauro Zonta, UTET, Torino,  2003) e il  Mishnéh Toràh.

La temuràh, o permutazione, cambia posto a parole e frasi per ottenere un altro senso, come negli anagramma: così da mal'akhì, «angelo mio», traesi Michele. [*]

[*] Ovvero, se delle 5 lettere di ML'KY (Mal'akhì) si invertono le ultime 4, si ha MYK'L (Mikha'él).

La Cabala dogmatica suddividesi in scienza della merkavàh (carro) e della bereshìth (creazione). Quest'ultima tratta del mondo sublunare, cioè dei fenomeni; la merkavàh del sopralunare, cioè della teologia e metafisica. Le spiegazioni della merkavàh sono variissime ed arcane.

Le sefiròth sono dieci nomi o attributi di Dio, che compongono l'albero cabalistico; cioè: 1° la corona, 2° la sapienza, 3° l'intelligenza, 4° la magnificenza (o la misericordia), 5° il coraggio, 6° la bellezza, 7° la vittoria, 8° la gloria, 9° la fortezza, 10° il regno. Son disposti per modo, che i superiori fluiscono negli inferiori per via di ventidue canali. Così dalla corona escono tre canali, un de' quali cola verso la sapienza, il secondo verso l'intelligenza, il terzo verso la bellezza, il quarto comunica fra la sapienza e l'intelligenza. Al disopra della corona sono fissati il mondo archetipo e il mondo angelico.

Presso al quarto canale son posti i trentadue sentieri della sapienza, e le cinquanta porte della luce, per le quali si arriva alla sapienza suprema e alla luce che è Dio. Mosè non passò che la quarantesimanona, Giosuè arrivò solo alla quarantottesima, né Salomone poté ottenere gli fosse aperta la cinquantesima.

Il quinto canale mena dalla sapienza alla misericordia, e contiene le acque della divina bontà.

Il sesto va dalla sapienza alla magnificenza, donde escono trentacinque princìpi di misericordia.

Il settimo, dall'intelligenza alla bellezza, e contiene fuochi della giustizia divina e del giudizio.

L'ottavo, dall'intelligenza alla fortezza, e n'escono trentacinque princìpi di severità.

Il nono conduce dalla magnificenza alla fortezza. Sotto al letto di questo canale è collocato il mondo degli astri.

Il decimo comunica dalla magnificenza alla bellezza, e vicino si trovano le settantadue potenze di diritta.

L'undecimo va dalla magnificenza alla vittoria, e ne son derivati i ducenquarantotto precetti affermativi della legge.

Il duodecimo, dalla fortezza alla bellezza, e al suo canto trovansi le settantadue potenze del mezzo.

Il decimoterzo cola dalla fortezza alla gloria, e ne derivano i trecensessantacinque precetti negativi della legge.

Il decimoquarto va dalla bellezza alla vittoria.

Il decimoquinto, dalla bellezza al fondamento.

Il decimosesto, dalla bellezza alla gloria.

Il decimosettimo, dalla vittoria alla gloria, sotto il quale trovasi il mondo degli elementi.

Il decimottavo, dalla vittoria al fondamento.

Il decimonono, dalla vittoria al regno.

Il vigesimo, dalla gloria al fondamento.

Il vigesimoprimo, dalla gloria al regno.

Il vigesimosecondo, dal fondamento al regno.

Generalmente il nome di Cabala sveglia l'idea d'una specie di magia, alla quale condussero le speculazioni de' filosofi cabalistici. Chi scende a queste particolarità, trova una folla d'assurdità, fondate sul vuoto, e quindi indegne d'occupare il filosofo. Noi ci limiteremo a mostrarne i princìpi generali e le forme onde furono rivestiti, perché dan mano alle teoriche degli Orientali relative allo svolgersi delle divinità l'una dall'altra, e a quelle di Pitagora e di Platone com'erano ridotte nelle scuole eclettiche del periodo alessandrino.

Spiegavano dunque l'unità e lo sviluppo dell'universo per via di un'immensa circolazione. Un artista al cospetto d'una statua di bronzo, non pago di ragionare sulle proporzioni di essa, vuol considerarla anche nello stato di fusione, qual era prima che pei canali giungesse allo stampo in cui venne così conformata. [*] Così i Cabalisti, osservando l'universo, vogliono conoscere qual era dapprima, in istato di fusione, cioè una sostanza incomprensibile all'uomo, da nessun ritegno limitabile.   

[*] Nota di Cesare Cantù – Vedasi la nota G al I volume, p. 469, di Joseph Salvador, Jésus-Christ et sa doctrine, histoire de la naissance de l'Église, de son organisation et de ses progrès pendant le premier siècle, Parigi, 1838. [Si può scaricare da http://books.google.it]

Questa sostanza è 'Or 'Ensòf, luce dell'infinito, pura, luminosa, divina: ensofica da principio colmava ogni cosa, ed era per tutto identica; ma in sé chiudeva la virtù di produrre al di fuori un numero incalcolabile d'attributi e di proprietà. Da questa virtù è prodotta la creazione («Scito, quod antequam emanarent emanantia, et creata essent creata, Lux suprema extensa fuerit plenissime, et impleverit omne [Ubi], adeo ut nullus daretur Locus vacuus in Notione Lucis, nullumque spatium inane, sed omnia essent plena Luce illa Infiniti hoc modo extensa, [cui sub omni notione sua finis non erat, eo, quod nihil esset, nisi extensa illa Lux,] quæ una quadam et simplici æqualitate ubique sibi erat similis; [atque ista vocabatur Or Haensoph Lux Infiniti]» – Rabbi Isacco Luria, Introductio Metaphysica ad Cabbalam). [*]    

[*] Séfer drushìm, opera inclusa col titolo Tractatus I. Libri Druschim, seu Introductio Metaphysica ad Cabbalam Autore R. Jizchak Loriense nella Kabbala Denudata di Knorr von Rosenroth, ed. Sulzbach, 1677, tomo I, parte II, cap. II, p. 32. Trad. italiana: «Saprai come, prima che emanassero le cose emananti, e fossero create le cose create, la Luce suprema sia stata pienissimamente dispiegata , e abbia colmato ogni [Dove], a tal segno che non si desse alcun Luogo sgombro nella Conoscenza della Luce, e nessuno spazio vuoto, ma tutte le cose fossero colme di quella Luce dell'Infinito in tal modo dispiegata, [la quale sotto ogni sua conoscenza non aveva fine, perché nulla fosse se non quella dispiegata Luce,] la quale con una certa sola e semplice eguaglianza ovunque era simile a se stessa; [e questa si chiamava 'Or 'Ensòf Luce dell'Infinito]». Cfr. il testo in facsimile su http://www.billheidrick.com/Orpd/KRKD/index.htm.Tra parentesi quadre ho riportato alcuni incisi omessi dal Cantù, che ha preso il passo dal Salvador, op. cit., vol. I, nota G, p. 472, riproducendo anche l'errata trascrizione del nome dell'autore.  

Come fu formato il luogo (maqòm), ossia lo spazio destinato per teatro alle diversità della creazione? La sostanza ensofica che non lasciava spazio a nulla fuorché alla propria sua natura, reagì sopra se stessa con doppio movimento. Uno di contrazione operossi nel suo seno, dal che fu prodotto un immenso vuoto orbicolare, ove a diverse distanze rimasero dei punti di luce, per dinotare il preciso posto de' mondi futuri («Illo autem tempore [locus non erat vacuus pro mundis, proque septem terris infra ipsos locatis; (ab illis enim ulterius descendendo iterum Infinitum sequitur.)] Omnia plena erant luce substantiæ ejus, qui Benedictus sit! [...] Dimensus est æstimatione sua intra substantiam suam, quæ benedicta sit! latitudinem et longitudinem circuli cujusdam evacuandi, ubi foret statio mundorum [supra dictorum:] illamque Lucem, quæ intra circulum hunc, compressit complicavitque [...] atque sic relictus est locus prima Luce vacuus. Non tamen omni modo (evacuatus est locus iste luce sua:) vestigia enim Lucis primæ in loco suo perstitebant [...] Et hoc est mysterium illud quod scriptum est in Exodo, 33,21: Ecce locus mecum. [In quem locum] sic commentati sunt Sapientes nostri bonæ memoriæ:  Ipse est locus mundi, non vero mundus est locus ejus» – Rabbi Naftali Hertz, Vallis regia, seu Introductio pro meliori intellectu Libri Sohar, §§ 1-5.).  [*]   

[*] `Émeq hammèlekh (Amsterdam, 1648), opera di Naftali Hertz ben Yaakov Elchanan inclusa col titolo Introductio pro meliori intellectu Libri Sohar E Scripto R. Naphthali Hirtz, F. Jaacob Elchanan, quod vocat Vallem regiam nella Kabbala Denudata di Knorr von Rosenroth, ed. Francoforte, 1684, tomo II, parte I, pp. 152-153. Trad. italiana: «In quel tempo [non v'era luogo vuoto per i mondi, e per le sette terre situate sotto di essi; (da quelli infatti più oltre discendendo nuovamente consegue l'Infinito.)] Tutte le cose eran colme della luce della sostanza di Colui che Benedetto sia! [...] Misurò secondo il suo giudizio entro la propria sostanza, che benedetta sia! la latitudine e la longitudine di un certo circolo da svuotare, dove sorgesse la dimora dei mondi [sopraddetti] e quella Luce, che  entro questo circolo compresse e ripiegò [...] e così fu lasciato un luogo privo della prima Luce. Non tuttavia totalmente (fu svuotato questo luogo della sua luce:) vestigia della prima Luce infatti persistevano nel suo luogo [...] E quest'è quel mistero che è scritto in  Esodo, 33, 21: Ecco un luogo presso di me. [Sul quale luogo] così si sono espressi i nostri Sapienti di buona memoria: Lui stesso è luogo del mondo, non già il mondo il suo luogo». Cfr. il testo in facsimile su http://www.billheidrick.com/Orpd/KRKD/index.htm.Tra parentesi quadre ho riportato alcuni incisi omessi dal Cantù, che ha preso anche questo passo dal Salvador, op. cit., vol. I, nota G, pp. 472-3.

Creato così il teatro dell'universo, si effettuò un nuovo movimento contrario al primo, di espansione, che riportò la sostanza ensofica nello spazio orbicolare, dianzi lasciato vuoto. Dalla circonferenza di questo spazio si projettò un'enorme ondata, che in suo rapido corso formò il primo canale dell'interiore circolazione. («Produxit igitur Infinitum lineam quandam e Luce Concavi sui, a summis partibus deorsum vergentem, illamque derivavit atque demisit intra Spatium modo dictum [...] adeo ut [...] deflectat ad figuram circularem, orbemque illico constituat [...]. Atque sic actum est hic: primum compressit sese Lux, et orta sunt vasa; mox vero iterum affluxit linea illa lucida, ut illa illustraret» – Rabbi Isacco Luria, op. cit., capp. II-III). [*]    

[*] Kabbala Denudata, cit., tomo I, parte II, pp. 33, 34, 40. Trad. italiana: «Produsse dunque l'Infinito una certa linea dalla Luce della sua Cavità, che dalle parti più alte si volgeva all'ingiù, e quella condusse e ridusse entro lo Spazio testé detto [...] a tal segno che [...] si trasformasse in figura circolare, e tosto costituisse l'universo [...] E così questo fu messo in moto: dapprima la Luce si compresse, e sorsero i vasi; ma subito di nuovo affluì quella linea luminosa, affinché essa illuminasse». Cfr. il testo in facsimile su http://www.billheidrick.com/Orpd/KRKD/index.htm. Anche questo passo il Cantù prende dal Salvador,  op. cit., vol. I, nota G, p. 473.

Se però la sostanza divina si fosse limitata a circolare in un solo canale, sarebbe sempre rimasta identica a se stessa, senza mai nulla produrre di fuori. Come dunque i Pitagorici all'unità attribuivano il potere di compor i numeri, così i Cabalisti dicono che la sostanza primitiva può moltiplicare se stessa e dividersi per decine. Le dieci facoltà o potenze attaccate alla propria natura di essa, sono le sefiròth predette, e per loro mezzo doveano manifestarsi le varietà esterne. («Dici sephiroth divinas perfectiones, neque etiam esse distinctas creaturas; sed tantum emanationes quasdam essentiæ conjunctas, perinde ut radii solares cum sole, flammas cum prunis ardentibus... Abraham pater noster vocavit eas sephiroth; quasi saphirus omnes colores recipit, sic Deo omnes formas, benedictiones emanationesque tribuit, ita tamen ut hæc omnia summam Dei unitatem prædicent» – Rabbi Manasseh ben Israel, De Creatione problemata, 37; Rabbi Moses, ad libr. Yetsirah, commentat., cap. I). [*]    

[*] Trad. italiana: «Esser dette sefiròth le divine perfezioni, né pure essere creature distinte, bensì solo talune emanazioni congiunte all'essenza, proprio come i raggi solari col sole, le fiamme con i rovi ardenti... Abraham nostro padre le chiamò sefiròth; quasi come lo zaffiro riceve tutti i colori, così a Dio attribuì tutte le forme, benedizioni ed emanazioni, così tuttavia affinché tutte queste cose celebrino la somma unità di Dio». Anche questo passo il Cantù prende dal Salvador,  op. cit., vol. I, nota G, p. 475, omettendo però il riferimento a Manasseh ben Israel. I De Creatione problemata di quest'ultimo furono pubblicati nel 1635, mentre il commentario al Séfer Yetziràh di Mosè Botarel fu scritto nel 1409, e pubblicato a Mantova nel 1562. 

Ciascuno d'essi e le emanazioni loro aveano la proprietà fondamentale di scomporsi in decadi; come dieci unità di decine producono un centinajo, e dieci centinaja un migliajo. «Hæc quoque causa est cur tot sephiras sephirarum faciant kabalistæ, et quamlibet sephiram sephirarum denarium in se habere dicant, et sic in infinitum» (Rabbi Cohen Irira, Porta coelorum, Kabbala denudata). [*]    

[*] La Puerta del Cielo, tradotta e pubblicata in ebraico ad Amsterdam nel 1655 col titolo Sha`ar hashshamàyim, fu compendiata e inclusa in traduzione latina nella Kabbala Denudata, cit., tomo I, parte II, al fondo (ma non ho identificato il passo qui citato). Trad. italiana: «Proprio questa è la causa che tante sefiròth di sefiròth enumerino i Cabalisti, e dicano qualunque sefiràh contenere in sé una decina di sefiròth, e così all'infinito». Anche questo passo il Cantù prende dal Salvador,  op. cit., vol. I, nota G, p. 475. Abraão Cohen Ferreira, o Irira, morto nel 1635 o 1639, fu «l'unico cabbalista che abbia scritto le sue opere in spagnolo» (Gershom Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica, Il Saggiatore, Milano, 1965, cap. VII, p. 351).

L'enorme onda della sostanza ensofica, che dalla circonferenza dello spazio orbicolare si era lanciata nella profondità d'esso spazio, aveva da se medesima lasciato emanare quantità d'altri canali secondarj, che divideansi e suddivideansi senza interruzione.

Per la complicazione di queste emanazioni (oròth) e canali (kelìm), e de' loro incrociamenti, l'ensofica riempiva di nuovo lo spazio lasciato vuoto dalla sua contrazione; ma lo riempiva a condizioni diverse dalla primiera immobilità; bensì movendosi, svolgendo tutte le proprietà, potenze o splendori, di cui l'ultimo risultato era di produrre l'universo e tutti i mondi che lo compongono. «Omnia, quæ sunt, tam corporea et materiæ innexa, quam ab hac separata, considerantur ut Unum quid. Quamvis enim differant modis variis, gradibusque, item generibus, speciebus, proprietatibus, accidentibus; quoad entitatem tamen non sunt separata, quia omnia et singula sunt entia et entium propagines quodammodo coordinatæ. Adeo, ut quamvis mutentur naturæ atque conditiones eorum, semper tamen retineant statum essendi, ob quem sunt unum quid» (Rabbi Cohen Irira, op. cit.). [*]

[*] Nella Kabbala Denudata, cit., tomo I, parte II, al fondo, cap. IV, § 1, p. 11.  Trad. italiana: «Tutte quante le cose, tanto corporee e connesse a  materia quanto da questa separate, son considerate come qualcosa di Unico. Per quanto infatti differiscano in modi vari, per gradi, nonché per generi, specie, proprietà, accidenti; quanto all'entità tuttavia non son separate, perché tutte e singole le cose sono enti e propaggini  di enti in qualche modo coordinate; a tal segno che quand'anche vengan mutate le nature o le loro condizioni, sempre tuttavia mantengano lo stato di essere, per cui sono qualcosa di unico». Anche questo passo il Cantù prende dal Salvador,  op. cit., vol. I, nota G, p. 476.

Mosè aveva detto che «l'anima d'ogni carne è nel sangue» (Lev. XVII, 14); e ciò veniva dai Cabalisti trasportato all'intero universo, tentando una rozza fisiologia di questo, personificato, e facendo circolare in esso a modo di sangue un'essenza infinita e divina.

Perciò Burnet disse che la Cabala ha per oggetto principale di trovare l'origine delle cose movendo da un'essenza suprema; si occupa cioè della loro emanazione da una causa prima, e delle gradazioni loro dalle regioni più elevate alle infime, facendo all'uopo intervenire mondi, sefiròth, potenze, persone, lumi, raggi, porte, vasi, canali, inviluppi, e altrettali condizioni. (Kabalam realem tractare potissimum de rerum originatione et gradationibus, sive de modo productionis a summo ente, aut profluxu rerum a prima causa, et earumdem rerum gradibus et descensu a summis ad ima; atque hæc per suos mundos et sephiroth, potentias et personas et portas, per sua lumina et radios, et vasa et receptacula et cortices, aliosque modos extulisse – Thomas Burnet, Archæol. philosoph., cap. VII). [*]    

[*] Trad. italiana: «La Cabala reale trattare soprattutto dell'originazione e gradazioni delle cose, sia quanto al modo della produzione a partire dal sommo ente, o quanto al derivare delle cose dalla prima causa, e sui gradi e la discesa delle medesime cose dalle somme alle infime; e queste aver trasportato attraverso i loro mondi e sefiròth, potenze e persone e porte, attraverso le loro luci e raggi e vasi e ricettacoli e scorze, e altri modi». Anche questo passo il Cantù prende dal Salvador,  op. cit., vol. I, nota G, p. 477. Cfr. pp. 325-326 di una versione leggermente diversa (T. Burnetii Telluris Theoria Sacra, Originem & Mutationes Generales Orbis Nostri, Quas aut jam subiit, aut olim subiturus est, complectens.  Accedunt Ejusdem Archæologiæ philosophicæ , Sive Doctrina Antiqua de Rerum Originibus, Amsterdam, 1694) all'indirizzo http://books.google.it/books?id=4CIOAAAAQAAJ&pg=PT158&dq=burnet+telluris+theoria+sacra&as_brr=1#PPT6,M1.

Procuriamo tracciar rapidamente la prima conseguenza di questa ipotesi; il principio, secondo cui spiegavano l'esistenza della materia e le maligne influenze di quaggiù, facendosene passaggio alle applicazioni religiose e morali.

Più la sostanza circolante viene in linea retta dalla sua sorgente, più è vicina a quella, ed è più ricca di proprietà: al contrario quanti più mondi differenti attraversò, e la moltitudine de' suoi giri l'allontana dal focolare, più perde di luce, di purezza, di forza.

Adattando ciò alle idee di cosmografia allora in corso, ammettevano i Cabalisti quattro classi di mondi concentrici, la cui spiritualità andava decrescendo sino a quest'infimo nostro, al quale la sostanza ensofica giungeva spoglia delle più alte sue proprietà, e quasi un residuo. che è appunto ciò che colpisce i nostri sensi col nome di materia. Ne nasce allora quantità di maligne influenze, dotate di personalità col nome di dèmoni o di qelippòth. Lo sviluppo di esse basterebbe a soffocar da lontano ogni principio di bene, se la sostanza medesima ensofica non scendesse anche fra noi per canali tanto diretti, da non rimanere spogliata di purezza e di vigore nel traversar i mondi superiori. In questo stato essa costituisce le intelligenze e potenze della terra, gli spiriti vitali ed animali, umani e divini; imprime a tutta la materia stessa un movimento di riascensione, la spiritualizza di nuovo, e le permette di tutte ripigliare le primitive sue qualità.

Così, per continuare nella comunque inesatta similitudine dell'organizzazione umana, il sangue nell'uscir dal cuore è ricco di vita e di ottime qualità; ma via via che nutre i varj organi, e scorre le innumerevoli sinuosità delle migliaja di canali, le va perdendo; giunto agli ultimi limiti del suo corso, non produrrebbe più che effetti nocevoli, se un sangue puro non fosse quasi in linea retta portato sulle parti più remote dal centro comune; il qual sangue dà ad esse parti la forza necessaria per liberarsi dal sangue addensato, e spingerlo ad una nuova restaurazione.

Rispetto alla morale ed alla religione, insegnavasi in quell'ipotesi, che l'uomo deve far ogni possibile per diminuire, collo sforzo del pensiero e la santità dell'anima, l'intervallo che lo separa dal focolare supremo, cioè Dio; diventar vaso d'elezione, capace di attirare a sé e comunicare altrui i raggi dell'essenza ensofica, direttamente venuti dall'alto, e dotati delle più spirituali e pure qualità.

Oltre dunque le trentadue porte, o diversità d'azione, assegnate all'intelligenza, i Cabalisti ammettevano cinque anime, non una sola, o piuttosto cinque potenze o sviluppi dell'anima, che s'accomodavano alla natura delle quattro classi concentriche dei mondi ed all'ensofica; abbracciando dall'esistenza tutta fisica dell'individuo sino al grado d'elevazione ove questo s'identifica con Dio stesso.

Oltre rappresentare l'insieme dell'universo sotto la figura dell'Adamo, il figuravano pure nell'albero della vita del giardino d'Eden, o nella vigna metaforica de' Profeti, la cui radice bagnavasi nella fonte della sostanza infinita cioè nell'ensofica, il tronco e i rami erano canali emanativi, le foglie e i frutti indicavano la diversità degli esseri e dei mondi.

Siccome i numeri di Pitagora, così le emanazioni speculative della Cabala dieder luogo a strani abusi e ad applicazioni teurgiche nello stile de' libri santi; anzi nella forma e disposizione di ciascuna parola e lettera di que' libri diceano doversi trovare qualche gran ragione che fosse in rapporto colle leggi, secondo le quali il loro autore avea creato e distribuito l'opera universale (Id volo: ipsum [infinitum] radiando et coruscando effecisse puncta. [...] Puncta vero singula combinavit invicem, donec inde fierent literæ ad similitudinem imaginemque illarum, quibus decreta Sapientiæ suæ proposuit Benedictus [...] Postmodum vero combinavit singulas Alphabeti literas cum literis omnibus [...]  Unde in libro Yetsirah dicitur: Libravit eas, combinavit eas, mutavit eas; Aleph cum omnibus et omnes cum Aleph; et Beth cum omnibus et omnes cum Beth [...] Et nisi in mundo primo aliquid fuisset judicii, literæ non apparuissent, quoniam ipsis non fuisset determinatio [...]Rabbi Naphtali Hirtz, op. cit.). [*]    

[*] Kabbala Denudata di Knorr von Rosenroth, ed. Francoforte, 1684, tomo II, parte I, capp. III, 6 e IV, 2.9, p. 168. Trad. italiana:  «Intendo che lo stesso [infinito] irradiando e balenando produsse i punti. [...] I singoli punti unì altresì l'un con l'altro finché fossero composte le lettere a somiglianza ed immagine di quelle, con cui propose i decreti della sua Sapienza il Benedetto [...] In seguito altresì combinò le singole lettere dell'alfabeto con tutte le lettere [...] Donde nel Séfer Yetziràh vien detto: Le pesò, le combinò, le mutò; Alef con tutte, e tutte con Alef; Beth con tutte, e tutte con Beth [...] E se nel mondo primo non vi fosse stato qualche giudizio, le lettere non sarebbero apparse, poiché esse non avrebbero avuto delimitazione [...]». Anche questo passo il Cantù prende dal Salvador,  op. cit., vol. I, nota G, pp. 481-482.

Inoltre, come tutti gli Orientali, immaginavano delle catene di cose che dalla terra salivano fino al cielo; ed alla tal parola, al tal numero applicavano l'idea d'una parte del corpo, d'una pianta, d'un minerale, d'un animale, d'un vizio o d'una virtù, d'una sventura o d'una prosperità, di un astro, d'una stagione, d'un demonio, d'un angelo. Maneggiando, combinando le parole, i numeri, gli oggetti sensibili di queste varie catene o serie, credevano produrre un'agitazione simpatica, corrispondente in tutti gli elementi ond'erano composte. Da ciò una delle origini dell'arte degli incanti, dei talismani, d'operazioni reputate feconde di miracolose conseguenze.

Pretendesi antichissimo l'uso di queste speculazioni e delle pratiche derivatene. Gli studiosi di queste dicevasi dagli Ebrei che cercavano conoscer Dio nell'opera di bereshìth, cioè della genesi o della creazione visibile: i settatori delle tradizioni speculative diceansi cercarla all'opera di merkavàh o del carro misterioso d'Ezechiele, cioè alla parte della creazione che la debolezza dei sensi nostri non può raggiungere, tuttoché composta dell'essenza medesima, e regolata secondo le medesime leggi della precedente.

Il rabbino Aqivàh, nel Sèfer Yetziràh o libro della creazione, pose, credono, pel primo in iscritto alcune delle teorie misteriose che solo a viva voce si trasmettevano. Morto il 138 nell'insurrezione di Bar Kokhevà, Simeone bar Yokhay suo scolaro acquistò maggior fama pel libro intitolato Zohar o Splendore, e che è uno de' più oscuri e avviluppati. Nel medio evo la Cabala ebbe molta influenza sulle scienze, scorgendosene le traccie anche più tardi fin in Paracelso, Fludd, Van Helmont, Böhme. Raimondo Lullo vorrebbe Tennemann che [*] avesse attinto alla Cabala la sua credenza dell'identità di Dio e della natura; ma noi dubitiamo che tal fosse l'opinione del filosofo majorchino, il quale fu sì zelante apostolo del cristianesimo. Pico della Mirandola fece rivivere la Cabala, e da lui fu questo nome applicato al complesso di tali dottrine; e mercè l'acume di lui e di Reuchlin, la Cabala eccitò l'interesse generale, e diede esercizio all'erudizione. Cornelio Agrippa la ammirò dapprima, poi dubitò di essa, come di tutto il resto. Guglielmo Postel, Pistorio ed altri se ne occuparono, senz'ajutarne i progressi. Joseph de Voysin [**] tradusse dal Zohar, nel 1651, alcuni frammenti relativi alla natura dell'anima. Il padre Kircher non conobbe che Cabalisti moderni, i quali per lo più s'attennero alla lettera morta e a simboli vuoti di senso.

[*] Il testo originale riporta «Raimondo Lullo vorrebbe che Tennemann», ma evidentemente quel che è fuori posto.

[*] Il Cantù scrive «Giustiniano di Voysin» ma è senz'altro un errore: Joseph de Voysin, ebraista cristiano, pubblicò in effetti nel 1651 delle Note sul Pugio Fidei adversus Mauros, et Iudaeos del domenicano Raimondo Martí.

Il lavoro più importante fu la Kabbala denudata di Cristiano Knorr, barone di Rosenroth, stampata a Francoforte nel 1677-83, 3 vol. in 4° di 2600 pagine. Vi pose egli moltissimi testi preziosi, e principalmente i tre più antichi frammenti dello Zohar, tradotti fedelmente; oltre analisi estese, copiosi estratti, e anche trattati interi di Cabalisti moderni, e un dizionario delle materie e delle parole. Vi unì pure molti passi del Nuovo Testamento, per raffronto alle dottrine cabalistiche, all'uopo di convertire al cristianesimo. Benché in fatto non sia un trattato della cabbalistica, ma piuttosto una raccolta di materiali, fece ch'essa cessasse di considerarsi come una scienza occulta, e prese posto nella filosofia, nella filologia e nella teologia nazionale. Importanti pur sono a tal proposito il Dizionario storico degli Autori ebrei del De Rossi, e la Bibliotheca magna rabbinica del Bartolocci. [*]    

[*] Giulio Bartolocci di Celleno, Bibliotheca Magna Rabbinica, Roma, 4 voll.: 1675-1678-1683-1693. Il quarto, uscito postumo, fu curato da Carlo Giuseppe Imbonati, che nel 1694 fece uscire a sua volta la Bibliotheca Latino-Hebraica. Si trovano in facsimile su http://gallica.bnf.fr.

Wachter, nel suo Spinozismo nel Giudaismo, [*] ammira l'antica Cabala quanto vilipende la nuova. Brucker [**] pel primo diede alla Cabala un posto nella storia della filosofia, valendosi però piuttosto delle dissertazioni del rabbino portoghese Abramo Cohen Ferreira.[***] Altrettanto fecero Tennemann [****] e Tiedemann. [*****] Freystadt nella Philosophia cabbalistica et Pantheismus (Konigsberga 1832) [******] assunse la strana tesi che non v'è somiglianza fra il panteismo ed il sistema dell'emanazione seguito dai Cabalisti. Dopo il sig. Tholuck [*******] venne il prof. Franck (La Kabale, ou la philosophie religieuse des Hébreux, Parigi 1843) [******] mostrando la relazione che v'è fra gli antichi Cabalisti e i Panteisti odierni, benché in fatto questi possano non aver nulla dedotto direttamente dalla Cabala.    

[*] Johann Georg Wachter, Der Spinozismus in Judenthum oder die von dem heutigen Judenthum und dessen geheime Kabbala Vergotterte Welt, Amsterdam 1699.

[**] Johann Jacob Brucker, Historia critica philosophiae a mundi incunabulis ad nostram usque aetatem deducta, Lipsia 1767.

[***] Abraão Cohen Ferreira, o Irira, citato sopra.

[*****] Wilhelm Gottlieb Tennemann, Geschichte der Philosophie, Lipsia, 1798-1819, 11 volumi. Una traduzione inglese rivista da J. R. Morell (Londra, 1852) si può scaricare da http://books.google.it.

[*****] Dieterich Tiedemann, Geist der spekulativen Philosophie von Thales bis Sokrates, Marburgo, 1791-1797, 7 volumi.

[******] Si può scaricare da http://books.google.it.

[*******] Friedrich August Gottreu Tholuck, De ortu Cabbalae, Amburgo 1837.

   

 

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